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Autore: OnceUponADream    02/07/2010    2 recensioni
Seguito di Pioggia. Cleo sta riprendendo in mano la sua vita con calma, una visita inaspettata riuscirà a sconvolgerla????
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Addii e Spiegazioni'
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Chiarimenti è il seguito di Pioggia, che consiglio di leggere, si capisce abbastanza bene lo stesso ma probabilmente è meglio. Se avete voglia il link per leggerla è questo: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=507119&i=1

Riapro gli occhi, il sole che filtra dalla finestra mi ha svegliato. Dovrei alzarmi per chiuderla ma non ho voglia. Mi giro su un fianco. Una vecchia abitudine che da un mese mi tormenta ancora. Sospirando mi alzo dal letto e recupero la vestaglia di seta blu. È un mese che non ho sue notizie, però non ho avuto il coraggio di spostare la sua roba; anche perché non avrei saputo dove metterla. Mi trascino fino in cucina e mi verso un bicchiere d’acqua. Ora che non c’è più non sono costretta a fare colazione. Mi appoggio al bancone trattenendo le lacrime. Questa casa mi sembra così vuota ora che ci vivo da sola. Io mi sento sola. Il telefono squilla ma non mi va di rispondere. Stancamente mi trascino di nuovo in camera. Non ho voglia di iniziare una nuova giornata lavorativa. Dovrei andare in studio o quantomeno iniziare la nuova bozza per il mio romanzo. Ma mi manca la voglia. Mi butto sul letto. Non riesco ancora a dormire bene. Però dormo meglio da quando ho iniziato ad uscire con Roberto. Esco con lui da un paio di settimane circa, me l’ha presentato Cristina. Io non ero sicura, mi sembrava di fare un torto a Franci ma giustamente mi avevano fatto notare che andandosene così senza motivo equivaleva ad essere lasciata. Robi era molto paziente con me sapeva di quello che stavo passando e non mi metteva fretta. Gli ero molto grata di questo. Sbadiglio e cerco il cellulare. Ho sette chiamate non risposte: due di Elena e cinque di Cristina. Sospiro. È da quando se ne è andato che non mi lasciano in pace. Mi conoscono troppo bene. Sto per rimettermi a letto ma suona il campanello. So già chi è, e so anche che se non vado ad aprire entrerà con le chiavi che le ho dato io. Sbuffando mi avvio verso l’ingresso. Il campanello continua a suonare e io sbuffo.

-Certo che invece di attaccarti al campanello potresti usare direttamente le chiavi- dico seccata mentre apro.

-Ad avercele le chiavi tesoro mio.- Robi mi guarda sorridendo dalla soglia di casa mia. In mano ha un sacchetto di una pasticceria. Lo guardo a bocca aperta e lui ridacchia.

-Allora non mi fai entrare?- lo fisso confusa per poi arrossire. Mi sto comportando come una maleducata.

-Oddio si scusami! Entra pure.- va direttamente in cucina e appoggia il sacchetto sul bancone, per poi avvicinarsi a me. Mi prende tra le braccia e si china per baciarmi. Io passo le mani tra i suoi capelli. Robi è altro un metro e novanta, più altro di Franci. Tra le sue braccia mi sento una bambola. Ha i capelli neri leggermente ondulati e gli occhi di un azzurro intenso. A volte mi chiedo cosa ci possa trovare un figo del genere in una come me, ma non voglio saperlo. Finito il bacio mi appoggio al suo petto. Non gli arrivo nemmeno alle spalle. Lui mi accarezza piano la schiena.

-Sai che sei bellissima?- alzo la testa per guardarlo negli occhi.

-In questo momento? Non direi, sono tutta spettinata- dico scettica. Lui ride tornando ad accarezzarmi

-Si anche spettinata. Poi con questa vestaglia ancora di più.- arrossisco lievemente. Non siamo arrivati ancora a quella fase, un po’ perché non ci conosciamo ancora bene, ma anche perché non mi sono ancora sentita pronta. Mi stacco da lui e imbarazzata gli chiedo se vuole un caffè. Annuisce pensieroso mentre si siede. Io recupero la moca mentre gli domando.

-Come mai qui?- lo vedo farsi serio prima di rispondere.

-Volevo farti una sorpresa, so quanta fatica fai per alzarti la mattina e so che non fai colazione. Quindi ho pensato che magari se c’ero io la facevi più volentieri e poi avevo voglia di vederti.- arrossisco violentemente. Ci tiene davvero a me. E io pian piano sto dimenticando Francesco. Mentre il caffè viene su mi siedo in braccio a Robi e inizio a baciarlo. Lui risponde con calma, accarezzandomi l’interno coscia, per poi salire fino al nodo della cintura. La vestaglia si apre mostrano la leggera camicia da notte di raso che ho sotto. Sorrido imbarazzata; non so come comportarmi. Non mi sento ancora pronta. Lui se ne rende conto e mi posa un leggero bacio sulla fronte.

-Tranquilla non c’è fretta capisco. Ora controlla la colazione non vorrei che bruciasse.-sorrido dispiaciuto alzandomi per controllare il caffè. Metto su un vassoio un bricco di latte, lo zucchero e la tazzina. Attenta a non scottarmi prendo la moca e verso il caffè. Lo porto al tavolo e mi siedo di fronte a lui, prende una brioche dal sacchetto e me lo porge, ma scuoto la testa. Mi guarda male e faccio finta di non capire.

-Che c’è?-

-E la tua di colazione?- evito di guardarlo negli occhi mentre rispondo

-Non ho fame, sto bene così.-

-Cleo…. È il pasto più importante della giornata. Forza per una spremuta d’arancia e una brioche non muori. Su non fare i capricci.- sbuffo per nascondere la malinconia. Ogni mattina con Franci era una lotta, e anche lui mi trattava sempre come una bambina. Per nascondere il dolore mi alzo e prendo il succo d’arancia in frigo. Mi avvicino alla credenza e mi alzo sulle punte per prendere un bicchiere. Continuo a chiedermi perché li tengo ancora così in alto. Una mano da dietro ne recupera uno. Robi lo appoggia sul bancone per poi stringermi a se; appoggia il mento sulla mia testa poi mormora:

-Tesoro scusami. Se ho detto qualcosa di sbagliato mi dispiace, non era mia intenzione rattristarti.- scuoto la testa debolmente. Non deve sentirsi in colpa. Accarezzo una mano appoggiata sul mio ventre.

-No, non è colpa tua. Tu non hai fatto niente di male. Sono io il problema. Tu sei perfetto, e io ti adoro.- mi da un leggero bacio sull’orecchio. Io mi appoggio a lui e mi lascio coccolare. Ne ho così bisogno. Chiudo gli occhi cercando di non pensare al passato, di assaporare solo quell’istante. Che dura troppo poco. La porta di casa viene aperta e mi volto confusa. Sulla soglia c’è appoggiata una piccola valigia. Mi irrigidisco tra le braccia di Robi, non ho nemmeno il coraggio di pensarlo. Una figura entra piano in casa. Mi sento male. Le forze mi abbandonano. Robi mi tiene su, prova a dirmi qualcosa ma non sento nulla. Sulla porta di casa c’è il mio ex inquilino. Lo guardo con gli occhi sbarrati. I suoi capelli castano scuro sono leggermente più lunghi, i suoi bellissimi occhi neri sono nascosti dagli occhiali da sole. Non riesco a capire cosa stia pensando in questo modo. Vorrei andare da lui e toglierli, ma non posso. Non ne ho più il diritto. E poi probabilmente è venuto solo a recuperare la sua roba. Sento il suo sguardo anche attraverso le lenti e non riesco a sostenerlo. Franci fa qualche passo e entra in cucina, ma nessuno dice niente. Il silenzio sta diventando insostenibile ma non me la sento di spezzarlo; anche perché non saprei che dire. Fortunatamente prende prima lui la parola

-Beh, e le buone maniere? Non si saluta più?-

-Ciao Franci.- mormoro piano. La mia voce trema e la stretta di Robi si fa ferrea.

-Non ci presenti? Non mi sembra di conoscere il tuo amico.- udii chiaramente Roberto mormorare “Ma io conosco te” ma feci finta di nulla. Lui continua ad usare quel tono spavaldo, vorrei prenderlo a schiaffi. Si toglie gli occhiali e mi guarda con occhi di fuoco. Lo affronto. Non mi fa paura. Ma non voglio che lui e Robi si mettano a litigare. Restando tra le braccia del mio uomo mormoro:

-Francesco, Roberto. Roberto, Francesco- Franci si fa avanti tendendo la mano. Senza lasciarmi andare la stringe. Si osservano per un po’ senza dire niente poi Franci mormora

-Cleo avrei bisogno di parlare con te.- Robi mi bacia il collo e sussurra al mio orecchio

-Tesoro è meglio che me ne vada- volto la testa per guardarlo. Lo imploro con gli occhi di rimanere ma scuote la testa.

-No piccolina non è giusto che rimanga. Ti chiamo più tardi.- detto questo mi lascia andare recupera la giacca e una brioche poi torna da me. Continuo a guardarlo con quella faccia da cucciolo abbandonato che solitamente funziona, ma lui sorride e mi bacia. Lo guardo uscire dalla porta sperando di vederlo tornare indietro. Dopo un paio di minuti smetto di osservare la porta e mi avvio verso il tavolo. Il mio succo è ancora sul bancone, ma mi è passata la voglia di berlo. Metto la tazzina nel lavandino e il sacchetto con le brioche nel mobile dei dolci. Continuo a muovermi per evitare di farlo parlare. Sto per uscire dalla cucina ma mi trattiene per il polso attirandomi a se; i nostri corpi sono incollati. Per la sorpresa non riesco a dire nulla, mi accarezza una guancia ma gli occhi sono seri, decisi.

-Dobbiamo parlare. Puoi stare ferma un attimo?- abbasso la testa, non riesco a sostenere il suo sguardo. Lui mi trascina in soggiorno, mi siedo sul divano e lui si siede al lato opposto. Incrocio le gambe, aspettando che si metta a parlare, ma continua a guardarsi intorno come se mancasse qualcosa. Eppure non ho fatto molti cambiamenti in questo mese, ho tolto solo un paio di fotografie forse e aggiunto qualche libro alla libreria, poi è rimasto tutto uguale a prima.

-C’è qualcosa di diverso. Cosa hai cambiato?- scuoto la testa

-Nulla di particolare, ho tolto solo alcune fotografie.-

-Si tutte le nostre….- mormora. Io alzo le spalle. Mi faceva troppo male avere intorno, quindi le avevo nascoste. Mi scruta in silenzio. Io mi sento a disagio; vorrei fuggire, nascondermi da quello sguardo inquisitore. Ma non posso. Non capisco perché continua a stare in silenzio. Mi mette solo più ansia. Chiudo gli occhi cercando di calmarmi; ho bisogno di Cristina. Ho bisogno di lei. Ma anche se potessi chiamarla, cosa che ovviamente non posso fare con lui che mi controlla a vista, probabilmente non lo farei. Perché non nonostante io abbia venticinque anni sono rimasta la ragazzina diciassettenne che non riesce a chiedere aiuto alle persone che le stanno accanto. Guardo Franci. I suoi occhi sono indecifrabili. Non riesco a capire cosa stia pensando. Questo silenzio sta diventando insopportabile; sto per chiedergli cosa voglia da me, quando finalmente prende la parola.

-Come stai?- domanda

-E tu?- cerco di sviare il discorso con scarsi risultati.

-Bene Cleo, sto bene. Però voglio sapere tu come stai.-

-Credo che la miglior descrizione sia confusa.- mormoro io. Mi sposta una ciocca di capelli che mi era caduta davanti agli occhi. Mi osserva attentamente senza dire nulla ma io non ce la faccio più.

-Mi spieghi cosa vuoi? Perché sei tornato?- la mia voce si incrina. Non vorrei mostrarmi così debole ma non poso farne a meno. La mano che gioca con i miei capelli si abbassa e il suo sguardo si fa triste.

-Mi mancavi.- mormora piano. Mi si stringe il cuore a vederlo così però non devo intenerirmi. Anche lui mi era mancato, ma ero stata troppo male a causa sua, per troppo tempo. E il mio spirito di autoconservazione mi sussurra di andarci piano. Non so come comportarmi. Aspetto in silenzio che riprenda a parlare, ma sta lì in silenzio e continua a fissarmi; sbuffo e guardo l’ora. Tra meno di mezz’ora ho una seduta, non posso mancare e sono ancora in pigiama. Mi alzo dal divano avviandomi in camera. Apro l’armadio indecisa e alla fine opto per un vestito a fantasie arancio senza maniche, sopra ci infilo un cardigan di cotone leggere. Ormai siamo a fine maggio e la temperatura si è notevolmente alzata. Mi tolgo la vestaglia e sto per sfilare la camicia da notte quando Franci chiede:

-Perché te ne sei andata?- il tono è seccato. Sbuffo infastidita mentre la camicia d notte finisce sul letto. Infilo velocemente il vestito e mi siedo davanti allo specchio prima di rispondere.

-Perché alle nove ho una seduta e tu non ti decidevi a parlare. Quindi ho decisi di venire a cambiarmi.- frugo tra mascara matita e ombretti fino a recuperare il correttore e nascondo le occhiaie. Mi guardo critica indecisa cosa fare con i miei lunghi capelli castani. Li spazzolo velocemente decidendo di lasciargli sciolti. Dallo specchio vedo che si sta tormentando le mani ma non ho la benché minima intenzione di rendergli il compito più facile.

-Non puoi rimandare la seduta? Ho davvero bisogno di parlarti- mi volto a guardarlo. Lo fisso attentamente per vedere se scherza prima di rispondere.

-No, non posso, è una seduta importante.- e anche se non lo fosse non l’avrei mai annullata. Non lo avevo mai fatto e non lo avrei fatto. La sua faccia si fa dura

-Cleo per l’amor del cielo, ho davvero bisogno di parlarti.- sbuffo e controllo velocemente i miei appuntamenti.

-Ho un buco alle due, puoi venire in studio per quell’ora.- lo vedo riflettere un attimo

-Non possiamo pranzare insieme?- scuoto la testa

-No mi vedo con Cristina e dopo stamattina ci sarà sicuramente anche Roberto. Ma se vuoi morire fai pure accomodati.- lo vidi fare una smorfia. Il solo nominare Cri gli ha fatto cambiare idea. Controllo la borsa e metto dentro la roba mancante. Mi volto a guardare Franci, lui continua a scrutarmi con una strana luce negli occhi. Mi sistemo nervosamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Mi sta mettendo in imbarazzo.

-Ho qualcosa che non va?- domando. Lui scuote la testa.

-No tranquilla. Stai benissimo, stavo solo pensando.- vorrei chiedergli a cosa ma mi trattengo. Guardo l’ora e scatto in piedi.

-È tardi devo andare.- fa un cenno con la testa e si sposta. Lo guardo perplessa aspettando che mi segua fuori dalla camera.

-Posso restare a riposare a casa mia? Sono stanco.- non trovo niente da ribattere anche perché in fondo ha ragione, quindi annuisco. Gli faccio un cenno e esco di casa. Chiusa la porta tiro un sospiro di sollievo. Mi avvio verso la mia SMART nera. Prima di partire mando un messaggio a Cristina per tranquillizzarla. Riesco ad arrivare in studio un attimo prima del mio paziente e osservo che sia tutto in ordine. La sala d’attesa è composta da un paio di divanetti verdi acqua, un tavolino di legno nero con alcune riviste un tappeto e un appendiabiti. Le pareti sono verde chiaro e sono appesi alcuni quadri. Entro nel mio studio e lo guardo attentamente. Le pareti sono arancio chiaro, da un lato una grande libreria con libri che mi servono per lavoro ma anche per distrarmi, alcune fotografie e regali. Sulle restanti, ho appeso alcuni quadri, la maggior parte regalati. In terra, tra il divano nero e le due poltrone di pelle blu, c’è un tappeto indiano. In fondo una scrivania con sopra tutte le mie scartoffie e il portatile che mi porto da casa. Sento bussare alla porta e vado ad aprire. Sara, la mia segretaria, mi fa notare che è arrivato il mio paziente e lo faccio accomodare. Mi siedo sul divanetto mentre lui prende posto su una delle poltroncine. Ascolto e aiuto i miei pazienti fino all’ora di pranzo. Salutato l’ultima paziente do una rapida occhiata per controllare che sia tutto in ordine poi esco per avviarmi verso il bar dove ho appuntamento con Cristina. Entro e come immaginato vedo Robi seduto al tavolo con lei. Mi siedo accanto a lui e lo bacio. Mi mette un braccio intorno alle spalle e mi accomodo tra le sue braccia.

-Ciao Cri.- mormoro piano. Mi guarda severa

-Buongiorno. Successo qualcosa di interessante stamattina?- sapeva già tutto, lo si intuiva dal suo tono di voce. Guardo Robi che ha stampato in faccia un’aria colpevole. Sbuffo e mi volto a guardarla con occhi da cucciolo.

-Cosa sai?- le chiedo titubante. Quando ha quello sguardo assassino mi spaventa.

-Non molto solo che è tornato. Quindi cosa è successo?- scuoto la testa.

-Non è successo niente, non preoccuparti. Voleva parlare ma avevo una seduta sul presto quindi sono dovuta uscire, quindi gli ho proposto di vederci nel mio studio questo pomeriggio-.

-Cosa vuole?-

-Non lo so. Sore non so niente. Non abbiamo avuto il tempo di parlare te l’ho detto ero in ritardo-. Sbuffa ma non dice nulla. Robi mi stringe forte a se. Negli occhi leggo una muta domanda ma se vuole che risponda deve ad alta voce. I suoi occhi si fanno scuri; penso che stia prendendo il mio silenzio come un sì. Cerco di fargli capire cosa voglio ma con scarsi risultati. Sospiro abbattuta e guardandolo con faccia innocente gli chiedo:

-Robi che c’è?-

-Lui…. Lui non ti ha….?- non riesce nemmeno a finire la frase. Gli sfioro le labbra dolcemente lo guardo dritto negli occhi poi mormoro:

-No, tranquillo non ha nemmeno provato ad avvicinarsi. E io non ho la minima intenzione di permetterglielo.-

-Lo spero per te, anche perché sennò ti faccio fuori. Tata non puoi permetterti di fidarti di nuovo di lui. Ti ha fatto troppo male- non riesco a sostenere il suo sguardo. Ci sono troppe cose che vorrei dirle ma non posso farlo davanti a Robi. Lei capisce senza che le dica niente. Vengono a prendere le nostre ordinazioni e la conversazione si sposta su temi più leggeri. Robi e Cri parlano tranquillamente, anche se riesco a notare che sono nervosi osservando la loro postura e ascoltando il tono di voce. Io parlo poco, mi perdo nei miei pensieri cercando di immaginare l’incontro del pomeriggio. Penso a come gestirlo, anche perché non ho mai pensato veramente ad un suo ritorno, ero fermamente convinta che non l’avrei più rivisto, che per le sue cose avrebbe mandato qualcuno. Non tocco cibo. Lo stomaco mi si è chiuso, e per una volta Cristina non dice nulla. Prima di uscire vado un attimo in bagno. Fortunatamente sono una brava attrice e dal mio viso non traspare nulla dell’agitazione che mi sta attanagliando. Ritorno al tavolo e cerco nella borsa il portafoglio ma Robi mi blocca. Protesto inutilmente mentre paga anche per me. Lo saluto con un bacio sulle labbra e lo guardo allontanarsi e mi volto per affrontare la mia migliore amica. Le sorrido ma capisce benissimo che sto mentendo, infatti, domanda.

-Come stai? Seriamente però.- alzo le spalle.

-Non lo so. Sono spaventata, confusa, elettrizzata. Non riesco a capirlo nemmeno io.- abbasso la testa per cercare di mascherare il dolore.

-Quanto ti ha fatto male vederlo?- come al solito dritta al punto. Evito di guardarla negli occhi e inizio a camminare verso lo studio, mi raggiunge velocemente e mi stringe la mano; in quel momento crollo mettendomi a piangere. Le lacrime scendono lentamente senza che io possa fare nulla. Abbasso la testa per evitare che qualcuno mi veda, non c’è la pioggia non posso far finta di niente. Capisce e continua a camminare. Arriviamo in fretta al mio studio, e fortunatamente Sara è ancora in pausa pranzo; quindi la sala d’aspetto è vuota. Apre velocemente la porta del mio studio e mi guarda, per poco non cado a terra. Mi aiuta a sedermi sul divano e mi abbracci aspettando che mi calmi, dato che ho perfino iniziato a tremare. Mi tiene stretta a se fino a quando mi tranquillizzo. Mi passa un fazzoletto di carta e mi asciugo il viso. Evito di guardarla tenendo la testa abbassata. Mi dà il tempo per riprendermi poi mi costringe a guardarla. Non riesco a capire come sia conciato il mio viso; vorrei andare in bagno ma so che se solo provo ad alzarmi mi squarta. Aspetta ancora qualche minuto poi chiede:

-Va meglio?- annuisco ma mi guarda poco convinta.

-Sto bene sul serio.-

-Ora vogliamo parlare?-

-Sore, davvero non ci sono problemi gravi.-

-Ora come stai?-

-Sono triste, arrabbiata. Non so cosa fare. Non pensavo che sarebbe tornato a casa.- la mia voce è bassa, non sembro io.

-A Elena l’hai già detto?- scuoto tristemente la testa.

-No, volevo evitare un omicidio nel mio appartamento. Il sangue è difficile da far venir via.- alza un sopracciglio sorpresa.

-Perché è nel tuo appartamento?- mi faccio piccola piccola

-Perché in fondo è anche casa sua. L’abbiamo presa insieme e la sua parte d’affitto è sempre stata pagata-

-Anche nell’ultimo mese?- annuisco tristemente. L’affitto, non sapevo come, era stato pagato. Lei mi guarda in modo strano però non posso fare finta di niente, è andata così. Il riferimento a prima di Elena mi ha fatto tornare in mente che dovevo ancora avvisarla.

-Devo chiamarla vero?- mormoro abbattuta. Voglio bene a Elly veramente bene, solo che ho paura di una sua reazione eccessiva. Quando si tratta di Franci non è molto razionale e ha scatti d’ira preoccupanti. Annuisce piano.

-Si ha il diritto di saperlo è una delle tue migliori amiche. Probabilmente si arrabbierà, quindi forse è meglio se aspetti più tardi, dopo che hai parlato con lui. Sennò rischi di trovartela in studio e non riusciresti a chiarire con quell’essere. Non che mi faccia piacere lasciarti da sola con lui, ma non credo di avere alternative. Lo conosco troppo bene e so che se c’è qualcun altro non arriverà mai al dunque.- guarda l’ora e sospira.

-Devo andare. Sarà qui tra poco e non ci tengo ad incontrarlo.- si alza dal divano su cui siamo sedute e la imito. L’accompagno alla porta. Prima di uscire si gira e mi abbraccia forte.

-Tata per favore fai attenzione. Non fidarti di lui. Non voglio più vederti soffrire a causa sua.- annuisco piano e lei si stacca. Facendo un sorriso tirato esce lasciandomi sola. Io ritorno a sedermi sul divano del mio studio tormentandomi le mani. Non so cosa fare, potrei mettermi a scrivere ma l’ispirazione in questo momento è pari a zero. Mi avvicino alla libreria e guardo i libri. Sono messi in ordine d’altezza, una piccola mania che ho fin da quando sono ragazza. Ne tiro fuori uno a caso e inizio a sfogliarlo.

-Cosa leggi?- una voce dietro di me e sobbalzo. Mi volto lentamente e lo vedo appoggiato allo stipite della porta. Chiudo il libro di scatto e lo rimetto dove l’ho trovato.

-Nulla di particolare cercavo qualcosa da fare mentre ti aspettavo. Sei in anticipo.- mormoro io tesa. Lui non è mai in anticipo, è sempre in ritardo. Pensavo di avere un po’ di tempo per prepararmi psicologicamente al suo arrivo ed invece no.

-Volevo vederti.- lo faccio accomodare sul divano mentre io mi siedo sulla poltrona. Porto le ginocchia al petto come una bambina. Ho bisogno di protezione, ogni volta che sono con lui mi sento debole ed indifesa.

-Bene parla, dimmi tutto quello che hai da dire.- dicco tesa.

-Sof… per favore non fare così.-

-Così come?- Chiedo sulla difensiva.

-Così…. Arrabbiata- lì esplodo. Mi alzo in piedi puntandogli un dito contro.

-Non devo essere arrabbiata? Ma stai scherzando?!? Te ne sei andato! Di nuovo! Dopo avermi giurato che non l’avresti più fatto. Dopo avermi giurato che saresti rimasto con me. Hai tradito nuovamente la mia fiducia e mi vieni a dire di non essere arrabbiata. Ma chi ti credi di essere?- ero pronta a schiaffeggiarlo ma per mia sfortuna avevo un potente autocontrollo e dopo la sfuriata ero esausta quindi mi sedetti ansimando sulla poltrona. Lui mi guardava dispiaciuto.

-Cleo, mi dispiace tantissimo. Non volevo andarmene ti giuro, ma dovevo farlo. Io stavo impazzendo, avevo bisogno di trovare me stesso. Avevo bisogno di stare un po’ da solo.-

-TU HAI AVUTO BISOGNO DI STARE DA SOLO UN MESE PER PENSARE?- ero esplosa di nuovo –Tu hai avuto bisogno di un mese per scoparti chi volevi ammettilo almeno cristo santo! Non venire a raccontarmi balle per l’amor del cielo.- respiravo male. Innervosirmi così mi fa male, molto male. Bevo un sorso d’acqua cercando di calmarmi.

-No, Cleo, davvero non è andata così. Io avevo bisogno di allontanarmi un po’ da te. Non ce la facevo più avevo solo bisogno del mio spazio. So di aver sbagliato, lo so tranquilla, ma ne avevo bisogno. Dovevo pensare a noi, al nostro futuro, a cosa fare. Non volevo farti soffrire, tu sei una delle persone più importanti della mia vita e io ci tengo a te, davvero.- scuoto la testa

-Non riesco a crederci. Come posso credere ad una persona che mi diceva tranquillamente di amarmi e il giorno dopo è sparita senza lasciare traccia? Che dice di aver bisogno per pensare e sta via un mese? Tu questo lo chiami amore?-

-Cleo…. Ascolta, io ti amo. Davvero. Sei una delle persone più importanti della mia vita e a te ci tengo so di aver sbagliato però….-

-NO. FRANCI NO! Non continuare ti prego. Sono caduta troppe volte nelle tue trappole. Tu sei troppo bravo con le parole e non mi fido più di te. Ti ho perdonato troppe volte, e il mio cuore non ce la fa più. Io ti amo tantissimo. Io non tu. Io ti ho sopportato per anni, io ti sono stata vicino cercando di aiutarti. E tu non mi hai dato praticamente niente in cambio. Le tue fughe sono state continue. Io non merito questo trattamento. Io sono stufa di essere trattata in questo modo. Non ne posso più. Tu continui a dire di amarmi, ma ti rendi conto che non lo dimostri? Tu fuggi. E io sono stanca di aspettarti io merito di meglio. Io merito di essere felice.- non reggo il suo sguardo chiudo gli occhi mentre le lacrime sgorgano dal mio viso. Lui continua a non dire niente. Lo sento alzarsi e si avvicina. Mi asciuga il viso poi mi fa alzare. Mi abbraccia forte e io come al solito mi sento piccola tra le sue braccia. Mi sfiora le labbra gentilmente poi al mio orecchio sussurra.

-Ti amo Cleo Maddalena Chillerni. Ti amo e te lo dimostrerò sparendo dalla tua vita perché è quello che vuoi. Quando questa sera tornerai a casa le mie cose saranno sparite. Ti amo bimba. Addio.- uscì dallo studio e io scoppiai a piangere. Finalmente avevo chiuso quella fase della mia vita.

Prima di salutare e ringraziare tutti voi che avete letto voglio ringraziare le mia Elena e la mia Cristina, da cui ho preso veramente spunto per questi due personaggi. Vi voglio veramente bene, siete due amiche, o meglio sorelle strepitose. Grazie di tutto.

Un bacio a tutti a chi legge e se avete voglia recensite

  
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