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Autore: herechan    28/06/2010    3 recensioni
"So con certezza che ti spedisce qualche missiva ogni volta che può.
Mi ha detto che non manca mai di mandarti i miei saluti. Ed io sorrido, sapendo che non avrò mai e poi mai il coraggio di scriverti qualcosa. Anche questa lettera probabilmente non verrà mai spedita.
O forse sì, se io perderò la vita su questo campo.
In questo caso, permettimi di dirti di nuovo che ti amo, ti ho amato e ti amerò, probabilmente per tutta la vita."
Sono passati sei anni dalla sconfitta dell'akatsuki, ma la guerra per Konoha non è ancora finita. Quant'è lontana ancora la pace?
Genere: Azione, Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Hinata Hyuuga, Kiba Inuzuka, Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Salut mes amis,
un ringraziamento velocissimo (sono di corsa ^_^''')a Sarhita per i suoi sempre pronti ed immancabili commenti. Grazie...
Spero che questo capitolo ti piaccia.
Un bacio.









Si mise in bocca qualche tagliolino, masticandolo lentamente e assaporandone con calme il gusto delicato e la consistenza morbida.
Lei non amava particolarmente il ramen, ma quello dell’Ichiraku aveva qualcosa di speciale che glielo rendeva gradito. Poteva capire perché a Naruto piacesse tanto…
Gettò uno sguardo di sottecchi al ragazzo seduto accanto a lei, che trangugiava con foga il suo pasto, quasi immergendosi con il viso nella scodella.
Da quando erano lì, le aveva rivolto a malapena qualche sorriso lucido di brodo.
“Ma è davvero un appuntamento?” si chiese per l’ennesima volta, insicura, non riuscendo più a tenere le sue paure lontane da lei.
Intercettò lo sguardo di Ichiraku Ayame-san. Era divertito e anche un po’ compassionevole e la face avvampare.
- Naruto-kun, certo che quando hai davanti del ramen non ti accorgi più di nulla!-
A queste parole, esclamate allegramente dalla cameriera, Hinata credette di soffocare. Ormai il rossore sul suo viso doveva farla davvero assomigliare a una ciliegia…
Naruto emerse dalla sua ciotola, guardando Ayame con curiosità.
- Eh? Perché?- chiese con ingenuità spaventosa che le fece tirare un sospiro di sollievo.
Ayame scosse la testa, e le rivolse un sorriso di compatimento a cui lei rispose timidamente.
In fondo, si era innamorata di Naruto anche per il suo essere così distratto, completamente senza pensieri…
- Hinata-chan?- la voce dell’oggetto dei suoi pensieri la face quasi strozzare col brodo, mentre la chiamava inaspettatamente.
- Si, Naruto-kun?-
Lo sguardo improvvisamente serio e indagatore, dietro la facciata del sorriso la preoccupò.
- Ti va di andare a fare una passeggiata o qualcos’altro?- le chiese. - Ah, e chiamami solo Naruto, per favore!-
Lei sgranò gli occhi, sentendosi il cuore esplodere nel petto. Lui…lui…stava facendo questo…per lei?
- Oh… Io…io…sì…una passeggiata…sì…- balbettò incontrollabilmente.
- E’ gratis per voi, questa volta.- strizzò l’occhio Ayame. - Ma solo perché sei meno stupido di quanto sembri!-
-Ehi!- sbottò Naruto, incerto se essere offeso o felice.
Lei invece osservò le due ciotole di ramen non finite abbandonate sul bancone del chiosco e non seppe più che pensare…


- Ormai ero davvero disperato, sai? Sakura svenuta, Sasuke ferito gravemente, Kakashi-sensei e Yamato-sensei lontani! Non sapevo più che fare!- urlava il ninja, sbracciandosi in grandi, eloquenti gesti, mimando una battaglia.
Hinata lo ascoltava, divertita da tutta quell’espressività. Naruto, il suo Naruto, era sempre molto vivace quando raccontava, anche un po’ ingigantendole, le sue vittorie…
- Fu in quel momento che formai il rasenshuriken più grande della mia vita!- disse, gonfiando il petto con orgoglio. - Era grande quanto la ruota di un carro, davvero!- esclamò, allargando le braccia in dimostrazione. - Persino Madara ne era spaventato!!!-
La ragazza ridacchiò all’esagerazione. Conosceva bene, come tutti al villaggio, la storia della sconfitta di Madara Uchiha e sapeva bene che “l’enorme rasenshuriken” non aveva fatto altro che attraversare l’avversario senza lasciare alcun danno…
Naruto si fermò, guardandola con una buffissima aria da cucciolo ferito. - Che c’è? Non mi credi? Ti giuro che Madara era impressionato…-
Hinata sorrise con condiscendenza alle vanterie dell’Uzumaki. - Certo che ti credo… Anche se…-
- Si, si, lo so. - sbuffò lui. - Fu quando liberai la nona coda della volpe che sconfissi davvero quell’uomo!- Incrociò le braccia sul petto, con un broncio ostinato in viso. - Ma anche quello fu difficilissimo sai!- sbottò, recuperando energia e slanciando le braccia al cielo. - Non riuscivo a controllarla! Era forte! Fortissima! Non riuscivo a trovare neanche i miei pensieri in mezzo a tutta quella potenza!- Le mani di Naruto sventolarono nell’aria come pale di un mulino.
- Fosti un vero eroe…- commentò con dolcezza Hinata.
Quelle braccia che fino a quel momento erano state sempre in movimento, si fermarono lungo i fianchi del ragazzo.
In silenzio, Naruto, la guardava con inusuale intensità, che le fece distogliere lo sguardo da lui, imbarazzata.
- Fosti tu a salvarmi…-
L’inaspettata frase dello shinobi le fece fermare il cuore.
- I-io…?- balbettò, incredula, tornando a guardarlo. Era indubbiamente falso, assolutamente impossibile, ma le chiuse la gola con un groppo di emozione.
- Si, tu. - confermò lui, solenne. - In mezzo a tutto quel marasma di rabbia, ferocia e forza incontrollabile, riuscii a recuperare un solo pensiero. Tu che gridavi di amarmi, fronteggiando un avversario troppo potente per te. Rischiavi la tua vita, solo per salvare la mia. Mi aggrappai a quel ricordo… Non so perché mi apparve proprio quello, né perché l’effetto fu così potente, ma mi aiutò a recuperare me stesso e, piano piano, a prendere il controllo sulla volpe. Fu straordinario… Terribile, ma straordinario…- Lo sguardo di Naruto, prima perso nei ricordi, tornò su di lei, serio e consapevole. - Ecco perché affermo che tu mi hai salvato. Tu hai salvato tutti…-
Hinata, sbigottita, prese un respiro profondo, poi un altro, tentando con tutte le sue forze di non svenire.
Lei… Lei aveva salvato Naruto? Lei lo aveva salvato come in precedenza lui aveva salvato lei? Non poteva crederci…
- Ehi, ehi, cosa?- esclamò Naruto nel panico e lei si accorse con sorpresa che le lacrime le stavano rigando le guance. - Non piangere, dai! Non volevo. Mi dispiace!-
Le scuse insensate di Naruto la fecero sorridere e commuovere di più contemporaneamente.
Lui si grattò la nuca, così confuso e spaesato da farla ridere di nuovo.
Naruto sorrise di rimando, incerto.
- Certo che sei strana!- disse, poggiandole le mani sulle spalle. - Ma sei forte. Mi piacciono davvero le persone come te. -
Hinata si sentì morire di imbarazzo e gioia, mentre la testa si svuotava di pensieri, riempiendosi del rombo possente del suo cuore impazzito.

Aprì gli occhi lentamente, con cautela, e si guardò attorno, disorientata. Era al caldo, accoccolata in una posizione non troppo comoda, ma neanche spiacevole e il viso di Naruto la sovrastava, guardando un punto indefinito proprio davanti a sé.
Si rese conto con un sobbalzo di trovarsi in braccio a lui e avvampò, imbarazzata.
Naruto abbassò il viso a guardarla e sorrise.
- Finalmente ti sei svegliata…- scherzò, mettendola giù. - Possibile che tu svenga così spesso!-
- Scusami…- fece, amareggiata.
- Naaa… - rispose lui, con allegria smentita dallo strano rossore sulle guance. - Piuttosto… Prima che tu torni a casa… ecco…- farfugliò, indicando villa Hyuga non molto distante. - Potrei… Potrei provare una cosa? Ma attenta a non svenire di nuovo…-
Hinata abbassò il viso verso terra, imbarazzata. L’aveva accompagnata fino a casa, in braccio per di più, e ora la lasciava e con parole pesanti per loro cruda, patetica, verità…
- Che cosa?- chiese a voce bassissima, scoraggiata.
Una risposta non arrivò mai, o almeno non a parole. Né lei la cerco più…
Naruto le sollevò con delicatezza il mento con due dita e, fulmineo, la baciò, strofinando le labbra sulle sue con visibile inesperienza, compensata dall’ardore.
Non seppe mai se fosse stato istinto, o amore, o cos’altro, ma si ritrovò a ricambiare il bacio con uguale passione, stringendosi alle sue spalle con forza.
Lo stimolo a svenire venne dopo, quando finalmente si separarono, entrambi rossi e senza fiato.
Si aggrappò al braccio di Naruto, tentando di recuperare un po’ di equilibrio e lui le rivolse un adorabile sorriso timido.
- E’ stato… wow...! E sapeva di ramen…- commentò, facendola arrossire per l’ennesima volta.
- EHI TU, UZUMAKI! ALLONTANATI DA MIA FIGLIA SE NON VUOI FINIRE MALE!!!- La voce arrabbiatissima di suo padre li fece sobbalzare. - HINATA, VIENI QUI!- - Oh-oh! - fece Naruto, sorridendo preoccupato.- Meglio che io vada… Tu intanto scegli cosa fare domani…- suggerì, agitando la mano in saluto.
Poi scomparve con un balzo…

***
Hinata Uzumaki si portò alla bocca qualche tagliolino, assaporandolo con calma. Quel gesto le riportava sempre alla memoria quel giorno, il giorno del primo appuntamento con Naruto e del loro primo bacio.
Da allora aveva ripetuto quel gesto così spesso che il ramen era quasi arrivato a piacerle…
Ayame la guardava quasi insistentemente, come allora, solo che adesso nei suoi occhi non c’era più traccia di malizioso divertimento, solo tanta tanta fastidiosissima pietà.
E Naruto non era accanto a lei, così concentrato sul suo pasto da scordarsi di ogni cosa.
Lui, il capo della più rinomata delle squadre ANBU, era tenuto lontano da questa stupida guerra e lei, che era inizialmente entrata nella squadra solo per poterlo seguire, adesso non faceva altro che aspettare, almeno per una licenza, per poterlo rivedere.
L’ultima era stata nove mesi e mezzo fa circa. Erano tornati al villaggio, magri, stanchi e scarmigliati ma insieme, e lui le aveva chiesto di sposarlo, così, all’improvviso, senza nessuna premeditazione, né nessun preparativo.
Suo padre ne era stato indignato, ricordò Hinata con un sorriso. Sua figlia primogenita, la prima erede di sangue della casata degli Hyuga, avrebbe sposato un Uzumaki qualsiasi, con un demone dentro, e con un matrimonio di una modestia agghiacciante, per di più!
Ma invece era stato ugualmente bellissimo. Lei era quasi svenuta, pronunciando il fatidico sì davanti all’Hokage e Sakura-san e Ino-san avevano litigato per il bouquet, finito poi sparso per terra, distrutto…
Il giorno dopo erano tutti ripartiti, richiamati al fronte dalla guerra, e lei era rimasta bloccata a Konoha, da sola, impossibilitata a seguirli. L’Hokage le aveva confermato ciò che lei sospettava: era rimasta incinta…
- HINATA-CHAN!-
Hinata sobbalzò, poi sorrise, sorpresa e felice al richiamo inaspettato di una voce a lei molto cara.
***
Akamaru uggiolò piano, scodinzolando, poi cominciò ad abbaiare, eccitato.
Akira sentiva il suo corpo enorme gonfiarsi sotto le sue ginocchia prima di ogni latrato ed i muscoli possenti dell’animale contrarsi per la voglia di cominciare a correre.
- E così siamo arrivati.- disse la ninja girovaga, aguzzando uno sguardo interessato verso il limitare vicino del bosco.
- Così pare. - rispose Inuzuka-sempai, scontroso come era stato durante tutto il viaggio.
Akira sbuffò, ormai totalmente priva della voglia di rispondergli.
Quel caldo asfissiante a cui non era per nulla abituata la spossava anche più della fatica del viaggio e del dolore al ginocchio, ormai di un inquietante colore bluastro.
La porta di Konohagakure spuntò dalla vegetazione quasi all’improvviso, enorme e maestosa nei suoi circa venti metri di altezza.
La sensazione di déjà vu la colpì con la violenza di una valanga e contemporaneamente con tutto il calore di un piacevole ricordo passato che però non sovviene.

- Le vedi, Akira-kun*? Queste porte sono così grandi, così belle per motivo: offrire accoglienza a chiunque giunga in questa splendida città senza desiderio di guerra, anche a due vagabondi come noi. Esse sono il simbolo dell’ospitalità di Konohagakure, calda come il loro clima.-
- Sì, sensei…-
- Benvenuti a Konoha. Per favore, fatevi riconoscere…-


- Chi è là? Fatevi riconoscere!-
La voce brusca di una delle guardie sulla porta la fece sobbalzare e vanificò la sua già inutile ricerca del ricordo perduto.
Sbuffò, infastidita, facendosi da parte mentre Inu-sempai avanzava verso la guardia.
- Sono Inuzuka Kiba, del clan Inuzuka di Konohagakure, membro della squadra ANBU n°17.- disse, secondo Akira in modo stupidamente pomposo. - Quello è il mio cane-ninja Akamaru. E questa bionda, qui, è una prigioniera da interrogare per Hatake-sama-
L’altro loro compagno di viaggio, il ragazzo robusto e silenzioso ma simpatico smise di ficcarsi patatine in bocca e rispose alla guardia.
- Akimichi Choji, del clan Akimichi di Konoha, squadra ANBU 17.-
La guardia annuì e si voltò verso di lei, guardandola fissa e innervosendola.
- Akira, nessun cognome. Sono una ninja girovaga.- rispose, cercando di mantenere neutro il tono della voce.
Gli occhi chiari della guardia di assottigliarono con sospetto e anche l’altro suo collega si concentrò su di lei.
- Non vi preoccupate, ragazzi, è un alleata.- rispose Inu-sempai come se non ne fosse convinto neanche lui. - Ha aiutato nella battaglia contro Kumo ed una protetta della Volpe.-
- Sono una cosa di cosa?- cominciò a esclamare Akira, ma una leggera gomitata nel costato le fece abbassare bruscamente la voce.
Si voltò verso il responsabile dell’oltraggio ma la sua ira si placò vedendo Choji Akimichi scuotere appena la testa con apparente serietà.
Tacque, volgendo uno sguardo dubbioso verso la guardia che la guardò con diffidenza prima di annuire.
- Potete passare, ma tenete d’occhio questa “ninja girovaga”.-
Akira ringhiò sommessamente guadagnandosi occhiate di rimprovero sia da Inuzuka-sempai che da Choji-san.
Finalmente poterono varcare le grandi porte di Konoha che si spalancarono per loro.

Un mondo intero di piccole case colorate e di labirintici vicoli si aprì davanti a loro.
E sopra tutto campeggiava il monte degli Hokage, con i quattro enormi volti scolpiti nella pietra che sembravano osservare il villaggio con sguardo paterno.
Tante, troppe persone tra shinobi e civili, tante quanto lei mai ne aveva viste giravano per le strade, allegre, felici…
-Wow…- esclamò lei, estasiata.
Ai tempi aveva nove anni, i capelli cortissimi e una casacca da uomo, lunghissima, stretta in vita da una cintura.
- Questa è Konoha, la più grande città ninja dei nostri tempi e culla dei più grandi shinobi che siano mai esistiti. Probabilmente la più bella tra tutte quelle che abbiamo visitato… La senti l’energia che la permea, Akira-kun? La senti?-
- Io… Sì, sensei.-
- E’ la Volontà del Fuoco, una forza potentissima e incomprensibile. Solo gli abitanti di questo paese si avvicinano a capirla… Noi possiamo solo immaginare…-
Lei annuì, senza aver per nulla compreso, ma fu ugualmente felice. Ogni parola che il maestro le rivolgeva era oro.
Lei pendeva dalle sue labbra e sempre l’avrebbe fatto.
- Ora andiamo a comprare dei nuovi vestiti per te, Akira-kun. Non potrai indossare per sempre i miei…-
Akira arrossì, beandosi dello sguardo, non affettuoso né paterno, ma comunque qualcosa, che quegli occhi nocciola avevano solo per lei.
Si inchinò, lasciando che la frangia le nascondesse gli occhi. - Grazie, sensei.-
- Ma prima, andiamo a mangiare. Qui, se ancora quel posto esiste, fanno il ramen migliore che abbia mai mangiato, credimi.-
- Io le credo, sensei…-
Allontanandosi con il suo amato maestro, lei fece a malapena caso al bambino biondo, pressappoco della sua età, che li guardava incuriosito. Solo, come in fondo era anche lei…

- Akira-san, tutto bene?-
La donna si riscosse dai suoi pensieri, il cuore il tumulto, gli occhi sgranati.
- Ah, sì, Choji-san, tutto bene. Solo…un ricordo…-
- Ok, se è tutto apposto, io vi lascio. Voglio andare a raggiungere mia moglie…-
- Per favore Choji, porta tu Riccioli d’Oro da Kakashi. Io non posso reggerle tutte e due…- intervenne Inu-sempai, massaggiandosi le tempie con una mano. - Hanno già fatto abbastanza comunella durante il viaggio…-
Samui-san gli rivolse un lungo sguardo omicida ma non ribatté e lei si limitò a salutare la donna con un cenno del capo.
Quando l’Akimichi e Samui si furono allontanati, Akira scosse il capo.
- Choji-san…è sposato?-
- Sì, è sposato. - rispose Inu-sempai, scorbutico.- Perché, ti piaceva?-
- Tsk, sempre più di te, razza di canide! Che razza di domande da fare a una signora.-
- Io non vedo nessuna signora qui. Piuttosto, non che io abbia grande fiducia nelle tue capacità intellettive, ma come cacchio stai agendo oggi? Prima hai rischiato di non entrare in città, e poi ti imbamboli a guardare chissà cosa! Vuoi darmi una spiegazione?-
- Non mi sembra di doverti spiegazioni. Comunque sono già stata qui, anni fa, col mio maestro. E mi sembra di ricordare un luogo diverso, caldo, vivace e colorato. Questo è un freddo e duro deserto…-
Inuzuka-sempai ringhiò apertamente. - Siamo in guerra! Cosa ti aspettavi, i festoni di benvenuto? Questo tuo fantomatico “maestro” non ti ha insegnato nulla?-
Akira si irrigidì, trattenendo l’impulso omicida che la stava cogliendo. - A combattere. A sopravvivere. Ma come ho già detto, non mi sembra di doverti spiegazioni…-
Calò il silenzio mentre lui avanzava, seguito da Akamaru, che continuava gentilmente a trasportarla.
- E comunque perché una volpe dovrebbe proteggermi?- sbottò lei all’improvviso, ringhiosa.
- La Volpe, o meglio la Konoha no Kiiroi Kitsune*, altri non è che Naruto, che ha insistito, ancora non mi spiego il motivo, perché io ti portassi a Konoha e ti scortassi da Kakashi-sensei.-
- Prima di andare da questo Kakashi-sensei, io ho fame. Portami a mangiare il ramen di questo villaggio.-
- Spiegami perché mai dovrei.-
- Perché non hai più voglia di sentirmi parlare, no?- rispose lei, ironica, regalandogli il solito ghigno.
Lui strinse i pugni, ormai al limite della sopportazione. - E va bene, hai vinto. Ma solo perché ho fame anch’io!-

Kiba si immobilizzò, nervoso, non appena vide in lontananza l’eterea figura seduta davanti all’Ichiraku ramen.
Hinata…
Non l’aveva ancora rivista dopo il matrimonio e sinceramente si domandava per quale misterioso scherzo del fato fosse lei la prima persona a dover rincontrare dopo tanto tempo.
Non era pronto…
Non era preparato psicologicamente…
Deglutì a vuoto, scacciando ricordi antichi di gelosie insensate che piano piano prendevano un significato terribile.
Si era innamorato della sua compagna di squadra. E l’aveva capito solo quando Naruto gliel’aveva portata via.
Cioè, l’aveva avuta accanto per anni, senza accorgersi di nulla, guardandola svenire per Naruto senza il minimo risentimento. Ma poi il sogno di lei era divenuto realtà e l’Uzumaki, il nuovo eroe di Konoha, la famosa Volpe Gialla, l’aveva notata, fatta sua e poi sposata.
E lui aveva guardato il loro amore progredire, inerme, da lontano, rodendosi di gelosia.
- Chi è quella donna?- chiese, del tutto inopportunamente, quella dannata nomade, squadrando Hinata con interesse. - È davvero bellissima, complimenti. È la tua amante?-
Kiba ringhiò, colpito in pieno. - No, è soltanto una mia vecchia compagna di squadra.-
- Ma sei innamorato di lei.- osservò Akira, con voce neutra.
Colpito e affondato.
- È una donna sposata.-
- E quindi?- rispose lei, con una, presumeva falsa, ingenuità disarmante, continuando ad infilare il dito nella piaga.
- Se proprio ci tieni a saperlo. - quasi gridò lui. - È la moglie di Naruto Uzumaki la Volpe Gialla, contenta? Ma comunque…- concluse, facendole il verso. - Non mi sembra di doverti spiegazioni.-
Scattò in avanti, lasciando lei e Akamaru dietro le sue spalle.
- HINATA-CHAN! - gridò.
O la va, o la spacca.
***
Occhi grandissimi, pallidi come brina, senza pupilla. I capelli radi, chiarissimi, ancora di colore ancora indefinibile. Restava nella sua culla, tranquillamente, emettendo versi simili al miagolare di un gattino.
- E così è nato. - commentò Kiba, tentando di non suonare troppo atono.
Hinata si illumino di un sorriso splendido, che quasi lo abbagliò.
- Sì, due settimane fa. Somiglia tutto a Naruto, non credi?-
Sì, lui credeva. E forse era per quello che la piccola creatura dal visino grinzoso perdeva parte del suo fascino ai suoi occhi.
- Però ha il byakugan, come te. - commentò.
- Già. Mio padre ne è stato felice. - disse lei. - Già progetta di farlo diventare il nuovo erede della famiglia, se accetto di imporgli il cognome “del nobile casato degli Hyuga”.- guardò il bambino con dolcezza infinita, che gli strinse il cuore. - Però io prendo tempo. Lui resterà Minato Uzumaki finché non sarà abbastanza grande da scegliere da solo…-
- Davvero una saggia decisione…- commentò quell’inutile, fastidiosa nomade intromettendosi in fatti che non la riguardavano.
Hinata la guardò con sorpresa.
- Oh, salve. Chiedo scusa per non averla notata prima. Io sono Uzumaki Hinata e lui è Minato.-
- Si figuri. Io sono Akira e basta. Devo molto a suo marito. Mi ha raccolta per strada come un randagio e mi ha aiutata…-
Hinata le rivolse un sorriso benevolo.
- Sì. Mio marito è fatto così. Ma prego, mi dia del tu. -
Akira sorrise con una dolcezza che Kiba mai avrebbe potuto credere.
- Allora, per piacere, dai del tu anche a me. Il tuo bambino è davvero bellissimo. Dev’essere dura crescerlo da sola…-
-Sì e no. Minato è un bambino molto buono. Ma davvero vorrei che la guerra finisse presto per riavere Naruto con me. -
Kiba guardò fisso il tavolo, cercando di scacciare i pensieri molesti che prevedevano lui che consolava con “troppo affetto” la moglie di un suo amico.
- Oh, ma scusatemi, devo andare a far mangiare Minato-chan. Vogliate scusarmi. È stato un piacere, Akira-san. Passa da casa quando vuoi Kiba-kun…-
Si allontano seguita da due sguardi diversi.
Poi la nomade si voltò verso di lui, senza nessun tipo di scherno sul viso.
- Capisco perché Naruto-san ha scelto lei e capisco perché tu la ami. Quella donna è davvero di una forza straordinaria, pur sembrando così fragile.-
- Zitta e mangia. E muoviti anche, che ancora dobbiamo andare a fare rapporto.- ringhiò lui, il cuore in gola.





*il suffisso giapponese di media onorificenza -kun, pur essendo prettamente maschile, può essere dato anche ad una donna se si trova nella posizione di minore importanza in un rapporto di “superiorità/ inferiorità” come per esempio quella tra “capo/dipendente, sottoposto” oppure, come in questo caso, “maestro/allievo”. (spero di essermi spiegata bene :P)
* Volpe Gialla di Konoha. Da notare che è quasi completamente assonante al soprannome di Minato.
  
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