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Autore: Melanto    28/06/2010    6 recensioni
Fuggire. Reazione immediata dinanzi ad un dolore troppo grande per essere affrontato a viso aperto. Camuffare la sofferenza in voglia di lavorare. Poi partire. Cambiare persino continente per ricostruire precari equilibri su cui camminare in punta di piedi. Dimenticarsi di tutto: amici, famiglia... assopire i ricordi e cullarli come bambini, perché non facciano troppo male, per ricaricare le certezze. E poi... e poi tornare, per affrontare il passato ed i sensi di colpa.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Yoshiko Yamaoka
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Huzi - the saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Huzi

- Capitolo 22 -

Il silenzio del nulla, all’altro capo del telefono, lo assordò come fosse un grido, mentre la sensazione che lei fosse in pericolo si tramutava in una certezza che l’attraversò da parte a parte con la velocità ed il dolore d’una folgore.
Senza pensarci oltre, corse per lasciare l’edificio e precipitarsi da Yoshiko perché no, non era possibile che le cose si ripetessero, che non avesse imparato nulla e che adesso, come quattro anni prima, non avesse insistito a sufficienza. Yoko avrebbe dovuto lasciare Nankatsu già il giorno prima ed invece lui s’era lasciato convincere dalla sua testardaggine come uno stupido. Come con Aiko.
Mentre raggiungeva le scale del piano, tenendosi stretto contro il muro, il palazzo oscillò ancora per alcuni istanti sotto un nuovo sciame sismico meno intenso delle due scosse precedenti.
Yuzo si precipitò lungo le rampe, scendendo i gradini senza nemmeno vederli. I gesti animati dall’urgenza di raggiungere Dante e lasciare l’FVO.
Quando arrivò nel garage sotterraneo, l’ambiente era ormai quasi vuoto, restavano solo le auto delle poche persone ancora presenti nell’edificio e riunite al terzo piano. L’intonaco s’era staccato dai muri e dal soffitto, nei punti in cui era più fragile, chiazzando di bianco e grigio l’asfalto tremolante alla luce intermittente dei neon che seguitavano a subire cali di tensione per il continuo scuotersi della terra.
Yuzo estrasse le chiavi del Pick-up e solo quando fu al suo interno e le infilò per mettere in moto si accorse che gli tremavano le mani.
Le fissò con orrore quasi non fossero le sue, scoprendo d’essere terrorizzato al pensiero che fosse accaduto qualcosa a Yoshiko, la sua Yoshiko, ed era insopportabile.
Stringendo i denti in un ringhio, sbatte quelle stesse mani sul volante e scacciò l’espressione disperata dai tratti del viso con un estremo sforzo di volontà.
“Non farti prendere dal panico, maledizione!” si disse con una mano saldamente stretta allo sterzo e l’altra a girare con decisione le chiavi. Il motore di Dante rombò con ferocia mentre le ruote sgommavano con un acuto stridio sulla pavimentazione viscida del garage. Gli occhi del vulcanologo erano piantati sulla rampa d’uscita dove il braccio meccanico, che s’alzava ed abbassava per impedire ad estranei l’accesso al parcheggio, era andato in tilt, forse per l’attività simica, e non sembrava intenzionato a sollevarsi.
Da parte sua, Yuzo non era intenzionato a perdere altro tempo.
Con decisione affondò l’acceleratore a tavoletta, preparandosi all’impatto.
Il muso rinforzato di Dante sbalzò senza difficoltà l’asse di legno che volò in alto e poi ricadde con un tonfo nella scia del Pick-up, ma il Prof non guardò nemmeno nello specchietto retrovisore, puntando a tutta velocità in direzione dello Studentato.
La gente era completamente riversa in strada, terrorizzata, mentre vedeva il quieto scorrere della propria vita capovolgersi completamente nella frazione di pochi attimi. Solo alcuni momenti prima la televisione aveva annunciato l’eruzione del Fuji ed ora la terra tremava con violenza, confermando l’imminenza del pericolo.
Le vie di fuga dalla città erano intasate nonostante la polizia tentasse di fare il possibile per snellire il traffico, ma la sensazione di panico, di cui si era percepita appena la presenza fino a quel momento, era esplosa tra grida spaventate, auto che sbandavano non riuscendo a mantenere il controllo su un terreno mobile, e i primi incidenti.
Yuzo fu costretto ad inchiodare con un ringhio quando si trovò davanti un tamponamento. Con rabbia batté i pugni sullo sterzo, cominciando a guardarsi intorno per trovare un’altra strada e l’unica possibile era un senso unico da prendere contromano.
Con vigore fece retromarcia, saltando poi nella corsia opposta che puntava verso il vulcano e quindi sgombra, infilandosi nel senso unico. Un bidone della spazzatura venne trascinato dal Pick-up per alcuni metri prima che sbucasse a tutta velocità sulla parallela alla strada che aveva abbandonato. Il freno a mano venne tirato fino al limite per riuscire a contenere la sterzata ed il posteriore di Dante sbandò per un momento in un acuto stridere di ruote. Poi, di nuovo in velocità, percorrendo contromano la direzione che portava al Fuji, Yuzo cavò il cellulare dalla tasca del giaccone, richiamando più volte il numero di Yoshiko ed ogni volta, col cuore che batteva sempre più forte e che faceva sempre più male, rimase in ascolto di quel maledetto messaggio che lo informava che il numero non era raggiungibile.
“Maledizione, maledizione!” sibilò tra i denti, lanciando il telefono sul cruscotto e premendo ancora più a fondo sul pedale dell’acceleratore, incurante che si trovasse in città e il tachimetro segnasse i cento. A lui importava solamente di raggiungere lo Studentato, anche a costo di far mettere le ali a Dante, che sembrò davvero volare quando balzò su un dosso, ma il mastodontico mezzo era abituato alle peggiori condizioni stradali e gli ammortizzatori attutirono il contraccolpo. Il vulcanologo rallentò solo quando avvistò la sua meta farsi nitida in lontananza.
I ragazzi, che ancora abitavano nello Studentato, erano riversi in strada, spaventati dalle ultime scosse e confusi da quel repentino susseguirsi degli eventi. Yuzo li vide vagare lungo il marciapiede che parlavano concitatamente tra loro o col custode. Gli sguardi dei molti rivolti all’edificio, mentre qualcun altro cercava di scrutare in direzione del Fuji, che era ben visibile in quella domenica di Febbraio dal cielo cupo e grigio. La sagoma del vulcano era nitida ed inquietante, pervasa da una finta quiete.
Yuzo posteggiò Dante di sbieco tra la strada ed il marciapiede, scendendo di corsa. Per un momento cercò tra gli studenti, sperando di scorgere anche Yoshiko, ma l’ansia gli strinse con maggiore forza lo stomaco quando le sue attese vennero deluse.
Gli occhi saettavano tra i visi allarmati, qualcuno piangeva, qualcuno scuoteva il capo, qualcuno cercava di consolare tutti, ma di Yoko nessuna traccia.
Di nuovo il terribile, insopportabile dubbio tornò a martellargli il cuore con colpi forti e violenti, e lui si mosse incurante del dolore che gli faceva anche il solo pensare di dover rivivere l’esperienza che, sul Ruiz, gli aveva distrutto la vita.
Si fece largo tra i presenti, guadagnando l’ingresso dello Studentato e non c’era più un briciolo di lucidità nella sua testa. In quel momento, non avrebbe saputo prendere alcuna decisione, nemmeno la più stupida, ed il Fuji, con la sua tremenda minaccia, erano scomparsi dalle sue priorità ed i suoi pensieri. Saliva i gradini due alla volta e, ovattati, gli arrivavano i gridolini degli ultimi studenti che s’affrettavano a lasciare l’edificio.
Gli passarono accanto.
Li guardò.
E Yoshiko non c’era.
Non c’era. Non c’era, maledizione! Non c’era.
“Non andrà così. Non lo permetterò.” la voce gli uscì senza che nemmeno se ne rendesse conto e riprese a correre, sbucando sul corridoio deserto del secondo piano.
“Yoshiko!” chiamò dal fondo dell’andito, ma non ottenne risposta. Velocemente arrivò davanti la porta del miniappartamento, girando la maniglia, ma non poteva essere aperta dall’esterno senza le chiavi. Con forza sbatté i pugni contro il legno.
“Yoshiko! Yoshiko sono io, per l’amor del cielo rispondimi!” ma nulla, ancora.
La porta tremò per la sua prima spallata, ma non cedette. Cosa che nemmeno lui era disposto a fare. S’allontanò d’un passo e optò per le maniere forti. Dopotutto, aveva passato una vita intera tra campi di calcio e scalate infinite: le sue gambe erano la parte più forte del corpo e nel calcio che sferrò all’uscio ci mise tutta l’energia della rabbia e la disperazione che aveva dentro.
Il legno cedette con uno schianto mentre il meccanismo della serratura veniva divelto e la porta s’apriva, facendogli guadagnare finalmente l’interno. Ma lo scenario che si presentò ai suoi occhi ebbe l’effetto d’una stilettata nel cuore, lo stesso dolore acuto e sottile. Gli rubò il respiro, nemmeno lui seppe per quanto, lasciandolo immobile al centro del salotto-cucina. Davanti a lui, Yoko restava riversa sul pavimento, attorniata dai libri crollati dalla mensola posta sulla porta che, probabilmente, non aveva retto alle scosse di terremoto. Per un attimo, di fronte a quell’immagine, a Yuzo sembrò di non avere più una sola goccia di sangue per il gelo che sentiva sotto la pelle.
Senza rendersi conto nemmeno dei propri movimenti ed azioni, il Prof la soccorse, scaraventando lontano i pesanti volumi d’arte, le pubblicazioni ed i quaderni di appunti che le erano rovinati addosso.
“Yoshiko! Yoshiko, Dio mio, rispondimi!” la sua voce tremava dalla paura perché gli sembrava d’avere davanti la realizzazione di tutti i peggiori incubi e non era sopportabile, non lo era affatto. Lentamente la girò per poterla vedere meglio in viso e scorse un rivolo di sangue scivolare dalla tempia. Come fosse fatta di cristallo, la prese tra le braccia con una delicatezza quasi irreale.
“Guardami, ti prego… ti prego…” adagio si chinò su di lei, appoggiando la fronte contro la sua e continuando chiamarla a mezza voce, a cavallo tra il mormorio e la nenia. “…Yoshiko… non lasciarmi… non può essere già tardi… non può…”
E lei sembrò rispondere a quel richiamo disperato con un leggero mugugno dolorante. Il Prof sollevò immediatamente il capo, smettendo di respirare, le iridi scure fisse ad osservare i suoi tratti che si contrassero in una smorfia, mentre apriva leggermente gli occhi.
La sorella di Misaki si sentiva la testa pesante come un macigno e con la sensazione d’esser stata investita da almeno una decina di camion a rimorchio. Il vago ricordo di quello che era accaduto le balenò davanti nelle immagini sfocate e puntellate di bianco che cominciava a vedere. Il terremoto, la telefonata, la nuova scossa, quel ‘crack’ improvviso che aveva preceduto il peso d’un mattone sul capo ed il buio successivo.
“Yu… zo…” masticò, cercando di mettere a fuoco il viso del vulcanologo con una certa difficoltà.
L’interpellato riprese a respirare, esibendo il peggiore sorriso della sua vita.
“Sono qui, stai tranquilla, va tutto bene.”
“Cosa… cosa è successo?” piano, Yoshiko si passò una mano sul viso, ritraendola appena le dita sfiorarono la tempia. Sbatté le palpebre un altro paio di volte, poi ogni immagine tornò ad essere nitida, compreso quello della propria mano sporca di sangue.
“La... la famosa mensola sulla porta non ha retto, ma sei stata fortunata, la ferita è solo superficiale.”
Yoko annuì adagio cercando di calibrare ogni movimento perché la testa le batteva come un martello. Molto lentamente, ed appoggiandosi al corpo di Yuzo, riuscì a mettersi seduta ed il doloroso pulsare raggiunse una sorta di stabilità, già più sopportabile.
“Sono corso appena è caduta la linea.”
E Yoko levò subito lo sguardo su di lui, quando avvertì le sue dita tremare contro la guancia, nel tentativo di carezzargliela. Le sopracciglia aggrottate, sul sorriso tirato, tradivano le sue emozioni più di quanto riuscisse a trattenerle. Le iridi erano lucide e le parole uscivano quasi strozzate.
“Grazie a Dio sono arrivato in tempo…”
La sorella di Misaki corrugò la fronte, con preoccupazione; era la prima volta che lo vedeva così fragile. Lui era sempre stato protettivo e sicuro, una sorta di punto di riferimento, ma, improvvisamente, Yoshiko si rese conto di quanto forte fosse stato il trauma della perdita di Aiko, avvenuta sotto i suoi stessi occhi, e che impatto emotivo doveva esser stato vedere lei riversa al suolo e priva di sensi.
“Ehi… sto bene, è solo un graffio.” cercò di rassicurarlo.
In quel momento, il vulcanologo, mentre Yoko le prendeva tra le sue, fissò sperduto le proprie mani, di nuovo tremanti come era avvenuto quando si era messo alla guida di Dante, ma stavolta gli parvero impossibili da fermare.
“Oddio…” mormorò, scoprendo quanto insostenibile fosse divenuto il peso della paura sulle sue spalle e dentro il suo cuore; quanto la sola idea di Yoshiko in pericolo fosse lacerante e distruttiva per i suoi nervi, ancora fragili in determinate situazioni. Quanto terribilmente avesse bisogno di sfogarsi e liberare quel nodo d’emozioni che gli avevano avviluppato il petto in una stretta spasmodica. “…oddio… oddio…” ripeté ancora prima di stringerla a sé con tutta la disperazione che aveva nel cuore e piangere. Erano anni che non lo faceva davanti a qualcuno, celando silenziosamente la propria sofferenza ed impedendole di dominarlo, ma in quel momento nascondersi non era più importante.
“Per un attimo… per un attimo ho temuto d’aver perso anche te.”
Shhh…” Yoshiko ricambiò con forza la stretta, lasciandolo sfogare. Le dita che, lente, gli accarezzavano la schiena per calmarlo. “…sono qui con te, va tutto bene.” adagio gli sollevò il viso, tenendolo tra le mani, per poter incrociare i suoi occhi. “Non mi è successo nulla, vedi? Niente che un po’ di disinfettante ed un cerotto non possano sistemare.” sorrise, sfiorandogli i contorti dell’ovale e lui scosse il capo, passandosi la mano sugli occhi per asciugarli.
“I-io… mi dispiace, non…”
“Non devi scusarti, tesoro. Non tu, almeno.” Yoko sospirò, mordendosi il labbro e sentendosi in colpa. “Avrei dovuto darti ascolto e andar via subito. Non volevo farti preoccupare così.”
Ma lui l’abbracciò di nuovo, con dolcezza questa volta. “Non è più importante. Quello che conta è che tu stia bene.” e nel mentre un nuovo terremoto investì l’edificio, strappando un gridolino alla sorella di Misaki. Ora, però, non era più da sola e Yuzo la strinse forte, riparandola con tutto il suo corpo. Rimasero così, stretti l’un l’altro fino a che la calma apparente non tornò a regnare nell’edificio.
Il Prof sollevò il capo, guardandosi attorno. Di nuovo la lucidità nello sguardo e nei movimenti. “Dobbiamo andare subito via da qui.” disse, facendole passare un braccio attorno alle spalle per aiutarla ad alzarsi. “Ce la fai a camminare?”
“Sì, non preoccuparti.”
Yoshiko barcollò per un momento, una volta in piedi; la testa sembrava avesse voluto esploderle, ma Yuzo le offrì la sua solidità come appoggio e lei si lasciò condurre verso l’uscita del miniappartamento.
“Ti porto in uno dei centri di accoglienza che sono stati allestiti dalla Protezione Civile, ti cureranno quella ferita. Gli ospedali, ormai, sono stati evacuati del tutto.” spiegò il Prof, avanzando nel salotto-cucina ed afferrando uno straccio dalla spalliera della sedia per poterle tamponare la tempia. Tenendola stretta a sé, camminarono lungo il corridoio a passo sostenuto, una volta che Yoshiko ebbe recuperato una certa stabilità ed il dolore era scemato il necessario a renderlo sopportabile.
Una volta fuori, Yuzo osservò come la gente fosse ancora lì ed inarcò un sopracciglio assumendo un’espressione scura.
“Perché non ve ne siete ancora andati?” domandò a voce alta, attirandosi l’attenzione dei giovani e del custode dell’edificio che cercava di far mantenere la calma. “Non avete sentito l’ordine di evacuazione?”
Uno studente si passò una mano dietro la nuca, con perplessità. “Ma le nostre cose-”
“Lasciate perdere gli oggetti e andatevene, finché siete ancora in tempo!” sbottò Yuzo e Yoshiko sollevò una mano, sospirando in tono più pacato.
“E’ dell’Osservatorio del Fuji. Dategli ascolto, sa quello che dice.”
Dopo il primo momento di confusione e perplessità, fu il custode a prendere in mano la situazione. “Avete sentito che cosa ha detto? Forza, ragazzi bisogna fare presto!” e la folla cominciò a disperdersi, mentre qualcuno sgattaiolava a recuperare almeno il necessario come i soldi o il cellulare.
Yuzo aiutò Yoshiko a salire su Dante e montò rapidamente al lato guidatore.
“C’era bisogno di specificare che ero dell’FVO?” domandò, mentre metteva in moto e faceva manovra per allontanarsi dallo Studentato.
“Certo che sì, i giovani d’oggi non danno mica ascolto al primo che passa.”
Ed il Prof inarcò un sopracciglio, facendo una smorfia. “Ai miei tempi-”
“Ai tuoi tempi i ragazzi di oggi erano ancora dei bambini.” gli fece notare Yoko, con un sorriso.
“Vuoi dirmi che sono vecchio?!”
“Beh, ecco…”
Lui accelerò nuovamente scoccandole un’occhiata ironica che la fece ridacchiare. Poi, Yuzo afferrò il cellulare abbandonato sul cruscotto.
“Chi stai chiamando?” domandò la giovane.
“Tuo fratello.” borbottò. “Vecchio, io. Tsk! Questa poi.”
All’altro capo risposero quasi subito.
“Yuzo?! Non riesco a contattare Yosh-”
“E’ qui con me. Stiamo andando al campo d’emergenza allestito verso la statale che porta a Fujinomiya.” spiegò il vulcanologo, senza perdere d’occhio la strada e la ragazza accanto a sé, alla quale lanciava fugaci occhiate per controllare se la ferita le desse problemi.
Sentì Taro sospirare.
“Dio ti ringrazio. Sta bene?”
“Ha solo un taglio sulla fronte, ma non è nulla di grave. Raggiungeteci al centro.”
“Siamo già per strada, ci vediamo là.”
La comunicazione venne chiusa e Yuzo eclissò il cellulare nella tasca del giaccone. Poi, appoggiò la mano sulla testa del cambio. Un attimo dopo, venne raggiunta dalle dita di Yoshiko e lui si volse incrociando il suo sorriso.
Con preoccupazione aggrottò le sopracciglia ed il tono gli uscì dolce e protettivo. “Ti senti bene?”
Lei annuì adagio, facendosi più vicina e guardandolo da sotto in su con affetto. “E comunque trovo che tu sia perfetto così.”
Yuzo ricambiò il sorriso, tornando a fissare la strada. “Sì, la ferita non è affatto grave.” decretò, facendola ridere e, poco dopo, arrivarono a destinazione.
Quando misero piede all’interno del campo, ciò che li accolse fu una sorta di Inferno.
Il via vai di feriti delle ultime scosse e degli incidenti stradali, che il fuggi fuggi generale aveva innescato, sembrava inarrestabile. Yuzo si guardò attorno disorientato, cercando qualcuno cui rivolgersi, ma sembravano tutti troppo indaffarati ed il pianto dei bambini spaventati o stretti alle mani dei genitori lo immerse, per un orribile attimo, nell’incubo di Navidad.
Nankatsu era ancora all’inizio, era ancora possibile cercare di mettere in salvo i suoi abitanti o, almeno, una buona parte di essi.
“Avete bisogno d’aiuto?”
Una giovane volontaria s’era avvicinata, accorgendosi subito della ferita di Yoshiko. Yuzo si riscosse, ma la ragazza stava già provvedendo ad un primo soccorso.
“Lei aspetti qui.” disse al Prof “Di là possiamo portare solo i feriti. Si tratterà di pochi minuti.” e lui annuì, mentre Yoshiko gli rivolgeva un’occhiata preoccupata e smarrita, ma Yuzo s’affrettò a sorriderle.
“Non mi muoverò finché non avranno finito.” la rassicurò e lei sembrò calmarsi, mentre si avviava tra i vari lettini e tende disseminati per l’area.
“Saprebbe indicarmi il responsabile di questo campo?” domandò poi il vulcanologo, trattenendo la volontaria per un braccio prima che potesse allontanarsi.
L’interpellata indicò un medico, ad alcuni metri da loro, che stava dando rapide disposizioni, poi raggiunse Yoshiko, dedicandosi completamente alla sua ferita. Il Prof osservò la sorella di Misaki ancora per qualche istante, riuscendo a sentirsi sollevato, almeno un po’, sapendola in buone mani. Eppure, d’altra parte, era conscio che non fosse del tutto fuori pericolo; nessuno lo era fintantoché sarebbero rimasti a Nankatsu. Lo sguardo si spostò nuovamente sul medico che ora stava visitando alcuni pazienti più gravi.
Ogni tanto parlava alla trasmittente in cui gli comunicavo altri arrivi urgenti che non potevano ancora essere trasportati in ospedali distanti e maggiormente attrezzati.
Yuzo gli si avvicinò con decisione, appena ebbe lasciato il paziente. Muovendosi a passo svelto, gli si fece di fianco.
“Posso parlarle un momento?” esordì, ma l’altro lo degnò solo d’una rapida occhiata, prendendo a sfogliare una serie di cartelle con la lista dei medicinali che avevano a disposizione.
“Se non è un ferito, un medico, un volontario o un poliziotto, no. Non ho tempo.”
Yuzo non demorse. “Questo campo va evacuato il prima possibile.”
“Grazie dell’informazione, se non ha qualche altra brillante idea di cui mettermi a parte, avrei delle vite di cui occuparmi.”
“Se non ve ne andate moriranno comunque, non lo capisce?”
Finalmente l’uomo fermò il suo frettoloso incedere e gli rivolse lo sguardo per un tempo decisamente più lungo, con un sopracciglio inarcato.
“Ma chi diavolo è lei?”
“Osservatorio del Fuji.”
E solo in quel momento l’altro sembrò riconoscerlo all’improvviso. Il sopracciglio saettò ancora più verso l’alto. “Io l’ho vista al-”
“Deve ascoltarmi: dovete andarvene da qui, rischiate di essere spazzati via.”
Il medico non rispose subito, ma si limitò a sospirare con una certa rassegnazione.
“Lo so.” affermò infine “Ma al momento ci è impossibile muoverci.”
Yuzo lo fissò con sgomento e poi prese a scuotere il capo, guardandosi attorno. “Ma questa gente-”
Il suo interlocutore si passò una mano sulla fronte madida di sudore per il continuo correre, cercando di tenere tutto sotto controllo. “Me ne rendo conto e facciamo il possibile per curare le ferite lievi in poco tempo, permettendo ai pazienti di allontanarsi subito, ma più di questo non possiamo fare, proprio come voi non potete impedire l’eruzione del Fuji. Stiamo aspettando i veicoli per i trasporti d’emergenza e gli elicotteri, se possibile, e nel frattempo cerchiamo di curare tutti, ma andarcene, no. Non possiamo.”
A quelle parole Yuzo abbassò il capo in un misto di rabbia e rassegnazione. Se i mezzi non fossero arrivati in tempo, tutto si sarebbe ripetuto come a Navidad e l’immagine del fiume di lava e fango, che trascinava indistintamente uomini e cose, balenò di nuovo, con prepotenza, davanti ai suoi occhi.
“Almeno…” riprese, sollevando lo sguardo sull’uomo “…quando il vulcano erutterà, e si tratta di minuti, ormai, cercate di spostarvi più in alto possibile. Almeno quindici, venti metri.”
“Più in alto?” fece eco il medico.
“Sì. Mi prometta che farà il possibile.”
L’uomo lo fissò a lungo e nonostante la perplessità per quella richiesta annuì con sguardo severo. “Lo farò.” disse e, dopo aver accennato un gesto di congedo, riprese il suo lavoro.
Il Prof lo vide allontanarsi sapendo perfettamente di non poter fare più di così. Per questo aveva sempre puntato sulla prevenzione, sull’agire in anticipo, anche se si fosse rivelato un falso allarme, perché aveva già visto cosa sarebbe potuto accadere e s’era ripromesso che non vi avrebbe assistito mai più. Ma, a quanto pareva, i buoni propositi, da soli, non erano stati sufficienti.
“Yuzo!”
Sentirsi chiamare lo distolse dai suoi pensieri e subito riconobbe il proprietario di quella voce che non riusciva a nascondere un tono allarmato. Di lontano, che cercavano di farsi largo tra la folla, il Prof riuscì a scorgere Taro ed Azumi. Svelto fece scomparire la cupa espressione che gli stava indurendo i tratti in favore di una più rincuorata: finalmente, Yoko si sarebbe allontanata da lì assieme a suo fratello e lui stava quasi per concedersi un sospiro sollevato quando vide levarsi, dalla sommità del Fuji, un candido pennacchio di vapore. Il gas aveva cominciato a guadagnarsi l’esterno attraverso la frattura formatasi come conseguenza delle ultime scosse telluriche.
Di nuovo, la maschera tetra prese possesso del suo viso ora che aveva la materiale certezza che non vi fosse più tempo. Anche se non c’era stata ancora l’esplosione vera e propria, l’eruzione era già iniziata.
“Yuzo! Siamo arrivati prima possibile. Il traffico è atroce!”
Il Prof spostò lo sguardo verso Taro.
“E Yoshiko dov’è? Come sta? Ma cosa diavolo-” il Numero Undici della Nazionale sbuffò, portandosi stancamente una mano alla fronte, per cercare di calmare la preoccupazione che non riusciva a farlo stare fermo.
“Stai tranquillo, sta bene. Vedi?” disse Yuzo, indicando Yoko e la volontaria che le stava mettendo un cerotto. “Si stanno già prendendo cura di lei.”
“Ma si può sapere che cosa è successo?” domandò ancora Taro, inspirando a fondo.
“Le scosse hanno fatto crollare la mensola che Yoko ha-” ma l’altro non gli fece terminare la frase.
“Quella maledetta mensola!” sbottò “Sono mesi, mesi!, che dico di dovergliela smontare perché pericolosa, dannazione! Sapevo che sarebbe venuta giù, prima o poi.”
Yuzo abbozzò un sorriso, era la prima volta che vedeva Taro privo della sua seraficità e calma storiche; se la situazione fosse stata diversa, l’avrebbe trovato divertente.
“Se fosse venuta da me questa mattina, tutto questo non sarebbe accaduto e a quest’ora saremmo già arrivati ad Iwata.” sospirò con una certa rassegnazione, portandosi le mani ai fianchi. “Una testa dura come sua madre, altroché.”
Il Prof scosse il capo, poggiandogli una mano sulla spalla. “Non pensare a questo, adesso. Dovete immediatamente lasciare la città, non c’è più tempo. Prendete Yoshiko e seguite le indicazione per allontanarvi da Nankatsu.”
Il giovane annuì e lo fissò a lungo prima di chiedere. “Tu che farai?”
“Io tornerò all’Osservatorio. Ho lasciato i miei colleghi nel bel mezzo della crisi, vorranno la mia testa se non mi muovo a raggiungerli.” tentò di sdrammatizzare, ma Yuzo sapeva benissimo cosa si celasse dietro la domanda di Taro.
“Sta’ attento.” si raccomandò infatti, poi il suo sguardo si spostò oltre la spalla del vulcanologo, animandosi. “Yoshiko!” esclamò non appena la giovane li ebbe raggiunti e la abbracciò con affetto e sollievo. “Come stai, sorellina?”
Lei si lasciò coccolare dalla sua stretta protettiva.
“Non è niente, Taro, mi si farà solo un bel bernoccolo.” sorrise. Sulla tempia spiccava l’evidente cerottone che la volontaria le aveva applicato. Poi rivolse un’occhiata carica di dolcezza al Prof. “Per fortuna che ero al telefono con Yuzo. È arrivato allo Studentato praticamente in un attimo per soccorrermi.”
Lentamente si separò dalle braccia del fratello per poter stringere la mano di Yuzo e trasmettergli, con quel semplice gesto, tutta la fiducia che aveva in lui. Il Prof ricambiò il suo sorriso, stringendo quelle dita sottili nelle sue.
“Ora però è meglio andare.” affermò il vulcanologo, rivolgendosi al campione dello Jubilo Iwata, il quale annuì con decisione.
A passo svelto zigzagarono tra i feriti che, molto sicuramente, ignoravano quanto quell’eruzione avrebbe cambiato le sorti di Nankatsu. Non sarebbe più stata come prima o, peggio, non sarebbe più stata affatto.
Taro li condusse dove aveva posteggiato la BMW. All’altra parte della strada, Dante era facilmente riconoscibile con tutto il muso parcheggiato sul marciapiede.
“Mi raccomando.” ribadì Yuzo appena furono accanto alla lussuosa berlina. “Non fermatevi per nessun motivo al mondo. Puntate dritto verso Iwata senza mai guardarvi indietro.”
“Contaci.” annuì il giocatore, mentre Azumi si raccomandava un’ultima volta.
“E tu fa’ attenzione, non dimenticarlo.”
Quelle parole gelarono Yoko sul posto.
Lo sguardo fisso sul Prof, che ribadiva ad Azumi di non preoccuparsi, e l’improvvisa consapevolezza che lui non sarebbe andato con loro perché il suo lavoro, lì, in quella città, non era ancora finito e sarebbe rimasto a vivere l’Inferno, che di lì a poco si sarebbe scatenato, nella sua interezza.
La presa si fece istintivamente più salda nel disperato desiderio di non lasciarlo andare, mentre la paura che qualcosa potesse andare storto s’era insinuata sotto la sua pelle di colpo ed in maniera così subdola, quando era sempre stata consapevole che, prima dell’eruzione, le loro strade si sarebbero separate per poi ricongiungersi alla fine di tutto. Ma ora che era arrivato il momento, non voleva vederlo andar via.
Sentire le dita che si stringevano attorno alle sue con così tanta forza fece volgere il Prof per incrociare lo sguardo terrorizzato di Yoko, perso nel suo.
“Non verrai con noi?” disse lei con la leggerezza d’un sussurro, ma le sue parole arrivarono perfettamente al destinatario.
Yuzo aggrottò le sopracciglia, piegando le labbra in un sorriso che non riuscì a tranquillizzarla, questa volta.
“No. Te l’avevo detto, ricordi?”
Certo che lo ricordava. E ricordava anche come quella decisione le fosse sembrata ‘normale’ poiché, in fondo, era pur sempre il suo mestiere. Ma allora l’eruzione era ancora così lontana, quasi irreale, a suo modo. Adesso, invece, le cose erano cambiate di colpo, il vulcano era lì, il countdown per l’esplosione quasi arrivato allo zero, lei che stava per andare via e lui che sarebbe rimasto.
“Che… che farai?” domandò ancora, l’altra mano che si aggrappava al suo maglione e gli occhi che si facevano lucidi anche contro la sua volontà.
L’espressione di Yuzo si addolcì, mentre con una mano le carezzava il viso lentamente. La voce cercava di trasmetterle tutta la sicurezza di cui era sempre stato capace.
“Andrò a vedere se gli altri stanno bene. Poi, cercheremo di aiutare la popolazione nella fuga, per quanto ci sarà possibile. Dopotutto, parte della colpa è anche nostra che abbiamo compreso quanto stava accadendo quando ormai era già troppo tardi.”
La presa di Yoko si rafforzò. “Avete sempre fatto il possibile, non avete nulla di cui sentirvi responsabili!”
Ed il Prof sorrise del calore del suo sostegno. “Infine, ci porteremo a distanza di sicurezza per osservare l’evolversi del fenomeno. Lo abbiamo già fatto, non c’è nulla di cui preoccuparsi.” anche se qui la situazione era differente e più pericolosa, ma questo non lo disse a Yoshiko la quale non sembrò affatto convincersi delle sue parole. Eppure, la vide inspirare a fondo un paio di volte, nel tentativo di trattenere le lacrime, perché sapeva che quella era la vita che aveva scelto e non lo avrebbe intralciato. Però i suoi sforzi non diedero i risultati sperati e le lacrime corsero via lungo le guance mentre la voce si faceva tremolante ed incerta.
“Guarda che… che se non mi chiamerai appena tutto questo sarà finito, io… io non te la farò passare liscia. Sono pericolosa, sai.” tentò di scherzare, ma non riuscì a ridere in nessun modo, mentre sentiva gli occhi pungere con insistenza.
Il sorriso di Yuzo si fece più caldo a quel tentativo e lentamente la strinse nel suo abbraccio, quello che Yoshiko aveva sempre amato fin dalla prima volta e all’interno del quale nulla le sarebbe mai potuto succedere. La giovane nascose il viso nel suo petto, inspirando il suo odore di cui il maglione era pregno.
“Torna da me.” mormorò contro il suo cuore e lui la strinse più forte, godendo ancora per qualche attimo di quella piccola e preziosa presenza.
“Certo che tornerò.” perché non l’avrebbe mai lasciata sola.
Piano, Yoshiko emerse da quel nascondiglio per poter finalmente incontrare il suo sguardo. Le mani sottili corsero al viso, carezzandone la pelle ruvida, prima di baciargli le labbra. Si strinsero alle sue, si unirono e sciolsero tante piccole volte prima di sussurrare quello spezzato: “Ti amo.”
“Anch’io. E tutto questo finirà presto, vedrai. Non avere paura. Ma ora devi metterti al sicuro, solo così potrò svolgere il mio lavoro con tranquillità: sapendo che non corri più alcun pericolo.”
A quella richiesta lei non poté far altro che annuire piano, baciandolo fugacemente un’ultima volta prima di sciogliere quell’abbraccio di cui avrebbe serbato il ricordo fino al loro re-incontro.
Yuzo si allontanò d’un passo. Gli angoli delle labbra leggermente rivolti verso l’alto. “Vai.” ribadì e lei si mosse, seppur con maggiore lentezza, salendo sulla BMW. Gli occhi che rimasero incollati ai suoi anche se c’era il vetro a separarli. L’attimo dopo, Taro mise in moto, allontanandosi finalmente da quel luogo e da Nankatsu.
Solo quando la vettura si fece più piccola lungo la strada, Yuzo eliminò il sorriso, sostituendolo con una tesa espressione seria.
Quando si volse ad osservare il Fuji, il pennacchio candido era ancora lì, anzi, erano diventati due e lui strinse minacciosamente gli occhi.
Doveva muoversi.
Rapidamente raggiunse Dante, mise in moto e fece una inversione ad U, sgommando in direzione del vulcano.

“Sei riuscita a metterti in contatto con lui?”
Ricardo faceva la spola tra la vetrata ed il proprio computer, che già da un paio di minuti era entrato in una specie di loop: la simulazione riproduceva ad oltranza l’esplosione del cratere principale, che avrebbe frantumato l’ultima copertura.
“Ancora niente.” Rita compose il numero per l’ennesima volta, ma il risultato non cambiò. “Le linee sono intasate, maledizione.”
Dall’ingresso al piano, Toshi ed Hisui arrivarono correndo.
“Nell’edificio non è rimasto più nessuno, abbiamo controllato.” esclamò il primo, appoggiandosi alla scrivania per riprendere fiato.
“C’è solo Shiguro che ci sta aspettando ai garage.” concluse il secondo, tenendosi la schiena.
“Allora muoviamoci, dobbiamo l’asciare l’Osservatorio.” il tono del burbero, fermo e con le mani ai fianchi, alle spalle di Rita, fu perentorio. Rick tentò di protestare distogliendo per un attimo lo sguardo dal Fuji.
“Ma capo non aspettiamo Yuzo?!”
“Non preoccuparti. Il ragazzo ha la pellaccia dura e sa cavarsela benissimo da solo. Continueremo a contattarlo una volta fuori di qui.” masticò il sigaro, guardandosi attorno lentamente e con gli occhi stretti, camuffando un’espressione rassegnata e nostalgica assieme, molto rara in Hideki. “Questo luogo non è più sicuro.”
Per anni era stato a capo di quell’Osservatorio. Per anni aveva tenuto sotto controllo il Fuji e l’intero Giappone da quell’ufficio al terzo piano e per anni era stato sicuro che lì si sarebbe conclusa la sua carriera. Poco gli sarebbe bastato per arrivare alla pensione, ma ora, improvvisamente, si rese conto che non ci sarebbe stata nessuna festa d’addio né che avrebbe potuto passare il testimone e la scomoda poltrona a Yuzo per tenerlo ancorato in un posto. E lui, anche se nessuno l’avrebbe mai detto, era un vecchiaccio dal cuore tenero, sotto sotto.
“Muoviamoci.” concluse, dopo ch’ebbe completato quel lento scrutare delle scrivanie in disordine, sedie riverse, fogli disseminati ed oggetti sparsi ovunque in seguito alle violenti scosse.
La squadra obbedì. Rick abbandonò rapidamente la finestra, mentre Rita afferrava il piccolo portatile dove continuava a seguire i tracciati del tremore persistente. Hisui e Toshi aprirono la fila, ma un’altra forte scossa li sorprese all’improvviso. Ricardo riuscì ad afferrare Rita impedendole un incontro ravvicinato con il pavimento. Hideki s’aggrappò alla porta, mentre Hisui e Toshi si tennero al corrimano delle scale. Tutti e cinque avvertirono il netto oscillare dell’edificio ed il concitato rumore di vetri e metallo che tintinnavano. Qualcosa cadde, alle loro spalle, e si fracassò con un rumore sordo, ma nessuno guardò indietro, riprendendo la fuga appena la coda dello sciame fu passata.
“Forza! Non abbiamo più molto tempo!” incitò Hideki ed il gruppo si mosse lungo le scale, tenendosi ben stretto al muro. Già arrivare al secondo piano si rivelò un’impresa titanica, quando Rita si fermò di colpo sul pianerottolo dalle porte spalancate in cui si intravvedeva la desolazione imperante.
“Ma che cosa-” la sentirono borbottare e Rick tornò indietro di qualche passo, mentre gli altri rimanevano immobili in attesa delle ultime nuove.
“Che succede ora?”
La sismologa inarcò un sopracciglio, fissando il piccolo monitor. “Le variazioni ipocentrali stanno divenendo troppo imprevedibili e veloci, guarda.” indicò i numeri sottostanti che sembravano mutare senza una logica, mentre l’intensità era aumentata all’improvviso.
1.3 km
0.500 km
1.2 km
0.380 km
0.800 km
0.220 km
1.1 km
0.130 km
Ricardo trasalì, lo sguardo saettò rapidamente alla vetrata che riusciva a vedere dal fondo della sala del secondo piano. Gli parve che i pennacchi di vapore si fossero drasticamente ridotti, poi fissò di nuovo il monitor.
0.770 km
0.085 km
Con un gesto deciso afferrò il braccio di Rita, trascinandola via di peso senza nemmeno darle il tempo di protestare. L'handbook volò dalle sue mani, rovinando al suolo e spaccandosi in due esatte metà.
“Via da qui, svelti!” riuscì a dire prima che un forte e cupo boato squarciasse l’attesa di Nankatsu ed i suoi abitanti.
La voce del Fuji si levò furente e terribile, per la prima volta dopo trecento anni, riempiendo il cielo con il suo ruggito e facendo esplodere le vetrate in migliaia di pezzi lucenti.
Cominciava così il fuoco d’artificio del secolo.


…E poi bla, bla, bla…

Eccisiamo! *v*
Il Fuji ha fatto il botto! *O*
Gioiamo!
Io gioisco, i miei pg un po’ meno XD, poretti loro.
Insomma, ero convinta che questo capitolo sarebbe venuto un po’ più breve in previsione del prossimo che, se viene come penso, sarà decisamente lungo, ma non lo spezzerò: voglio darvi l’ultimo colpaccio per intero. *blink* Per farmi odiare meglio. XD
Ormai, davvero, stiamo arrivando alle battute finali di questa fanfic e non l’avrei mai detto che questo momento sarebbe finalmente arrivato. XD Ed immagino che anche voi stavate cominciando a perderci le speranze, ma quest’ultimo periodo mi ha visto molto produttiva.
Vi avevo promesso o no che l’avrei finita entro quest’anno?
Ogni promessa è debito, ed io ero da tempo in debito con tutti voi per la pazienza che avete avuto con questa storia ed i suoi aggiornamenti non rapidissimi.
Purtroppo, il prossimo capitolo non arriverà proprio prestissimo perché, come detto, sarà piuttosto lungo ed articolato e ci devo lavorare bene, inoltre, il mese di Luglio è il mese degli ESAMI XD ed io ne ho ben tre, senza contare che altri problemi – decisamente più importanti di qualsiasi altra cosa – mi son piovuti tra capo e collo, portandosi via tutta la mia attenzione.
Quindi, anche stavolta non vi prometto niente, per quanto in cuor mio spero di farvelo avere tra fine Luglio e inizio Agosto ma, davvero, a questo giro non ne sono sicura. Farò del mio meglio, come fatto finora! *alzapugno*

Prima di lasciarvi ai ringraziamenti di rito, volevo dire qualcosa in più sulla dinamica eruttiva.
Solitamente, le eruzioni vulcaniche vengono precedute da un’attività meno intensa (come delle piccole esplosioni freatiche) prima di raggiungere il parossismo e quindi l’evento importante. In questo caso ho fatto anticipare il botto da delle fasi di degassamento avvenute attraverso le fratture del cratere.
Infine, la variazione ipocentrale è dovuta al fatto che le bolle di gas, presenti in un range che andava da 1.3 km di profondità, hanno preso ad insinuarsi più velocemente attraverso le fratture del condotto (per variazioni di pressione), e quindi arrivare in superficie, innescando l’esplosione finale.

Angolino del “Grazie, lettori, grazie! XD”:

Hikarisan: LOL Tappare il cratere è un bellissimo suggerimento!!! XDDDDD
*_* Yoshiko è salva *alzapugno*, soccorsa dal suo ‘principe non tanto azzurro’ XD ma ovviamente anche Taro è arrivato di corsa!!! XD
E comunque, sapere che mi stai sul fiato sul collo è un fantastico stimolo **: sotto pressione lavoro meglio XD non lo so perché! Mi raccomando, resta ancora sintonizzata per questa trance finale: il prossimo capitolo sarà decisamente… al cardiopalma (peggio di questo!)! XD
*_* grazie mille per tutto!

Eos: aspetta a volermi morta, devi ancora leggere il prossimo capitolo. *blink* e poi, lì, davvero avrai un OTTIMO motivo per volermi sepolta XD (e se lo dico io, puoi credermi).
Ora il Fuji ha fatto il botto, il capitolo prima stava solo… facendo gli ultimi preparativi. XD Ora, invece, è proprio esploso-esploso. *_* BOOM! Sarà un amore, te lo posso garantire *w* E grazie mille per il supporto: conoscere un po’ meglio il Fuji, ti dirò, è stato interessantissimo, ma anche piuttosto impegnativo, perché dovevo riuscire ad incastrare tutto per bene (e son stata molto fortunata, meno male! XD).
L’FVO è il luogo dei sogni, per me, soprattutto se potessi davvero contare su persone come Rita, Rick, Toshi, Hisui ed il Burbero XD Tu non sai quanto invidio Yuzo.
E te l’avevo detto che Kishu avrebbe stupito con effetti speciali!*v* Ed ha ancora qualche colpo in canna. X3 quell’uomo è puccio.
Mentre Yoko… XDDDDDDDD, in fin dei conti è ancora una ‘ragazzina’. Ha 22 anni ed una testa dura come la pietra. XD come sua madre. Per fortuna che è l’unica cosa che hanno in comune XDDDD!
*_* grazie millissime, tessora, :**********

Sakura-chan: *_* TESSSSSORA! XD non trattare male quel poverino di Kishu, era solo un po’ accecato dai suoi obiettivi personali (e poi era un politico, insomma, XD cerca di capirlo. Prendi ad esempio i politici nostrani che sono capaci di negare anche di fronte all’evidenza! XDDDD).
Ovviamente, io continuo a ringraziarti sempre tantissimo per tutto il lavoro che fai e per sbolognarti i miei capitoli chilometrici (e non dimenticarti che, alla fine di Huzi, ti toccherà Elementia XDDDD NO! NON SCAPPAREEEEEE! XDDDDD).
Yoko, come detto ad Eos, ha preso la testaccia da sua madre. XD E per fortuna solo quella. E comunque… HAI AZZECCATO LE PIPPE MENTALI DI YUCCIOLO!!! XDDDD SEI IL SOLITO MITO!!! XDDDD AHAHAHAHAHAH! Ti pare che io non gli facessi fare un mare di elucubrazioni catastrofiste?! *rotola* Io AMO l’Angst! XD
Grazie millissime per tutto e per apprezzare ciò che di ‘scientifico’ vi è in questa storia. :********

Kara: *Mela ridacchia e con nonchalance ignora la Premessa fatta da Kara* Io non so niente. *nonò* Non so mai niente fino a cose fatte XDDDD.
Tu leggi questa het perché, sotto sotto, alla fine il pairing ti intriga e vuoi sapere se li accopperò o meno *fischietta* LOL
*_* Non temere, nel prossimo capitolo avrai botti, fuochi d’artificio, tric e trac e bombe a mano. *_* il Fuji darà vita ad uno spettacolo meravigliosamente pirotecnico per il quale darò fondo a tutte le mie conoscenze e capacità per riuscire a renderlo al meglio. *alzapugno* (ecco, ora mi viene l’ansia da prestazione °^°).
E finalmente qualcuno che tifa per la Rita/Rick! I miei tesssssori!!! *AWWWWW*
Anche io faccio troppo il tifo per loro perché li trovo adorabili *v* Ovviamente, nel prossimo capitolo ci saranno assolutamente anche loro, non temere, ma per quanto riguarda eventuali spinoffini *mmm* non credo proprio (XD ma con me, lo sai, mai dire mai).
Suuuuu!!! Non trattare male puccioKishu XD mi piaceva troppo quel pg per farlo restare cattivo. X3
Grazie mille per le tue parole. :****** Io adoro fare le ricerche per le storie XD Perché poi vengo a scoprire sempre cose nuove che, magari, prima non conoscevo. Mi domando perché non le facciano anche gli altri ‘_’, invece di scrivere montagne di scemenze. *mah*

Ed anche per questo capitolo è tutto! **/
Vi rimando al prossimo, per l’ultimo colpaccio di questa storia! *____*

PS: ho già iniziato a scrivere il nuovo capitolo. ^^/

 

   
 
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