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Autore: Cristina Black    29/06/2010    6 recensioni
Quella che vi voglio offire è una versione parallela della saga che tutti conosciamo, partendo da quando Bella decide di saltare dalla scogliera in New Moon. Piccole ma decisive modifiche nei comportamenti e nei ragionamenti, cambieranno il suo destino. Una Bella che vede i suoi rapporti sentimentali in modo diverso, come molte di noi avrebbero voluto. La domanda che caratterizza questa nuova versione è: come sarebbe andata, se Bella avesse fatto un’altra scelta? Spero vi piaccia!!
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward, Bella/Jacob
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più libri/film
Capitoli:
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(Libro di riferimento: Eclipse)

 

 

    Quando il mattino dopo mi svegliai, c'era molta luce e persino dentro la tenda il sole mi faceva male agli occhi. Ed ero sudata, ovviamente, e Jacob russava leggero al mio orecchio, senza sciogliere l'abbraccio. Liberai la testa dal suo petto febbricitante e sentii il mattino freddo pungermi le guance intorpidite. Jacob sospirò nel sonno; inconsciamente strinse la presa.

    Mi sforzai di sollevare la testa e gli occhi quel tanto che bastava…

    «Edward sei ancora li?», domandai con la bocca coperta dal pettorale di Jacob.

    «Si, sono qui. Buongiorno Bella», rispose la sua voce vellutata, oltre la parete della tenda.

    «Buongiorno Edward», risposi imbarazzata.

    Fortunatamente Jacob aveva lasciato la cerniera abbassata, lasciandomi un po’ di manovra, ma le difficoltà non mancavano.

    Con tutta me stessa combattei contro la forza inerte di Jacob.

    Lui borbottò qualcosa, nel sonno profondo, e strinse ancora la presa.

    «Jake svegliati, ti prego», dissi a mezza voce.

    «Hai bisogno di una mano? Se vuoi lo sveglio io», propose Edward, ma il tono che usò non lasciava intendere niente di buono.

    «No. Tenterò di nuovo, sarò più fortunata», mormorai lanciandogli un’occhiataccia che non poteva vedere.

    Sfruttai lo spazio guadagnato dall’apertura della cerniera per allungare una mano verso il suo viso. Non avevo molte alternative, sempre meglio che lasciar fare ad Edward.

    Gli tappai il naso.

    Jacob mi tossì in faccia mezzo soffocato, e riuscì nell’intento di svegliarlo.

    «Avrei preferito un risveglio più brusco», mugugnò Edward a voce bassissima.

    Sospirai.

    «Oh, sei sveglia, Bells. Buongiorno», disse Jacob stiracchiando un sorriso.

    «Si, che ne dici di lasciarmi respirare? Sto morendo di caldo».

    «Scusa», disse con un grosso sbadiglio e sciogliendo la presa.

    «Grazie», replicai con i polmoni finalmente liberi di gonfiarsi. Poi gli presi il viso e gli diedi un bacio sulla fronte. «A proposito, buongiorno anche a te», aggiunsi con un sorriso.

    Sgusciammo fuori dal sacco a pelo e mi sgranchì i muscoli intorpiditi.

    L’aria sembrava più calda di ieri. Per fortuna avevo avuto Jacob accanto per tutta la notte, altrimenti mi sarei ibernata.

    «Hei, succhiasangue», chiamò Jacob uscendo dalla tenda. «Sai per caso quanto manca allo scontro?», chiese stiracchiandosi anche lui e facendo scricchiolare le giunture delle braccia e delle gambe. «Ah, ciao Seth».

    Udì un lieve ruggito e mi decisi ad uscire anch’io dalla tenda.

    C'era meno neve di quanta pensassi dopo la tempesta furiosa della notte precedente. Probabilmente era stata soffiata via, anziché sciogliersi al sole che in quel momento splendeva basso a sudest e sbucava dal manto bianco pizzicandomi gli occhi non ancora abituati alla luce.

    L'aria era rimasta frizzante, ma c'era una calma assoluta e, mano a mano che il sole si alzava, la temperatura tornava ai livelli di stagione.

    Seth Clearwater era raggomitolato su uno spiazzo di aghi di pino asciutti, all'ombra del fitto di un abete, con la testa tra le zampe. La sua pelliccia color sabbia era quasi invisibile sullo sfondo degli aghi morti, ma notai il riflesso della neve nei suoi occhi aperti.

[…]   «Alice ha detto a Sam che dovrebbe essere questione di un'ora, più o meno», rispose Edward, impassibile.

    Stava in piedi a due metri di distanza da noi, ci dava le spalle e guardava lontano, tra gli alberi.

    «Bene», sibilò Jacob con lo sguardo acceso dall’impazienza.

    «Non va bene per niente», ribattei irritata.

    Tra meno di un’ora la battaglia sarebbe iniziata, e Jacob non aveva la minima intenzione di perdersela.

    Edward si voltò di scatto per puntare gli occhi su quelli di Jacob, senza che lui avesse aperto bocca.

    «Invidio la tua possibilità di poterlo fare», sibilò.

    «Allora non ti dispiacerà lasciarci da soli», ribattè Jacob seccato. «Non ho molto tempo, la battaglia sta per cominciare».

    Li guardai entrambi, confusa. «Si può sapere di cosa state parlando?».

    «Vi lascio soli», mormorò Edward. «Torno appena Jacob se ne sarà andato», mi rassicurò, osservando la mia espressione angosciata.

    «Seth, ti dispiace?», domandò Jacob al lupo accucciato. Seth si alzò di scatto sulle sue zampe e si allontanò senza fare storie. Come se sapesse già tutto.

    Osservai Edward ridiscendere la montagna sul quale ci eravamo accampati, affiancato da Seth. Quella incredibile vicinanza mi sorprese.

    Tuttavia, mi rivolsi a Jacob con aria esasperata.

    «Perché lo hai mandato via? Quando ti deciderai a lasciarlo in pace?».

    «Volevo solo parlare con te. C’è una cosa che vorrei dirti e un’altra che sono curioso di sapere», disse tenendomi per i fianchi e chinandosi verso il mio viso. «Non ho avuto il tempo di chiedertelo».

    «E ti sembra il momento?», domandai alzando le sopraciglia, sconcertata.

    «Direi che è perfetto», replicò con un sorriso più abbagliante del sole.

    Scossi la testa in preda alle vertigini. «Okay, da cosa vuoi iniziare?».

    «Dalla domanda», rispose subito.

    Rimasi in attesa di questa benedetta domanda. Chissà cosa voleva sapere di così importante in un momento del genere.

    «Cos’hai sognato dopo che ti ho baciata la prima volta?».

    Domanda facile e incredibilmente insensata.

    «Ho sognato la nostra vita insieme», sussurrai, cercando di capire dove volesse arrivare. «C’erano Charlie, Reneè, Billy e anche Sam, e poi dei bambini con i capelli neri che giocavano a rincorresi nel bosco di La Push. Poi ho visto il mio riflesso nello specchio, ero invecchiata ma molto, molto felice. Dietro di me c’eri tu in forma di lupo, e anche tu sembravi invecchiato. Il tuo manto era più lungo di adesso e di un rosso sbiadito». Mentre raccontavo, le immagini si susseguivano come stessi vedendo un film.

    Ci fu un attimo di silenzio, poi Jacob ridacchiò e scosse la testa incredulo.

    «Caspita, sei veggente come la tua amica Alice».

    «Cioè?».

    «Bè, ti ho detto che un giorno ne avremmo parlato. Era una cosa che mi era venuta in mente quella volta in camera tua».

    Ricordai benissimo. La prima notte della dimostrazione pratica dei Cullen.

    «Ne ho discusso ieri notte con Sam, per sapere se questa mia decisione avrebbe dato qualche problema. C’è stato un battibecco con gli altri del branco, ma alla fine Sam ha calmato le acque. Mi ha dato il suo benestare e ha assicurato che se la sarebbero cavata tutti…», farfugliò.

    «Arriva al dunque Jake. Che stai cercando di dire?».

    Jacob fece un respiro e mi guardò amorevole.

    «Quando tutto questo sarà finito, smetterò di trasformarmi. Voglio costruire una famiglia insieme a te, e più di ogni altra cosa, desidero invecchiare al tuo fianco», confessò d’un fiato.

    Rimasi incantata, spaventata, rapita e sconvolta dalle sue parole.

    «Jake, non è possibile. Tu…tu vuoi rinunciare alla tua immortalità, alla tua giovinezza, al tuo potere per…», non riuscivo a finire la frase.

     I singhiozzi e una fitta allo stomaco me lo impedivano, mentre le lacrime mi annebbiavano la vista.

    «Per stare con te, Bells. Non mi interessano tutte quelle cose, anzi se restassi giovane, sarebbe un problema. Ricordo ancora la tua stupida ossessione sulla differenza d’età», disse facendo gli occhi al cielo.

    «Potrei trasformarmi per il tuo compleanno, magari, se mi ricorderò ancora come si fa. Ti porterei da qualche parte come regalo. Ci sono tantissimi posti meravigliosi che non hai mai visto, te ne mostrerei uno per ogni anno che compirai, e intanto ricomincerei a crescere. Lo avevano detto durante il falò, ricordi? L’importante è non trasformarsi per parecchio tempo, e un anno dovrebbe essere sufficiente», continuò come se stesse parlando del più e del meno.

    «Perché? Perché vuoi rinunciare?», domandai sbalordita.

    «Perché ti amo, ovviamente».

    «Jake, tu vuoi fare la stessa cosa che avrei fatto io per Edward?».

    Jacob sbuffò spazientito.

    «Mi sembra che siano due cose diverse, Bella. Io non scelgo di trasformarmi in una pietra senz’anima perché non sono in grado di accreditarmi. Voglio riprendere la mia normalità. Quella parte di vita cui sono stato costretto a rinunciare per questioni di discendenza. Ma a differenza del tuo vampiro, posso tornare indietro. Posso rinunciare, se voglio, ma devi volerlo anche tu. Se tu non vuoi per qualunque motivo, devi dirmelo. E anche se le tue ragioni avranno senso, cosa di cui dubito, ne discuteremo finchè non ti convincerò», rispose deciso.

    Poi lanciò uno sguardo concentrato verso il cielo, cogliendo qualche segno che a me sfuggiva.

    «Adesso devo andare, sono già in ritardo. Nel frattempo pensaci, più tardi mi farai sapere», disse svelto e dandomi un bacio in fronte.

    Fece per allontanarsi, ma mi scagliai su di lui e mi aggrappai al suo braccio.

    «Aspetta Jake!», strillai tra le lacrime. La mia voce era diventata improvvisamente isterica.

    Il suo discorso non era ancora pronto per essere digerito, ed in questo momento la mia priorità era un’altra. Molto, molto più urgente.

    Edward se n’era andato momentaneamente, e sapevo che sarebbe tornato.

    Ma di Jacob non ne avevo assolutamente idea, ed era sufficiente a sentirmi impazzire, soprattutto dopo ciò che mi aveva detto.

    L’ansia che avevo provato fino a quel momento, era niente in confronto alla paura di questi ultimi istanti.

    Nulla mi garantiva il suo ritorno.

    Come potevo anche solo provare a pensare ad un futuro così lontano, se non sapevo niente di quello più vicino a me? Se il futuro immediato mi spaventava a morte?

    Il terrore mi imprigionò in una morsa d’acciaio, e mi stritolò.

    Jake aveva già trovato una buona ragione per farmi desistere, ma la disperazione incontrollabile mi spinse a fare un altro tentativo.

    «Jake, ti prego, ti scongiuro, non andare! Resta qui, resta con me! Ti prego», gridai implorante.

    Jake mi fissò.

    Un velo di preoccupazione ed esitazione attraversò i suoi occhi. Cercò di ricomporsi subito.

    «Stai tranquilla Bella. Tornerò, te lo prometto».

    «No!», gridai, ma l’urlo mi si spezzò in gola.

    Le gambe mi cedettero ed affondai le ginocchia sulla neve, mentre le mie mani scivolarono lungo il caldo braccio di Jacob e si strinsero nella sua mano.

    Il mio cuore era sul punto di scoppiare di nuovo.

    Mi sentivo come se mi stessero segando in due.

    Jake strinse forte la mia mano e si inginocchiò davanti a me, rivolgendomi un sorriso dei suoi.

    «Torno presto», promise.  «E’ una promessa, Bella».

    Prese il mio viso contratto dal dolore, e mi baciò sulle labbra.

    Ebbi l’orribile sensazione che quello fosse l’ultimo bacio.

    Ma non avevo la forza di ricambiarlo come fosse tale.

    Restai come in stato di shock, a malapena mi accorsi che le sue labbra mi sfiorarono.

    Mi fissò per un breve istante con espressione ansiosa. Dischiuse le labbra come in procinto di dire qualcosa, ma subito si alzò in piedi e mi diede le spalle.

    Lo vidi allontanarsi di corsa, già in preda ai fremiti della trasformazione, mentre io restavo sulle mie ginocchia con una mano immersa nella neve e l’altro braccio teso. Tutto ciò che la mia mano era in grado di afferrare, fu il vuoto dell’aria fredda.

    Lo stesso vuoto che sentivo dentro di me.

    Vederlo sparire in mezzo agli alberi, squarciò il mio cuore, la mia anima e il mio corpo, in due perfette metà.

    Cominciai a singhiozzare, e il mio corpo sussultava come in preda a convulsioni. Immersi anche l’altro braccio nella neve e la testa mi crollò.

    «Jake…torna indietro», balbettai tra le lacrime mentre la voragine nel mio petto minacciava di riaprirsi per non richiudersi mai più.

    Nemmeno la gelida mano di Edward sulla mia spalla, mi aiutò ad uscire da quello stato.

    «Bella, ti aiuteremo io e Seth», sussurrò con la sua voce morbida e rassicurante. Seth guaì come per dargli ragione.

    Alzai il viso verso il suo, cercando di trovare conforto tra le sue parole. «Aiutarmi? Dimmi come, ti prego», implorai.

    Edward sorrise benevolo e spiegò.

    «Seth deve restare in contatto con gli altri del branco, perciò seguirà ogni momento, come se lo stesse vivendo. Io tradurrò i suoi pensieri per te, in modo che tu possa sapere cosa succede istante per istante», spiegò lentamente.

    «Lo faresti?», domandai con un filo di voce e un moto di speranza.

    «Non è poi tanto», rispose.

    «Per me lo è, è vitale. Grazie Edward», dissi mentre mi aiutò ad alzarmi.

    Edward mi portò barcollante a sedermi vicino a Seth, che se ne stava ritto sulle zampe e mi guardava.

    Emetteva un mugolio preoccupato e inclinava la testa da un lato.

    «Gli dispiace vederti così», mi disse Edward. «Sei la ragazza del suo idolo, per cui lo sei un po’ anche tu».

    Seth lo guardò e tossì una risata annuendo con il suo testone.

    «Grazie Seth, non preoccuparti. Sto bene», mentì.

    Mi sedetti vicino a lui per catturarne il calore, ed Edward si accovacciò di fianco a me. Se non altro, mi sentivo protetta.

    Fissai la fede di Sarah, mentre me la rigiravo al dito. Non riuscivo a pensare a nulla, era come se il mio cervello si fosse scollegato.

    «Cosa sta facendo Jacob?», domandai con voce incolore.

    «Si è trasformato. È un po’ deconcentrato, ma Sam lo sta aiutando», rispose Edward, sereno.

    «Ed Alice? Cosa sta facendo?».

    Edward mi sorrise rassicurante. «Sei preoccupata anche per lei. Non devi, lo sai».

    Scossi la testa. «E come faccio? Alice è così piccola», mugugnai.

    Rispose con una risata. «Potrebbe essere un problema… se esistesse qualcuno in grado di prenderla».

    Seth iniziò a mugolare.

    «Cosa c'è che non va?», domandai.

    «È soltanto arrabbiato perché gli tocca stare qui con noi. Sa che il branco l'ha tenuto lontano dall'azione per proteggerlo. Sbava dal desiderio di raggiungerli».

    Alzai il viso, guardando Seth.

    «I neonati sono al termine del sentiero - ha funzionato d'incanto, Jasper è un genio - e hanno agganciato la scia di chi sta nella radura, perciò, come previsto da Alice, si stanno dividendo in due gruppi», mormorò Edward, lo sguardo concentrato su qualcosa, in lontananza. «Sam ci sta guidando a intercettare il gruppo dell'imboscata». Era così concentrato su ciò che stava ascoltando da usare il plurale del branco.

    All'improvviso abbassò lo sguardo su di me. «Respira, Bella».

    Mi sforzai di obbedire alla richiesta.

    Cercai di sintonizzarmi sullo stesso ritmo regolare del respiro di Seth per non andare in iperventilazione.

    «Il primo gruppo è entrato nella radura. Riusciamo a sentire il rumore della battaglia».

    Strinsi i denti.

    Scoppiò in una risata secca. «Riusciamo a sentire Emmett: si sta divertendo».

    Mi sforzai di fare un altro respiro con Seth.

    «Il secondo gruppo si sta preparando… Non ci prestano attenzione, non ci hanno ancora sentiti».

    Edward ruggì.

    «Cosa?», sbottai.

    «Parlano di te». Con uno scatto serrò i denti. «In teoria dovrebbero impedirti di scappare… Bella mossa, Leah! Ehi, è davvero veloce», mormorò approvando. «Uno dei neonati si è accorto della nostra scia e Leah lo ha abbattuto ancora prima che riuscisse a cambiare direzione. Sam la sta aiutando a finirlo. Paul e Jacob ne hanno preso un altro, il resto è sulla difensiva, adesso. Non sanno come comportarsi con noi. Entrambe le schiere fintano l'attacco… No, lasciate che sia Sam a guidare», borbottò. «Separateli: non lasciate che si guardino le spalle a vicenda».

    Seth mugolò.

    «Così va meglio, spingeteli verso la radura», approvò Edward. Senza che se ne accorgesse, il suo corpo si spostava, teso verso le mosse che lui stesso avrebbe voluto fare.

    Lo fissavo con apprensione, affondando le unghie nei palmi delle mie mani.

    L'improvvisa assenza di rumori fu l'unico presagio.

    Il suono profondo e incalzante del respiro di Seth s'interruppe e, ormai in sincrono con lui, me ne accorsi subito.

    Anch'io per paura cessai di respirare quando capii che persino Edward era immobile come un blocco di ghiaccio al mio fianco.

    Oh, no. No. No.

    Chi era stato colpito? I nostri o i suoi? I miei, erano tutti miei. Chi avevo perso?

    Non volevo pensare a nessun nome conosciuto. Ma rimbombavano tutti nelle orecchie, uno sopra l’altro, confusi e chiassosi.

    E uno si distingueva tra tutti.

    Edward si alzò in piedi con uno scatto talmente veloce che non me ne accorsi.

    Il muso di Seth a quindici centimetri dal volto di Edward.

    Si fissarono con concentrazione assoluta per un secondo infinito. Il sole si sbriciolava sulla pelle di Edward e scatenava scintille che danzavano sulla pelliccia di Seth.

    Poi Edward sussurrò con veemenza: «Vai, Seth!».

    L'enorme lupo si voltò e sparì nell'ombra della foresta.

    Erano passati due secondi? Sembravano ore. Ero terrorizzata e nauseata dalla certezza che nella radura qualcosa di orribile fosse accaduto.

        Se non avessi avuto una improvvisa paura di morire, mi sarei sacrificata come la terza moglie. Avrei dato il sangue per salvarli.

    Codarda, pensai.

    Non ero mai stata molto attaccata alla vita, perchè proprio adesso doveva importarmene? Come in quel sogno, anziché sacrificarmi per distrarre la Rosalie terribile ed assetata di sangue dall’attacco al lupo Billy, avevo gettato a terra il pugnale argentato.

    Ma qualcosa l’avrei fatta lo stesso, avrei cercato un modo per potermi ferire, ed attirare l’attenzione senza dover morire.

    Si, questo lo avrei fatto assolutamente!

    Aprii la bocca per chiedere a Edward di portarmici, subito,  […] ma  prima che potessi pronunciare la prima sillaba, mi sentii come sbalzata per aria. […]

    Mi ritrovai con la schiena premuta contro la facciata ruvida dello spuntone di roccia. Edward era di fronte a me, in una posizione che riconobbi subito.

    I miei pensieri si riempirono di sollievo nello stesso momento in cui sentii lo stomaco sprofondare sotto i piedi.

    Avevo frainteso.

    Sollievo: nulla era andato storto nella radura.

    Orrore: il punto critico era vicino.

    Edward manteneva la posizione di difesa - mezzo rannicchiato, le braccia semidistese. […]

    Qualcosa ci stava raggiungendo.

    «Chi?», sussurrai.

    Le parole uscirono dai suoi denti con un ringhio più intenso di quanto mi aspettassi. Troppo intenso. Significava che era davvero troppo tardi per nasconderci.

    Eravamo in trappola, poco importava che qualcuno lo udisse.

    «Victoria», disse sputando la parola, trasformandola in un insulto. «Non è sola. Ha incrociato la mia scia, segue i neonati per assistere: non intende combattere assieme a loro. D'un tratto ha preso la decisione di cercarmi, sicura di trovare anche te. E ha indovinato. Avevi ragione. È sempre Victoria».

    Gli era vicino abbastanza da udirne i pensieri.

    Mi chiesi come avrebbe reagito se le avessimo detto che non ero più insieme ad Edward. Con tutta probabilità, non gliene sarebbe importato nulla.

    Contai mentalmente gli ultimi rintocchi della mia vita, mentre Victoria si stava avvicinando a noi.

    Edward era un bravo combattente, bravo quanto Jasper. Se la compagnia in arrivo non era numerosa, avrebbe potuto lottare per fuggire e tornare dalla sua famiglia. Edward era il più veloce di tutti. Poteva farcela.

    Ero davvero lieta che avesse mandato via Seth. Certo, non c'era nessuno a cui potesse chiedere aiuto. Victoria aveva scelto alla perfezione il momento in cui agire. Se non altro, Seth era al sicuro. Quando pensavo il suo nome, non riuscivo a immaginare il grosso lupo a pelo chiaro ma soltanto il goffo quindicenne.

    Il corpo di Edward scattò con un movimento quasi impercettibile, che mi fece capire dove guardare. Fissai le ombre nere della foresta.

    Fu come vedere i miei incubi che mi venivano incontro per salutarmi.

    Due vampiri affiorarono lenti nella piccola radura in cui ci eravamo accampati, occhi scrutatori a cui non sfuggiva nulla. Scintillavano come diamanti sotto il sole.

    Riuscivo a malapena a fissare il ragazzo biondo […] . I suoi occhi però, di un rosso più acceso di quanto avessi mai visto, non erano in grado di catturare i miei. Benché fosse il più vicino a Edward, il pericolo più immediato, non riuscivo a preoccuparmene.

    Perché al suo fianco, a distanza di qualche metro da lui, Victoria mi fissava.

    I suoi capelli rosso arancio erano più accesi di quanto ricordassi, somigliavano a vampe di fuoco. Non c'era vento, ma la fiamma che le incorniciava il viso sembrava ondeggiare delicatamente, come fosse viva.

   I suoi occhi erano neri per la sete.

  Non sorrideva come faceva nei miei vecchi sogni: teneva le labbra in una linea dritta. C'era un che di felino e spiazzante nella posizione del suo corpo, come una leonessa in attesa di spiccare il balzo in uno spiraglio della vegetazione.

    Il suo sguardo inquieto e selvaggio saltava tra Edward e me, senza soffermarsi mai su di lui per più di mezzo secondo. Non riusciva a staccare gli occhi dal mio volto più a lungo di quanto io riuscissi a ignorare il suo.

    Irradiava una tensione quasi visibile nell'aria. Sentivo il desiderio e la passione che la assediavano e consumavano. Quasi come se potessi leggere nella sua mente, sapevo cosa pensava.

    Aveva quasi raggiunto ciò che desiderava: ciò che da oltre un anno a quella parte era il centro della sua esistenza era adesso vicinissimo.

    La mia morte.

    Il suo piano era tanto ovvio quanto efficace. Il ragazzone biondo avrebbe attaccato Edward. E, nel momento in cui lui sarebbe stato maggiormente distratto, Victoria mi avrebbe finita.

[…]    Il ragazzo biondo guardò Victoria con la coda dell'occhio, in attesa di un ordine.

    Era giovane per tanti motivi. A giudicare dalle sue pupille luccicanti, non era vampiro da molto. Era forte, ma anche incapace. Edward sapeva senz'altro come contrastarlo.

[…]    Victoria indicò Edward e senza parlare ordinò al ragazzo di procedere.

    «Riley», disse Edward in tono dolce e implorante.

    Il biondo restò immobile e strabuzzò gli occhi.

    «Ti sta mentendo, Riley», disse Edward. «Ascoltami. Ti sta mentendo come ha mentito agli altri che muoiono nella radura. Sai bene che ha mentito loro, che ha costretto te a mentire loro, perché non ritornerete a soccorrerli. È tanto difficile credere che abbia mentito anche a te?».

    La confusione s'impossessò del volto di Riley.

    Edward si spostò di lato, pochi centimetri, e Riley compensò automaticamente il movimento assecondandolo.

    «Non ti ama, Riley». La voce morbida di Edward era seducente, quasi ipnotica. «Non ti ha mai amato. Il suo vero amore si chiama James, e tu non sei altro che uno strumento nelle sue mani».

    Al nome di James, una smorfia scoprì il ghigno tra le labbra di Victoria.

    Non staccava gli occhi dai miei.

    Il giovane vampiro lanciò uno sguardo disperato verso di lei, ma Edward continuò a parlargli con voce soave attirando di nuovo la sua attenzione.

    «Sa che ti ucciderò, Riley. Lei vuole che tu muoia, in modo da smetterla con questa commedia. Sì, te ne sei accorto, vero? Hai letto i dubbi nei suoi occhi, sospettato di quel tono falso nelle sue promesse. Non ti ha mai desiderato. Ogni bacio, ogni carezza, era una bugia».

    Edward si mosse di nuovo, qualche centimetro verso il ragazzo, qualche centimetro più lontano da me.

    Victoria puntò lo sguardo verso lo spazio che ci separava. Le sarebbe bastato meno di un secondo per uccidermi… non appena avesse avuto il minimo margine di possibilità.

[…]    «Il bugiardo è lui, Riley», disse Victoria, e restai a bocca spalancata, scioccata dal suono della sua voce. «Ti ho già parlato dei loro trucchetti mentali. Io amo solo te, lo sai».

    La sua voce non era il ruggito felino vigoroso e selvatico che avrei associato

a quel volto e a quel portamento. Era delicata, stridula, un tintinnio infantile da soprano. Il genere di voce che di solito va a braccetto con ricci biondi e chewin-gum rosa. Era assurdo che uscisse dai suoi denti scoperti e scintillanti.

    Riley serrò la mascella e tese le spalle. I suoi occhi si svuotarono della confusione e del sospetto. Di tutti i pensieri. Raccolto, si preparò ad attaccare.

   Il corpo di Victoria sembrava tremare dalla tensione. Le sue dita erano già artigli, in attesa che Edward si allontanasse di un solo centimetro da me.

    Il ringhio non giunse da nessuno di loro. Una sagoma scura e immensa volò al centro dello spiazzo e gettò Riley a terra.

    «No!», strillò Victoria, la sua voce infantile lacerante e incredula.

    A un metro e mezzo da me, un lupo enorme faceva a brandelli il vampiro biondo. Qualcosa di bianco e duro rimbalzò sulla roccia ai miei piedi.

    Me ne allontanai, disgustata.

    Victoria non degnò di uno sguardo il ragazzo al quale aveva appena dichiarato il proprio amore. I suoi occhi erano sempre su di me, pieni di un malessere così feroce da farla sembrare in preda alla confusione.

    «No», ripeté, a denti stretti, mentre Edward le si avvicinava, sbarrandole la strada.

    Riley si era rialzato, sembrava curvo e scoordinato, ma a sorpresa riuscì a mollare un calcio contro la spalla di Seth. Sentii l'osso spezzarsi. Seth si ritrasse e iniziò a camminare in circolo, zoppicante. Riley aveva allungato le braccia, pronto, malgrado l'apparente perdita di un pezzo di mano…

    A pochi metri da quel combattimento, Edward e Victoria danzavano.

    Dal petto di Edward provenì una risata tenebrosa.

    «Se ti dicessi che Bella non è più mia e la considerassi una bugia, faresti un grosso sbaglio. Mia cara Victoria», sibilò.

    Per un istante lessi lo stupore negli occhi assetati della vampira.

    Riprese a guardare me ed Edward con un’ombra di reale confusione.

    «Sta con i lupi adesso. Sapevi che quella è solo una forma che assumono in momenti come questi? In realtà, sono esseri umani, e Bella sta con uno di loro. Non più con me», proseguì Edward.

    Il viso di Victoria si sbilanciò, e spalancò occhi e bocca.

    Ma le bastò meno di un battito del mio cuore per ricomporsi, e la sua voce scampanellò di una risata deliziosa quanto minacciosa.

    «Credi che cambi qualcosa? Tu sei qui insieme a lei, ciò dimostra che c’è ancora un certo legame. A meno che, non ti importi di vederla morire», disse.

    «Certo che mi importa, e so che non cambierà nulla. Volevo solo tenerti informata», disse Edward morbido, come se stesse giocando con lei.

    Victoria smise di ridere, mentre gli occhi intrisi di delusione di Riley la fissavano.

    «Victoria…cosa stai dicendo?», sussurrò il vampiro biondo.

    Victoria serrò i denti, ma non rispose.

    Si era tradita da sola.

    «Ci sei arrivato Riley. Ti ha reso un mostro assetato di sangue per vendicare la morte di colui che amava. Per mandarti a morire e uccidere una semplice umana che non ha alcuna colpa. Se non quella di essere amata da me. Perché sono stato io, ad uccidere il suo James», rivelò Edward, aprofittando del momento.

    Gli occhi di Riley bruciavano di vendetta, gridavano la morte della sua creatrice.

    In quello stesso breve istante la danza s'interruppe bruscamente. Poi tutto accadde in fretta, senza che potessi riordinare la sequenza degli eventi. Cercai di ricostruirla mentalmente.

    Riley si scagliò contro Victoria,     Seth si lanciò in avanti con la forza di una palla d'acciaio, a fauci spalancate sul corpo mutilato di Riley. Victoria si lasciò distrarre dall’improvviso attacco del compagno.

    Ed Edward ne approfittò.

    Con un balzo felino l’acchiappò per le fiamme ardenti dei suoi capelli e la immobilizzò.

    La bocca di Edward le passò sul collo, leggiadra come una carezza. Il chiasso stridulo dell'impresa di Seth copriva ogni altro rumore, perciò non c'era altro suono a sottolineare la violenza di quell'immagine. Sembrava quasi la stesse baciando.

    Eppure, il groviglio di capelli infuocati non era più attaccato al resto del corpo. Le onde inquiete d'arancio caddero a terra e rimbalzarono una volta, prima di rotolare verso gli alberi.

  
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