Fiamme
dell’inferno
Quando
la mattina dopo i ragazzi entrarono nella Sala Grande per la colazione,
finalmente ripristinata dopo il periodo di punizione, giravano strane voci
sull’arresto di una professoressa durante la notte. Ai ragazzi non occorse molto
per capire cosa fosse successo.
“La
professoressa Sprite! Qualcuno deve averla sentita!” bisbigliò Hermione,
nervosa.
“Già,
ma speriamo che non abbiano sentito anche con chi parlava!” mormorò Ron, più
preoccupato per la loro vita che per quella della professoressa. Ginny guardò
verso il tavolo degli insegnanti, un fremito di disgusto che le sfigurava il
volto. “Mancano lei e Voi-sapete-chi. Bellatrix è al tavolo. Guardate che
espressione, quanto è…” esclamò a voce alta, prima che un’altra voce da dietro
la fermasse. “Termini quella frase e dovrò metterla in punizione, signorina
Weasley!”.
I
ragazzi si girarono. Era Fenrir Greyback, il mangiamorte lupo mannaro, uno di
quelli che più terrorizzava gli studenti.
“E
sai benissimo che se sono io a punire… beh, non c’è bisogno di !” aggiunse, e si
allontanò con un ghigno, strizzando l’occhio alla ragazza e passandosi la lingua
tra le labbra. Ginny lo guardò con immenso disprezzo.
“Sediamoci
e mangiamo qualcosa, che è meglio!” ma per tutta la colazione non toccò cibo,
così come gli altri. Dopo venti minuti seduti in silenzio, tutti e cinque
continuavano a provare un certo rimorso per quanto accaduto alla Professoressa
Sprite. Dopotutto era con loro che aveva parlato, e si sentivano in qualche modo
responsabili dell’accaduto. Così uscirono dalla sala grande diretti ai giardini,
verso una costruzione nera, minacciosa, composta da quattro torri più piccole e
una pericolosamente grande e traballante, posta all’esatto centro di quello che
un tempo era lo stadio di Quidditch, di cui ora rimanevano soltanto una torre e
i tre pali di una parte del campo, uno di questi piegato e poggiato al palo
centrale. Entrarono nell’edificio, che non era sorvegliato (per non far fuggire
i prigionieri bastavano gli incantesimi posti attorno all’edificio e alle sbarre
della prigione) e trovarono la Professoressa Sprite in una delle tante celle.
Era molto provata, sciupata, con la veste strappata in più punti e il sangue che
ancora usciva da alcuni dei tagli, ma aveva un sorriso molto ampio sul volto.
“Salve
ragazzi! È molto carino da parte vostra venire a farmi visita!” disse. Hermione
scoppiò a piangere. Ron la abbracciò, e quando Neville disse: “Professoressa, ci
sentiamo in qualche modo responsabili per questa faccenda. volevamo chiederle
scusa, ma quando in gioco c’è la vita di una persona non…” i singhiozzi della
ragazza aumentarono. Ma la professoressa tentò di tranquillizzarli comunque.
“Suvvia, se avessi saputo che sarei stata arrestata di sicuro vi avrei detto
ugualmente quelle cose! Non mi interessa essere in prigione e rischiare la vita!
Se morirò, sarà per una giusta causa. Voi dovete solo promettermi che fermerete
quel pazzoide montato e che farete tornare Hogwarts ai suoi antichi splendori”.
I
ragazzi rimasero ancora dieci minuti a parlare con la Professoressa, poi però
dovettero correre al castello per ricominciare a trasformare in osso gli animali
invertebrati.
“Stupide
lumache senza guscio!!! - mormorò Ron, in preda ad un attacco di rabbia - Non
bastava quello che sta accadendo alla Sprite, devono anche mettercisi queste
inutili lumache! Ti vuoi trasformare?!? Ossea Avifors! Ossea Avifors!!!” ma la
lumaca diventò viola e morì soffocata.
“Ron,
se ti farai beccare a far morire una lumaca al giorno ti rimetteranno ai ferri
nei sotterranei!” mormorò la McGranitt, guardando verso la porta, le labbra
talmente strette da far sembrare la sua bocca più simile ad un taglio. Il
mangiamorte di sorveglianza era uscito per punire Ernie Macmillan che aveva per
sbaglio allungato la sua lumaca senza però darle la forma di osso per la terza
volta consecutiva.
“Professoressa,
sinceramente, è proprio necessario studiare come trasformare un corpo in un
osso?” chiese Hannah Abbott, preoccupata per le sorti del suo amico. La
professoressa McGranitt guardò verso la porta un’altra volta e poi mormorò:
“Ovviamente no, ma sapete che un mangiamorte deve saper occultare bene un
cadavere, quindi dobbiamo per forza insegnarvi anche questo, spero solo di non
dover arrivare ad insegnarvi come trasformare un uomo in un dirigibile e farlo
esplodere, ma col nuovo regime ci
si può aspettare di tutto” terminò la McGranitt, visibilmente contrariata, le
labbra ora invisibili, tanto erano strette.
Dopo
dieci minuti le campane scandirono la fine della seconda ora, il che significava
ora buca per Ron, Ginny, Neville e Luna e Aritmanzia per Hermione, ma prima che
i cinque potessero uscire dall’aula, la McGranitt li chiamò alla cattedra. I
ragazzi si avvicinarono un po’ impauriti, convinti che volesse rimproverarli per
quanto successo alla Sprite. Invece non fu così
”Ho
saputo che avete ricevuto informazioni preziose dalla Professoressa Sprite!”
disse, con uno sguardo tranquillo.
“Si
professoressa, ci dispiace moltissimo per…” cominciò Neville, ma la McGranitt lo
interruppe.
“Non
sono qui per rimproverarvi, la scelta di Pomona è stata ammirevole, e voi non
siete in alcun modo responsabili. Quello che invece ho da dirvi… anzi, da darvi,
è questo!” ed estrasse da un cassetto della cattedra un foglio di pergamena con
sopra disegnata una piantina di un edificio di forma triangolare.
“Quella
che vedete, ragazzi, è la mappa di Azkaban. Visto che la professoressa Sprite è
stata arrestata, ne ho procurata una e incantata. Se mostrata ai mangiamorte si
rivelerà essere soltanto un ritaglio della Gazzetta del Profeta. Usatela per
trovare Harry, che si trova in questa cella” e indicò un piccolo quadrato nel
lato più a nord dell’edificio. “Mi raccomando, dovete essere cauti… Avete già un
piano?” mormorò la professoressa.
“Non
ancora, ma ci stiamo lavorando” rispose Hermione. La McGranitt sospirò, poi
guardò i ragazzi e disse: “Se avete bisogno, potete contare sul corpo insegnanti
di questa scuola… o almeno, su quello che conta veramente!” disse, e congedò i
ragazzi con un cenno verso la porta.
La
mattina dopo, i ragazzi si svegliarono con un rarissimo raggio di sole che
attraversava le finestre. Sembrava quasi un sogno rivedere quel scintillio
meraviglioso che solo il sole poteva dare loro, ma durò solo pochi minuti, poi
tutto tornò dello stesso colore verdastro. Ron e Neville si alzarono, preparando
le divise da indossare e ripensando alla mappa di Azkaban che la professoressa
McGranitt aveva dato loro. Sarebbe bastata una mappa per aiutarli a salvare
Harry? Hermione si stava ponendo la stessa domanda quando la voce di Ginny la
riportò a terra.
“Hermione,
abbiamo la colazione tra dieci minuti, ci conviene avviarci per non perdere il
discorso mattutino di Voldy, altrimenti ci becchiamo un’altra punizione” disse,
indicando una cicatrice sul suo mento. Hermione si girò lentamente verso la
ragazza.
“Io…
io non riesco a capire… Perché proprio ad Azkaban? Perché non ad Hogwarts, dove
ci sono centinaia di maghi che possono vedere?” chiese Hermione. Stava ancora
pensando all’esecuzione di Harry. Pensava a quello ogni giorno, anche se non
assiduamente quanto Ginny, che rischiava di piangere ogni minuto in cui la sua
mente andava a cosa sarebbe successo se non avessero messo a punto un piano, se
avessero fallito.
“E’
proprio perché qui ci sono centinaia di maghi che non possono! Hanno paura che
noi uniti potremmo sconfiggerli… e hanno ragione! Noi potremmo davvero, e dobbiamo riuscirci anche se saremo
solo noi cinque!” disse con fervore Ginny. Aveva una strana luce negli occhi,
come se l’idea di agire la stesse risvegliando da un periodo di letargo. Lei,
Hermione e Luna scesero così la scala a chiocciola per raggiungere la sala
comune, dove Ron e Neville le stavano già aspettando. Mentre scendevano la
scalinata principale, il quadro di Voldemort osservava gli studenti con sguardo
compiaciuto, e i ragazzi furono colti da un ricordo: ogni volta che il quadro
aveva quello sguardo, Voldemort aveva notizie importanti, che nella maggior
parte dei casi terminavano con la morte di uno dei buoni. Arrivati in sala
grande, così, con un misto di paura e preoccupazione si sistemarono al vecchio
tavolo dei Grifondoro e osservarono impazienti il tavolo degli insegnanti, dove
gli unici posti vuoti erano ancora quelli della professoressa Sprite e di
Voldemort.
“Credete
che l’abbia già fatto?” chiese Ron, preoccupato, lanciando un’occhiata di
traverso al tavolo. Hermione gli prese la mano, guardandolo dolcemente.
“Se
l’avesse già fatto lo sapremmo, ma la sua assenza mi preoccupa… quella di
Voldemort, intendo. Ok, Ron, quella di Tu-Sai-Chi…” si corresse, sentendo la
mano del ragazzo stringersi più forte quando pronunciò il nome del signore
oscuro. Rimasero nella sala dieci minuti ad aspettare, sempre più in ansia. Luna
leggeva distrattamente Il Cavillo, lanciando occhiate furtive verso la porta di
quercia della Sala Grande. Ginny fissava il suo bicchiere, sobbalzando ad ogni
minimo rumore. Ron ed Hermione si tenevano per mano, guardandosi intorno, come
se si aspettassero di vedere Voldemort uscire dalle pareti. Ma Neville era fuori
di sé: tutti sapevano quanto lui tenesse alla professoressa Sprite, la prima ad
aver riconosciuto in lui un qualche talento, in questo caso per le piante
magiche. Stava tremando, guardando il soffitto incantato e sudando. Quando Luna
se ne accorse, gli prese la mano e gli sorrise, e Neville provò a ricambiare, ma
gli uscì solo una strana smorfia poco convincente. Finalmente, dopo altri cinque
minuti, Voldemort entrò nella Sala Grande, si diresse verso il suo posto e la
statua della morte che torreggiava dietro di lui aprì la bocca e abbassò la
testa, guardando verso gli studenti.
“A
quanto pare la professoressa Sprite ha aperto la bocca con alcuni studenti che
però non sono stati identificati. Non verrete puniti questa volta, non ce ne
sarà bisogno, ci penseranno coloro che sanno la verità a punire chi lo meriterà,
ma la professoressa verrà giustiziata questa sera a mezzanotte su un colle qui
vicino. Tutti gli studenti sono quindi pregati di dirigersi, alle undici e
trenta di questa sera, nei giardini dove troveranno gli insegnanti ad attenderli
per accompagnarli sul luogo dove verrà fatta giustizia”.
La
Sala Grande rimase senza fiato per parecchi minuti, dopo questa notizia
scioccante. Hermione e Ginny cominciarono a piangere silenziosamente, Ron emise
uno strano suono, a metà tra un singhiozzo e un gridolino, Luna abbassò la testa
verso il piatto vuoto, ma Neville non ce la fece. Mormorò qualcosa riguardo un
bagno e uscì velocemente dalla sala, troppo arrabbiato, devastato e spaventato
per poter aggiungere altro. Mentre uscivano dalla sala Luna disse, ancora sotto
shock: “Povera professoressa, come è possibile che venga uccisa così, per
nulla…”.
Nessuno parlò, tutti sapevano che con il
nuovo regime era più che plausibile che una persona venisse uccisa per nulla. Ma
i ragazzi erano anche preoccupati per la reazione dell’amico, che fuori dalla
sala non si vedeva. Non si presentò nemmeno alla lezione di Arti Oscure, dove
quel giorno dovevano imparare a riconoscere una persona su cui veniva usato
l’imperio, e nemmeno alla successiva ora di Babbanologia. All’ora di pranzo però
li raggiunse in Sala Grande, mostrando due tagli sulla camicia e sui pantaloni e
parecchi graffi sulla guancia.
“Bellatrix
mi ha scoperto mentre andavo dalla Sprite” spiegò ai ragazzi. Era ancora in
preda alle lacrime, non per il dolore fisico, ma per la sofferenza del pensiero
di quello che avrebbe dovuto vedere quella sera. “Sta abbastanza bene, la
professoressa intendo. È un po’ provata, ma sembra non abbia molta paura. Forse
voleva solo fa-farsi vedere fo-forte per no-no-non far-mi preoccupare…” e
ricominciò a piangere, singhiozzando. Luna gli strinse la mano dolcemente, e
Ginny ed Hermione lo abbracciarono, cominciando anche loro a piangere
nuovamente.
La
sera arrivò fin troppo in fretta. Per tutto il pomeriggio, i ragazzi dovettero
stare chiusi nel castello per evitare a chiunque di avere altri colloqui con la
professoressa Sprite, che comunque si era dimostrata ottimista, nonostante
avesse una condanna a morte sulle spalle. La sala comune era silenziosa quella
sera. Nessuno aveva voglia di parlare, di leggere, di studiare. Ron e Neville
stavano seduti su due poltroncine, mentre Ginny, Luna ed Hermione occupavano un
divano di fronte al camino. Poi alle undici e venti uscirono tutti insieme, con
gli altri studenti, verso i giardini della scuola. I mangiamorte li fecero
scendere a coppie. Ron con Hermione, Neville con Ginny e Luna con Rolf
Scamandro, loro compagno di casa. I due, cercando di pensare il meno possibile
alla tragedia che stava per arrivare, cominciarono a parlare di creature
magiche. Mentre quindi parlavano di Runespoor e Mooncalf si ritrovarono nei
giardini, dove i professori McGranitt e Vitius li aspettavano. Li guidarono, in
ordine e in silenzio, sul colle dove si sarebbe svolto lo scempio. In condizioni
normali la vista sarebbe stata meravigliosa: si vedevano Hogwarts, il lago e il
parco da una visuale veramente incantevole, ma la luce verdastra che il Marchio
Nero gettava sul mondo magico lo rendeva cupo e terribile. Dopo pochi metri da
quella vista, all’esatto centro della cima della collina c’era un cerchio di
paglia, con al centro un palo di legno.
“Ma
come, la mettono al rogo?!” esclamò Ron, il volto disgustato. Neville si sentì
mancare e cadde, mentre Ginny tentava di sorreggerlo cercando di consolarlo.
Attorno al cerchio era stato posto un incantesimo di protezione per non
permettere agli studenti di entrarvi. Poi arrivò la mezzanotte, e tutti i
mangiamorte portarono la professoressa Sprite in cima alla collina, in fila, le
bacchette illuminate. Questa sorrise ai ragazzi, camminando lentamente sulla
paglia, verso il palo, dove i mangiamorte la legarono prima di disporsi in
cerchio attorno agli studenti e alla professoressa. Voldemort, invece, si mise
di fronte alla Sprite, la bacchetta alta, una fiamma che usciva dalla sua punta
ad illuminare lo sguardo della donna di una luce tremolante, uno sguardo che era
normale come fosse una lezione di fronte ai suoi studenti, mentre quello di
Voldemort era gelido, distaccato, e quando parlò la voce era esattamente fredda
come i suoi occhi.
“Questa
strega ha disonorato il nostro regime e rivelato informazioni che sarebbero
dovute rimanere segrete. La punizione per questo? La morte! Che le fiamme
dell’inferno puniscano la tua sconsideratezza e la tua totale avversione verso
le regole!” e detto questo, abbassò la bacchetta, dando fuoco al fieno.
I
ragazzi rimasero pietrificati, nessuno si aspettava che facesse così in fretta.
Neville gridò, come anche Hermione e Ginny. Ron si portò le mani alla bocca,
incapace di emettere alcun suono, e Luna si strinse a Rolf, che la abbracciò,
tenendole la testa premuta sul suo petto, una mano sugli occhi per coprirle
l’orribile visione. Gli occhi di Neville e della Sprite si intercettarono per
l’ultima volta. Lei lo guardò sorridendo, poi le fiamme la avvolsero, e non potè
più vedere.
Note
dell’Autore:
così, ridendo e scherzando, siamo arrivati al quarto capitolo di questo oscuro
futuro nel mondo magico. Ancora grazie a chi mi segue pazientemente! Questo
capitolo per me è stato una vera sfida, era la prima volta che toccavo
l’argomento “morte” in una fan fiction, ma è un momento che prima o poi arriva
per tutti coloro che vogliono provare nuove esperienze di penna. Poi, come
sempre, rispondo alle domande. Non ho ancora accennato a cosa sono gli Horcrux
perché ancora non lo sappiamo. Dovranno scoprirlo ragionando e pensando al
passato e al presente dei personaggi che ne hanno creati. I vecchi serpeverde,
invece, sono mangiamorte come era ovvio che sarebbero stati, ma sono molto più
impauriti adesso. Faranno la loro comparsa, promesso! Che dire, ci sentiamo al
prossimo capitolo! Grazie ancora a chi mi segue! A presto
^^
Relly