Chiarimenti è il seguito di Pioggia, che consiglio di leggere, si capisce abbastanza bene lo stesso ma probabilmente è meglio. Se avete voglia il link per leggerla è questo: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=507119&i=1
Riapro
gli occhi, il sole che filtra dalla finestra mi ha svegliato. Dovrei
alzarmi
per chiuderla ma non ho voglia. Mi giro su un fianco. Una vecchia
abitudine che
da un mese mi tormenta ancora. Sospirando mi alzo dal letto e recupero
la
vestaglia di seta blu. È un mese che non ho sue notizie,
però non ho avuto il
coraggio di spostare la sua roba; anche perché non avrei
saputo dove metterla.
Mi trascino fino in cucina e mi verso un bicchiere d’acqua.
Ora che non c’è più
non sono costretta a fare colazione. Mi appoggio al bancone trattenendo
le
lacrime. Questa casa mi sembra così vuota ora che ci vivo da
sola. Io mi sento
sola. Il telefono squilla ma non mi va di rispondere. Stancamente mi
trascino
di nuovo in camera. Non ho voglia di iniziare una nuova giornata
lavorativa.
Dovrei andare in studio o quantomeno iniziare la nuova bozza per il mio
romanzo. Ma mi manca la voglia. Mi butto sul letto. Non riesco ancora a
dormire
bene. Però dormo meglio da quando ho iniziato ad uscire con
Roberto. Esco con
lui da un paio di settimane circa, me l’ha presentato
Cristina. Io non ero
sicura, mi sembrava di fare un torto a Franci ma giustamente mi avevano
fatto
notare che andandosene così senza motivo equivaleva ad
essere lasciata. Robi
era molto paziente con me sapeva di quello che stavo passando e non mi
metteva
fretta. Gli ero molto grata di questo. Sbadiglio e cerco il cellulare.
Ho sette
chiamate non risposte: due di Elena e cinque di Cristina. Sospiro.
È da quando
se ne è andato che non mi lasciano in pace. Mi conoscono
troppo bene. Sto per
rimettermi a letto ma suona il campanello. So già chi
è, e so anche che se non
vado ad aprire entrerà con le chiavi che le ho dato io.
Sbuffando mi avvio
verso l’ingresso. Il campanello continua a suonare e io
sbuffo.
-Certo
che invece di attaccarti al campanello potresti usare direttamente le
chiavi-
dico seccata mentre apro.
-Ad
avercele le chiavi tesoro mio.- Robi mi guarda sorridendo dalla soglia
di casa
mia. In mano ha un sacchetto di una pasticceria. Lo guardo a bocca
aperta e lui
ridacchia.
-Allora
non mi fai entrare?- lo fisso confusa per poi arrossire. Mi sto
comportando
come una maleducata.
-Oddio
si scusami! Entra pure.- va direttamente in cucina e appoggia il
sacchetto sul
bancone, per poi avvicinarsi a me. Mi prende tra le braccia e si china
per
baciarmi. Io passo le mani tra i suoi capelli. Robi è altro
un metro e novanta,
più altro di Franci. Tra le sue braccia mi sento una
bambola. Ha i capelli neri
leggermente ondulati e gli occhi di un azzurro intenso. A volte mi
chiedo cosa
ci possa trovare un figo del genere in una come me, ma non voglio
saperlo.
Finito il bacio mi appoggio al suo petto. Non gli arrivo nemmeno alle
spalle.
Lui mi accarezza piano la schiena.
-Sai
che sei bellissima?- alzo la testa per guardarlo negli occhi.
-In
questo momento? Non direi, sono tutta spettinata- dico scettica. Lui
ride
tornando ad accarezzarmi
-Si
anche spettinata. Poi con questa vestaglia ancora di più.-
arrossisco
lievemente. Non siamo arrivati ancora a quella fase, un po’
perché non ci
conosciamo ancora bene, ma anche perché non mi sono ancora
sentita pronta. Mi
stacco da lui e imbarazzata gli chiedo se vuole un caffè.
Annuisce pensieroso
mentre si siede. Io recupero la moca mentre gli domando.
-Come
mai qui?- lo vedo farsi serio prima di rispondere.
-Volevo
farti una sorpresa, so quanta fatica fai per alzarti la mattina e so
che non
fai colazione. Quindi ho pensato che magari se c’ero io la
facevi più
volentieri e poi avevo voglia di vederti.- arrossisco violentemente. Ci
tiene
davvero a me. E io pian piano sto dimenticando Francesco. Mentre il
caffè viene
su mi siedo in braccio a Robi e inizio a baciarlo. Lui risponde con
calma,
accarezzandomi l’interno coscia, per poi salire fino al nodo
della cintura. La vestaglia
si apre mostrano la leggera camicia da notte di raso che ho sotto.
Sorrido
imbarazzata; non so come comportarmi. Non mi sento ancora pronta. Lui
se ne
rende conto e mi posa un leggero bacio sulla fronte.
-Tranquilla
non c’è fretta capisco. Ora controlla la colazione
non vorrei che bruciasse.-sorrido
dispiaciuto alzandomi per controllare il caffè. Metto su un
vassoio un bricco
di latte, lo zucchero e la tazzina. Attenta a non scottarmi prendo la
moca e
verso il caffè. Lo porto al tavolo e mi siedo di fronte a
lui, prende una
brioche dal sacchetto e me lo porge, ma scuoto la testa. Mi guarda male
e
faccio finta di non capire.
-Che
c’è?-
-E
la tua di colazione?- evito di guardarlo negli occhi mentre rispondo
-Non
ho fame, sto bene così.-
-Cleo….
È il pasto più importante della giornata. Forza
per una spremuta d’arancia e
una brioche non muori. Su non fare i capricci.- sbuffo per nascondere
la
malinconia. Ogni mattina con Franci era una lotta, e anche lui mi
trattava
sempre come una bambina. Per nascondere il dolore mi alzo e prendo il
succo
d’arancia in frigo. Mi avvicino alla credenza e mi alzo sulle
punte per
prendere un bicchiere. Continuo a chiedermi perché li tengo
ancora così in
alto. Una mano da dietro ne recupera uno. Robi lo appoggia sul bancone
per poi
stringermi a se; appoggia il mento sulla mia testa poi mormora:
-Tesoro
scusami. Se ho detto qualcosa di sbagliato mi dispiace, non era mia
intenzione
rattristarti.- scuoto la testa debolmente. Non deve sentirsi in colpa.
Accarezzo una mano appoggiata sul mio ventre.
-No,
non è colpa tua. Tu non hai fatto niente di male. Sono io il
problema. Tu sei
perfetto, e io ti adoro.- mi da un leggero bacio
sull’orecchio. Io mi appoggio
a lui e mi lascio coccolare. Ne ho così bisogno. Chiudo gli
occhi cercando di
non pensare al passato, di assaporare solo quell’istante. Che
dura troppo poco.
La porta di casa viene aperta e mi volto confusa. Sulla soglia
c’è appoggiata
una piccola valigia. Mi irrigidisco tra le braccia di Robi, non ho
nemmeno il
coraggio di pensarlo. Una figura entra piano in casa. Mi sento male. Le
forze
mi abbandonano. Robi mi tiene su, prova a dirmi qualcosa ma non sento
nulla.
Sulla porta di casa c’è il mio ex inquilino. Lo
guardo con gli occhi sbarrati.
I suoi capelli castano scuro sono leggermente più lunghi, i
suoi bellissimi
occhi neri sono nascosti dagli occhiali da sole. Non riesco a capire
cosa stia
pensando in questo modo. Vorrei andare da lui e toglierli, ma non
posso. Non ne
ho più il diritto. E poi probabilmente è venuto
solo a recuperare la sua roba.
Sento il suo sguardo anche attraverso le lenti e non riesco a
sostenerlo.
Franci fa qualche passo e entra in cucina, ma nessuno dice niente. Il
silenzio
sta diventando insostenibile ma non me la sento di spezzarlo; anche
perché non
saprei che dire. Fortunatamente prende prima lui la parola
-Beh,
e le buone maniere? Non si saluta più?-
-Ciao
Franci.- mormoro piano. La mia voce trema e la stretta di Robi si fa
ferrea.
-Non
ci presenti? Non mi sembra di conoscere il tuo amico.- udii chiaramente
Roberto
mormorare “Ma io conosco te” ma feci finta di
nulla. Lui continua ad usare quel
tono spavaldo, vorrei prenderlo a schiaffi. Si toglie gli occhiali e mi
guarda
con occhi di fuoco. Lo affronto. Non mi fa paura. Ma non voglio che lui
e Robi
si mettano a litigare. Restando tra le braccia del mio uomo mormoro:
-Francesco,
Roberto. Roberto, Francesco- Franci si fa avanti tendendo la mano.
Senza
lasciarmi andare la stringe. Si osservano per un po’ senza
dire niente poi
Franci mormora
-Cleo
avrei bisogno di parlare con te.- Robi mi bacia il collo e sussurra al
mio
orecchio
-Tesoro
è meglio che me ne vada- volto la testa per guardarlo. Lo
imploro con gli occhi
di rimanere ma scuote la testa.
-No
piccolina non è giusto che rimanga. Ti chiamo più
tardi.- detto questo mi
lascia andare recupera la giacca e una brioche poi torna da me.
Continuo a
guardarlo con quella faccia da cucciolo abbandonato che solitamente
funziona,
ma lui sorride e mi bacia. Lo guardo uscire dalla porta sperando di
vederlo
tornare indietro. Dopo un paio di minuti smetto di osservare la porta e
mi
avvio verso il tavolo. Il mio succo è ancora sul bancone, ma
mi è passata la
voglia di berlo. Metto la tazzina nel lavandino e il sacchetto con le
brioche
nel mobile dei dolci. Continuo a muovermi per evitare di farlo parlare.
Sto per
uscire dalla cucina ma mi trattiene per il polso attirandomi a se; i
nostri
corpi sono incollati. Per la sorpresa non riesco a dire nulla, mi
accarezza una
guancia ma gli occhi sono seri, decisi.
-Dobbiamo
parlare. Puoi stare ferma un attimo?- abbasso la testa, non riesco a
sostenere
il suo sguardo. Lui mi trascina in soggiorno, mi siedo sul divano e lui
si
siede al lato opposto. Incrocio le gambe, aspettando che si metta a
parlare, ma
continua a guardarsi intorno come se mancasse qualcosa. Eppure non ho
fatto
molti cambiamenti in questo mese, ho tolto solo un paio di fotografie
forse e
aggiunto qualche libro alla libreria, poi è rimasto tutto
uguale a prima.
-C’è
qualcosa di diverso. Cosa hai cambiato?- scuoto la testa
-Nulla
di particolare, ho tolto solo alcune fotografie.-
-Si
tutte le nostre….- mormora. Io alzo le spalle. Mi faceva
troppo male avere
intorno, quindi le avevo nascoste. Mi scruta in silenzio. Io mi sento a
disagio; vorrei fuggire, nascondermi da quello sguardo inquisitore. Ma
non
posso. Non capisco perché continua a stare in silenzio. Mi
mette solo più
ansia. Chiudo gli occhi cercando di calmarmi; ho bisogno di Cristina.
Ho
bisogno di lei. Ma anche se potessi chiamarla, cosa che ovviamente non
posso
fare con lui che mi controlla a vista, probabilmente non lo farei.
Perché non
nonostante io abbia venticinque anni sono rimasta la ragazzina
diciassettenne
che non riesce a chiedere aiuto alle persone che le stanno accanto.
Guardo
Franci. I suoi occhi sono indecifrabili. Non riesco a capire cosa stia
pensando. Questo silenzio sta diventando insopportabile; sto per
chiedergli
cosa voglia da me, quando finalmente prende la parola.
-Come
stai?- domanda
-E
tu?- cerco di sviare il discorso con scarsi risultati.
-Bene
Cleo, sto bene. Però voglio sapere tu come stai.-
-Credo
che la miglior descrizione sia confusa.- mormoro io. Mi sposta una
ciocca di
capelli che mi era caduta davanti agli occhi. Mi osserva attentamente
senza
dire nulla ma io non ce la faccio più.
-Mi
spieghi cosa vuoi? Perché sei tornato?- la mia voce si
incrina. Non vorrei
mostrarmi così debole ma non poso farne a meno. La mano che
gioca con i miei
capelli si abbassa e il suo sguardo si fa triste.
-Mi
mancavi.- mormora piano. Mi si stringe il cuore a vederlo
così però non devo
intenerirmi. Anche lui mi era mancato, ma ero stata troppo male a causa
sua,
per troppo tempo. E il mio spirito di autoconservazione mi sussurra di
andarci
piano. Non so come comportarmi. Aspetto in silenzio che riprenda a
parlare, ma
sta lì in silenzio e continua a fissarmi; sbuffo e guardo
l’ora. Tra meno di
mezz’ora ho una seduta, non posso mancare e sono ancora in
pigiama. Mi alzo dal
divano avviandomi in camera. Apro l’armadio indecisa e alla
fine opto per un
vestito a fantasie arancio senza maniche, sopra ci infilo un cardigan
di cotone
leggere. Ormai siamo a fine maggio e la temperatura si è
notevolmente alzata.
Mi tolgo la vestaglia e sto per sfilare la camicia da notte quando
Franci
chiede:
-Perché
te ne sei andata?- il tono è seccato. Sbuffo infastidita
mentre la camicia d
notte finisce sul letto. Infilo velocemente il vestito e mi siedo
davanti allo
specchio prima di rispondere.
-Perché
alle nove ho una seduta e tu non ti decidevi a parlare. Quindi ho
decisi di
venire a cambiarmi.- frugo tra mascara matita e ombretti fino a
recuperare il
correttore e nascondo le occhiaie. Mi guardo critica indecisa cosa fare
con i
miei lunghi capelli castani. Li spazzolo velocemente decidendo di
lasciargli
sciolti. Dallo specchio vedo che si sta tormentando le mani ma non ho
la benché
minima intenzione di rendergli il compito più facile.
-Non
puoi rimandare la seduta? Ho davvero bisogno di parlarti- mi volto a
guardarlo.
Lo fisso attentamente per vedere se scherza prima di rispondere.
-No,
non posso, è una seduta importante.- e anche se non lo fosse
non l’avrei mai
annullata. Non lo avevo mai fatto e non lo avrei fatto. La sua faccia
si fa
dura
-Cleo
per l’amor del cielo, ho davvero bisogno di parlarti.- sbuffo
e controllo
velocemente i miei appuntamenti.
-Ho
un buco alle due, puoi venire in studio per quell’ora.- lo
vedo riflettere un
attimo
-Non
possiamo pranzare insieme?- scuoto la testa
-No
mi vedo con Cristina e dopo stamattina ci sarà sicuramente
anche Roberto. Ma se
vuoi morire fai pure accomodati.- lo vidi fare una smorfia. Il solo
nominare
Cri gli ha fatto cambiare idea. Controllo la borsa e metto dentro la
roba
mancante. Mi volto a guardare Franci, lui continua a scrutarmi con una
strana
luce negli occhi. Mi sistemo nervosamente una ciocca di capelli dietro
l’orecchio. Mi sta mettendo in imbarazzo.
-Ho
qualcosa che non va?- domando. Lui scuote la testa.
-No
tranquilla. Stai benissimo, stavo solo pensando.- vorrei chiedergli a
cosa ma
mi trattengo. Guardo l’ora e scatto in piedi.
-È
tardi devo andare.- fa un cenno con la testa e si sposta. Lo guardo
perplessa
aspettando che mi segua fuori dalla camera.
-Posso
restare a riposare a casa mia? Sono stanco.- non trovo niente da
ribattere
anche perché in fondo ha ragione, quindi annuisco. Gli
faccio un cenno e esco
di casa. Chiusa la porta tiro un sospiro di sollievo. Mi avvio verso la
mia SMART
nera. Prima di partire mando un messaggio a Cristina per
tranquillizzarla.
Riesco ad arrivare in studio un attimo prima del mio paziente e osservo
che sia
tutto in ordine. La sala d’attesa è composta da un
paio di divanetti verdi
acqua, un tavolino di legno nero con alcune riviste un tappeto e un
appendiabiti. Le pareti sono verde chiaro e sono appesi alcuni quadri.
Entro
nel mio studio e lo guardo attentamente. Le pareti sono arancio chiaro,
da un
lato una grande libreria con libri che mi servono per lavoro ma anche
per
distrarmi, alcune fotografie e regali. Sulle restanti, ho appeso alcuni
quadri,
la maggior parte regalati. In terra, tra il divano nero e le due
poltrone di
pelle blu, c’è un tappeto indiano. In fondo una
scrivania con sopra tutte le
mie scartoffie e il portatile che mi porto da casa. Sento bussare alla
porta e
vado ad aprire. Sara, la mia segretaria, mi fa notare che è
arrivato il mio
paziente e lo faccio accomodare. Mi siedo sul divanetto mentre lui
prende posto
su una delle poltroncine. Ascolto e aiuto i miei pazienti fino
all’ora di
pranzo. Salutato l’ultima paziente do una rapida occhiata per
controllare che
sia tutto in ordine poi esco per avviarmi verso il bar dove ho
appuntamento con
Cristina. Entro e come immaginato vedo Robi seduto al tavolo con lei.
Mi siedo
accanto a lui e lo bacio. Mi mette un braccio intorno alle spalle e mi
accomodo
tra le sue braccia.
-Ciao
Cri.- mormoro piano. Mi guarda severa
-Buongiorno.
Successo qualcosa di interessante stamattina?- sapeva già
tutto, lo si intuiva
dal suo tono di voce. Guardo Robi che ha stampato in faccia
un’aria colpevole.
Sbuffo e mi volto a guardarla con occhi da cucciolo.
-Cosa
sai?- le chiedo titubante. Quando ha quello sguardo assassino mi
spaventa.
-Non
molto solo che è tornato. Quindi cosa è
successo?- scuoto la testa.
-Non
è successo niente, non preoccuparti. Voleva parlare ma avevo
una seduta sul
presto quindi sono dovuta uscire, quindi gli ho proposto di vederci nel
mio
studio questo pomeriggio-.
-Cosa
vuole?-
-Non
lo so. Sore non so niente. Non abbiamo avuto il tempo di parlare te
l’ho detto
ero in ritardo-. Sbuffa ma non dice nulla. Robi mi stringe forte a se.
Negli
occhi leggo una muta domanda ma se vuole che risponda deve ad alta
voce. I suoi
occhi si fanno scuri; penso che stia prendendo il mio silenzio come un
sì.
Cerco di fargli capire cosa voglio ma con scarsi risultati. Sospiro
abbattuta e
guardandolo con faccia innocente gli chiedo:
-Robi
che c’è?-
-Lui….
Lui non ti ha….?- non riesce nemmeno a finire la frase. Gli
sfioro le labbra
dolcemente lo guardo dritto negli occhi poi mormoro:
-No,
tranquillo non ha nemmeno provato ad avvicinarsi. E io non ho la minima
intenzione di permetterglielo.-
-Lo
spero per te, anche perché sennò ti faccio fuori.
Tata non puoi permetterti di
fidarti di nuovo di lui. Ti ha fatto troppo male- non riesco a
sostenere il suo
sguardo. Ci sono troppe cose che vorrei dirle ma non posso farlo
davanti a
Robi. Lei capisce senza che le dica niente. Vengono a prendere le
nostre
ordinazioni e la conversazione si sposta su temi più
leggeri. Robi e Cri
parlano tranquillamente, anche se riesco a notare che sono nervosi
osservando
la loro postura e ascoltando il tono di voce. Io parlo poco, mi perdo
nei miei
pensieri cercando di immaginare l’incontro del pomeriggio.
Penso a come
gestirlo, anche perché non ho mai pensato veramente ad un
suo ritorno, ero
fermamente convinta che non l’avrei più rivisto,
che per le sue cose avrebbe mandato
qualcuno. Non tocco cibo. Lo stomaco mi si è chiuso, e per
una volta Cristina
non dice nulla. Prima di uscire vado un attimo in bagno. Fortunatamente
sono
una brava attrice e dal mio viso non traspare nulla
dell’agitazione che mi sta
attanagliando. Ritorno al tavolo e cerco nella borsa il portafoglio ma
Robi mi
blocca. Protesto inutilmente mentre paga anche per me. Lo saluto con un
bacio
sulle labbra e lo guardo allontanarsi e mi volto per affrontare la mia
migliore
amica. Le sorrido ma capisce benissimo che sto mentendo, infatti,
domanda.
-Come
stai? Seriamente però.- alzo le spalle.
-Non
lo so. Sono spaventata, confusa, elettrizzata. Non riesco a capirlo
nemmeno
io.- abbasso la testa per cercare di mascherare il dolore.
-Quanto
ti ha fatto male vederlo?- come al solito dritta al punto. Evito di
guardarla
negli occhi e inizio a camminare verso lo studio, mi raggiunge
velocemente e mi
stringe la mano; in quel momento crollo mettendomi a piangere. Le
lacrime
scendono lentamente senza che io possa fare nulla. Abbasso la testa per
evitare
che qualcuno mi veda, non c’è la pioggia non posso
far finta di niente. Capisce
e continua a camminare. Arriviamo in fretta al mio studio, e
fortunatamente
Sara è ancora in pausa pranzo; quindi la sala
d’aspetto è vuota. Apre
velocemente la porta del mio studio e mi guarda, per poco non cado a
terra. Mi
aiuta a sedermi sul divano e mi abbracci aspettando che mi calmi, dato
che ho
perfino iniziato a tremare. Mi tiene stretta a se fino a quando mi
tranquillizzo. Mi passa un fazzoletto di carta e mi asciugo il viso.
Evito di
guardarla tenendo la testa abbassata. Mi dà il tempo per
riprendermi poi mi
costringe a guardarla. Non riesco a capire come sia conciato il mio
viso;
vorrei andare in bagno ma so che se solo provo ad alzarmi mi squarta.
Aspetta
ancora qualche minuto poi chiede:
-Va
meglio?- annuisco ma mi guarda poco convinta.
-Sto
bene sul serio.-
-Ora
vogliamo parlare?-
-Sore,
davvero non ci sono problemi gravi.-
-Ora
come stai?-
-Sono
triste, arrabbiata. Non so cosa fare. Non pensavo che sarebbe tornato a
casa.-
la mia voce è bassa, non sembro io.
-A
Elena l’hai già detto?- scuoto tristemente la
testa.
-No,
volevo evitare un omicidio nel mio appartamento. Il sangue è
difficile da far
venir via.- alza un sopracciglio sorpresa.
-Perché
è nel tuo appartamento?- mi faccio piccola piccola
-Perché
in fondo è anche casa sua. L’abbiamo presa insieme
e la sua parte d’affitto è
sempre stata pagata-
-Anche
nell’ultimo mese?- annuisco tristemente. L’affitto,
non sapevo come, era stato
pagato. Lei mi guarda in modo strano però non posso fare
finta di niente, è
andata così. Il riferimento a prima di Elena mi ha fatto
tornare in mente che
dovevo ancora avvisarla.
-Devo
chiamarla vero?- mormoro abbattuta. Voglio bene a Elly veramente bene,
solo che
ho paura di una sua reazione eccessiva. Quando si tratta di Franci non
è molto
razionale e ha scatti d’ira preoccupanti. Annuisce piano.
-Si
ha il diritto di saperlo è una delle tue migliori amiche.
Probabilmente si
arrabbierà, quindi forse è meglio se aspetti
più tardi, dopo che hai parlato
con lui. Sennò rischi di trovartela in studio e non
riusciresti a chiarire con
quell’essere. Non che mi faccia piacere lasciarti da sola con
lui, ma non credo
di avere alternative. Lo conosco troppo bene e so che se
c’è qualcun altro non
arriverà mai al dunque.- guarda l’ora e sospira.
-Devo
andare. Sarà qui tra poco e non ci tengo ad incontrarlo.- si
alza dal divano su
cui siamo sedute e la imito. L’accompagno alla porta. Prima
di uscire si gira e
mi abbraccia forte.
-Tata
per favore fai attenzione. Non fidarti di lui. Non voglio
più vederti soffrire
a causa sua.- annuisco piano e lei si stacca. Facendo un sorriso tirato
esce
lasciandomi sola. Io ritorno a sedermi sul divano del mio studio
tormentandomi
le mani. Non so cosa fare, potrei mettermi a scrivere ma
l’ispirazione in
questo momento è pari a zero. Mi avvicino alla libreria e
guardo i libri. Sono
messi in ordine d’altezza, una piccola mania che ho fin da
quando sono ragazza.
Ne tiro fuori uno a caso e inizio a sfogliarlo.
-Cosa
leggi?- una voce dietro di me e sobbalzo. Mi volto lentamente e lo vedo
appoggiato allo stipite della porta. Chiudo il libro di scatto e lo
rimetto
dove l’ho trovato.
-Nulla
di particolare cercavo qualcosa da fare mentre ti aspettavo. Sei in
anticipo.- mormoro
io tesa. Lui non è mai in anticipo, è sempre in
ritardo. Pensavo di avere un
po’ di tempo per prepararmi psicologicamente al suo arrivo ed
invece no.
-Volevo
vederti.- lo faccio accomodare sul divano mentre io mi siedo sulla
poltrona.
Porto le ginocchia al petto come una bambina. Ho bisogno di protezione,
ogni
volta che sono con lui mi sento debole ed indifesa.
-Bene
parla, dimmi tutto quello che hai da dire.- dicco tesa.
-Sof…
per favore non fare così.-
-Così
come?- Chiedo sulla difensiva.
-Così….
Arrabbiata- lì esplodo. Mi alzo in piedi puntandogli un dito
contro.
-Non
devo essere arrabbiata? Ma stai scherzando?!? Te ne sei andato! Di
nuovo! Dopo
avermi giurato che non l’avresti più fatto. Dopo
avermi giurato che saresti rimasto
con me. Hai tradito nuovamente la mia fiducia e mi vieni a dire di non
essere
arrabbiata. Ma chi ti credi di essere?- ero pronta a schiaffeggiarlo ma
per mia
sfortuna avevo un potente autocontrollo e dopo la sfuriata ero esausta
quindi
mi sedetti ansimando sulla poltrona. Lui mi guardava dispiaciuto.
-Cleo,
mi dispiace tantissimo. Non volevo andarmene ti giuro, ma dovevo farlo.
Io
stavo impazzendo, avevo bisogno di trovare me stesso. Avevo bisogno di
stare un
po’ da solo.-
-TU
HAI AVUTO BISOGNO DI STARE DA SOLO UN MESE PER PENSARE?- ero esplosa di
nuovo
–Tu hai avuto bisogno di un mese per scoparti chi volevi
ammettilo almeno
cristo santo! Non venire a raccontarmi balle per l’amor del
cielo.- respiravo
male. Innervosirmi così mi fa male, molto male. Bevo un
sorso d’acqua cercando
di calmarmi.
-No,
Cleo, davvero non è andata così. Io avevo bisogno
di allontanarmi un po’ da te.
Non ce la facevo più avevo solo bisogno del mio spazio. So
di aver sbagliato,
lo so tranquilla, ma ne avevo bisogno. Dovevo pensare a noi, al nostro
futuro,
a cosa fare. Non volevo farti soffrire, tu sei una delle persone
più importanti
della mia vita e io ci tengo a te, davvero.- scuoto la testa
-Non
riesco a crederci. Come posso credere ad una persona che mi diceva
tranquillamente di amarmi e il giorno dopo è sparita senza
lasciare traccia?
Che dice di aver bisogno per pensare e sta via un mese? Tu questo lo
chiami
amore?-
-Cleo….
Ascolta, io ti amo. Davvero. Sei una delle persone più
importanti della mia
vita e a te ci tengo so di aver sbagliato però….-
-NO.
FRANCI NO! Non continuare ti prego. Sono caduta troppe volte nelle tue
trappole. Tu sei troppo bravo con le parole e non mi fido
più di te. Ti ho
perdonato troppe volte, e il mio cuore non ce la fa più. Io
ti amo tantissimo.
Io non tu. Io ti ho sopportato per anni, io ti sono stata vicino
cercando di
aiutarti. E tu non mi hai dato praticamente niente in cambio. Le tue
fughe sono
state continue. Io non merito questo trattamento. Io sono stufa di
essere
trattata in questo modo. Non ne posso più. Tu continui a
dire di amarmi, ma ti
rendi conto che non lo dimostri? Tu fuggi. E io sono stanca di
aspettarti io
merito di meglio. Io merito di essere felice.- non reggo il suo sguardo
chiudo
gli occhi mentre le lacrime sgorgano dal mio viso. Lui continua a non
dire
niente. Lo sento alzarsi e si avvicina. Mi asciuga il viso poi mi fa
alzare. Mi
abbraccia forte e io come al solito mi sento piccola tra le sue
braccia. Mi
sfiora le labbra gentilmente poi al mio orecchio sussurra.
-Ti amo Cleo Maddalena Chillerni. Ti amo e te lo dimostrerò sparendo dalla tua vita perché è quello che vuoi. Quando questa sera tornerai a casa le mie cose saranno sparite. Ti amo bimba. Addio.- uscì dallo studio e io scoppiai a piangere. Finalmente avevo chiuso quella fase della mia vita.
Prima di salutare e ringraziare tutti voi che avete letto voglio ringraziare le mia Elena e la mia Cristina, da cui ho preso veramente spunto per questi due personaggi. Vi voglio veramente bene, siete due amiche, o meglio sorelle strepitose. Grazie di tutto.
Un bacio a
tutti a chi legge e se avete voglia recensite