Anime & Manga > Elfen Lied
Ricorda la storia  |      
Autore: XShade_Shinra    23/06/2010    7 recensioni
Un Missing Moment ambientato cinque anni prima dell’inizio della storia, che riprende i pensieri di Saitou, appena assunta, e dei suoi colleghi, messi in relazione con quelli della Diclonius Lucy, imprigionata della sua unità di contenimento del laboratorio.
[ FanFiction classificata 4° e Vincitrice del Premio "Miglior Sviluppo del Tema" al Contest "Riflettori sui cattivi" indetto da AkaneMikael sul Forum di EFP ]
[ FanFiction vincitice degli awards come "Best Ficlet", "Best Plot", "Best Villain" e "Best Fan Fiction" al ventinovesimo turno dei Never Ending Story Awards ]
«Loro sono cavie. Sono troppo pericolosi per essere lasciati liberi, per questo vengono studiati e monitorati nel nostro laboratorio».
“Questa è la nostra prigione. Molti di noi non hanno mai visto il mondo esterno, e moriranno tra queste fredde mura, riscaldate solo dal sangue delle vittime che riusciamo a mietere con quelli che gli umani chiamano vettori.”
«Loro vivono solo per uccidere, uccidere noi uomini. Per questo possiamo trattarli come vogliamo».
“Voglio solo un posto dove poter vivere… senza dolori, né sofferenze.”
«Loro sono mostri, e si chiamano Diclonius».
“Loro sono mostri, e si chiamano… Umani.”
Genere: Dark, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio | Coppie: Lucy/Nyuu
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 -Who is the evil?-
Un Missing Moment ambientato cinque anni prima dell’inizio della storia, che riprende i pensieri di Saitou, appena assunta, e dei suoi colleghi, messi in relazione con quelli della Diclonius Lucy, imprigionata della sua unità di contenimento del laboratorio.
FanFiction classificata 4° e Vincitrice del Premio "Miglior Sviluppo del Tema" al Contest "Riflettori sui cattivi" indetto da AkaneMikael sul Forum di EFP
FanFiction vincitice degli awards come "Best Ficlet", "Best Plot", "Best Villain" e "Best Fan Fiction" al ventinovesimo turno dei Never Ending Story Awards


Qui gli altri Awards vinti


«Loro sono cavie. Sono troppo pericolosi per essere lasciati liberi, per questo vengono studiati e monitorati nel nostro laboratorio».

“Questa è la nostra prigione. Molti di noi non hanno mai visto il mondo esterno, e moriranno tra queste fredde mura, riscaldate solo dal sangue delle vittime che riusciamo a mietere con quelli che gli umani chiamano vettori.”

«Loro vivono solo per uccidere, uccidere noi uomini. Per questo possiamo trattarli come vogliamo».

“Voglio solo un posto dove poter vivere… senza dolori, né sofferenze.”

«Loro sono mostri, e si chiamano Diclonius».

“Loro sono mostri, e si chiamano… Umani.”



-Titolo: Who is the evil?
-Autore: XShade-Shinra
-Fandom: Elfen Lied
-Genere: Introspettivo, Malinconico, Dark, Sci-fict
-Rating: Giallo
-Avvertimenti: Missing Moment, One-Shot
-Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati. Inoltre questi personaggi non mi appartengono (purtroppo...), ma sono proprietà dei relativi autori; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro ma solo per puro divertimento.
-Note: La trama è divisa in due parti principali: la parte raccontata con il P.o.V. di Saitou e, successivamente, quella con il P.o.V. di Lucy.
Ho deciso di articolare in questo modo la FF per far capire meglio al lettore i diversi punti di vista, le tematiche e le motivazioni che spingono i diversi personaggi ad agire in quel determinato modo.
La particolarità della trama dell'opera "Elfen Lied" [mi sono basata sull’anime anziché sul manga per una questione di semplicità per quanto concerne l’IC di Lucy, molto più fredda nell’anime al contrario del manga, dove è molto più sadica e psicopatica], ho voluto mostrare sia come la vedono gli scienziati che come la vedono i Diclonius, perché, a seconda che si tifi per la scienza o per le cavie, la parte del vero cattivo si attribuisce diversamente. Potrebbero essere anche entrambi o nessuno dei due… Ciò lo lascio decidere a voi.
Buona lettura!


 
- Who is the evil? -


25 Gennaio 2011
La Silpelit #4 si tocca le piccole corna a punta e gioca con i propri capelli. Sembra piccola e indifesa, trema e sta rannicchiata su se stessa, con le ginocchia a coprirle il tronco nudo. Rimane ferma per ore così, anche per dormire.
Le catene le pesano ai polsi e alle caviglie, procurandole delle piaghe.
Solo dopo diverse ore da quando le viene consegnato il cibo attraverso la porticina a tenuta stagna, i suoi vettori lo afferrano con lentezza, mentre gli occhi rimangono vacui e spenti, come se fosse morta. Porta il cibo alla bocca e lo mangia con svogliatezza, ma ancora nessuna espressione.
Dopo doversi anni in questo laboratorio, sembra che il soggetto #4 non abbia più voglia di vivere.

Dott. Kakuzawa


«Questo rapporto è così strano... » mormorai, mentre rovistavo nell’archivio, accucciata tra le carte del suo superiore.
Ero stata da poco assunta in quel laboratorio, quel bunker sull’isola, e mi era già stato affidato un compito molto importante: diventare la madre adottiva della Silpelit numero trentacinque, Mariko. Era solo una neonata e avrei dovuto badare a lei in modo che diventasse buona come la Silpelit numero sette, Nana, così da essere meno pericolosa una volta che avesse sviluppato i propri vettori, all’età di tre anni.
Era importantissimo cercare innanzitutto di rendere docili quei mostri, senza però ucciderli o causare danni alla loro crescita, o non sarebbero più stati di utilità alcuna per gli studi che si conducevano entro quelle quattro mura, al segreto di tutti e da tutto.
Il rumore di un tonfo, seguito da un qualcosa che si infrangeva e un gemito di dolore, preannunziò l’arrivo di Kisaragi, la segretaria del supervisore Kurama. Si era laureata all’Università Toudai a pieni voti, ma era una tal pasticciona…
«Tutto bene, signorina Kisaragi?» le domandai, alzandomi e raggiungendola nell’andito.
«Ehm, sì!» rispose, alzandosi un po’ dolorante. Notai che aveva infranto l’ennesima tazza di tè per il suo superiore.
Mi aveva riferito di non aver mai visto dal vivo un portatore, ma, grazie al suo ruolo intimo con Kurama, era capace di carpire molte, moltissime informazioni, anche se le teneva sempre per sé, come voleva il suo ruolo.
«Hai visto il dottor Homori, per caso?» le domandai, guardando a destra e sinistra, mentre le mie trecce ballavano sulla schiena.
«No» pigolò con un goffo inchino. «Ora mi scusi, dottoressa Saitou, ma devo asciugare questo disastro!» mormorò, girandosi e correndo verso lo sgabuzzino, probabilmente per prendere uno straccio, ma cadde nuovamente lungo distesa, raschiando il mento in terra.
«Ah, Kisaragi!» esclamai preoccupata, ma lei si rialzò subito.
«N-Non è ni-niente… Non è niente!» farfugliò, marciando lungo la sua strada.
Scossi il capo e proprio in quel momento sentii i passi di qualcuno dietro di me che si avvicinava.
«Scusa per il ritardo» la voce alle mie spalle era quella dell’uomo che stavo aspettando, il dottor Homori.
Mi girai composta, sorridendo.
«Non si preoccupi» dissi, avvicinandomi a lui.
«Ti trovi bene qui?» mi domandò, non senza notare lo sfacelo che c’era in terra «Hai conosciuto Kisaragi, noto…»
«L’avevo già incontrata ieri» dissi, stringendo il plico di moduli e la cartellina per gli appunti. «Ora andiamo nella stanza di Mariko, per favore» richiesi al collega, cominciando a camminare verso il laboratorio superblindato contenente la Silpelit. «Voglio iniziare subito a conoscerla e a badare a lei» sorrisi.
«Già la chiami per nome…» notò. «Sarà un lavoro duro… Ti ricordo che sono creature molto pericolose…» mi spiegò, facendomi strada. «Api operaie che hanno come unico scopo quello di servire la loro regina, uccidendo gli umani».  
«Non è un problema» sorrisi ancora. «Se quella bambina dovesse darci dei problemi, la faremo brillare».
«Hai già saputo che le sono state innestate delle bombe per tutto il corpo?» mi domandò, sorpreso.
«Sì. Durante il colloquio con il direttore generale Kakuzawa, che mi ha dato questo incarico, mi sono state spiegate molte cose. Prima, infatti, ero nell’archivio per cercare qualche informazione in più su come fosse andata la crescita degli altri portatori».
Ero stata scelta dal direttore generale in persona. Mi aveva detto che possedevo gli atteggiamenti, il sorriso, e soprattutto la voce ideale per compiere questo delicato lavoro. Non avrei mai visto Mariko dal vivo - le avrei sempre parlato attraverso dei microfoni nella sala controllo -; il mio compito sarebbe stato semplicemente quello di farle da insegnante ed essere per lei una figura materna, come Kurama lo era con Nana. Avevano accertato che in questo modo la crescita del soggetto era migliore e sembrava più pacifico. Una figura familiare era necessaria per loro: tutti gli esseri viventi hanno bisogno di un punto di riferimento per poter sopravvivere, in special modo se così piccoli.
«Speriamo di non doverla menomare, una volta fuori dall’unità di contenimento» borbottò lo scienziato, sospirando tristemente. Sembrava quasi che gli dispiacesse fare del male a quelle creature; mi era stato detto che anche sua figlia nacque con le corna e venne uccisa dal supervisore Kurama…
«Ma è proprio sicuro che non vedrò mai Mariko?» domandai. Un po’ mi dispiaceva… Non certo per lei, visto che si trattava pur sempre di un mostro, un assassino in fasce, ma per me. Visto l’alto rischio di trasmissione del virus dei vettori, avevano scelto me, una donna, per questo compito, ma non ero la sola figura femminile là dentro. Se non fossi stata ritenuta adeguata, mi avrebbero tolto la portatrice numero trentacinque e con essa la possibilità di studiare meglio i Diclonius.
«Penso se ne riparlerà tra cinque anni, più o meno» borbottò. «Quando inizierà ad essere usata per gli esperimenti sulla forza dei vettori. Se avrà fatto un buon lavoro, avrà ancora bisogno delle sue cure».
«Comprendo» annuii.
«E se andrà male, ci saranno sempre le mine anticarro calibro cinquanta. Meglio uccidere uno di quei mostri che rischiare anche solo una delle nostre vite».

Continuammo a percorrere il lungo corridoio, illuminato dalle luci al neon che sfarfallavano appena, parlando sempre di Mariko, finché non giungemmo davanti ad un andito verso il quale mi girai, attratta da tutte le paratie e i sistemi di emergenza che ivi erano.
Il dottor Homori notò che il mio sguardo si era soffermato per un attimo di più verso quel corridoio, e rispose alla domanda che non mi sembrava opportuno porre.
«Lì c’è la Regina» breve e coinciso.
Sbiancai a quel nome.
«La Regina…» sussurrai, avvertendo poi la mano del collega che mi si posava sulla spalla.
«Andiamo» sussurrò.
«Sì!» annuì, tenendo la cartellina contro il petto e procedendo insieme a lui.

~†~

Dalle profondità del luogo dove mi avevano rinchiusa, precludendomi ogni cosa del mondo esterno, continuavo a vivere nel mio perenne stato di torpore, come la calma prima della tempesta.
Mi chiamavano “la Regina” e dicevano che le Silpelit erano le operaie al mio servizio.
Poveri stolti.
Se la forza di un sovrano si dovesse basare solo su quelli che loro chiamano “sudditi”, allora sarei già morta qui, in questa cella. Grazie ai miei poteri potevo avvertire la presenza delle Silpelit rinchiuse in questa prigione e la mia rabbia cresceva ogni giorno di più nel vedere come ci trattavano quegli umani; coloro che non ci hanno mai voluti nel loro mondo e ci hanno trattati come malattie, da studiare e debellare.
I nostri vettori non sono nati per essere delle armi, ma come organo riproduttore… però, voi ci avete costretti ad usarli come mezzo di devastazione, e tutto per poter sopravvivere alla vostra crudeltà e alla vostra paura del diverso. Perché quando voi avete distrutto il mio mondo, che mi ero creata con tanta difficoltà, io vi ho uccisi, facendo un patto con il mio animo oscuro: insieme ci saremo create un luogo perfetto. Perché, in fondo, io avrei solo voluto vivere come voi: avere degli amici, avere qualcuno che mi amasse, poter giocare… essere felice. Anche il più miserabile essere umano sogna la felicità; perché io non posso averla?!
Ora mi trovo qui, confinata in queste fredde mura, dove nessuno mi si avvicina se non a più di due metri di distanza, portata massima dei miei vettori. Se solo avessi qualcosa da poterli lanciare addosso… Mi basterebbe qualsiasi cosa: una penna, ghermita dalle mie braccia fantasma, si tramuterebbe in un proiettile, capace di trapassare i loro crani e darmi qualche secondo di godimento.
Qui non posso fare altro se non pensare… Pensare al mondo esterno, al mio cane ucciso davanti ai miei occhi dai compagni dell’orfanotrofio solo perché posseggo delle corna… Come Aiko, che è morta perché era mia amica e mi ha salvato da un cecchino che io non avevo visto.
Aiko…
È per lei che ora sono qui. Pur di salvarla, barattai la mia vita per la sua, accettando di farmi rinchiudere in questo posto da Kurama, così che lei fosse portata in ospedale. Però… a nulla valsero i miei sforzi: Aiko morì e con lei l’unica amica sincera che avessi mai avuto. L’unica umana degna di stima, l’unica persona in questo mondo che valesse tutto questo Inferno in un posto dove mi tengono immobilizzata e segregata, senza potermi muovere, senza aver niente da vedere a parte il buio e qualche guardia, senza nessuno con il quale poter parlare… senza un po’ di calore.  
Una persona normale avrebbe già perso la ragione, ma quella ormai mi era stata già soppressa anni or sono… e tutto per colpa di Kouta… quel ragazzino che prese in giro il mio cuore… Ma Kouta ha già pagato per il male che mi ha fatto, lo stesso male che ho giurato di fare a Kurama: vivere. Loro due continueranno a vivere, mentre tutti i loro cari moriranno sotto i loro occhi. Appena uscirò da qui, la prima a morire sarà Kisaragi e subito dopo Yuka, la cugina di Kouta, che me l’ha rubato.
Non si salverà nessuno: vi massacrerò tutti, fino all’ultimo.
Così, in un mondo senza uomini, noi Diclonius potremo vivere in pace, senza né guerre, né paure.
La Regina libererà se stessa, poi le altre la seguiranno, e regneremo in un mondo perfetto.
«Ehy, mostro!» la voce di una guardia che mi chiamava in tono aggressivo, mi arrivò come uno schiaffo, strappandomi dai miei muti pensieri.
Dai piccoli fori che avevo per vedere il mondo esterno, notai che avevano portato una pompa, così da potermi lavare. Non per spirito pio e caritatevole, ma solo perché non gli ammorbassi l’aria e non mi ammalassi.
«Non fare scherzi» mi disse, tra l’impaurito e il nervoso. Nonostante fosse coperto da un collega armato fino ai denti, mi temeva. Perché sapeva da quel loro manuale che studiavano a memoria che per me era facile ucciderli, più facile che ammazzare una mosca o affogare un bambino indifeso.
Aprirono il flusso dell’acqua e iniziarono a lavarmi così, come fossi un animale, con l’acqua gelida e senza nulla per potermi asciugare.
Mi hanno da sempre trattata come una bestia, ed io come tale mi comporterò: riducendo i loro corpi a degli ammassi di carne inanimata, colorata di cremisi.
Per il momento attenderò che arrivi il momento propizio per andarmene di qui, impaziente di fare giustizia.
La mia giustizia.


E la domanda, a questo punto, sorge spontanea…
Chi è il vero cattivo, in tutta questa storia?

§Owari§
Who is the evil?
XShade-Shinra

 
  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Elfen Lied / Vai alla pagina dell'autore: XShade_Shinra