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Autore: Cristina Black    01/07/2010    3 recensioni
Quella che vi voglio offire è una versione parallela della saga che tutti conosciamo, partendo da quando Bella decide di saltare dalla scogliera in New Moon. Piccole ma decisive modifiche nei comportamenti e nei ragionamenti, cambieranno il suo destino. Una Bella che vede i suoi rapporti sentimentali in modo diverso, come molte di noi avrebbero voluto. La domanda che caratterizza questa nuova versione è: come sarebbe andata, se Bella avesse fatto un’altra scelta? Spero vi piaccia!!
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward, Bella/Jacob
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più libri/film
Capitoli:
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(Libro di riferimento: Eclipse)

 

 

    Naturalmente Billy non riuscì ad arrabbiarsi con il figlio, per avergli perso l’anello. Era dispiaciuto, ma l’orgoglio e la felicità di riaverlo a casa vivo e vittorioso, superava ogni amarezza.

    Billy mi aveva ospitata per la notte, con il benestare di Charlie che aveva cenato con noi, e mi offrì il proprio letto mentre lui avrebbe dormito sul divano.

    Non mi sarei mai permessa di fare una cosa simile, così protestai finchè lo convinsi a lasciarlo a me.

    Anche se la stanza di Jacob era accanto al piccolo soggiorno, quella distanza mi pesava. Non riuscivo ad addormentarmi, mi alzavo continuamente per vederlo mentre dormiva.

    Ma la salute di Jake non era la sola cosa che mi teneva sveglia.

    Ogni volta che chiudevo gli occhi, vedevo lingue di fuoco e fumi densi dall’odore pesante d’incenso, levarsi minacciose tra gli alberi. E una testa incorniciata di capelli rossi e ondulati che rotolava verso il fondo valle.

    Mi alzai un’altra volta e mi trascinai veso la stanza di Jake.

    Mi accomodai sulla sedia che avevo lasciato accanto al suo letto. Mi sentivo più tranquilla se lo avevo vicino.

    Con il suo respiro regolare e pesante, l’aria indifesa e il calore che emanava, scacciava via tutti i miei orribili ricordi.

    Mi chinai allungando la schiena sulla sponda del letto, e piegai le braccia sotto la mia guancia. Posai la fronte sul suo braccio caldo e appesantito, e caddi in un sonno senza incubi.

    Qualcosa di caldo e leggero mi accarezzò i capelli, risvegliandomi dal mio torpore. Il sole era già alto, ma non era nel cielo, dove splendeva di solito.

    Era dentro questa stanza, davanti ai miei occhi assonnati.

    Il viso frastornato di Jake era scomparso, e al suo posto c’era un sorriso meraviglioso da spezzarmi il cuore.

    Lo baciai, senza nemmeno salutarlo, senza curarmi del disordine dei miei capelli, o dei segni della fede di Sarah e del braccialetto con il lupo di legno sulla guancia.

    «Ben tornato», bisbigliai, posando la fronte sulla sua e accarezzandogli i capelli sulla nuca.

    «Sei rimasta qui», sussurrò morbido e appagato.

    «Si. Quando voglio anch’io mantengo le promesse, Jacob Black», risposi.

    Rise e fece una smorfia indolenzita.

    Mi allontanai subito.

    «Come ti senti? Stai male? Prendo i tuoi tranquillanti», dissi agitata. Peccato che ovunque mettessi le mani, non li trovassi.

    «Sto bene, ho solo un po’ di dolenzia. Magari un po’ stordito», disse toccandosi la testa. Lo faceva con la mano con il braccio fratturato.

    Strabuzzai gli occhi e scattai in piedi.

    Gli presi il polso, che era l’unica parte del braccio che non fosse fasciato, e cercai di riabbassarglielo. Dovetti metterci un bel po’ di forza.

    «Sta fermo, o ti romperai di nuovo!», sbottai.

    Fece gli occhi al cielo, prese il mio braccio e mi fece sedere sul letto. Mi rannicchiai al suo fianco sano.

    «Sai qual è la cosa buffa?», domandò.

    «No, quale?».

   «Quando mi hai implorato in quel modo…bè…stavo quasi per restare li con te. Vederti così disperata per me, mi ha distrutto, ero completamente deconcentrato. Sam ha dovuto impedirmelo con un ordine Alpha, altrimenti stavo già tornando indietro», confessò.

    Rimasi a bocca aperta.

    «E cosa ci trovi di buffo?», domandai.

    «Che lo scontro più importante è stato dove c’eri tu e quel succhiasangue. Ora sarò costretto a ringraziarlo per averti salvata. Roba da matti», disse scuotendo la testa contrariato.

    «Bè, non muore nessuno se lo ringrazi. E poi ci hai aiutati lo stesso. Edward ha detto a Victoria che stavo insieme a te, si è tradita e Riley l’ha distratta attaccandola. È bastato perché Edward ne approfittasse», raccontai.

    «Favoloso, ora si che è tutta un’altra cosa», disse facendo gli occhi al cielo e una smorfia di disapprovazione. «Comunque forse è stato meglio così. Se fossi rimasto, Seth avrebbe dovuto prendere il mio posto, e non so cosa sarebbe successo se fosse intervenuto lui a difendere quella piantagrane della sorella», disse.

    Quel pensiero mi raggelò il sangue. Seth poteva non sopravvivere all’attacco del neonato.

    Avrei voluto prendermela con Sam, per non aver lasciato che Jacob tornasse da me, ma alla fine era stata la mossa migliore.

    Seth doveva essere protetto.

    «Ha avuto lo stesso il suo momento di gloria», mormorai.

    «Lo so. Ci farà la testa a pallone per settimane, lo dovremmo sopprimere noi», commentò ridacchiando.

    All’improvviso il suo stomaco cominciò a brontolare rumorosamente.

    «Hai fame», non era una domanda. Lo avrebbe sentito anche un sordo.

    «Da lupi», sorrise divertito da un modo di dire più che indovinato.

    «Ti preparo la colazione, forse si è svegliato anche Billy», proposi.

    Feci per alzarmi ma il mio polso era bloccato dalla sua mano calda.

    «Billy ha già fatto colazione. C’era persino Charlie, ma quando hanno visto che dormivi vicino a me, se ne sono andati per conto loro con l’orgoglio negli occhi», scosse la testa trattenendo una risata. «Piuttosto, c’è qualcosa di cui dovremmo parlare io e te. Adesso», aggiunse.

    Immaginavo di cosa volesse parlarmi.

    Sospirai e mi risedetti lentamente di fianco a lui. Non lo si poteva rimandare a lungo.

    «Ci ho pensato un pò sopra», mormorai mentre fissavo le nostre mani intrecciate.

    «E allora?», incalzò.

    Presi coraggio e mi decisi ad incrociare il suo volto. La luce d’impazienza e speranza invadevano i suoi occhi scuri, e penetrava nei miei.

    Voleva davvero abbandonare la sua forma di lupo per stare con me.

    Lo desiderava più di ogni altra cosa. Come io desideravo vivere quel sogno, più di ogni altra cosa al mondo.

    Che strano rovescio dei ruoli, pensai. Era come ritrovarsi nei panni di Edward, mentre Jacob era nei miei. Ma c’era una bella differenza, aveva ragione.  

    Per un istante mi mancò il respiro.

    Possibile che Jacob mi amasse quanto io amai Edward tanto tempo fa?

    Era disposto a sacrificare la sua immortalità per me. Per restare al fianco di una piccola e fragile umana.

    Per mettersi al suo pari.

    Ma non era corretto paragonarmi ad Edward.

    Io non avevo mai avuto la forza di lasciare Jacob.

    E sono una semplice umana, con sentimenti umani. Ma qualcosa di magnetico dentro di me, mi riportava sempre da lui.

    Come lui tornava sempre da me, qualunque cosa ci tenesse lontani. E non era mai stata una sua scelta, a differenza di Edward, che sapeva esattamente cosa stesse facendo.

    E ora Jacob mi chiedeva di essere egoista. Di privarlo dei suoi poteri.

    Ero in grado di arrivare a tanto? O il senso di colpa mi avrebbe inseguita per tutta la vita?

    Il senso di colpa per averlo reso come me.

    Dischiusi le mie labbra, rimaste serrate per tutto quel tempo, non sapendo bene cosa avrei detto.

    I suoi occhi la fissavano, per leggerle prima ancora di sentirne il suono.

    «Scusate se vi interrompo», la voce di Carlisle ci fece sobbalzare entrambi nel letto.

    Jake lo fulminò letteralmente con lo sguardo. Nessuno dei due amava le interruzioni.

    «Ciao Carlisle», mormorai.

    «Buongiorno Bella, buongiorno Jacob. Come andiamo? Senti dolore?», domandò.

    Jake fece una smorfia e rispose senza guardarlo in faccia. «Dolore no. Fastidio si», riferendosi chiaramente alla sua presenza.

    Carlisle ignorò il sarcasmo di Jacob.

    «Devo toccarti le ferite per vedere a che punto sono. Non ti muovere», lo avvisò cercando di evitare la reazione del giorno precedente.

    Jake obbedì irritato e a malincuore, mentre il dottor Cullen gli tastava il braccio, la gamba e le costole.

    Continuava a fissarmi, impaziente di riprendere il discorso.

    «Incredibile», mormorò. «Certo che dai molta soddisfazione. Magari tutti i miei pazienti guarissero così in fretta come te», disse divertito.

    «E’ guarito?», domandai stupita.

    «Le ossa sono saldate quasi alla perfezione», mi rispose. «Ma è meglio se non ti trasformi per un po’, altrimenti te le rovini. Inoltre dovrai continuare a portare bende e stampelle, anche se guarirai del tutto», suggerì Carlisle rivolgendosi di nuovo a Jake.

     «Stupidi accessori di scena», mormorò Jacob a denti stretti.

    Carlisle rise, poi si rivolse a me.

    «Bella, ora devo togliergli le fasciature, non sarà un bello spettacolo. Te lo garantisco», disse.

    Trasalì.

    Non avevo il coraggio di rivedere tutte quelle ferite, e se Carlisle diceva che non era un bello spettacolo…

    «Vado a prepararti la colazione», mormorai.

    «Bene. Aspetterò che finisca di mangiare», propose Carlisle con un sorriso affettuoso.

    «Prima finisci, prima te ne vai. Mangerò dopo», rispose duro rivolgendosi al dottore. «Grazie Bells», mi disse riaddolcendo il tono.

    «D’accordo, allora vado fuori. Comportati bene Jake», dissi avviandomi fuori dalla stanza.

    «Certo, certo», brontolò sottovoce. Sentì qualcuno ridacchiare dietro la porta.

    Non mi ero accorta che Quil ed Embry stavano proprio sulla soglia. Probabilmente dovevano tenere d’occhio Carlisle.

    Li salutai e andai fuori a prendere un po’ d’aria fresca e a schiarimi le idee.

    Fuori da casa Black c’era Sam con la schiena appoggiata al muro, in attesa. Mi guardò abbozzando un sorriso. Cercai di ricambiare e mi appoggiai accanto a lui.

    «Jake mi ha detto che ti ha parlato della sua decisione», esordì dopo un breve silenzio. «Cosa ne pensi davvero?».

    Sam guardò lontano, in direzione della spiaggia.

    «Penso che sarebbe una perdita incolmabile per il branco», rispose serio e meditabondo. Le braccia incrociate. «Il vero Alpha dovrebbe essere lui. Non è stato bello, vederlo gettare così la spugna. Ma del resto, l’essere diventato un licantropo, gli ha preso peggio che agli altri. Gli ha sempre reso le cose più difficili. Specie con te», confessò.

    «Già. L’inizio è stato piuttosto burrascoso», mormorai fissando il terriccio cosparso di sporadici ciuffi d’erba davanti ai miei piedi.

    «Colpa mia», replicò, comprendendo cosa volessi dire. «Ma non potevo agire altrimenti. Nessuno doveva sapere, e nessuno doveva farsi male. Jake non se lo sarebbe mai perdonato, se ti fossi fatta anche un solo graffio a causa nostra, o peggio per colpa sua. Ha sofferto moltissimo, quando gli ho imposto di non vederti più. E so che ha tentato di raggirare il mio divieto, vigilando sotto casa tua ed intrufolandosi nella tua stanza per rinfrescarti la memoria».

    I miei occhi scattarono sul suo volto.

    «Lo hai sempre saputo?».

    Sam annuì calmo. «Si. All’inizio ovviamente mi sono arrabbiato molto. Avevo la responsabilità di guidare un branco che si espandeva velocemente, e non volevo che la cosa mi sfuggisse di mano. Il limitato autocontrollo di Paul, era niente rispetto alla testardaggine di Jacob», rise a bassa voce, come se ora non lo irritasse più. «Ma infondo lo capivo. Anch’io raggiravo il segreto, quando stavo ancora con Leah. Solo che io ero più fortunato: non c’era alcun ordine Alpha ad impedirmelo».

    Ci ha pensato l’imprinting ad importi altri ordini, pensai.

    «Comunque, Jake è libero di scegliere la vita che preferisce. L’essere un licantropo rappresenta un vincolo solo se non rinunci al suo spirito. Perdere un combattente come lui, comportarà almeno una o due sostituzioni, per così dire. Ma ce la caveremo, siamo tanti e in ogni caso, è rimasto ancora qualcuno il cui gene non è ancora scattato», aggiunse.

    «Tu lo farai per Emily?», domandai.

    «Si. Non potremo continuare così per l’eternità. I nostri figli ci sostituiranno, come noi abbiamo sostituito i nostri padri», rispose pacato.

    «Anche per oggi ho finito», ci interruppe Carlisle mentre usciva da casa Black con le due guardie del corpo.

    «Bene. L’accompagneremo verso il confine», propose Sam.

    «Certo, ma prima vorrei chiedervi una cortesia se è lecito. Possiamo parlarne in privato?», chiese Carlisle.

    Sam annuì con un ombra di tensione negli occhi. Io mi limitai a guardalo confusa.

    Carlisle e Sam si allontanarono mentre stavano già confabulando. Rimasi li, sperando di riuscire a captare qualcosa, ma parlavano a voce troppo bassa.

    Sam sulle prime sembrava contrariato alle richieste di Carlisle, scuoteva il capo e rispondeva con tono secco.

    Carlisle era conciliante e anche se non capivo cosa stesse dicendo, il tono della sua voce era persuasivo e rassicurante.

    Alla fine Sam sospirò brontolando qualcosa, mentre Carlisle si avvicinava verso di me con un sorriso. Aveva vinto.

    «Edward, Alice e Rosalie vorrebbero farvi visita. Sam mi ha appena dato il permesso. Stanno aspettando poco oltre il confine», rivelò.

    «Oh si, vorrei tanto rivederli!», dissi sorpresa e felice. «Grazie Sam», dissi rivolgendogli un sorriso riconoscente. Sam strinse i denti, ed annuì.

    «Ora credo che il lupo non abbia più intenzione di rimandare la colazione», suggerì Carlisle trattenendo un sorriso.

    Risi.

    Probabilmente lo stomaco di Jacob aveva bombardato i timpani sensibili di Carlisle per tutto il tempo.

    «Vado subito, a presto Carlisle. E grazie».

    Entrai in cucina e mi diedi da fare con il sorriso sulla faccia.

    Frugai nella dispensa e tirai fuori gli ingredienti per una colazione veloce e sostanziosa.

    Cercavo di ripensare alle parole di Sam, e di capire cosa volessi da me stessa. Prima o poi avrebbero smesso tutti, avrebbero messo su famiglia, come avevano fatto i loro padri, ma Jacob non aveva intenzione di aspettare.

    Intanto che finivo di preparare un primo grosso panino imbottito, mi chiesi il perché.

    Fisicamente dimostrava almeno venticinque anni, sembrava comunque più grande di me.

    I compleanni li avrebbe festeggiati ugualmente, fino a rimettersi in pari con il suo aspetto fisico. Diciasette, diciotto, diciannove…ancora nove anni di trasformazioni.

    Nove anni di ronde, di notti in bianco, di sottomissione agli ordini Alpha. Ordini che avrebbe dovuto dare lui, al quale invece era costretto ad obbedire.

    Non sembrava un futuro attraente, visto con i suoi occhi.   

    «Ciao Bella», udì una voce familiare e argentina dietro le mie spalle, tra le mani stringevo un altro grosso panino.

    «Alice! Edward! Rose!», gridai con gioia. Posai goffamente il panino sul tavolo e corsi a stringere Alice con un braccio e Rosalie con l’altro. «Come sono felice di rivedervi! Alice, non sai quanto fossi preoccupata per te! Oh Rose, sono felice di trovarti meravigliosa come sempre!», singhiozzai mentre Rosalie rise, deliziata dalle mie parole.

    Mi sentì avvolta dalle loro braccia, fredde e dure come il marmo. A chiudere l’abbraccio, fu Edward, che ci avvolse tutte e tre da dietro le mie spalle. Il freddo era insopportabile, ma l’eccitazione che provavo era sufficiente a riscaldarmi.

    «Va tutto bene, Bella», sussurrò Alice, amorevole.

    «E’ tutto finito», aggiunse Edward al mio orecchio.

    «Nessuno ti farà più del male, Bella. Ora puoi vivere la tua vita, in pace», concluse Rosalie mentre le loro braccia si sciolsero. Osservai i loro volti marmorei, e mi soffermai su quello di Alice.

    Aveva un sorriso dolce, e improvvisamente mi ricordai dell’ultima espressione che le avevo visto in viso, prima di lasciare la mia scia in giro per il bosco.

    «Alice mi dispiace di averti delusa per il matrimonio, sono sicura che potremmo rimediare con qualche altra occasione», proposi, anche se l’idea non mi andava a genio.

    «Non fa niente Bella, è probabile che resterai umana. Ci sono tanti compleanni da festeggiare», disse allegra.

    Storsi il naso. Non ci avevo pensato.

    «O magari riusciremo a farti cambiare idea sul matrimonio tradizionale», suggerì Rosalie con un sorriso. «Non è così male, te lo dice un’esperta», aggiunse con la sua risata deliziosa.

    Su questo non c’erano dubbi: Rosalie ed Emmett erano campioni di cerimonie nuziali.

    «A proposito di matrimoni anticonformisti», disse Edward. «Come sta Jacob?», domandò con una leggera preoccupazione in volto.

    «Mi dispiace per te, ma sto divinamente», sibilò Jacob spuntando dalla sua stanza. Indossava bermuda e fasciature. «Ah! C’è pure la bionda dal neurone solitario», aggiunse con un sorriso sarcastico e guardando Rosalie.

    «Ecco il sacco di pulci che cercavi, Edward», replicò Rose acida e nauseata.

    «Jake, che stai facendo? Torna subito a letto!», dissi cercando di spingerlo dal lato buono. Ovviamente non lo smossi di un millimetro.

    «No, mi annoio a stare fermo, e non mi fa piacere avere dei succhiasangue in casa», replicò. Poi risploverò la sua maschera nera e la puntò sul volto di Edward. «Cosa siete venuti a fare in casa mia?».

    «Sono venuto a riportarti questo. L’ho trovato nel punto in cui ti sei scontrato con il neonato», rispose Edward, mentre Rosalie lo guardava dall’alto in basso e con il naso tappato.

    Dalle mani granitiche di Edward dondolava il cordoncino di pelle scura, con appeso l’anello di Billy.

    «Cavolo mi hai salvato la vita!», disse Jacob sollevato e senza pensarci. Prese il ciondolo dalle mani di Edward, e se lo allacciò al collo.

    Lo fissai, in attesa che dicesse una certa cosa. Lui mi guardò e capì.

    «Grazie…Edward. Per tutto. Per l’anello e per aver difeso Bella sulla montanga», disse. Il suo tono era serio e sincero. Adulto.

    Sorrisi, orgogliosa di lui.

    «E’ stato un piacere, ma non mi sono divertito quanto te. Troppo facile», rispose Edward storcendo la bocca.

    «Adesso si che mi sento meglio», commentò Jacob con un sorriso soddisfatto.

    Alice si schiarì la voce.

    Si erano tutti dimenticati di lei.

    Tranne me, perché le tenevo la mano e ammiravo il suo viso da folletto che temevo di non rivedere più.

    «Già, anche Alice è venuta per un motivo specifico», introdusse Edward.

    La guardai con un punto interrogativo sulla faccia. Il divertimento sparì dal volto di Jacob, e la fissò serio e concentrato.

    Alice si accorse della mia espressione ed alzò un sopraciglio.

    «Non vuoi più sapere del tuo futuro, Bella?», domandò.

    Strabuzzai gli occhi e il respiro mi si mozzò in gola: mi ero dimenticata della mia richiesta.

    E ora, era giunto il momento della verità. Avrei scoperto se in qualche modo sarei rimasta con Jacob.

    O se un giorno sarei riapparsa perchè lo avevo perso.

    «Sei pronta?», domandò seria.

    Mi aggrappai a Jacob, e lui mi strinse forte come per trasmettermi il suo coraggio.

    «Si», mormorai con il cuore in gola.

    «Potrebbe volerci un pò», avvertì.

    «Aspetterò», risposi di getto.

    Le ginocchia stavano già cominciando a tremare. Jake aumentò la presa e mi sostenne. Lo sentì tremare, ma non di rabbia.

    Era ansioso. Ma non capivo se era agitato per me o perché non era più sicuro delle sue teorie.

    Non lo sapevo e non volevo saperlo.

    «Avanti Alice», sussurrò Edward. «Concentrati».

    Alice fece un bel respiro, arricciando il naso per l’odore, ovviamente, e chiuse gli occhi dorati.

    Mi mordevo il labbro rischiando di sanguinare, mentre le tenevo gli occhi addosso e i minuti passavano.

    Edward la fissava concentrato, cercava di vedere i pensieri della sorella e di capirci qualcosa.

    Rose restava immobile come una statua, con una mano sulla mia spalla.

    Il viso di Alice si faceva via via più frustrato, increspava le sopraciglia e si massaggiava le tempie.

    Passò più di mezz’ora, e ancora non disse una parola.

    Nel frattempo Jacob consumò la sua colazione in piedi e in assoluto silenzio, gli occhi puntanti su di me, poi su di lei, poi su Edward. Cercava anche lui di cogliere qualche segno.

    L’improvvisa risatina di Edward fece sobbalzare me e Jacob sul posto.

    «Alice, ma che fai?», disse. «Bella non può vivere fino a centocinquant’anni! Da vampira si, ma non da umana».

    Alice uscì dallo stato di trance con uno sbuffo, le spalle incurvate come sotto sforzo. Sembrava molto stanca.

    «Cos’ha visto?», domandò Jacob, impaziente.

    «Assolutamente niente», rispose Alice irritata. «Ho sprecato quasi un’ora della mia eternità per vedere il nulla. Mi son spinta talmente lontano che nemmeno me ne sono accorta».

    Restai senza parole, mentre dentro di me accadde qualcosa di inaspettato.

    Niente.

    Come rileggere un libro che ormai sapevo a memoria.

    Conoscevo già la risposta di Alice, lo avevo sempre saputo che non avrebbe visto nulla.

    Che il mio futuro non sarebbe più riapparso nelle sue visioni.

    Quella strana e inspiegabile sensazione, che mi aveva sempre detto che Jacob non mi avrebbe mai abbandonata, aveva ragione. Ed Alice lo aveva confermato, in qualche modo.

    La catena era invisibile…perché non esisteva.

    «Che ti dicevo Bells? Donna di poca fede!», scherzò Jacob stringendomi forte e sollevandomi da terra. Ma dovette posarmi subito a causa di un lieve dolore al braccio destro.

    Vidi Rose trattenere una risata maligna.

    «Aspetta a cantar vittoria, Jacob», disse Edward guardandolo di sottecchi.

    Le sue parole incatenarono la mia felicità inesplosa, ad un palo. Quali alternative c’erano?

    «Alice, guarda nel mio futuro. La cosa peggiore che possa accadere è che un giorno Jacob abbia l’imprinting, e che Bella…non la prenda bene», aggiunse rivolgendosi alla sorella e abbassando il tono della voce sulle ultime parole.

    Jacob bloccò la sua allegria e il suo viso si contrasse.

    A questo non avevo pensato. Non so se fossi arrivata a tanto. Ma era meglio tenerlo in conto.

    Visti i precedenti.

    «Questo dovrebbe essere più facile. Il tuo futuro è decisamente cambiato, Edward», disse Alice.

    «Potrebbe colmare il vuoto delle tue visioni. Se vedi che anch’io un giorno sparirò, sarà per un solo motivo».

    Trasalì.

    Il frammento del mio cuore capì immediatamente cosa intendesse, ma cercai di zittirlo per non ascoltarlo.

    Ricordai la notte passata nell’accampamento, dove la conversazione tra Edward e Jacob, aveva preso le sembianze di uno strano sogno.

    Edward disse che avrebbe posto fine alla sua vita, quando io avrei interrotto la mia.

    Pregai con tutta me stessa che Alice non vedesse niente del genere.

    Alice prese un'altra boccata d’aria, storcendo di nuovo il naso per la puzza, e si concentrò di  nuovo.

    Il suo visino era più rilassato, probabilmente vedeva meglio il futuro dei vampiri.

    Edward riprese a fissarla, con espressione estremamente annoiata, a differenza della mia, terribilmente preoccupata.

    «Quasi quasi ritornerò all’università», commentò dopo un pò. «Almeno avrò qualcosa da fare».

    «Come mai?», domandai incerta.

    «Qualche volta verrai a trovarci, ma abbastanza di rado», spiegò. «Più che altro resteremo a vigilare in difesa del territorio».

    «Niente fughe dal lupo cattivo?», domandò Jacob sarcastico.

    Edward gli lanciò un’occhiataccia.

    «No. Dal suo aspetto, seppur sfocato, pare sia…», ma la fine della frase gli rimase in gola.

    Sgranò gli occhi e si voltò con lentezza esagerata sul viso di Alice, che aveva preso a fissarlo. Rose s’irigidì d’istinto.

    Entrambi avevano un’espressione tra il sorpreso e il confuso.

    «Chi era?», domandò Edward.

    «Non lo so, sembrava…», balbettò Alice.

    «Ma non può essere, è passato troppo tempo. Rincontrolla».

    Alice sbattè le ciglia confusa e richiuse gli occhi.

    Edward la fissò sbalordito, poi scattò i suoi occhi dorati su di me.

    Non ci capì niente.

    «Che succede?», disse Rose a corto di pazienza.

    «Incredibile», farfugliò Edward, ignorando la sorella. «Ti somiglia tantissimo», aggiunse senza staccarmi gli occhi di dosso.

    «Ma chi?», domandai impaziente.

    «Non lo so, ma l’unica spiegazione è che sia…», rispose prima di scrutare il volto di Jacob. «…vostra figlia», mormorò incredulo.

    «Nostra…», balbettai.

    «Figlia?», concluse Jacob meravigliato e preso in contropiede.

    A quelle parole il viso di Rose s’illuminò. Come se Edward avesse parlato a lei.

    «Ha il colore della tua pelle, ma somiglia in maniera impressionante a Bella», spiegò Edward. Poi tornò sul mio volto, ma la sua espressione tradiva un che di felicità. «E la conosceremo», aggiunse con l’ombra di un sorriso sul volto di marmo.

    «Bella avrà dei figli», sussurrò Rosalie, incantata sul  mio viso incredulo e confuso.

    «Si, e ci farà impazzire», disse Alice con la sua risata cristallina. «Ho visto che amerà le feste e lo shopping! Non vedo l’ora!», aggiunse saltellando e sprizzando allegria da tutti i pori.

    «No» sibilò Jacob ad occhi sgranati. Le braccia cominciarono a vibrare, e io con esse. «Non lo permetterò!».

    «A quanto pare qualcuno scapperà dal lupo cattivo», disse Rosalie parafrasando le sue parole pronunciate poco prima.

    «No!», ripetè Jacob furioso.

    «Non le faremo del male», replicò Edward con il viso indurito su quello di Jacob. «Non commetterò gli stessi errori. Non so che ruolo avrà nella nostra esistenza, ma di certo non seguirà le orme di Bella».

    «Non avrà niente a che fare con i succhiasangue», replicò Jacob preso da altri violenti spasmi.

    «Jake», mormorai posandogli una mano sul petto tremante di rabbia, e riprendendomi da quella momentanea sensazione di smarrimento. «Pensavo volessi imparare a controllarti», dissi.

    Jacob bloccò di colpo i fremiti e scattò sui miei occhi, inchiodandomi con lo sguardo.

    «Cos’hai detto?», chiese.

    «Non ti ha ancora risposto?», domandò Edward. «Pensavo ne aveste parlato ieri».

    «Parlato di cosa?», chiese Alice curiosa.

    Jacob continuava a fissarmi mentre Edward si rivolse alla sorella.

    «Jacob vuole rinunciare alla sua capacità di trasformarsi per invecchiare al fianco di Bella», sussurrò Edward.

    «Davvero?», disse Alice spalancando gli occhi dorati su Jacob. Rose lo guardava con un misto di meraviglia e invidia.

    «Si, se lo vuole anche lei», confermò Jacob, in tono deciso.

    «E tu credi di essere sicuro di quello che fai?», domandai nervosa e con il cuore a mille. Era il momento delle risposte.

    «Certo, Bells. Perché pensi che abbia litigato con il resto del branco?», disse Jacob prendendomi il viso tra le mani ardenti.

    «E se avessero bisogno di te? Non voglio condannare altri ragazzi in nome del mio egoismo», dissi.

    «Non sarà la mia scelta ad impedirglielo. Sono già condannati, è solo questione di tempo e di reale necessità», ribattè intenso.

    «E poi ci saremo noi ad aiutare il branco», disse Edward. «Alice lo ha visto, come ti ho detto. Resteremo a vigilare per evitare che altri vampiri si avvicinino da queste parti. In questo modo, limiteremo le trasformazioni. Almeno fino al cambio generazionale, dato che la nostra presenza li richiamerà inevitabilmente».

    «Bè…non è male…come idea», ammise Jacob con una certa difficoltà. «Da dove viene tutta questa gentilezza?», domandò sospettoso.

    «Voglio che Bella viva tranquilla, e che sia felice», spiegò Edward.

    «E io voglio tenerti buono per divertirmi con tua figlia», aggiunse Alice allegra.

    «Io vorrei poterla accudire, come fosse mia», disse Rose, illuminandosi con un misto di emozioni che non avevo mai visto sul suo volto.

    Jacob emise un grugnito.

    «Meglio come fosse la figlia della tua migliore amica, Rose» le suggerì Edward, probabilmente leggendo i pensieri intimidatori di Jacob.

    Jacob e Rose si scambiarono un’occhiataccia.

    Poi Jake ritornò sul mio volto, frustrato dal senso di colpa che cercava in tutti i modi di vincere su tutto il resto.

    «Come vedi, tutti hanno un motivo per aiutarci», sussurrò Jacob con mezzo sorriso. «E non ti abbandonerò perché è chiaro che non avrò l’imprinting. Ma ti conosco troppo bene, e so che t’inventerai qualche assurdità per il gusto di controbbattere».

    «Non mi invento niente», ribattei aggrottando le sopraciglia. «Ma non te ne pentirai un giorno? Guardati adesso!», dissi liberandomi il viso dalle sue mani e indicando il suo corpo dalla testa ai piedi. «Perché vuoi rinunciare alla tua giovinezza? Perché vuoi diventare vecchio e curvo come Quil? Non posso lasciare che tu diventi umano come me», dissi in un eccesso d’ira.

    Ma la mia rabbia sfumò all’istante, come una piccola nuvoletta spazzata via da un vento furioso.

    Avevo sempre disprezzato la mia umanità, ancora prima di incontrare Edward. Quante volte avrei voluto essere invisibile agli occhi del mondo.

    Eppure da quando avevo incontrato Jacob, la mia vita era diventata incredibilmente più sopportabile. Persino bella.

    Mi sentivo viva, come non lo ero mai stata in diciotto anni.

    E nonostante le sue capacità straordinarie, con Jacob non sentivo di non valere niente, come quando mi mettevo al fianco di Edward. Lo ritenevo un ragazzo come me, più o meno, e avevo conosciuto un’altra me stessa che non pensavo esistesse.

    A quel pensiero, una nuova consapevolezza si fece strada dentro di me.

    Come aver tenuto gli occhi chiusi per tanto tempo, ed averli aperti ritrovandomi di fronte qualcosa d’insaspettato.

    La stessa scena, un punto di osservazione diverso che cambiava ogni cosa.

    Ero felice…di essere umana.

    Di accettare me stessa e di non sentirmi inferiore al fianco della persona che amavo.

    Felice di non rinunciare a niente, ed avere tutto. Ma Jacob avrebbe dovuto rinunciare a qualcosa.

    O forse, lo avrebbe solo riavuto indietro.

    «Preferiresti vedermi giovane e forte mentre tu diventi vecchia? Che tra vent’anni mi spacci per tuo figlio o tuo nipote? Conoscendoti direi di no», disse Jacob, serio. «Io sono sempre stato umano, Bella. E ora voglio riprendermi ciò che il destino mi ha tolto: la normalità. Per te, per me, per i nostri figli. Non voglio dovergli nascondere una verità che sta davanti ai loro occhi, anno dopo anno. Questa condizione rappresenta una rinuncia, non un guadagno. Io so cosa voglio, Bella», disse determinato. «E so che cosa vuoi tu».

    «Oh, Jake», sospirai chiudendo gli occhi.

    Anch’io sapevo quello che volevo.

    Ogni battito del mio cuore lo suggeriva, ogni cellula del mio corpo lo sapeva.

    Jake mi prese le mani, quasi sovrapensiero.

    Per un istante credetti che in quella stanza ci fossimo solo io e lui. Edward, Alice e Rosalie erano rimasti perfettamente immobili e in silenzio.

    Tre magnifiche statue di ghiaccio perpetuo.

    «Allora», sussurrò concentrandosi sui miei occhi. «vorresti che invecchiassi con te? Vorresti…che si avverasse anche quell’altro tuo sogno?», domandò dolce.

    «Dì di si, dì di sì», suggerì Alice a voce bassissima. La ignorai.

    «Il mio sogno», ripetei come un eco della sua voce.

    «Si. Quello dove hai visto il tuo riflesso segnato dal tempo, insieme al lupo dal pelo rosso sbiadito», ricordò. «Dicesti che era molto, molto felice», aggiunse usando le parole che avevo pronunciato quando glielo raccontai.

    «La invidiavo da morire», dissi con quell’immagine confusa davanti agli occhi.

    «Invidiavi te stessa, Bells. Perché sarai così, se mi lascerai invecchiare con te. lo sarai ogni giorno che passerà», disse continuando a sussurrare, come perso in quella mia stessa fantasia.

    «Sì, si, si», ripetè Alice tradendo impazienza nei campanellini della sua voce. Chissà perché era così nervosa. Non mi era mai sembrata molto entusiasta della mia unione con Jacob.

    Edward la guardava di sottecchi scuotendo lentamente la testa, in segno di disapprovazione.

    «E la tua forza? Perderai anche quella?», chiesi continuando ad ignorarla. Mi sarebbe dispiaciuto se avesse abbandonato tutta quella magnificenza.

    Jake alzò un sopraciglio e ci pensò su.

    «Bè non è mai successo che uno di noi decidesse di trasformarsi giusto ogni tanto, per far felice la propria donna dai gusti strani», rispose infine con una smorfia. «Quindi penso che il mio corpo ritorni a livelli più accettabili, ma al di sopra della media. Più o meno come capitò a Taha Aki quando si era ritrasformato dopo tanto tempo».

    «Quindi per il mio compleanno ti trasformerai?», domandai.

    «Come ti avevo proposto», disse allargando il sorriso.

    «Si! Si! Si!», trillò Alice saltellando inspiegabilmente dalla felicità.

    «Sei davvero irritante Alice», mormorò Edward guardandola di sottecchi.

    «Irritante è un pallido eufemismo», commentò Jacob senza staccarmi gli occhi di dosso e tradendo una profonda emozione nella voce. «Vuoi rispondere o devo prendere per buono quel disco rotto della tua amica?».

    «Bè, in effetti lo ha già detto lei. Quindi perchè ripetersi?», dissi cercando di liberarmi dall’obbligo di rispondere in prima persona.

    Jake scosse la testa. «No, io voglio sentirlo da te, non da lei. Voglio un “si” detto dalla tua voce tremante e imbarazzata, non dai suoi fastidiosi campanelli», ribattè.

    Edward e Rose trattennero una risata mentre Alice gli lanciò un’occhiataccia.

    «Si o si, Bells?», chiese Jacob, benchè non avesse molto senso come domanda.

    Risi.

    «Si», sussurrai tremante e imbarazzata come aveva previsto lui.

    «Si!», saltellò di nuovo Alice. «Finalmente! Ora vedo anche Jacob e di nuovo Bella! Come fossero fantasmi e scomparendo più di quanto possa sopportare, ma li vedo!», trillò.

    Io e  Jacob guardammo Alice, entrambi sorpresi.

    «Riesci a vederci?», domandai incredula. Cos’era successo?

    «Si!», scampanellò lei. «Anche se “vedervi” è un termine un po’ forte, data la pessima qualità delle immagini. Ma a quanto pare, quando un lupo decide di rinunciare al suo potere, riprende il controllo del proprio futuro. Ci vorrà un po’, ma un giorno riapparirà, e tu con lui. Perciò è confermato: niente imprinting», spiegò allegra.

    «Non ti sembra di esagerare con tutta questa euforia?», domandò Edward.

    «Mi dispiace Edward, ma sai quanto odi essere cieca», replicò Alice con espressione innocente e ancora su di giri.

    «E’ tutto così…incredibile», farfugliai. «Ogni cosa è cambiata».

    «Ed ogni cosa è tornata al posto giusto», aggiunse Edward. «Ricorda che il futuro può sempre cambiare, Jacob Black», disse rivolgendosi a lui con aria lievemente minacciosa. «Rammentati cosa ti ho detto l’altra notte».

    Jacob lo guardò dall’alto in basso, in tutti i sensi.

    «Trattieni il respiro fino a quel giorno», replicò arrogante.

    «Sarei capace di farlo», sibilò Edward.

    «Ma insomma, la volete piantare di comportarvi come due bambini all’asilo?», sbottai esasperata. «Spero che nei prossimi anni le cose cambino, perché non voglio vedervi litigare per tutta la vita!».

    Jake mi avvolse tra le sue braccia e mi guardò sorridente.

    «Se permetti ho programmi molto più interessanti che bisticciare con i tuoi amici succhiasangue», disse.

    «Me lo auguro», mugugnai. «C’è tanto lavoro da fare».

    «Non è un lavoro, è una strada. La strada per il nostro futuro. Finalmente hai deciso di imboccarla insieme a me», sussurrò dolce.

    «Bene, allora non resta che auguravi buon viaggio», disse Rosalie con l’ombra di un sorriso.

    «Sapete dove trovarci, non fatevi mai problemi per nessun motivo. Per qualunque necessità, noi ci saremo», disse Alice gentile.

    «Per sempre», aggiunse Edward in un sussurro. I suoi occhi dorati sui miei, sembravano dicessero un addio, più che un arrivederci.

    Con questo ci salutammo, con la promessa che presto sarei passata a trovare anche Esme, Emmett e Jasper.

    «Vuoi ripensarci?», domandò Jacob, notanto il velo di tristezza nei miei occhi, quando richiusi la porta. Mi dispiaceva per Edward.

    Mi voltai a guardare l’espressione preoccupata di Jake, senza capire il perché di quella domanda.

    Mi spiaceva per Edward, ma la strada che avrei percorso insieme a Jacob, mi si era srotolata davanti agli occhi. E nonostante cercassi di negarmela, di trovare una buona ragione per impedire a Jacob di arrivare a sacrificare persino i suoi poteri per me, ero intenzionata a percorrerla.

    «Non posso ripensarci, Jake», sussurrai.

    «Perché no, Bells?», chiese accarezzandomi lievemente il viso.

    Sarà un cammino lungo, forse difficile. Ma ce l’avremmo fatta insieme. L’avrei sostenuto, come lui avrebbe sostenuto me quando ne avessi avuto bisogno.

    Come aveva sempre fatto.

    La mia esistenza valeva la pena di essere vissuta, con Jacob al mio fianco.

    D’un tratto, ero ansiosa di iniziare quel cammino mano nella mano con l’altra metà della mia anima.

    Con il mio “si”, gli avevo regalato la tanto desiderata libertà, o come la chiamava lui, la normalità.

    La stessa normalità, con la quale avevo accettato di far pace.

    «Perché ti amo», risposi, prima che mi zittisse con un bacio, e mi riportasse in camera tra le sue braccia.

  
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