Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
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Autore: Mitsutsuki    25/06/2010    11 recensioni
Ichigo non era un genio della matematica.
Nulla di grave, se questa mancanza non fosse stata nota anche a Shirogane.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Serie: Tokyo Mew Mew
Timeline: Bah, da qualche parte durante la prima serie.
Capitolo: 1/1
Contatore: Pages - 240 Parole
Note:
1. Scritta in cinque minuti. Voi non dovreste nemmeno leggerla.
2. “Sempliciotta” è come Ryou chiama Ichigo nel quarto volumetto manga.
Disclaimers: Tokyo Mew Mew è © Mia Ikumi e Reiko Yoshida


FlashFiction



Forse non era un genio della matematica.
Anzi, era molto probabile che quel “forse” andasse ignorato.
Nonostante questo, quando si trattava della sua paga settimanale, Ichigo Momomiya non solo sapeva fare di conto, ma era persino in grado di rapportare ciò che le era dovuto ad un quarto di ora e a scalare.

Indispettita, scese le scale del laboratorio con la leggerezza di un carro armato sotto assedio, spalancò la porta quasi a volerla scardinare e gridò a gran voce il suo disappunto.
— Shirogane! Mancano millecentocinquanta yen alla mia paga! —
Non ebbe nemmeno modo di terminare la frase, che il ragazzo aveva già sbuffato divertito, facendo ruotare la sedia in sua direzione.
— Pensavo fossi una frana in matematica. — Osservò.
Ichigo incrociò le braccia al petto.
Vagamente in imbarazzo, balbettò qualcosa che non capì nemmeno lei.
Si limitò ad aspettare che Ryou prendesse il portafogli.
— Su, tieni, sempliciotta senza soldi. —
La ragazza si avvicinò di gran carriera e gli strappò letteralmente di mano la paga mancante. Prima di voltarsi, ebbe modo di regalargli una linguaccia in risposta al “sempliciotta”; quindi se ne andò com’era arrivata, con quella leggerezza e grazia che la caratterizzavano.

Ryou si gustò ogni istante della sua uscita di scena, fino a quando Keiichiro non decise di emergere da un angolo in ombra del laboratorio.
— Di’, non è che lo fai apposta? —
Sorrise — Può darsi. A volte va talmente di fretta che non riuscirei a vederla altrimenti. —

  
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