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Autore: BaschVR    29/06/2010    5 recensioni
“E’ così strano?” domandò Cissnei, fissandolo a suo volta nei luminosi occhi azzurri. “Difficilmente rivivrò un’esperienza del genere. Me lo sento. Però… non so, ma il sole, il mare, la gente che ride… qui si respira un’altra atmosfera rispetto a quella che c’è alla ShinRa. E poi, il poter stendersi qui, senza preoccupazioni, a guardare il cielo attraversato dalle nuvole, o le stelle, la notte… è tutto diverso. A Midgar non si riescono a vedere nemmeno le stelle. O almeno, non dall’interno della città. Troppe luci, credo”.
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli scuri, sorridendo. “Non è strano per niente. Anzi, sai che ti dico? Questo è il luogo dove ritorneremo, insieme, quando le cose alla ShinRa si saranno sistemate!”

[Remake di After Crisis]
Genere: Dark, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aeris Gainsborough, Cissnei, Cloud Strife, Scarlet, Tseng
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Crisis Core
Capitoli:
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Capitolo 3

La tempesta, incontrollabile e nefasta, s’era abbattuta maestosamente sui vicoli bui della Midgar notturna. La pioggia scivolava lungo il selciato impetuosa, filtrando attraverso le fessure dei tombini usurati dal tempo e dalla ruggine. I suoi passi si celavano attraverso l’incessante battere dell’acqua sulla strada, lenti, calibrati, incuranti del trambusto che il temporale portava con sé ad ogni goccia che bagnava il ruvido asfalto.
Adesso che era giunto il crepuscolo, Midgar s’era tinta delle scure pennellate che caratterizzavano una notte senza astri, forti e decise, pronte ad inghiottire nelle tenebre la fievole luce dei lampioni agli angoli delle strade. Nonostante non avesse venduto un singolo fiore nel corso della giornata, non era dispiaciuta di aver speso gran parte del pomeriggio sotto il suo ombrello, all’angolo di uno dei tanti viali della grande città. Fin da quando aveva alzato gli occhi al cielo per ammirare le nubi che, irrequiete, velavano gran parte dell’orizzonte, aveva sperato affinché il temporale giungesse in fretta, per interrompere la muta disperazione di quei giorni che, imperturbabili, scivolavano via da lei. E in quel momento, alle soglie della notte crescente, mentre ascoltava il suono della pioggia infrangersi contro le spesse pareti dei suoi pensieri, respirò l’aria fresca che la pioggia aveva portato con sé.
Era da tanto che un acquazzone di quelle dimensioni non lambiva le buie strade della grande metropoli. Saltuariamente Midgar, in quegli anni, aveva conosciuto numerose tempeste di simile proporzione, violente, oscure, implacabili; tuttavia, solitamente erano fenomeni che si esaurivano velocemente, nel corso di pochi minuti. La pioggia di quel giorno, invece, batteva ininterrottamente contro le strade grigie della città ormai da parecchie ore, e, a giudicare dalla mole delle pesanti nubi, non sembrava intenzionata ad abbandonare la posizione prima di qualche giorno.
Tenendo alto sopra la testa l’ombrello rosso, immersa nella solitudine della tempesta crescente, si diresse, instabile ma determinata, verso la piazza centrale della metropoli. Il temporale  frantumava il cielo sopra di lei, scuotendolo violentemente; si guardò intorno, gli occhi socchiusi a causa della forza del vento: e non fu sorpresa di constatare che anche quel viale che si estendeva davanti a lei era del tutto deserto.
La città appariva dormiente, eterea, quasi impalpabile attraverso la torrenziale pioggia che si riversava sull’asfalto bagnato. Avanzando nell’oscurità crescente, osservò come in quella zona già da parecchie ore la ShinRa avesse fatto saltare la corrente elettrica, per limitare gli eventuali danni del temporale. Sospirando, tenne lo sguardo chino, per essere sicura di non inciampare in qualcosa celato dal buio: ma una rapida occhiata al selciato le bastò a comprendere che il torrente d’acqua aveva già trascinato con sé tutti i detriti che abitualmente infangavano le strade di Midgar. Accelerò il ritmo costante dei suoi passi, imboccando una sporca e umida scorciatoia che l’avrebbe condotta in fretta nei bassifondi.
Quando vi giunse, immersa nell’aria notturna velata dal gradevole odore del terriccio umido, trovò riparo presso una tettoia sudicia, nei pressi di quel parco giochi in cui tante volte, nel corso dell’infanzia, si era trovata a passare le giornate della sua vita. Ripose l’ombrello nella cesta semivuota dei fiori, e, lentamente, ascoltando il sussurro della pioggia scrosciante, si avvicinò ad un’altalena corrosa dalla ruggine che cigolava al ritmo dei soffi di vento. Intrecciò le mani alle fredde catene, pensierosa, gettando uno sguardo all’orizzonte lontano da cui provenivano stormi di nuvole brune.
C’era già stato un temporale come quello, nell’autunno di numerosi anni prima, pensava tra sé, mentre studiava la fugace forma delle nubi lontane. E ne ricordava i dettagli in maniera vivida e intensa, così come si fa con quei ricordi a cui ci si aggrappa per evitare che sfuggano inghiottiti dal tempo.








Le parole di Zack erano lente e calibrate, mentre scrutava attentamente il cielo azzurro di quella limpida mattinata d’autunno. Camminavano insieme, a passo lento, lungo una delle numerose strade della metropoli che lei non aveva mai attraversato, un po’ per paura, un po’ perché, dopotutto, il mondo sopra il piatto non aveva mai catturato il suo interesse. Si guardava intorno sorpresa dalla vastità degli edifici e dalla magnificenza dei viali, e il ragazzo, ridendo del suo stupore, la guidava lungo le vie più maestose, mostrando la gloria che la ShinRa Inc. aveva donato alla città.
Le parlava di parecchie cose sconnesse tra di loro, brevi aneddoti di vita che non avevano nessuna importanza, buttati lì, tra una risata e l’altra, solo per ingannare il tempo sotto i raggi lucenti del sole. E lei lo ascoltava, le dita affusolate strette intorno al suo braccio, ridendo ed esclamando di tanto in tanto qualcosa, ad ogni pausa dell’altro.
“Ora, non vorrei darmi delle arie,” disse lui, ma si capiva che in realtà era proprio quello il suo intento “ma è grazie a me che il fantomatico bandito Godot adesso è in una delle celle di massima sicurezza della ShinRa, a marcire in galera a causa dei suoi crimini!”
“Mmm... e quali sarebbero stati i suoi crimini, di preciso?”
“Ma è naturale, Aerith!” esclamò lui, annuendo come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “I suoi crimini furono… ehm…”
“Dì la verità, te lo sei inventato?” gli domandò Aerith, sorridendo.
“Beh, è che sono stato tutta una notte ad aspettarlo, ma non si è nemmeno fatto vivo. E’ chiaro che dovevo ricamarci su un bel raccontino, che figura avrei fatto con te altrimenti?”
“Non hai pensato che forse ha avuto troppa paura di te e non si è nemmeno fatto vivo?”
Zack sorrise con rinnovato vigore. “Hai ragione! Grazie, Aerith!”
Gli angoli della bocca della ragazza si curvarono leggermente, mentre voltava il viso verso di lui. “Figurati.”
Entrambi scoppiarono a ridere. Erano risate liete, sincere, spensierate, che si infrangevano lungo il confine di giornate invariabili che sembravano non avere mai fine. La ragazza si strinse con rinnovato vigore al braccio del Soldier, lasciandosi guidare attraverso quelle lunghe ed intricate strade che sembrava conoscere alla perfezione.
D’un tratto, Zack volse lo sguardo al cielo limpido, verso la linea dell’orizzonte fuori città. “Sembra che stia per piovere” decretò improvvisamente, pensieroso.
“Il cielo è sereno” osservò Aerith, osservando l’azzurro limpido che si estendeva sopra di lei.
“Guarda là, però!” esclamò Zack, allungando una mano verso le floride colline adiacenti alla città. “Il vento porterà quelle nubi qui entro pochi minuti. Faremo meglio a tornare nei Bassifondi!”
La ragazza osservò i raggi di sole che lentamente sbiadivano sul colore cinereo dell’asfalto. Respirò l’aria che il vento portava con sé, limpida e fresca, così diversa dal solito nauseabondo odore di smog a cui in quegli anni era stata abituata.
“Perché invece non rimaniamo semplicemente qui?” propose Aerith, osservando a sua volta le nubi incombenti. “Non credo che sarà un grande acquazzone. Di solito a Midgar non piove quasi mai.”
Mezz’ora dopo, entrambi arrancavano faticosamente lungo le vie secondarie della grande metropoli, alla ricerca di un modo per sfuggire alla violenta tempesta che, in pochi attimi, aveva rovesciato tutta la sua potenza sull’ignara città. Correvano a testa china, inzuppati fino all’osso, attraverso il grigiore stentato di una Midgar all’apparenza quasi disabitata.
“Diamine, non c’è un singolo posto che riesca ad offrire riparo in questa città!” sibilò Zack, irritato.
“Beh, perlomeno tu riesci ad orientarti!” gli rispose Aerith sorridendo. “Io non ho neppure la più pallida idea di dove ci troviamo.”
Zack smise di camminare, voltandosi verso la ragazza. “E allora perché sorridi?”
Aerith impiegò diversi secondi a rispondere, cercando con lo sguardo una figura di riferimento attraverso lo spesso drappo di pioggia che le oscurava la vista. “In verità, non pensavo che il mondo al di sopra del piatto potesse essere tanto affascinante. Mi hai stupita.”
Zack la guardò smarrito. “Ti stai divertendo? Sotto questo temporale?” un mezzo sorriso si dipinse sul suo volto. “Ma davvero?”
Aerith rispose al suo sguardo confuso con una sonora risata. “Sì, davvero!” esclamò. “Immagino che tu non sappia nemmeno da quanto tempo non mi accadeva qualcosa del genere. Io adoro la pioggia, certo, ma nell’oscurità dei bassifondi raramente puoi provare la sensazione dell’acqua che ti scorre addosso e che ti fa sentire in questo modo. E poi, guarda!” continuò, indicando con la mano la strada deserta alle loro spalle. “Quando piove… tutto appare diverso. Siamo noi che cambiamo, o è il mondo che varia la sua indole per noi? Non lo so, però riesco a vedere tutto in maniera differente. Riesco a vedere ciò che c’è di bello in questa città, e di come essa sia grande nella sua terribile magnificenza. E’ tutto meraviglioso, quando piove.”
“A parte il fatto che poi ci si ammala.”
“Sì, a parte quello!” terminò Aerith, sorridendogli.
Continuarono la loro faticosa avanzata, accarezzati dai fendenti che la pioggia infrangeva sul ruvido selciato.
“Grazie” sussurrò poi la ragazza, d’un tratto divenuta seria, mentre i primi raggi di sole cominciavano ad irradiare le strade di pallida luce dorata. “Non avrei mai trovato il coraggio di andare da sola qui su, e probabilmente mi sarei persa tutto questo.”
“Prego!” esclamò Zack, sollevato. “Sono felice che tu ti sia divertita, pensavo che avresti ritenuto quest’appuntamento un fiasco, e che…” ma non riuscì a continuare, perché prima ancora che riuscisse a finire la frase, Aerith aveva già poggiato le labbra sulle sue.








Perduto nell’oscurità crescente che contraddistingueva perfino una notte serena come quella, Cloud Strife si muoveva tra i secolari arbusti che cingevano l’interno della grande foresta. Avanzava lentamente, lo sguardo chino e la mano tesa lungo l’elsa della Buster Sword riposta alle sue spalle, pronto a sguainarla in caso di difficoltà. Il vento soffiava tra le foglie sugli alberi, frusciando ininterrottamente e coprendo il rumore dei suoi passi.
Quando il sole era svanito aldilà delle montagne, tingendo il cielo di un’accesa sfumatura di rosso,  aveva deciso che avrebbe continuato il suo viaggio durante la notte. Aveva pensato che avrebbe corso meno rischi di essere visto dall’alto, e che, costeggiando l’interno della foresta, non avrebbe sicuramente perso il senso dell’orientamento. Tuttavia, solo adesso si rendeva conto di come il buio rendesse ogni punto di riferimento instabile e provvisorio, e di come, già dopo una manciata di passi, non riuscisse più a ricordare da che parte fosse il limitare della fitta boscaglia.
Respirò profondamente, fermandosi ad ascoltare il silenzio degli arbusti che si ramificavano fino al cielo. Nessun rumore che lo aiutasse a capire da che parte andare. Nemmeno il vago scroscio del ruscello che la notte precedente l’aveva guidato.
Immerso nella calma apparente che celava il bosco ai suoi occhi, riusciva solamente a percepire lo stridio dei rami che cozzavano tra loro, sospinti dal vento. Nessun verso di animale, neanche quello dei grilli che, durante le prime ore della serata, aveva udito cantare ai margini della grande pianura. Riprese la sua marcia, strizzando gli occhi per riuscire ad intravedere le figure scheletriche di alcuni rami secchi che gli impedivano il passaggio. Guidato dalla luce della luna che saltuariamente filtrava attraverso le folte chiome degli alberi nodosi, mosse alcuni passi incerti verso la sua destra, all’erta come sempre, pronto ad attaccare il nemico in caso di necessità; e, sotto le sue scarpe, numerosi rami secchi si spezzarono sonoramente. Parecchi corvi si alzarono in volo dai più oscuri anfratti della foresta, macchiando il cielo stellato e perdendosi nell’oscurità delle fronde degli alberi. I versi dei volatili echeggiarono nelle sue orecchie per alcuni secondi, prima di svanire nell’aria notturna.
D’un tratto, alle sue spalle, riecheggiò il debole fruscio di alcune foglie secche del sottobosco che venivano calpestate. Agguantò l’elsa della Buster Sword, all’erta, voltandosi e cercando di capire, attraverso l’oscurità, quale fosse la natura di quel rumore.
“Chi c’è?” chiese incerto, sguainando la spada. L’eco della sua voce si confuse col richiamo del vento. Mosse alcuni passi lenti e calibrati, serrando gli occhi per cercare di  intravedere oltre le sagome ramificate delle querce che popolavano la foresta. D’un tratto, un altro corvo s’alzò in volo, gracchiando sonoramente sopra la sua testa; e fu nel momento in cui, col cuore in gola, distolse lo sguardo dall’oscurità degli alberi più lontani per osservare il volatile, che sentì un sottile sibilo scindere l’aria davanti a lui con velocità.
Riuscì a bloccare il fendente grazie alla Buster Sword, deviando il colpo con la sua vasta e lucente lama. L’arma utilizzata per l’attacco, uno shuriken scarlatto di grandi dimensioni, si conficcò lungo il tronco di uno degli alberi adiacenti alla zona. Un sottile filamento di fumo grigio si levò dai suoi angoli arroventati. Cloud ne osservò la fattura, così ben lavorata e lucida: sicuramente non era un giocattolo per bambini. Fece un balzo in avanti, seguendo quel rumore di passi sulle foglie che si  allontanava sempre più dal punto in cui si trovava; tuttavia, già dopo pochi secondi, aveva perso le tracce del suo misterioso assalitore. Sospirando, sfilò lo shuriken dalla ruvida corteccia della quercia, rigirandolo tra le mani.
Improvvisamente, qualcosa lo colpì alla schiena con tanta forza da mozzargli il fiato. Cadde a terra stremato, mentre un altro colpo si abbatteva su di lui, travolgente; e, per diversi attimi, fu come se non avesse nemmeno la forza necessaria per ragionare. Poi, in un impeto di rabbia, afferrò la Buster Sword e la roteò alle sue spalle, cercando di colpire alla cieca qualunque cosa lo stesse attaccando. Il tonfo tetro che ne seguì gli disse che era riuscito a stendere il suo avversario.
Con fatica, si rialzò da terra, respirando profondamente. Aveva gran parte della schiena indolenzita, nel punto in cui era stato  ripetutamente colpito, ma per il momento decise di ignorare le fitte e di concentrarsi sull’esile figura che gemeva di dolore davanti a lui. Le si avvicinò cautamente, pronto a colpire nel caso vi fosse stata la necessità di farlo: ma la ragazza sembrava non aver alcuna intenzione di continuare il suo attacco.
“Chi sei?” le chiese atono, tenendo la Buster Sword in mano, pronto a colpire al minimo accenno di un movimento. Nessuna risposta. “Ti ha mandato la ShinRa?” continuò, con lo stesso tono freddo e distaccato che utilizzava per i suoi nemici.
La ragazza si voltò a fissarlo, confusa dalle sue parole. “Ho lasciato la ShinRa. Credevo che fosse per questo che mi seguivi!”
“Aspetta un minuto!” esclamò Cloud, altrettanto stranito dalle affermazioni dell’altra. “Non stavo seguendo nessuno, eri tu che davi la caccia a me!”
“Sei un Soldier, però. Che ci fai qui allora?”
“Non sono affari che ti riguardano. E poi… non ricordo con esattezza, è tutto piuttosto confuso…” disse lui, riflettendo per la prima volta sulla nebbia oscura che si dipanava attraverso le sue memorie. Riusciva solo a cogliere piccoli sprazzi di avvenimenti che sembravano quasi ad appartenere ad un’altra vita, tanto gli apparivano distanti e poco nitidi.
“Eppure, non ricordo di averti mai incontrato in giro, alla ShinRa.” Constatò lei, osservandolo attentamente.
“In che divisione lavoravi?” chiese lui, d’un tratto, cercando di ricordare se avesse mai visto il suo viso.
“Tra i Turk, fino a poco tempo fa. Ma ho lasciato la compagnia, ed è per questo che mi inseguono” disse lei, alzandosi in piedi e rassettandosi le maniche della giacca. “A proposito, mi chiamo Cissnei.”
Cloud le fece un cenno con la testa. “Io sono Cloud Strife.”
Al suono del suo cognome, l’espressione di Cissnei si fece pensierosa, come se, d’improvviso, si fosse ricordata di qualcosa di importante a cui inizialmente non aveva attribuito molta attenzione. I suoi occhi si posarono più volte sui lineamenti del ragazzo che le si trovava di fronte, studiandoli e cercando di associarli ad un altro volto incontrato nel suo passato.
D’un tratto, quando incrociò il suo sguardo, ebbe un lampo di comprensione. Cloud Strife era il nome del fante che, parecchi anni prima, era stato dato per disperso insieme al Soldier di prima classe Zack Fair.
“Tutto bene?” chiese lui, vedendola sovrappensiero.
La ragazza si riscosse di colpo, come se fosse stata scrollata da qualcuno con forza. “Sì, va tutto bene!” mentì, ancora scossa.
Sospirò, cercando di riflettere. Solo adesso ricordava di averlo già visto, seppur in condizioni parecchio peggiori, durante il periodo di latitanza dei due, quando era riuscita a scovare Zack e l’aveva aiutato a fuggire.  E adesso lui era lì, davanti ai suoi occhi, mentre le parlava con la spada che era appartenuta ad un altro uomo che, in un modo o nell’altro, le aveva cambiato la vita. E improvvisamente si rese conto di quanto le facesse male quella situazione, e di come persino la vista di quel ragazzo non facesse altro che procurargli nuovo dolore. Chiuse gli occhi, pregò che se ne andasse, che la lasciasse in pace, che smettesse di scavare in una ferita mai del tutto rimarginata. Ma quando li riaprì, lui era ancora lì, che la fissava, sconcertato e confuso, con quel bagliore negli occhi che era così simile a quello che aveva lui. Respirò profondamente, cercando di calmarsi.
“Cloud... noi non siamo nemici.” Pronunciò queste parole in tono grave, abbassando lo sguardo, evitando di guardarlo direttamente per paura di perdersi nuovamente nei suoi pensieri. “Anzi, in un certo senso siamo due alleati. Entrambi, in un modo o nell’altro, siamo perseguitati dai soldati della ShinRa. Abbiamo fatto delle scelte che ci hanno portato qui dove siamo: probabilmente sono state scelte giuste, o magari soltanto tentativi sciocchi di cambiare un destino che per noi era già segnato. Tuttavia, questo non ha importanza. Conta solamente il fatto che siamo uniti sotto lo stesso vessillo, e questo significa che abbiamo un obiettivo ed un nemico comune. Riesci a fidarti di me?”
Le sue parole erano grevi, intricate, come tessere di un puzzle disposte alla rinfusa sul piano di gioco. Tuttavia, Cloud riusciva a sentirlo, erano parole sincere.
“Sì, suppongo di sì.”
Cissnei abbozzò un tiepido sorriso in risposta alle sue parole. “Allora ho bisogno che tu mi metta al corrente degli avvenimenti in cui sei stato coinvolto durante questi ultimi giorni. Senza tralasciare alcun dettaglio.”
“In verità è tutto piuttosto confuso, all’interno della mia testa…” le rispose Cloud, premendosi una mano sulla fronte.
“Andrà bene lo stesso” lo spronò Cissnei, incoraggiandolo con un altro sorriso, questa volta più ampio, così come si fa con un bambino timido nella speranza di incutergli il coraggio necessario per prendere la parola.
Il ragazzo cominciò il suo lungo racconto, la voce ferma, il tono calibrato. Raccontava gli episodi più disparati che lentamente affioravano nella sua memoria, senza rispettare un ordine preciso, perché non ne ricordava la successione temporale.  Cissnei, d’altro canto, lo ascoltava con un’espressione seria, cercando di ricollegare i pochi dettagli che Cloud ricordava ai dati dei documenti che aveva letto prima di abbandonare la ShinRa.
Alla fine, quando il ragazzo raccontò tutto ciò che ricordava, rimase per diversi attimi in silenzio, cercando di elaborare il tutto. Ma mentre stava per aprire di nuovo bocca, il rumore di alcuni passi alle sue spalle la interruppe, disorientandola.
“Non muoverti, Cissnei. Non ti accadrà nulla.”
La canna di una pistola premeva contro la sua nuca. Un brivido gelido le percorse la schiena, mentre riconosceva la voce dell’uomo che era alle sue spalle.








Tseng osservava il riflesso del proprio viso sfumare nel grigio di un temporale che, ormai da parecchie ore, teneva la città sotto assedio. Durante la notte, a Midgar, tra gli immensi chiaroscuri interminabili che erano le vie della città, nonostante il buio impedisse di vedere con esattezza l’entità della tempesta, il fragore della pioggia era continuo ed incessante.
Teneva le mani poggiate contro una delle tante finestre dell’edificio ShinRa, in attesa, mentre osservava le gocce di pioggia che lentamente scivolavano lungo il vetro, fino a sparire oltre il bordo d’acciaio del davanzale.
Nonostante stesse lavorando da quasi ventiquattro ore, non aveva ancora interrotto il suo turno. Persino in quel momento, perduto a contemplare la maestosità di una Midgar sconvolta dal temporale, stava solamente attendendo che la nuova coordinatrice del reparto Turk, Scarlet, lo accogliesse nel suo ufficio. La chiamata che aveva ricevuto pochi minuti prima era stata breve, lapidaria, intimidatoria, così com’era nello stile di quella donna che adesso si apprestava ad incontrare.
Sospirò, riordinando il turbine di pensieri che gli intasavano la mente. Ripensò a Cissnei, alla fuga, allo sfregio che gli insudiciava il volto e che sperava sarebbe guarito presto; e poi, alla chiacchierata con Aerith della scorsa notte, e alle sue lettere, e alle speranze che la ragazza ancora conservava ma che sapevano ormai solamente di mere illusioni. Ma più cercava di mettere ordine negli ultimi avvenimenti, più il suo mal di testa si acuiva terribilmente, provocandogli intense fitte all’altezza della fronte.
Mentre teneva il capo tra le mani, stropicciandosi gli occhi per la stanchezza, la porta dell’ufficio di Scarlet cigolò improvvisamente.
“Prego, la signora la sta aspettando” pronunciò un giovane dall’aspetto anonimo che non aveva mai visto prima all’interno dell’edificio. Si ricompose nel giro di pochi istanti e, una volta entrato nella stanza, richiuse la porta alle proprie spalle, facendola aderire con un leggero tonfo allo stipite di legno.
Scarlet gli dava le spalle, osservando attraverso la grande vetrata del suo ufficio lo splendore della Midgar notturna ottenebrata dalla bufera. Quando sentì il rumore dei suoi passi sull’elegante marmo bianco, voltò leggermente la testa, non riuscendo a trattenere un sorriso compiaciuto sul volto.
“Salve, Tseng.” Il suo tono di voce era misurato, tuttavia riuscì a distinguervi una vena di sarcasmo che lo infastidì parecchio.
“Buonasera” rispose educatamente lui, avvicinandosi alla sua scrivania.
Ascoltò il rumore cadenzato dell’andatura di lei mentre faceva altrettanto. “Suppongo che ti stia chiedendo per quale motivo ti ho convocato qui” affermò poi, mentre cercava alcuni documenti tra i vari fascicoli sopra la sua scrivania. “Dopotutto, basterebbe il telefono per sproloquiare sull’inefficienza della divisione di cui fai parte.”
Non rispose, cercando di ignorare l’ultima parte della frase. Sapeva che Scarlet voleva solo burlarsi di lui.
“Tuttavia, questa volta la faccenda è parecchio più seria” continuò lei, ignorando il suo silenzio. “Dunque ho ritenuto opportuno parlarti del tuo prossimo incarico di persona. Ma prima che io lo faccia, dimmi, ci sono notizie della Turk che ti è sfuggita?”
“Reno dovrebbe averla raggiunta a quest’ora” affermò Tseng calmo, cercando di ignorare il velato insulto alle sue capacità che quell’odiosa donna non aveva esitato ad inserire tra le sue parole. “Sono fiducioso sulla riuscita della missione.”
“Eccellente.” Ancora una volta, quel sorriso sardonico di derisione riaffiorò sul suo volto. “Entro domani allora dovrebbero essere entrambi qui.”
A Tseng non piacque quell’espressione compiaciuta che la donna ostentava con tanta libertà.
“Questo sarà sicuramente un punto a favore della compagnia” riprese Scarlet, compiaciuta, mettendo fine al discorso. “Ma adesso, veniamo a noi” cominciò, porgendogli un fascicolo. “La ShinRa, nel corso degli anni, è stata dispensatrice di numerosi beni e la prima promotrice di movimenti che hanno alzato la soglia del benessere in tutto il mondo. Siamo riusciti a compiere ciò tramite vari studi sull’ambiente che ci circonda, sul passato, sulle risorse del sottosuolo che il nostro mondo ci ha offerto  e, in particolare, sull’energia Mako che ricaviamo dai nostri reattori. Ciò ha permesso alla compagnia di ottenere un vasto monopolio in svariati ambiti commerciali, industriali e manifatturieri.”
L’uomo sfogliava le pagine del fascicolo alla rinfusa, senza studiarle davvero. Erano in gran parte dati sulle entrate e sulle uscite annue della ShinRa – roba poco pertinente al lavoro di un Turk. Si chiese dove Scarlet volesse arrivare con quel suo discorso.
“Tuttavia, il mondo sta cambiando rapidamente, e la nostra compagnia non riesce più a far presa sulla gente così come faceva una volta. La stessa Midgar, negli ultimi cinque anni, è stata contagiata dal malessere di una crisi che sembra avere radici ovunque ma al tempo stesso in nessun luogo, e che, come tale, risulta dunque inestirpabile. In molti ritengono che questa crisi sia dovuta ai metodi esageratamente remissivi del nostro attuale Presidente, ed io, dopotutto, credo che siano nel giusto. Per questo gli ho fatto notare che era necessario fare qualcosa, qualcosa di memorabile, qualcosa che potrebbe aprire numerosi nuovi settori di ricerca e ridare alla compagnia il lustro che ha perduto ormai da tempo. Così ho parlato con il direttore del Dipartimento scientifico, Hojo, che si è dimostrato parecchio benevolo nei confronti del mio suggerimento. Insieme abbiamo elaborato una strategia i cui ingranaggi verranno messi in moto in questa stessa uggiosa notte. Ed è qui che entri in gioco tu, Tseng.”
Ascoltò attento e al tempo stesso poco convinto ciò che Scarlet stava per rivelargli a proposito del suo prossimo incarico. Qualunque idea le fosse venuta in mente, sapeva che probabilmente non l’avrebbe condivisa. C’era un motivo di fondo per il quale lui e la donna non erano mai andati d’accordo, dopotutto, ed era il loro diametralmente opposto metodo di pensiero.
“Ho bisogno che tu scorti presso il nostro edificio Aerith Gainsborough, il più presto possibile. E’ tempo che anche lei ripaghi il debito nei nostri confronti, sottoponendosi ai nostri esperimenti al fine di trovare nuove risposte sugli Antichi che popolavano la terra parecchi millenni fa.” Il tono della donna era ancora serio, tuttavia adesso era chiaramente visibile quel sorriso compiaciuto che malamente era riuscita a mascherare durante il suo lungo discorso.
Tseng indirizzò lo sguardo sul lucido marmo bianco nel quale vedeva la sua immagine riflessa. Anche se con contorni poco nitidi, riusciva comunque ad intravedere l’espressione stravolta che aveva assunto il suo volto, a discapito della sua forza di volontà. Cercò di non lasciare trasparire i suoi pensieri alla donna che malignamente lo fissava, ma capì dal suo eloquente sguardo che non era un caso se, tra tutti gli abili sicari del dipartimento dei Turk, aveva ordinato l’esecuzione del piano proprio a lui. Non riuscì a dissimulare l’odio che in quel momento provava, e, sfidandola apertamente, incrociò il suo sguardo macchiato dalla tracotanza.
“Fa’ quello che devi fare per mantenere la tua posizione.” Le parole di Scarlet erano sottili e minacciose, e lo colpirono come se una lama affilata gli avesse improvvisamente trapassato il petto. Quella che gli stava proponendo non era nient’altro che una prova di lealtà verso la compagnia. Se si fosse rifiutato di accettare l’incarico, probabilmente sarebbe stato congedato fino a tempo indeterminato, e la donna avrebbe avuto un motivo in più per macchiare con le sue parole l’onore dei Turk. Decise che non poteva perdere tutto in questo modo.
“Lo farò.” Nel momento stesso in cui lo disse, sentì il sapore amaro del tradimento invadergli la bocca.
Fu solo per un istante, ma l’ombra del trionfo si estese lungo le iridi azzurre della donna. “Allora va’ pure. A breve ti saranno comunicate le direttive della missione.”
Mentre lasciava l’ufficio a grandi passi, Tseng cercò di mantenere l’autocontrollo necessario per impedire a se stesso di urlare contro quella donna. Ribattere alla sue richieste sarebbe stato inutile, lo sapeva, ed accettando la missione aveva guadagnato un po’ di tempo, ma non vedeva scappatoie nelle richieste che Scarlet gli aveva imposto. Lui ed Aerith, spesso, durante le lunghe notti che avevano trascorso insieme, avevano toccato numerose volte l’argomento, parlando di cosa sarebbe successo quando un giorno sempre più vicino sarebbero giunti degli ordini inequivocabili come quello; e tutte le volte che ne discutevano, Aerith finiva sempre per ribadire come fosse libera e padrona delle proprie scelte. Cos’avrebbe fatto, nel momento in cui avrebbe varcato l’alto portone di legno e avrebbe incrociato i suoi occhi?
Profondamente afflitto, richiuse la porta dell’ufficio alla sue spalle, maledicendosi per non aver semplicemente spinto dalla vetrata quell’orribile donna. Sospirò profondamente, cercando di snebbiare la mente e di elaborare un piano alternativo a quello propostogli. Tuttavia, non avrebbe ingannato Aerith facendole false promesse.
Doveva pensare ad un’altra soluzione efficace, e in fretta.
All’improvviso, udì il rumore di alcuni passi provenire dalla sua destra.
“Sai, credevo che sinceramente saresti riuscito a tenerle testa. Dopotutto, è solo una logorroica donna isterica con manie di grandezza alle soglie della menopausa.”
“Va’ via, Michael!” esclamò Tseng, irato. Non sapeva chi sopportasse meno tra lui e Scarlet: dopotutto, li trovava entrambi arroganti e smisuratamente ambiziosi.
“Uh, che caratteraccio” esclamò l’uomo, avvicinandoglisi. “E io che volevo solo darti un consiglio da amico.”
“Lasciami in pace.”
Michael abbandonò il suo tono canzonatorio e gli si mise davanti, d’un tratto divenuto serio. “Se solo mi ascoltassi un momento, forse capiresti che non sono solo un gigantesco manipolatore visionario!”
Tseng sospirò, decidendo di assecondare le sue richieste con la speranza che se ne andasse presto.
“Vedi, il cardine di tutta la bella storiella che ha raccontato Scarlet gira proprio intorno alla sua figura. Lei ha convinto il Presidente ShinRa ad agire, ha persuaso Hojo ad accettare le sue richieste, e adesso ha mandato un membro della sua divisione a recuperare quell’Antica che, ovviamente, una volta giunta in questo edificio sarà sotto la sua tutela. Tuttavia,” e qui il tono di Michael si fece più conciso, “credo che tutto ciò sia quantomeno sospetto. E soprattutto, penso che il piano di Scarlet sia prendere sotto custodia la ragazza per poi usarla per scalare le vette della compagnia.” Fece una pausa, cercando di cogliere una reazione nel viso pensieroso di Tseng. “Ovviamente capisci quanto me che, se fosse comandata da quella vecchia scorfana, la ShinRa avrebbe i giorni contati. Con l’orrendo carattere che si ritrova, scatenerebbe una guerra civile nel giro di poche ore.”
“Devo ammettere che tutto ciò… ha senso.”
Michael sorrise. “E’ naturale che abbia senso, è geniale! E’ esattamente quello che avrei fatto anch’io, dopotutto!”
“Allora tutto ciò che devo fare è nascondere Aerith da qualche parte finché non si sarà calmata la situazione e il Presidente non sarà riuscito a trovare un direttore per il dipartimento dei Turk?” domandò Tseng, cominciando ad intravedere uno sbocco da quella situazione apparentemente senza uscita.
“Beh…” rifletté l’altro, sorridendo trionfale. “Io avrei un’idea sicuramente migliore.”
Fuori dalle finestre, la furia delle tempesta si acuiva ad ogni minuto che il tempo trascinava via con sé.

Fine Capitolo 3


Via, stavolta ho aggiornato decisamente in tempi più recenti. xD
Tuttavia, com’è mia abitudine, sono rimasto parecchio insoddisfatto dalla stesura del capitolo, che, in generale, mi sembra anche fin troppo “stridente”. Mah, spero sia solo a causa della mia ossessione per la perfezione. xD
Vorrei inoltre ringraziare individualmente i recensori per le loro magnifiche parole di supporto. A dire la verità, mi aspettavo di essere presso a manganellate a causa del megaritardo!

shining leviathan: caspita, una lettrice della prima versione di questa storia xD non sapevo avessi letto la prima “stesura” della fic, ma sono felice che questa ti stia piacendo altrettanto ^^ è vero, purtroppo il fandom italiano di FFVII contempla poco un personaggio come Cissnei, nonostante sia una delle più interessanti aggiunte in Crisis Core (e poi lei con Zack sta benissimo, è vero ç____ç). Spero che la piega che gli eventi hanno preso in questo capitolo ti soddisfi xD Grazie per il commento!

Bankotsu: che recensione mastodontica! Sul serio, la prima volta che l’ho vista sono rimasto lievemente sconcertato. E sebbene credo che tu abbia un po’ (un po’ troppo, in effetti) esagerato con gli elogi per il capitolo, devo ringraziarti davvero molto: è bellissimo avere un lettore come te così attento nella lettura e capace di assaporare in maniera così approfondita lo scritto di un autore. Grazie ^^

the one winged angel: Ciao! Beh, il fatto che tu non abbia letto la prima versione probabilmente è un bene, vorrà dire che gli sviluppi futuri per te saranno totalmente inediti ^^. Grazie tante anche per i  complimenti sulle descrizioni: metto sempre parecchia attenzione nelle parti descrittive e sono felice che ciò influenzi positivamente i giudizi. Addirittura uno dei tuoi modelli da seguire? XD *si dà delle arie* grazie T^T xD
Non sopporti Scarlet? Ma è il mio personaggio preferito XD vabbé, spero che comunque l’aggiornamento piuttosto rapido ti abbia fatto piacere. Ancora grazie!

Lirith: Non è passato un anno, sono passati solo… 10 mesi e mezzo. Ehm. xDDD Però alla fine ho aggiornato, non è questo che conta? *si para il culo* Comunque, sono davvero felice che la mia storia ti abbia sortito un tale effetto, sapere che uno scritto ha emozionato tanto un lettore è una delle cose che fanno davvero piacere ad uno scrittore come me ^^ grazie per le tue belle parole ^^ a presto!

Ringrazio inoltre the one winged angel per aver inserito la storia tra le preferite e LadySnape e shining leviatan per averla aggiunta tra le seguite. Grazie, grazie, grazie :D

Il prossimo aggiornamento arriverà il 28 luglio, a un anno di distanza da quando ho pubblicato primo capitolo (non ho ancora deciso però in quale anno pubblicarlo, quindi se non la trovate fra un mese controllate direttamente l’anno prossimo xD). No, via, non potrei mai essere così perfido xD A presto, con il quarto capitolo di questa fan fiction!


 

   
 
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