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Autore: BigMistake    24/06/2010    1 recensioni
Dal Prologo: "Un nano ed un elfo, in groppa allo stesso destriero. Definire tale cosa rara, sarebbe soltanto blasfemia. Eppure successe alla fine della Terza Era, quando la Quarta albeggiava altisonante sulle teste della Terra di Mezzo. [...] Proprio in quel viaggio conobbero, a caro prezzo un popolo nascosto, Gwath - Ombre, venivano chiamate, e si mostravano come spettri nella notte. Mai avevano agito al di fuori delle loro terre, ma i tumulti che avevano scosso Mordor e tutti gli abitanti delle Terre dell’Est, ovviamente le avevano costrette a “cacciare”, se così possiamo definire la loro una caccia, ben oltre il loro piccolo recinto fatto di alberi e oscurità." Sarìin, il bardo racconta una storia agl'avventori di una taverna, i cui protagonisti presero parte alla Compagnia che salvò la Terra di Mezzo da un'imminente fine. Grazie per la vostra attenzione e buona lettura!
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gimli, Legolas, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO VIII: Perdere la speranza.

“Bene, bene! La piccola Guaritrice si voleva riunire con la sua nobile razza ! Cos’è? Siamo troppo rudi per la tua delicata pelle bianca? Non indossi nemmeno la tua maschera, siamo state proprio delle bambine cattive!” il manoscritto foderato di pelle vergato dalle mani di uno degl’Eldar, cozzava contro la mano dell’arcigna Ombra che non aspettava altro nella sua misera vita. Lanciava sorrisi ammiccanti e soddisfatti, gli occhi languidi pieni di tutto il disprezzo provato verso la ragazza. Ora che le braccia della minaccia più grave per la sua scalata verso il potere erano immobilizzate, sentiva in lei scorrere l’eccitazione più pulsante. La cerchia delle fedeli a Geldena era rinchiusa nelle stanze di Legolas, tutte prese ad inneggiare la sua malvagia cupidigia con lodi false almeno quanto le bugie della stessa Consigliera. “Interessante lettura Adamante, devo ammetterlo! Certo il fatto che una delle mie guardie l’abbia trovato qui … ” a quelle parole molte risatine iniziarono ad invadere quel manipolo di serpi, tanto che Geldena fu costretta a zittirle alzando la mano verso di loro “ … mi ha insospettito! Ed eccoti qui! Ma brava contravvenire così alle nostre leggi era la cosa più stupida che potessi fare! Ovviamente più stupida per te, non per me!” la Guaritrice riservava solo sguardi furenti verso Geldena. L’odio ingiustificato della Consigliera era aspro come una pesca acerba ancora avvolta dalla sua peluria verde degl’albori primaverili, la sua sete di sangue era come acido che corrodeva i cuori più deboli ingannandoli con il solo uso della dialettica. Era stata avvelenata da sempre da quel desiderio smodato di assumere il potere. Adamante si mostrava come un felino in gabbia, agitava le braccia cercando di divincolarsi, emetteva dei ruggiti soffusi. Quando la Consigliera si pose ad un passo da lei, ella protese con uno strappo il busto in avanti solo per fare più forza a quell’inutile tentativo di sciogliersi. Era così vicina da poter sentire il respiro ostile riverberarsi caldo sulla sua pelle, leggeva nei suoi occhi il dolce sapore della vittoria appena ottenuta con il proprio disonore.

“Dov’è Legolas? Cosa gli hai fatto maledetta?” chiese inferocita Adamante soffiando fra i denti esposti ferini in una smorfia colma d’ira. Niente di più le premeva dell’incolumità del suo amato che non era presente. Geldena si dipinse sul volto un ghigno demoniaco, osservando con più attenzione la Guaritrice.

“Non posso crederci, questa non è un’infantile infatuazione! Tu …” prese il mento di Adamante strattonandolo con forza per non farla sfuggire a quei pozzi neri e vuoti, custoditi tra le ciglia. “… tu ne sei innamorata! Ti ripeto mi rendi le cose troppo facili, Adamante!” la ragazza strappò il viso dalla presa ferrea della donna, riuscendo a scansare i suoi occhi da quelli di lei troppo impegnati nello studiarla. Aveva già trovato troppe debolezze a cui aggrapparsi. “Credo che sia ora di svegliare la Regina, c’è un tradimento da punire!” le parole dette nella lingua arcaica del loro popolo erano già una sentenza: lei era colpevole.

Nelle prigioni intanto un nuovo inquilino aveva preso posto accanto a Gimli. Legolas era stato imprigionato con il suo amico nano, onde evitare che tentasse d’intervenire in difesa di Adamante. Geldena non peccava in lungimiranza, senza alcun dubbio. Il rumore delle sbarre che cigolarono per la forzatura dovuto al lungo periodo di chiusura, destò Gimli dalla sua scomoda branda. Le urla di sdegno che poi accompagnavano un tale avvenimento non promettevano nulla di buono. L’Amico degl’elfi sollevò il suo busto andando ad incontrare la lunga chioma dorata  del suo amico che solleticava le sue spalle, con le mani impegnate a tenere le sbarre e con il capo chino come in preghiera. Mai si sarebbe immaginato di entrare nella sua camera e trovarvi Geldena circondata dalle sue ancelle di morte, con in mano il diario di Helluin dimenticato da Adamante la mattina quando per la fretta era scappata via come una furia. Negligenza costata molto cara, anche se ancora non aveva bene l’idea di quanto fosse grave la situazione.

“Legolas, ma cosa è successo?” borbottò Gimli. Sulle prime non era certo di quello che vedeva, ancora confuso dall’improvviso risveglio. L’Elfo non si mosse, cercando ancora di riflettere lucidamente sugl’ultimi fatti.

“L’hanno presa!” bisbigliò dalle spalle incurvate. “Dovevo dare ascolto a Raja, molto più savia e saggia di quanto sono stato io, se non le avessi chiesto di tornare da me stanotte non sarebbe accaduto nulla!”

“Parla chiaro orecchie a punta! Cosa vuol dire che l’hanno presa?” s’infervorò il nano sobbalzando dal suo giaciglio agitando le braccia. Legolas lentamente si voltò verso Gimli, che ancora se ne stava impettito in attesa di una risposta eloquente.

“Vuol dire che sono stato uno stolto, tutto questo lasciarmi trasportare non mi ha reso abbastanza attento!” replicò l’Elfo. Le sue iridi erano spente almeno quante quelle di Adamante. “Dovevo diffidare di troppa accondiscendenza del fato, la fortuna non assiste sempre i giusti!” Con aria affranta Legolas si sedette sulla branda dove il nano giaceva poco prima, prendendo poi la testa con le mani che aveva iniziato a pendere con il carico sofferente che portava seco. “Come ho potuto farle questo? Come ho potuto permettere un tale danno nei suoi confronti? L’hanno presa ed ora il futuro si presenta buio e sconfortante, perché se ancora il suo cuore dovesse sanguinare anche il mio inizierebbe a farlo!” Gimli era altresì stordito da tutto quel farneticare per lui senza senso.

“Scusa Elfo ma non è con l’autocommiserazione che si pone fine ai guai, piuttosto sarebbe meglio pensare ad un modo per uscire ed attuare il piano della piccola strega!” cercò di prendere in mano la situazione il nano provando a far reagire l’Elfo.

“Cosa mi stai chiedendo? Di abbandonarla al suo destino? Serra le tue labbra barbute se devi dire certe scempiaggini, Gimli!” rispose stizzito.

“Sembra che l’amore ti abbia completamente fatto uscire di senno: dalla mia bocca nessun accenno all’abbandono era stato menzionato! Non potrei mai dopo che quella ragazza ha dimostrato tanta benevolenza nei nostri confrontri! Piuttosto cerco di guardare a come risolvere questo guaio invece che piangermi addosso come una principessina elfica!” s’infervorò il nano con voce cavernosa e brandendo il suo pugno al cielo. “Ti stai davvero lasciando spaventare da un branco di guerriere in gonnella dopo che ti sei scontrato con orde inferocite di orchetti ai Cancelli del Morannon? Mi deludi orecchie a punta, ti pensavo più coraggioso!” Legolas lasciò ricadere le braccia dimostrando la sua frustrazione, poi osservando il nano con sfida rispose:

“D’accordo Gimli allora cosa pensi dobbiamo fare?” gli occhi dei due si scrutarono infuriati per alcuni secondi, aspettando che l’uno o l’altro cedesse. Ad un tratto la tensione si spezzò in una fragorosa risata, che risultò molto liberatoria per entrambi.  Il nano iniziò a battere con la sua mano bitorzoluta sulla spalla esile di Legolas cercando di confortarlo per quello che poteva. I toni ilari vennero però quasi immediatamente abbandonati quando uno strano stridore di urla ed acclamazioni provenì da fuori. Dopo un fugace sguardo fra i due si catapultarono alla fenditura che dava verso l’esterno. Solo una minima porzione della radura di fronte ad Agalath si apriva alla loro vista. La piccola figura di Adamante si trovava in piedi appena distinguibile alla luce delle torce. Era stata spogliata di tutti i suoi onori: una lunga veste bianca e neutra aderiva sul suo giovane corpo segnando le morbide forme, i capelli completamente sciolti le ricadevano sul viso abbassato verso il suolo, le mani legate sul grembo. Due guardie le stavano accanto come sue brutali custodi. Non solo guerriere ma anche la parte bassa della città era riunita in quel semicerchio appena visibile alla flebile illuminazione. Le urla che si distinguevano nella notte erano come versi di animali, schiamazzi di pareri gridati contro la traditrice. Il clamore destato dalla folla pronta a condannare tacque quando la Regina si sollevò dal suo trono esterno, intagliato da un tronco cavo. Adamante non sollevava il viso anche se avrebbe voluto lei stessa affrontare la madre, ma alle traditrici non era consentito il potersi difendere.

“Chi accusa Adamante la Guaritrice?” la voce roca ed appesantita di Amarah divenne solenne come mai l’avevano percepito le sue Amazzoni. Nel suo longevo regno non era stata costretta ad affrontare un processo ed ora era a discapito della figlia. Legolas notò l'uso della lingua corrente e dalle reazioni delle genti dedusse che tutti comprendevano. Questo era un altro indice di intolleranza verso di loro e del loro genere.

“Geldena la Consigliera, Testar | Mia signora | !” rispose la donna portando il pugno destro sul petto e genuflettendosi al cospetto di Amarah.

“Chi difende Adamante la Guaritrice?” Raja avanzò dalla folla con la sua andatura incerta e come Geldena portò il pugno sul petto inchinando il capo. Amarah rimaneva impassibile, indulgente ed inespressiva. Questo almeno alle apparenze, perché dentro di lei un forte senso di colpa iniziava la corrosione di quello strato di ghiaccio che le avvolgeva l’anima ormai nera.

“Raja la Storica, Regina!” la donna non espresse il segno di appartenenza a quel governo rifiutato molti anni addietro, quando del suo favore non fece buon uso.

“Quale accusa muovete Consigliera verso la principessa?” il tono autoritario della Regina si contraddistingueva in quel chiassoso brusio, nato quando la decisione di Raja di prendere le difese della Guaritrice si era palesata alle osservatrici.

“L’accuso di alto tradimento!” Geldena intraprese un passo esternando con un ghigno tutta la sua sicurezza.

“Con quali prove accusate Adamante, Geldena?” chiese Raja avanzando anch’ella in modo da trovarsi alla stessa altezza della Consigliera mostrandosi non intimorita dalle sue parole serpentine. Sapeva benissimo di aver ben poche speranze d’indulgenza. Lo vedeva nella folla inferocita della guardia, negli sguardi spaventati e spaesati della popolazione a cui apparteneva, nel distacco che stava ostentando Amarah con disinvoltura. Adamante era finita tra le fauci del leone e di questo ne era consapevole anche Legolas che assisteva alla scena da quel taglio del terreno. I suoi occhi si spingevano ben oltre quelli del nano al suo fianco, che poteva ambire a percepire appena i corpi ammassati nella folla che gremiva lo spazio circostante la radura e le voci come un continuo mormorare forte come lo scalpitio di un cavallo. L’Elfo invece vedeva il muro incostante di capelli che separava la sua vista dal viso della sua amata, le mani che cercavano un po’ di sollievo spostando ritmicamente i polsi nelle corde costringenti, le spalle tremare. Sentiva il terrore di Adamante accrescere ogni istante e lo fece suo.

“Da subito ” disse la Consigliera alzando il braccio verso la folla “ho capito che la Guaritrice covava il desiderio di appropriarsi di qualcosa non suo.” Fu allora che gli occhi di Adamante si innalzarono su Geldena, non tollerava quel modo di apostrofare Legolas a misero oggetto  e questo le dava la minima forza di reagire. “L’unione con un Tessalon scelto è Sacra, nessuno può permettersi di ostacolarlo nemmeno il sangue reale!” detto questo Geldena si girò verso la Guaritrice, sentiva la disfatta della fanciulla avvicinarsi con l’aumento del chiacchiericcio tra i presenti alla dichiarazione appena fatta. “Adamante ha tentato di circuire il Tessalon di Callial per ribaltare la discendenza!”

“No!” gridò Adamante “Questo non è il vero! Da quella lingua forcuta non possono che uscire menzogne! Madre ascoltate vi prego io non …”

“Taci!” tuonò Geldena. Contemporaneamente una delle guardie la percosse sul ventre con l’estremità del suo bastone costringendo la ragazza ad indietreggiare con le mani sul grembo da cui un forte dolore partiva fino ad arrivare alla sua testa. Il colpo era stato inferto con una dose ben calcolata di violenza capace di farla tossire e piegare, ma evitando che cadesse in terra in preda agli spasmi. “Non sei stata interpellata traditrice!” il sibilo disdegnoso della Consigliera era stato forte e chiaro.

“Adamante …” Raja si era avvicinata anch’ella sussurrando alla ragazza, che tentava di ricomporsi e tornare in piedi. “Hai già chi ti difende, non compromettere ancor di più la tua posizione!” la fanciulla mosse la testa in un segno di assenso, sollevò poi il busto tornando alla postura originaria. “Quello che stai menzionando Geldena è solo congettura, hai delle prove tangibili e concrete delle tue perniciose insinuazioni?” l’improvviso cambio d’espressione della Consigliera raggelò Raja che sapeva quanto fosse astuta la sua avversaria nel foro. Dopo un cenno una sua guardia portò alla donna un manoscritto conosciuto alla storia. Geldena afferrò con sprezzo il tomo e lo lanciò ai piedi delle due. Raja guardò Adamante che sconsolata non sostenne gli occhi dell’amica ed abbassò il capo sconfitta.

“Questo è il diario del padre dell' infedele ed è stato trovato nelle stanze del Tessalon di Callial proprio questa mattina!” il boato di stupore fece tremare il terreno, le foglie si scossero come mosse dal vento, tutte avevano da dire un commento, un pensiero, una parola di sdegno a quella prova così lapalissiana da far impallidire persino la Regina. Se sperava che la ragazza non fosse colpevole si era sbagliata: Adamante era responsabile si, ma solo di essere innamorata. "Insospettita, una volta calata la sera, ho aspettato nella camera dell'elfo ed a conferma si è presentata la Guaritrice senza la sua maschera. Chissà se nel suo ventre non giace già il frutto di tale spergiuro!" a concludere lo spettacolo con una mossa da teatrante, l'indice della Consigliera si puntò contro Adamante che invece alzò il mento senza mostrarsi spaventata. Lei era coscente che nulla di quello che sputava con malevolenza Geldena era reale, le mezze verità che nacevano da quella voce aspra era solo il risultato del suo maligno ingegno. Legolas strinse le palpebre ed allontanò il viso dall’aria calda che penetrava da quell’unico spiraglio sul mondo esterno. Il nano non era riuscito a capire molto, con tutta quella confusione era difficile per lui discernere una voce o l’altra. Continuava a guardare verso fuori muovendo la testa da destra a sinistra, senza una vera meta precisa.

“Cosa stanno dicendo? Perché si è sollevato tale clamore?” chiese verso l’amico. L’elfo non rispose troppo preso dal rimorso lacerante che gli premeva sul petto tanto da sentire l’affanno nel respirare. “Legolas, cosa è successo? Parla!”

“La Consigliera ha appena mostrato la prova di colpevolezza di Adamante!” disse l’elfo rimanendo con il volto girato per non guardare l’esterno.

“Sinceramente non ho ancora ben capito di quale colpa si sia macchiata la piccola strega!” borbottò veramente irritato.

“Si è macchiata di una colpa che per altri una colpa non è: si è innamorata ed è stata ricambiata!” proprio mentre diceva quelle parole l’elfo altre s’innalzarono sopra l’eclatante vocio. Erano i toni fieri ed autoritari della Sovrana. Quell’improvviso intervento innescò la curiosità di Legolas che vinse sui sensi di colpa permettendogli di continuare a guardare lo scenario della sconfitta dei giusti e la vittoria dei falsi.

“Silenzio!” quello che pronunciò fu quasi un grido grave ed oscuro, un ordine impartito con tutta la sua potenza “Adamante cosa hai da dire a tua discolpa?”ad ogni parola corrispondeva un passo, l’avvicinava sempre più alla figlia la quale aveva ripreso a tremare.

“Madre io …” rispose incerta.

“In questo momento non sono tua Madre!” sentenziò con acrimonia Amarah “Ora sono la tua Regina!” a quella affermazione Adamante sollevò lo sguardo. Gli occhi iniziarono ad inumidirsi di pianto, non si aspettava un comportamento diverso da Amarah ma in fondo un ultimo baluardo di speranza nella  compassione era presente, un'ultimo baluardo distrutto dalla brutale risposta della Sovrana.

“Mia Regina, io dico che sono colpevole …” le labbra di Geldena si allargarono in un sorriso soddisfatto e pieno, il vociare riprese con gran fragore, gli strepitii di stupore si stavano praticamente sprecando nella folla. “ … ma non colpevole per quello che crede la Consigliera! Io sono colpevole di non essere adatta a tutto questo, sono colpevole di non accettare la parvenza di libertà che ci volete far credere di avere. Siamo costrette in questi alberi a vivere la nostra vita per cosa? Per non poter uscire da Taur en Gwaith  a meno che non si cerchi la morte per mano delle sentinelle? Per non conoscere sentimenti nuovi e puri come l'amicizia e l'amore? Questo per me è al pari della schiavitù che imposero gli uomini alle nostre ave. Ascoltate!” si rivolse alla folla come ultimo appiglio. “Le nostre antenate si sono rifugiate qui perché braccate da qualcuno che le voleva succubi. Ma ora quali ragioni ci vincolano alla segretezza? Non ci curiamo altro che degl’interessi della comunità e siamo assoggettate a delle leggi dure ed obsolete. Vi siete mai chieste cosa ci fosse al di fuori di questa foresta? Vi siete mai trovate a guardare il cielo e dire chi altro lo stesse osservando? Io lo faccio in continuazione e me ne devo vergognare. Amo il mio popolo più di ogni altra cosa, ho sacrificato me stessa e la mia famiglia per la devozione che nutro per le mie genti ma non mi basta. Non ci sono solo nemici al di là di questi alberi, non conosciamo nemmeno altre realtà se non quelle delle Ombre: nasciamo e moriamo qui senza aver mai dato un vero significato alle nostre esistenze se non come semplici tasselli di un mosaico bello si ma non messo in discussione. Oltre il mare c’è un mondo nuovo e sconosciuto che non vuole farci soccombere. Potremmo crescere, potremmo confrontarci con nuovi popoli, nuove creature, potremmo migliorare. L’ignoto spaventa ma solo in un modo si può rendere questa paura una forza: imparando a conoscere.”

“Oltre che traditrice sei anche una rivoltosa e …” una mano di Amarah si alzò verso la Consigliera intimandole di fare silenzio. Quando la donna ritrasse le sue parole maligne con un inchino, la Regina le congiunse sul grembo osservando dall’alto al basso la figlia.

“Adamante, la tua colpa è grave e per questo sarai punita in maniera proporzionale!” la sua voce era algida e seria, non mostrava alcuna insicurezza mentre sollevava il mento altezzosa e superiore. “La morte per te sarebbe troppo poco la tua dissobiedenza: verrai rinchiusa nelle prigioni, al settimo sorgere del sole verrai flagellata fino a svenimento. Adempirai ai tuoi doveri di Ombra per l’ultima volta, partecipando ai rituali dello Yavieba, dopo indipendentemente che la tua progenie sia utile o meno al tuo popolo, sarai donata come serva a Kudrem, figlio di Kuzdo sovrano del Khand e bandita per sempre da questo regno. Callial non dovrà subire il dolore del tradimento della sorella e quindi vieto a chiunque abbia assistito di farne parola." Geldena era incredula, quello che lei voleva era una condanna immediata di morte. Invece non sarebbe stata certa dell'eliminazione della scomoda presenza della Guaratrice fintanto non fosse salita sul cavallo del Variag.

"Mia signora ma ..." cercò d'intervenire prima che la regina potesse andarsene.

" Questa è la mia decisione, vuoi darmi contro Geldena?" chiese la Regina dura e fredda come una lastra di marmo. Alla Consigliera non restò altro che prostrarsi ed accettare quella autorevolezza dominante della Sovrana. "Con questo ho concluso!” Amarah soffocò il pianto nell’ultima frase, di fronte al sacrificio del suo diamante più prezioso. Davanti ad una tale dimostrazione d’impudenza e di disprezzo comunque non poteva mostrare misericordia alla figlia in quanto tale. Lei era una donna Amazzone, regina e sovrana della foresta. Le debolezze come l’amore e i sentimenti non dovevano appartenerle.

“Voi non siete mai stata mia Madre!” sussurrò Adamante colpita nel profondo. “Mi avreste liberato molto tempo fa se vi foste comportata da tale. Voi siete sempre stata la Regina! Bene mia Regina siete riuscita nel vostro intento, con questa azione mi avete tarpato definitivamente le ali!” una nuova fiamma imperò nello sguardo della traditrice, la fiamma della disperazione, del cordoglio, la fiamma della delusione scatenata dalla stessa Amarah che le aveva dato la condanna più dura che potesse imporle. La morte per mano di Geldena sotto indicibili torture sarebbe stata più dolce. Invece la Regina aveva preferito farla diventare una concubina di Kudrem, una serva di un uomo infliggendole il più grande disonore per una Gwath.

“Portatela via!” ordinò la Sovrana stanca di sentire l’astio della propria figlia prediletta riversarsi con parole ricolme d’avversione. Le due guardie che fiancheggiavano la Guaritrice la presero con forza, trascinandola dal centro mentre la fanciulla opponeva un’estenuante resistenza.

“Voi non siete mai stata mia Madre, sapete solo essere la regina! Voi non potete capirmi perché non siete capace d’amare!” urlava mentre la portavano via. “Non scorre sangue nelle vostre vene, il vostro cuore è muto come un sepolcro secolare ricoperto dai detriti del tempo! Voi non avete mai amato nemmeno le vostre figlie, non siete mai stata mia Madre!” Amarah invece aveva un cuore, un cuore stanco e vecchio solamente mascherato dalla pietra, da cui stava sgorgando un enorme quantità di fluido cremisi. Nel buio delle sue stanze  poteva piangere come una madre, poteva condannarsi ad una dannazione eterna. I suoi ricordi ricadevano sulla piccola figlia degl'elfi che curava con dovizia il suo orto di erbe curative, forte nelle sue scelte, caparbia nelle sue azioni. Quella stessa bambina ora le aveva riservato solo odio prima che scomparisse nell’oblio della strada per le prigioni, odio giustificato dall'erronea scelta di averla con sé. Il resto del tragitto percorso per la fanciulla divenne sempre più offuscato. Non aveva ragione per trattenersi eppure il suo corpo non rispondeva a quella afflizione che le lambiva mente e animo. Gli occhi non si bagnarono di calde e saline lacrime, le sue corde vocali non vibrarono al lamento del suo cuore straziato. La sua pelle era tornata esangue senza avere la benché minima parvenza della luce degl’Eldar. Lo splendore della Lacrima Brillante era offuscato dalla frustrazione, le era stata strappata ogni speranza. Presto la fiamma bianca di Adamante avrebbe cessato di esistere, come una candela ormai arrivata all’estremità che combatte contro l’ultima cera liquida del fondo. Non c’era più l’autunno mite e confortante, ma un inverno freddo e glaciale si apriva di fronte alla ragazza ormai giunta al limite delle sue forze, privata persino dell'aria. Vittima era ancora dell’assurdo gioco della Consigliera, vittima era ancora delle leggi a cui la voleva sottrarre il padre, vittima era ancora della stoltezza e dell’ostinazione nel non volersi migliorare. Geldena era stata anche troppo crudele quando Adamante trovò dimora nella cella di fronte a quella di Legolas e Gimli, abbastanza vicini per vedere la sua agonia e abbastanza lontani per non trarre conforto l’una dall’altro. Rimasero fermi ad osservarsi, trascinati dalle sabbie del tempo che continuavano a cadere granello per granello, scandendo il suo lento ed inesorabile scorrere. Legolas era atterrito dall’evidente resa della sua amata, non poteva lasciarsi andare quando lui stesso era pronto a smuovere il mondo intero per lei. Viveva per un suo sorriso e sarebbe morto per un solo bacio. Il nano attese che le guardie la lasciassero nella sua segregazione tornando ai loro compiti per prendere parola.

“Piccola strega, dobbiamo trovare un modo per fuggire da qui!” disse risoluto cercando di riscuotere i suoi compagni da quell’incanto che li aveva colti. Adamante non si scompose, gli occhi protesi verso quelli cerulei di Legolas che ricambiava quello sguardo.

“No, mastro Gimli, è finita!” quello che emanò era un semplice filo di voce, irriconoscibile alle orecchie dell’elfo. Presto la lampada argentea dei Valar avrebbe illuminato il viso di Adamante mentre prendeva il posto nel buio delle Aule di Mandos.

“No!” gridò Legolas afferrando le sbarre come se fossero le spalle della sua amata. “Non puoi cedere, hai giurato di seguirmi! Devi rispettare il tuo voto, devi vivere, devi farlo anche per tuo padre che non ti voleva qui, lle hammannen an Helluin! | S –  [Tu] Sei obbligata per Helluin! | ” la ragazza non risposte, come una statua non mosse alcun muscolo, impassibile come una montagna che il vento, per quanto sia forte, non smuove “Tirinîr bronia agen! | S – Tirinîr resisti per te!|”.

“Ù – chebin estel amin! | S – Non posso conservare speranza per me stessa!| ” rispose ancora imperturbabile, con la voce assente come se non appartenesse alla Guaritrice, senza inflessione alcuna che potesse caratterizzare un qualsiasi stato d’animo.

“Tirinîr bronia amin! | S – Tirinîr resisti per me! | ”A quella supplica le labbra della ragazza si schiusero in un debole respiro, come se qualcosa dentro di lei avesse quasi preso il sopravvento sull’apatia. Di questo l’elfo se ne accorse e subito intervenne per battere sul ferro ancora caldo, per allargare la breccia appena creata dalle sue parole. “Tirinîr bronia ammen! | S – Tirinîr resisti per noi! | ” Un lampo veloce e fulmineo passò attraverso quello sguardo vacuo e spento, troppo debole da essere percepito da occhio umano. Un piccolo seme era stato impiantato, anche se ora era difficile rendersene conto. Adamante era stata colpita ma non sapeva dove le parole di Legolas l’avrebbero condotta.

“Ù – geri estel! | S – Non ho speranza! |” le sue stesse parole le morirono sulle labbra con un fremito. Lo stelo del fiore d’inverno era stato spezzato, non poteva più trarre il nutrimento dallo sterile suolo solcato dalla neve, non poteva risplendere ai primi timidi raggi primaverili.  Fredde ed aride erano le sue lacrime rimaste all’interno della gola, incapaci di sgorgare e manifestare l’intenso patimento provato. Stava avvizzendo catturata e rese prigioniera. Adamante iniziò a percorrere i pochi passi che la separavano dal piccolo e scomodo giaciglio quello che l’avrebbe accompagnata fino alla sua fine.

“Amin mela lle! | S – Ti amo!| ” leggiadra era la voce dell’elfo al pari di ciò che aveva appena pronunziato, dolce era il suono di quel sentimento che sempre era palese ma mai espresso così chiaramente. “Lle bronia amin! | S – Resisti per me!| ” ripeté con più ardore serrando le mani fortemente contro le sbarre. Adamante profilò solo il volto senza voltarsi completamente. La sua anima era stata vanificata, i suoi sentimenti calpestati eccetto per quella lacrima che finalmente camminava vittoriosa sulla sua guancia. Legolas era coscente che  il massimo auspicabile era quella piccola goccia di una luce fioca ed appena percepibile, ma almeno il sapere che non fosse del tutto annullata iniziava ad annientare l’assenza di speranza. La fanciulla riprese il suo cammino quasi fosse il più lungo percorso intrapreso. Viaggiava come una barca mossa solo da una tenue corrente fino a giungere su quel triste materasso nell’angolo più buio. Si coricò taciturna con le spalle rivolte ai due spettatori silenti, stringendo le ginocchia al petto in una posizione fetale, chiusa tra le sue stesse braccia riparandosi da quel freddo fittizio ed inesistente.

“Cosa è successo? Che vi siete detti?” chiese Gimli spaesato dalla conversazione appena avvenuta. Sapeva dall’espressioni e dagli sguardi che non era stata uno stato una scambio piacevole di convenevoli.

“Sta sfiorendo come una rosa dopo una tempesta di grandine! Si sta abbandonando allo sconforto, sta morendo …” Legolas non riuscì più a sostenere le gambe, dolenti per la zavorra costrette a sostenere al di sopra delle sue forze. Posò la schiena contro la parete scivolando fino in terra, con il viso sempre rivolto alle spalle della fanciulla che immobile giaceva oltre ben due paratie di sbarre. Un canto triste, un canto d’amore sorse dalla bocca dell’elfo. Una triste litania che gli sovvenne come ricordo di tempi lontani, un addio che insieme ad Adamante avrebbe voluto cantare alle Terre del Rhûn:

Addio, mia terra, addio nordico cielo
Benedetto poiché in esso lo stelo
Spuntò, e poi lieve corse
Sotto la Luna, e sotto il Sole sorse,
Di Tirinîr la Lacrima Brillante¹,

Bella che a dirlo non basta parola.
Rovini pure il mondo tutto quanto
E sia dissolto in ogni membro, e infranto
Ricada nell'abisso atemporale:
La sua struttura sol per questo vale -
Sera, mattino, cielo, terra, mare -,
Che
Tirinîr² lo ha potuto contemplare.

In grassetto le parti cambiate 1) Di Lùthien l’Usignola 2) Lùthien

[Cit. Canto della Dipartita, Cap XIX  “Beren e Lùthien”, Silmarillion di J.R.R. Tolkien]

 

Miei signori, triste è il giorno quando un diamante smette di brillare. Il fiore d'inverno ancora rischia di appassire ma molto il cielo e le stelle assistono. L'amore che tutto smuove, potrà far sopravvire una figlia di un Astro splendente e pallido? Potrà condurla a vivere?

 

Note dell'autrice: Buon Pomeriggio mes amis! Premetto con il dire che il canto finale è di esclusiva proprietà del professore come da citazione gli ho solo cambiato due cosine per adattarla ma non è assolutamente mia, tra l'altro non ho nemmeno rispettato la rima. Quindi chiedo venia ai puristi e chiedo anche se gentilmente possono assecondare la licenza che mi sono presa. Passiamo a noi: capitolozzolo difficilozzolo! Mi scuso per la preponderante presenza di dialoghi ma ora come ora sono necessari, probabilmente in questi capitoli sarà più o meno così, visto comunque il bisogno di spiegazioni che ci sarà. Cominceremo ad unire altri tasselli ed alla fine ... bhè dovete seguire. Cosa succede praticamente: la piccola Adamante è messa di nuovo a dura prova e perde ogni speranza, povera! Nel momento in cui le stanno anche strappando quel minimo della libertà che aveva e il l'amore della sua vita si ritova ad abbandonarsi, insomma sta morendo, si sta spegnendo. Legolas questo lo sa e spera solo di riuscire a farla reagire. Finalmente le ha detto ti amo, anche se lo sapevano insomma è un'altra cosa sentirselo dire. Comunque Amarah è stata proprio crudele, non poteva dare punizione peggiore ma il suo scopo è proprio quello di non dare a vedere le proprie debolezze quindi è più dura con le figlie che con le altre. Che altro dire? spero vi sia piaciuto! Fatemi sapere!

Ringrazio sempre tutti!

Un bacione!

La vostra Malice!!! ^^

   
 
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