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Autore: Ale Kanou    14/09/2005    6 recensioni
“Da cosa sei scappata?” le chiese lui. Sanae per un attimo non rispose poi, guardando diritto davanti a sé aggiunse a bassa voce “Dai fantasmi del passato…”
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 23: Incomprensioni


Dopo un tempo che a lei parve infinito, il Presidente Seeler pose fine alla conferenza stampa, ringraziando e salutando gli ospiti e invitandoli a presentarsi alla cena organizzata nel ristorante dell’Hotel la sera successiva.

Sanae si alzò velocemente dal tavolo…era completamente frastornata…sentiva il desiderio irrefrenabile di fuggire da lì.

In mezzo alla confusione, scese rapidamente i gradini del palco in direzione dell’uscita; fece però solo pochi passi quando si sentì afferrare la mano da qualcuno.

Karl che per tutta la durata della loro intervista l’aveva osservata rimanere immobile al tavolo, confuso più che mai, si mosse subito verso di lei, ma fu bloccato da due giornalisti che ricominciarono a tempestarlo di domande.

Senza prestare attenzione alle parole dei due, cominciò a cercarla con lo sguardo in mezzo alla folla. E quando la vide cominciò a sentirsi invadere da una rabbia improvvisa…lui era con lei.

Sanae si girò per capire chi la stesse trattenendo e quando si trovò di fronte Tsubasa, per un attimo smise di respirare.

In preda al panico tentò subito di divincolarsi dalla sua stretta ma lui, serrando ancor più la sua mano intorno alla sua, la attirò a sé dicendole “Sanae ti prego aspetta…”

Per la seconda volta si ritrovò a fissare quei due occhi neri e a perdersi dentro di essi.

I battiti del suo cuore sembravano impazziti mentre lo ascoltava parlare “Ho bisogno di parlarti Sanae…ti prego…”

“Lasciami andare Tsubasa…Lasciami!!!” Con uno strattone si staccò da lui e con le lacrime che cominciavano a inondarle il viso, iniziò a correre verso l’uscita a testa bassa.

Senza volerlo andò a sbattere contro qualcuno “Scusi…” si ritrovò a sussurrare al malcapitato con la voce rotta dai singhiozzi.

Si sentì afferrare per le spalle da lui e alzando sorpresa il viso, si ritrovò faccia a faccia con Karl.

Il capitano tedesco rimase senza parole davanti al viso sconvolto di Sanae…stava piangendo. Sentì aumentare ancora di più la sua rabbia e senza rendersene conto, cominciò a stringere con forza le sue mani sulle spalle della ragazza che reagì con una smorfia di dolore.

“Karl io…” Sentiva le dita del ragazzo affondare con forza nella sua pelle, ma ciò che più le faceva male era il suo sguardo…confuso…furente…alla disperata ricerca della verità.

Di fronte a quegli occhi blu, le lacrime ricominciarono a uscire… silenziosamente…involontariamente…

Karl sentì la stretta al cuore che lo stava attanagliando farsi ancor più serrata.

Era chiaro…il suo silenzio valeva più di mille parole per lui: la fuga del giorno prima, la risposta di Ozora, detta volutamente in giapponese per attirare l’attenzione di lei, lo sguardo che i due si erano scambiati sul palco, le occhiate che il campione giapponese le aveva mandato per tutta la durata della conferenza stampa…e adesso quelle lacrime…versate…per lui.

Ecco quale era la verità.

Sentì la rabbia mescolarsi a nuovi sentimenti: orgoglio, gelosia, rassegnazione, disperazione. “Allora è per lui…che stai così?” disse con voce sommessa puntandole contro due occhi glaciali.

Sanae si sentì trapassare da quello sguardo…avrebbe voluto spiegargli…dirgli tutta la verità…ma non riuscì a proferire parola.

Lui la lasciò andare e senza dirle altro la oltrepassò, lasciandola sola in mezzo alla sala.



Tsubasa rimase per un momento fermo a guardare la figura che si allontanava da lui, mentre mille pensieri affollavano la sua mente.

Quel contatto anche solo di pochi secondi con lei, aveva aumentato ancor di più il suo desiderio di rivederla, di parlarle, di dirle finalmente tutto quello che lui aveva taciuto per anni.

“Stai fuori dalla sua vita Ozora…”

Tsubasa si girò a guardare Genzo che con un tono di voce imperioso, si era rivolto a lui.

Senza scomporsi e guardandolo diritto negli occhi l’attaccante rispose “Non posso…non adesso che l’ho ritrovata…”

“Tu non hai nessun diritto su di lei…lo hai perso andandotene in Brasile…” ringhiò il numero uno tedesco.

“Cosa stai cercando di dirmi…che forse tu hai più diritti di me su di lei?” rispose Tsubasa, alzando il tono di voce.

Era da quando aveva visto la fotografia che ritraeva Sanae che un dubbio lo assillava: forse lei era venuta ad Amburgo per stare con lui…quello avrebbe spiegato molte cose, soprattutto sull’ostilità che il portiere in quegli anni gli aveva dimostrato.

Con una smorfia Wakabayashi gli voltò le spalle, non prima di avergli detto “Te lo ripeto Ozora…stai lontano da Sanae…”

“Non posso…io sono innamorato di lei …da sempre…” E così dicendo Tsubasa si girò e se ne andò lasciando il portiere impietrito dietro di lui.



Sanae dopo aver pagato la corsa al tassista che di fronte ai suoi occhi gonfi di pianto la guardava confuso, scese dalla macchina e cominciò a camminare lentamente.

Non voleva andare a casa…non voleva stare da sola quella sera…sentiva la necessità di sfogarsi con qualcuno.

Senza volerlo si ritrovò davanti ad un edificio a lei noto e con un groppo in gola cominciò a suonare il campanello insistentemente.

Quando la porta si aprì, ritrovandosi davanti quella figura familiare, Sanae scoppiò all’istante in un pianto sfrenato, gettandosi tra le braccia di Karol che, interdetta, ricambiò l’abbraccio dell’amica.

Kristine affacciandosi dalla cucina, rimase a sua volta sconcertata mentre fissava Sanae disperata, stretta a Karol; avvicinandosi a loro e scambiando un’occhiata confusa con la compagna d’appartamento, mise un braccio sulla spalla della giapponese chiedendole con dolcezza “Sanae che cosa è successo?”

La ragazza alzò per un attimo lo sguardo sulla bionda, tentando di rispondere ma le parole furono nuovamente interrotte da un’altra ondata di pianto.

Le due tedesche la accompagnarono in salotto, facendola sedere sul divano; le prepararono una tazza di tè e si sedettero accanto a lei, aspettando che si calmasse.

Dopo aver dato libero sfogo a tutta la sua disperazione, Sanae singhiozzando e asciugandosi con le mani il viso, cominciò a bere lentamente il caldo liquido ambrato.

Di fronte alle facce sconcertate delle due amiche, aprì bocca per tentare di dare loro spiegazioni, ma si bloccò subito…non sapeva neanche da che parte cominciare.

Poi però facendosi coraggio, cominciò a parlare lentamente e raccontò loro tutto: del motivo per cui era venuta ad Amburgo, abbandonando il Giappone, del suo amore disperato e mai ricambiato, dell’anoressia, di come aveva reincontrato il suo migliore amico e aveva cominciato a frequentare Karl e infine di quello che era successo in quei giorni e che le aveva sconvolto completamente la vita.

Karol e Kristine ascoltarono l’amica ammutolite: mai avrebbero immaginato che dietro l’apparente serenità che lei aveva sempre mostrato loro, si celasse un passato così tragico.

Kristine si mise a piangere quando Sanae raccontò loro dei mesi terribili passati a tentare di uscire dal tunnel dell’anoressia, mentre Karol trattenendo a stento le lacrime, stringeva forte le mani dell’amica straniera seduta accanto a lei.

“E adesso non so che cosa fare…” disse Sanae alla fine prendendosi la testa tra le mani e tentando di ricacciare indietro le lacrime che di nuovo, prepotentemente tentavano di uscire.

Le due ragazze la guardarono senza rispondere: nessuna delle due riusciva a trovare le parole giuste per consolarla; riuscivano a capire perfettamente la disperazione dell’amica e i sentimenti contrastanti che la tormentavano.

“Ho bisogno di parlare con Genzo…” disse improvvisamente Sanae ridestando l’attenzione delle amiche.

Pur non avendolo mai sentito chiamare per nome, le due tedesche capirono subito che la ragazza si stava riferendo al suo miglior amico.

Avevano intuito dalle sue parole, che un rapporto davvero speciale la univa a lui, nulla che c’entrasse con l’amore però…quello era diretto verso un’altra persona, anche se loro non avevano ancora capito chi, degli altri due ragazzi citati da Sanae quella sera, fosse questa persona.

Sanae chiamò Genzo al telefono, scambiando con lui solo poche parole poi si risedette sul divano, in attesa che lui la venisse a prendere.

Quando il campanello suonò, si diresse verso l’ingresso con Karol, preceduta da Kristine che aprendo la porta, rimase impietrita.

Genzo salutò le due ragazze tedesche che lo stavano fissando a bocca aperta, poi vedendo Sanae dietro di loro andò verso di lei e la abbracciò.

Lei si strinse forte a lui affondando la testa sul suo petto; tra le sue braccia si sentiva protetta, al sicuro da tutto e da tutti.

Sanae seguì Genzo in macchina, non prima di aver salutato e ringraziato le due amiche che rimasero a guardarla allontanarsi senza riuscire ad aprir bocca.

“Ma quello è…” farfugliò Kristine confusa.

“Genzo Wakabayashi…” sussurrò Karol a sua volta.



Sanae guardava fuori dalla finestra del suo appartamento, dando le spalle a Genzo seduto sul divano.

“Allora che cosa pensi di fare?”

Sospirando lei rispose “Non lo so Genzo…non lo so davvero…”

“Parlerai con lui?” continuò il portiere.

Chiudendo gli occhi e senza parlare, Sanae scrollò le spalle.

“Tu lo ami…”

Sanae si girò verso di lui e con un sorriso amaro alzò il viso verso il soffitto “Sì…lo amo Genzo…io lo amo…” poi tornando a guardare l’amico aggiunse “Ma ho tanta paura…paura di ricadere negli errori del passato…”



Karl aveva vagato in macchina senza meta per tutta la sera. Si sentiva il cuore a pezzi…l’aver scoperto di Sanae e Tsubasa lo aveva completamente sconvolto…in un attimo il mondo gli era crollato addosso.

Non aveva neanche lasciato il tempo a Sanae di dargli spiegazioni…ma quali spiegazioni poi? Il suo silenzio e le sue lacrime erano stati la spiegazione a tutto.

L’immagine di lei e dell’attaccante del Barcellona cominciò a insinuarsi nella sua mente: chissà quante volte quei due erano stati insieme in passato, quante volte Tsubasa aveva stretto il suo corpo, l’aveva baciata…e chissà cos’altro.

Quei pensieri lo stavano facendo impazzire; era preda di una folle gelosia e sentiva il suo cuore lacerarsi lentamente e inesorabilmente.

Era disperato…terribilmente disperato…e purtroppo si rendeva conto…terribilmente innamorato.

Improvvisamente però i ricordi di quei meravigliosi mesi passati con lei proruppero nella sua mente.

Doveva vederla…doveva vederla a tutti i costi e parlare con lei.

Senza pensarci si diresse verso l’appartamento della ragazza con il cuore in tumulto ma quando vi arrivò, anziché fermarsi, schiacciò fino in fondo il pedale dell’acceleratore, allontanandosi a tutta velocità dall’edificio.

Stringendo il volante con una forza inaudita e serrando la mandibola, pensò tra sé “Sono proprio un idiota!”

Genzo era da lei.
  
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