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Autore: Myname89    01/07/2010    3 recensioni
Cosa succede quando ti innamori del nuovo "ragazzo" di tua madre ? Era tutto maledettamente assurdo. Avevo solo 24 anni e mia madre alla veneranda età di 54 anni aveva avuto più uomini di me. Certo matematicamente i calcoli era anche giusti, ma non concepivo come riusciva ad innamorarsi cosi facilmente di una persona.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5

Negli anni passati non avevo mai creduto nell’amore.

Non mi era mai capitato nulla del genere; innamorarmi di un perfetto sconosciuto dopo pochissimi secondi.

Fu dura accettare per due ore intere le loro smancerie ed evitare di pensare a cosa avessi realizzato qualche minuto prima.

Mi ero innamorata di quel bastardo che si dava da fare con mia madre.

Così, armata di buona pazienza arrivai al termine della cena senza morire davanti ai loro bacetti. E soprattutto senza tentare il suicidio, con la forchetta, udendo le loro paroline d’amore.

Che cosa avevo fatto di male? Che cosa… per meritarmi tutto quello?

Probabilmente ero stata ripagata per l’odio che da anni covavo, verso la mia genitrice.

“Cherry, cherry, io non so che fare!” da una mezzoretta buona mi dimenavo nel piccolo salotto del mio appartamento. Cherry mi guardava stralunata, non riusciva a comprendere perché di punto in bianco ero scoppiata in una crisi isterica, fatta di urli e lamenti vari.

“Ma Rebecca se non mi dici cosa diamine hai, come faccio ad aiutarti?”

Come potevo confessarle una cosa del genere.

Non era stato facile ammettere a me stessa di essere innamorata del fidanzato di mia madre.

Figuriamoci dirlo a qualcun’ altro.

Che cosa poteva pensare di me?

“La situazione è questa : Mi sono innamorata di un perfetto sconosciuto, quello di cui ti ho accennato l’altro volta, ma lui è impegnato. Te lo detto no?” nervosamente accesi una sigaretta, piantando i piedi sul pavimento.

Stentavo a riconoscermi. Stentavo a credere che quella persona mentalmente instabile per un ragazzo, fossi io.

“Oh… è un guaio” soffiò sgranando gli occhi.

“Vedi! E’ un grosso guaio! Non posso fare questo torto a questa mia amica. Non posso!non posso!” mi lagnai con i lacrimoni agli occhi.

Sfioravo i limiti del patetico ma che potevo farci io? Era l’amore a farmi reagire in questa maniera.

Forse, probabilmente, non lo sapevo! Non ero mai stata innamorata di nessuno prima di allora!

Diamine non ero più la stessa Rebecca di qualche settimana prima.

Rivolevo la mia sicurezza, rivolevo il mio cuore libero da tutto…un cuore Single, ok?

Merda. Oltre ad essere assurda avevo pensieri assurdi!

“Ma dai… evita di incontrarlo, di pensarci e vedrai che sarà fatta”

Facile per lei.

Evitarlo era impossibile, se non immaginabile. Mia madre era, volente o non volente, un pezzo della mia vita.

Lei ci sarebbe stata sempre nella mia quotidianità...

“E’ impossibile, lavora al bar con me” un’altra piccola bugia a fin di bene.

“Uhm…- mise una mano sotto al mento- allora sei fottuta. Cambia orientamento sessuale”

“Cherry!” strillai scandalizzata. La sigaretta era finita da un pezzo e il mio cervello non si era per niente rilassato.

Maledetta nicotina.

“Dai scherzavo! – ridacchiò – non so che dirti, non sono mai inceppata in queste situazioni. Non me la sento di darti nessun tipo di consiglio”

Perfetto anche lei non era d’aiuto.

“Ok” sbuffai, dirigendomi in camera mia.

La mia vita era ufficialmente a pezzi per un’ affascinante dentista da quattro soldi.

**

Passare la notte in bianco sapendo che il turno l’indomani al bar era di mattina, non era proprio da persone normali. Dire che stavo di merda non era un’ esagerazione. Stavo di merda, anzi che dico, peggio, peggio della merda che poteva esserci? Immaginatelo e capirete come ero io quando mi alzai dal letto tutta intontita.

Presi la metropolitana appena in tempo. Ero così assonnata che i miei sensi tramortiti dalla stanchezza viaggiarono per cavoli loro, fino all’ arrivo al bar.

Svogliatamente, indossai il grembiule nero. Sbadigliai circa ventidue volte prima di prendere pieno possesso delle mie facoltà. Dopo tre caffè, dei quali due senza zucchero, potevo definirmi parzialmente lucida. Ero entrata nella fase rincoglimento, fase decisamente migliore di quella di merda.

Certo servire la maggior parte delle persone ammassate al bancone, affamati e assettati, era come sottoporsi ad intervento senza anestesia. Nella mia testa rimbombavano le loro voci cariche di fretta e odio. La maggior parte dell’odio era diretto, ovviamente, a me, visto che ad ogni ordine impiegavo il 0,5% della mia voglia, inferiore a quella di un’ orso in letargo.

La gente sbraitava, come se fossimo in un’arena, e più lo faceva e più tutto intorno a me diventava confuso.

Clienti dispettosi e arroganti, ecco perché detestavo al 80% il mio lavoro.

“Rebecca. Dove hai la testa? Quella vecchietta aspetta il cappuccino da dieci minuti buoni!” mi rimbeccò Manuel, il mio collega, nonché rompiballe, di lavoro.

“Ecco, un’ attimo!” risposi piccata. Rapidamente mi diressi alla macchinetta, macinando il caffè e preparando la schiuma con il latte.

Che rottura di marroni… tutti a me oggi.

Preparare un cappuccino non mi era mai sembrato così faticoso. Il cucchiaino tra le mie mani pesava come una pala da campo. Lo zucchero, dall’odore nauseabondo, come delle feci essiccate al sole.

La mia fantasia stava viaggiando talmente tanto che non mi ero accorta che, come un’ automa mi stavo dirigendo verso la vecchietta dalla faccia rugosa. Fu un’ impresa astronomica tenere in mano quel bicchiere, senza pensar per un’ attimo che fosse un secchio pieno di letame.

Poi, all’improvviso accade l’immaginabile…Ricordo soltanto di essere inciampata su qualcosa di maledettamente duro, e poi il buio a farmi compagnia.

Prima di chiudere gli occhi un pensiero mi colpii in pieno, mandandomi nella disperazione più pura.

La mia nuova camicetta era stata rovinata da quel cazzo di cappuccio. Che palle!

**

Sentii qualcosa di umido e freddo sulla mia fronte, mugolai parole scoordinate e senza senso, prima di riaprire gli occhi e trovarmi la faccia di Manuel, che con i suoi occhietti grigi mi guardava preoccupato.

“Ei… ti sei ripresa?”

Sbattei le palpebre un paio di volte, prima di mettere a fuoco dove stessi e soprattutto capire in che posizione ero messa!

Le mie gambe erano sollevate, appoggiate a qualcosa di morbido somigliante ad un cuscino. Poi inclinai la testa per capire dove fossi. Mi trovavo nell’ufficio del grande capo.

Grande capo che non si faceva vedere mai e che a malapena metteva piede a lavoro.

“Si…che è successo?” strascicai come un ubriacona.

“Sei svenuta… hai avuto un calo di pressione”

Sospirai lasciando andare il capo sul bracciolo di pelle.

Oh, ci mancava soltanto quello e potevo dire di aver fatto tredici.

“Ho dimenticato di fare colazione, ho bevuto soltanto 3 caffè” risposi, abbassando le palpebre e lasciando scorrere il panno umido sul mio collo. Finalmente un po’ di sollievo, stavo andando a fuoco.

“Non è che hai la febbre?” mi domandò Manuel accigliandosi e sporgendosi verso la scrivania del grande capo.

Si sedette sopra, accavallando una gamba.

“Ma che ne so… mica sono un medico io” risposi lievemente infastidita.

Che domande mi fa?

“Non è che invece sei nella tua fase pre-ciclo?” mi chiese.

Sospirai pesantemente, pregando in tutte le lingue del mondo che non continuasse a pormi domande del genere.

“Non credo, forse quella pre-ovulazione” dissi ironica, ma capì la battuta.

“Esiste anche quella? Oh ma voi donne quanto siete complicate?”

“E voi uomini quanto siete stupidi?”

“Se noi siamo stupidi, voi siete delle vipere!”

“Sei noi siamo delle vipere, voi siete degli avvoltoi!”

Potevamo continuare all’infinito con questo stupidate, ma per fortuna qualcuno bussò alla porta.

“Avanti” rispose Manuel senza spostare il suo culo dalla scrivania.

Non osavo immaginare cosa gli avrebbe fatto il grande capo, se lo avesse beccato col culo sul suo preziosissimo legno pregiato.

“Volete tornar di là? C’è un mucchio di gente!”

Queste erano le lamentele di Valerì unica presenza femminile, dopo di me, in quella banda di pazzi.

“Arriviamo!” disse Manuel, saltellando giù dalla scrivania.

**

Dopo lo svenimento, avvenuto dietro al bancone del bar, andai in giro con un bel taglio da tre centimetri sulla fronte. Ero inciampata sul filo della macchinetta delle granite, prendendo direttamente in faccia il pavimento.

All’inizio il dolore era quasi inesistente, probabilmente dovuto allo shock iniziale.

Mi accorsi dell’enorme taglio quando andai in bagno, per darmi una rinfrescata. Menomale mancava poco alle fine del mio turno e quando varcai la porta del bar gioii con le lacrime agli occhi.

Una volta in strada, l’incessante suono della suoneria del mio cellulare aumentò il mio mal di testa. Lo presi e leggendo il nome sul display fui tentata di non rispondere.

mmm… fatti coraggio.

“Mamma” mi lasciai scappare un bello sbuffo.

“Tesoro? Che vocetta.. che hai fatto?” la sua vocetta, a differenza della mia, era sempre squillante alla pari di un megafono.

“Niente…comunque che c’è?”

“Ti volevo invitare a cena stasera. Ho chiamato a casa, mi ha risposto Cherry e mi ha detto che avevi il turno di mattina, quindi se per te va bene, direi verso le otto … ok?”

La solita, programma e fa tutto da sola. Che bellezza.

“No! Cioè.. forse mi vedo con un’ amica … ti faccio sape-..”

Stavo per concludere la mia banalissima scusa quando davanti a me apparse l’ultima persone che volevo vedere in quel momento.

Owen.

Era vestito in modo differente, da come ero stata abituata a vederlo. Indossava un completo elegante, corredato dalla sua ventiquattrore nera, da lavoro. Mi sorrise accigliandosi quando il suo sguardo si posò sulla mia fronte, degna di un lottatore di lotta libera.

“Mamma.. ti… richi-amo ok?” attaccai senza attendere oltre.

La mia bocca si era spalancata automaticamente e non accennava a chiudersi.

La mia espressione da pesce lesso era uno spettacolo orripilante.

Più si avvicinava e più mi gustavo il suo corpo muscoloso e tonico.

Immagini di lui nudo attorcigliato al corpo della mia genitrice mi fecero arrossire fino all’inverosimile.

Già è dura per una figlia immaginare i propri genitori fare sesso, figuriamoci la propria madre farlo con l’uomo di cui si è perdutamente innamorate. Al sol pensiero il cuore mi andava in gola. Stupida Rebecca.

La rabbia mi assalii, pensando alla fortuna sfacciata che aveva lei, ed io no.

“Rebecca?” la sua voce, calda e penetrante, mi fece tremare. Lo guardai estasiata, prima di rimproverarmi mentalmente e tornare in me.

“Owen” fu un sussurro sottilissimo a fuoriuscire dalla mia bocca.

Fui in impaurita da tutte quelle emozioni che mi colpirono, stordendomi.

“Stai bene? Sei diventata tutta rossa” constatò, facendomi arrossire ancora di più. Ecco una cosa che non doveva dire!

“Si…si… stavo tornando a casa. Io vado eh”

Dileguarmi da là era il miglior modo di dirgli addio, iniziando a dimenticarlo. Dopo la festa avrei smesso di frequentare mia madre, al costo di andare a vivere al culo al mondo, avrei smesso di rivederla pur di non rivedere lui.

“Aspetta”

Mi bloccai, lasciandogli lo spettacolo della mia schiena.

Aspetta? Aspettare cosa… io non potrò mai averti… lasciami andare.

“Vuoi venire a bere qualcosa? Dopo mi devo vedere con Melinda, ma vorrei poter chiacchierare con te un po’, mi servirebbe un consiglio e visto che sei a portata di mano.. che ne dici?” il suo discorso fu detto così rapidamente che capii la metà delle parole.

Chiusi gli occhi, conscia che non mi potesse vedere, e malincuore mi voltai. Accennai un sorriso e senza attendere oltre ci dirigemmo assieme in un piccolo bar, dietro l’angolo.

Che grande cazzata sto facendo. Fu un pensiero che mi accompagnò durante il tragitto.

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Eccomi ^^ sono in anticipo lo ammetto… xD

Wow… 4 commenti sono felicissima ^^ sono contenta che la storia comincia a piacervi.

Riguardo al capitolo ancora non siamo entrati nel vivo della storia, ma ci arriveremo molto presto. Ci saranno sviluppi abbastanza movimentati xD

Alla prossima!

 

   
 
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