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Autore: Elanor89    03/07/2010    1 recensioni
Elena Dumont è una bella vampira, una donna in carriera e di successo, ma la sua diffidenza l'ha sempre condotta per strade solitarie, lontana dai suoi simili nei quali non riesce più a riporre fiducia... Accadrà tutto in una notte: il destino mescolerà le carte in gioco e lei dovrà imparare a fidarsi di nuovo per sopravvivere... Ma quando la fiducia non sarà più sufficiente, quando ogni segreto verrà svelato, riuscirà a fuggire da un passato terribile che torna sempre a bussare alla sua porta?
Genere: Generale, Romantico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Care ragazze, volevo dire due parole prima di lasciarvi all'epilogo.


Spero di non deludere nessuna di voi, di avervi fatto sognare insieme ad Elena, 
ma soprattutto di aver saputo comunicarvi che

"ognuno è artefice del proprio destino",

che nulla è scritto e che una scelta, per quanto piccola e insignificante possa apparire, può sempre fare la differenza...

 

Devo un doveroso ringraziamento a chi mi ha seguita da vicino,

alla mia lettrice #1, Giulia,

e a chi è stato membro di questa famiglia anche in modo silenzioso, ma costante...  

Dedico questo capitolo a tutte voi... 


Un abbraccio e un grazie di cuore,

 

Elanor <3 

 

PS: volevo darvi due comunicazioni di servizio: la prima è che ci saranno due MISSING MOMENTS del Destino. Saranno pubblicati a breve e spero colmino le lacune che per motivi di trama ho lasciato qua e là.

La seconda è che sto lavorando ad una nuova fiction, prossimamente su questi schermi. 
Spero di ritrovarmi tutte ^^

 

Buona lettura e a prestissimo =)
 

 

 

*

 

 

Epilogo

 


 

- Dimmi che sei già per strada, la cerimonia sta per cominciare!-

Così mi ero svegliata quella mattina, scattando a sedere al centro del mio letto e svegliando l'uomo che dormiva al mio fianco per afferrare il telefono sul comodino.

Mi annotai mentalmente di uccidere Charlie una volta arrivata al campus, mentre chiudevo quella conversazione telefonica che mi aveva a dir poco traumatizzata. Doveva essere impazzita ad urlare in quel modo, immersa in un caos di auto strombazzanti, interrompendo bruscamente il mio sonno.

- El, che succede?- mi chiese Chris, sfiorandomi una mano.

- Credi che Charlie abbia un buon sapore?- sbuffai. Lui scoppiò a ridere.

- Bisognerebbe chiedere a Daniel...- si sedette al mio fianco, chinandosi a baciarmi una spalla. Repressi un brivido – Che ora è?- domandò.

Guardai la sveglia sul mio comodino, mentre una smorfia di terrore mi cancellava il sorriso.

- Siamo in ritardo...- risposi, scattando fuori dal letto per infilarmi direttamente nella doccia.

Non so come riuscii a lavarmi, vestirmi, pettinarmi e truccarmi in così poco tempo, ma alle undici in punto ero già in auto, seduta al mio posto, quello del passeggero.

Mi sistemai le pieghe della gonna e sorrisi al mio compagno.

- Sei emozionata?- mi chiese.

Lo guardai, perdendomi in quegli occhi color cielo che amavo. L'aria che entrava dal finestrino gli scompigliava i capelli, facendoglieli svolazzare in tutte le direzioni. Era l'immagine della serenità... Non mi sarei mai abituata alla sua elegante bellezza, né alle colleghe che lo corteggiavano spudoratamente, suscitando la mia gelosia...

Ricordavo ancora bene la prima volta in cui ero andata a trovare Chris a lavoro per pranzare insieme.

 

 


Avevo posticipato gli appuntamenti del primo pomeriggio e avevo preparato qualche tramezzino da portare in ospedale. Quella mattina Chris era uscito di casa prestissimo e lo avevo appena incrociato sotto la doccia prima che scappasse per un'urgenza. Era un ottimo medico e spesso rimaneva a lavoro più tempo del dovuto, ma non riuscivo a fargliene una colpa. Amava ciò che faceva, lo faceva sentire utile... Felice. Ero entrata nella hall e mi ero diretta verso la porta a vetri che separava la sala d'aspetto dal reparto di chirurgia generale. L'aria condizionata mi spettinava i capelli e la gonna mentre camminavo spedita per il corridoio verde chiaro in cerca di lui. Lo vidi quasi subito, con un paio di colleghe e un altro medico sulla trentina, fermo davanti alla macchinetta del caffè. Il ragazzo disse qualcosa che non sentii, allargandosi il colletto della camicia e facendo voltare le ragazze a guardarmi, mentre Chris rimaneva di spalle, scosso da una leggera risata.

Ormai sentivo il suo profumo invadermi completamente, distraendomi dalle occhiate delle due che mi squadravano dalla testa ai piedi con aria critica. Sollevai gli occhiali da sole, lasciandoli sulla testa e salutai.

- Dottor Grey...- dissi. Mio marito si voltò verso di me, con un sorriso compiaciuto che non compresi e mi avvolse la vita con un braccio, stringendomi al suo fianco.

- Signora Grey...- mi rispose, per nulla sorpreso. Non staccava gli occhi dai miei. Doveva aver sentito il mio profumo appena avevo varcato l'ingresso della hall, ne ero certa, così come doveva aver riconosciuto il mio incedere prima ancora che parlassi. Vidi le due donne sbarrare gli occhi, il ragazzo tossicchiare in imbarazzo.

- Lasciate che vi presenti mia moglie...- disse poi, rivolto a loro. Tesi la mano.

- Elena, molto piacere...-

Le due, scoprii, erano le famose ammiratrici di mio marito, due oche starnazzanti e bionde che lo vezzeggiavano senza alcun pudore nonostante avesse la fede al dito. Il ragazzo era un tirocinante di pediatria che trovai subito simpatico.

- Nessun appuntamento?- mi chiese il mio compagno.

- Troppi, a dir la verità... ma avevo voglia di vederti...- risposi semplicemente. Mi sorrise, con quel sorriso che adoravo e che gli illuminava lo sguardo.

Mi baciò la mano che teneva stretta nella sua, mentre mi conduceva nel suo studio lasciando i tre a commentare quell'incontro.

Seppi solo dopo cosa avesse sussurrato il dottor Collins e la ragione delle occhiate assassine di Jen e Sara. E quando mi riaccompagnò alla mia auto tre quarti d'ora più tardi molte paia di occhi assistettero al nostro saluto. Mi aveva stretta a sé con un braccio prima di poggiare le sue labbra sulle mie per un intenso lungo bacio. Mi aveva sussurrato dolci promesse per la serata, con la fronte contro la mia e mi aveva aperto la portiera, augurandomi buon lavoro. Così avevo fatto il mio esordo al Saint Claire, suscitando voci e indiscrezioni sul conto del dottor Stranamore, come scoprii chiamavano mio marito.

 


 

Solo quando vidi Chris aggrottare le sopracciglia qualche manciata di secondi dopo capii di non aver risposto alla sua domanda. Mi ero persa tra i miei pensieri, come al solito.

Ero emozionata? Si, lo ero. Non come quando avevo riaperto gli occhi dopo due giorni di incoscienza e avevo visto il suo viso... o come quando avevo riabbracciato le mie bambine dopo il mio ritorno da Mosca... né come quando mi aveva portata a casa e avevamo fatto l'amore per la prima volta dopo mesi di lontananza. E neanche come quando mi aveva guardata negli occhi e mi aveva messo la fede al dito di fronte a tutti i nostri amici.

Ma lo ero. Ero emozionata come una bimba il giorno di Natale. Avevo lo stomaco aggrovigliato per l'ansia.

Non ero cambiata molto da allora, da quando ero tornata negli Stati Uniti dopo la mia ultima disavventura oltre oceano. Eppure intorno a me molte cose erano cambiate.

Le persone che amavo erano andate avanti, erano cresciute, invecchiate... alcuni avevano lasciato questo mondo ed erano passati oltre.

Ma quel giorno non c'era posto per i pensieri tristi.

Quel giorno c'era posto solo per i sorrisi e gli applausi... E non avrei pianto, tentai di convincermene.

Osservai Chris parcheggiare non lontano dall'edificio in cui si sarebbe tenuta la proclamazione e attesi che mi aprisse lo sportello dell'auto prima di scendere.

 

Erano passati quindici anni, ma non si era mai stancato di prendersi cura di me con tutte quelle piccole attenzioni che mi ricordavano quanto antica fosse la sua anima. Quanto lo spaventasse l'idea di perdermi di nuovo.

Ci eravamo guardati le spalle per anni, temendo di veder comparire Lexie o uno dei compari Victor sul pianerottolo di casa, per vendicare la nostra fuga, ma non era mai accaduto e a dispetto delle mie preoccupazioni non li avevo più rivisti. Perciò eravamo tornati nella villa che era appartenuta alla sua famiglia, riprendendo tutto da dove lo avevamo lasciato. La mia riabilitazione era stata rapida: avevo riportato danni molto gravi, ma ero stata accudita da un medico d'eccezione e non avevo dovuto aspettare molto per avere i primi segni di miglioramento. Non ricordavo molto del periodo immediatamente successivo al mio incidente, ma non avevo indagato più del necessario, a dire il vero.

Vedevo il volto di Chris cambiare espressione, i suoi occhi scurirsi tutte le volte che veniva fuori l'argomento, perciò non avevo più chiesto nulla... Non mi piaceva vederlo in quello stato ed entrambi eravamo tacitamente concordi nel non pensare mai più a quel periodo della nostra vita.

Così andavamo avanti, stanchi di scappare, di nuovo insieme. E mi ero adagiata nella mia dolcissima routine familiare, divisa tra Chris, il lavoro e le mie piccole... che nel frattempo erano diventate due donne.

Non c'era voluto molto a ricucire il mio rapporto con loro. La serenità che avevano ricevuto da Dan e Charlie le aveva rese inclini a perdonare anche il mio abbandono.

Daniel le aveva conquistate subito regalando loro un cucciolo, Charlie le aveva amate incondizionatamente fin dal primo istante. Erano una famiglia felice, la nostra famiglia in qualche modo.

Mio marito mi prese per mano e mi condusse per il viottolo acciottolato, guardandosi intorno per ammirare i giardini che avevano ospitato il suo studio quasi un secolo prima.

Doveva essere strano per lui rimettere piede alla Brown dopo così tanto tempo. Strinsi le sue dita tra le mie, mentre lui si portava la mia mano alle labbra, e lo condussi verso la zona riservata alle lauree, dove era stato allestito un palco sul quale già cominciavano a sistemarsi le autorità accademiche.

Vidi Charlie sbracciarsi verso di noi dalla sesta fila e mi avvicinai a lei prima che cominciasse a sbraitare. Osservai Melanie rivolgerle uno sguardo comprensivo, mentre Dan le poggiava una mano sulla spalla per invitarla a sedersi. Non riuscii a trattenere un sorriso.

Era una bella donna, nonostante qualche ruga le increspasse il viso. I capelli erano ancora del suo colore naturale, ma li portava in un elegante caschetto adesso. Aveva da poco festeggiato i suoi 45 anni, eppure era sempre la solita ragazzina allegra. Le sue figlie erano l'elisir della sua giovinezza e i bambini dell'ospedale tenevano vivo in lei quel lato un po' buffo che la rendeva cara a tutti, animali domestici inclusi.

- El, pensavo non arrivaste più...- mi salutò, con una nota di rimprovero appena accennata nella voce. Mi fece posto mentre mi sporgevo sopra di lei per salutare Dan.

- Scusami, ma non sono riuscita a trattenerla...- mi disse, ridendo.

Io baciai Mel sulle guance mentre lei mi abbracciava. Aveva appena cominciato a studiare legge, probabilmente influenzata dai miei aneddoti sui miei ultimi decenni in tribunale, e me la ritrovavo spesso allo studio con i suoi libri sottobraccio. Era un piacere passare del tempo con lei. Baciò Chris su una guancia e si sedette al mio fianco.

- Per fortuna siete arrivati, mamma stava andando in iperventilazione...- mi sussurrò all'orecchio.

Risi, mentre osservavo Charlie mordicchiarsi le unghia. Mi chiesi cosa avrebbe fatto quando Susan si fosse sposata o avesse dato alla luce il suo primo nipotino. Era una mamma ansiosa e sapevo che avrebbe provato a dare le sue direttive, come sempre, nel tentativo di tenere tutto sotto controllo.

Sorrisi di me stessa a quel pensiero, mentre osservavo la mia migliore amica e suo marito, con lo sguardo adorante verso la nostra Sue seduta in prima fila.

Il rettore cominciò a parlare, catturando la mia attenzione. Chris continuava a tenermi la mano, disegnando segni immaginari sul dorso.

Lo vidi passarsi una mano tra i capelli e mi incantai a guardarlo: la barba incolta, la camicia di lino a righine un po' sbottonata. Non so cosa avessi fatto nella mia vita per meritare di avere al mio fianco un uomo così meraviglioso. Guardai le nostre dita intrecciate, le fedi d'oro segnate dallo scorrere del tempo mentre noi continuavamo a esistere per sempre imprigionati in quell'istante di vita. Anche se non avremmo mai potuto dare un senso a tutto quell'amore, anche se non potevo dargli ciò che entrambi desideravamo di più al mondo lo avrei sposato ancora. Sapevo quanto avrebbe desiderato poter avere dei figli, condividere il nostro amore, ma sapevo anche quanto amasse Mel e Sue, quasi fossero figlie nostre. Le adorava, le viziava terribilmente e non a caso Susan aveva scelto di studiare medicina. Si somigliavano molto caratterialmente, entrambi intraprendenti e curiosi, due piccoli geni a loro modo. Si erano legati immediatamente, tanto affini da spaventarmi.

Sorrisi al pensiero che la felicità aveva strani modi di manifestarsi e che il caso univa le vite di tutti noi in modo strano, eppure indissolubile.

Con quel pensiero tornai a guardare verso il palco giusto in tempo per sentire il vicario chiamare i primi studenti del corso per stringere loro la mano e consegnare le pergamene.

- Susan Marie Thompson-

- E' la nostra Sue- sbraitò Charlie, eccitata.

Sorrisi, mentre una piccola lacrima mi solcava il viso. Ero felice, mentre guardavo la mia bimba rivolgersi alla platea con lo sguardo fiero e sorriderci di rimando. I suoi lunghi capelli castani svolazzarono sulle sue spalle, poi si avviò verso le scale e tornò al suo posto.

L'applauso che seguì mi fece vibrare l'anima. Ero una inguaribile romantica. Non potevo farne a meno.

In quel momento nulla avrebbe potuto rovinare la mia felicità. Niente avrebbe potuto cancellare il sorriso sul viso di mio marito, né l'orgoglio di Daniel, che nascondeva l'emozione tra uno scatto fotografico e l'altro.

Susan si voltò verso di noi, con gli occhi lucidi, e ci guardò tutti per un attimo, soffermandosi su ognuno per un istante.

La vidi mimare la parola grazie prima di voltarsi nuovamente verso il palco.

 

- Voglio anch'io una foto con la dottoressa Tomphson...- strillò Anna, la migliore amica, nonché collega di Susan, correndo verso di noi.

- Mettetevi vicine....- disse Dan, scattando per l'ennesima volta.

- Agli ordini, signor Thompson...- rispose la ragazza, prendendolo in giro.

- Non fare la spiritosa, signorinella... Il signor Thompson era mio padre...- precisò lui.

- Agli ordini, Daniel...-

 

Un paio di braccia mi cinsero da dietro, mentre il mento di Chris trovava spazio nell'incavo del mio collo, le sue labbra a sfiorare il mio orecchio sinistro.

- Sei pensierosa, signora Grey?- mi domandò.

- Sono solo felice...- risposi, voltandomi verso di lui.

Gli cinsi il collo con le braccia, mentre una folata di vento ci investiva, facendo turbinare intorno a noi le foglie rosse e gialle appena cadute.

Mi strinse a sé, chinando le sue labbra sulle mie. Per sempre immortale, per sempre intrappolata in quell'attimo di vita.

E lo baciai con tutta me stessa, con il corpo, con la mente, con l'anima. Le sue mani mi stringevano i fianchi. Le mie gli accarezzavano la nuca. Eravamo tanto vicini da fonderci, tanto felici da esplodere.

Sentii il mio bisogno di lui crescere in maniera esponenziale, mentre dimenticavo il luogo in cui mi trovavo. Accadeva sempre così: quelle labbra, quelle mani erano in grado di darmi l'oblio.

Mi riebbi solo quando rimasi abbagliata da un flash fotografico che mi costrinse a strizzare gli occhi prima di riaprirli controvoglia.

Vidi Daniel guardarci, sorridente, con un'espressione indecifrabile sul volto.

- Se non vi conoscessi da più di quindici anni direi che siete due ragazzini succubi dei vostri ormoni...- disse, rassegnato.

- Non so di cosa tu stia parlando...- risposi, ridendo.

- Esattamente...- rispose.

Chris rise, stringendomi ancora di più le braccia intorno alla vita.

- Voglio quelle foto, assolutamente...- disse.

- Come sempre, dottor Grey!- esclamò Dan, mimando un saluto militare.

Anche lui era rimasto un bell'uomo, con i suoi capelli brizzolati e gli occhi attenti. Nulla sfuggiva a lui o alla sua macchina fotografica. Nulla passava inosservato.

- Sono cresciute...- dissi, senza bisogno di specificare a chi mi riferissi.

Ci voltammo tutti e tre verso il palco, ai piedi del quale uno sciame di persone si era accalcato per scambiarsi saluti e congratulazioni. Fu in quel momento che lo vidi.

 

Quando Chris mi aveva portata via da quel vicolo aveva dovuto vincere le resistenze di una Lexie furiosa, che aveva seguito Vic fino all'albergo e che non aveva mostrato intenzioni per nulla pacifiche. Non seppi mai se avessero lottato, ma alla fine Chris mi aveva portata a casa, ed entrambi ci eravamo salvati. Io e Vic. Lo avevo scoperto per caso, guardando un notiziario. Il Victoria era stato posto sotto sequestro per via dei traffici di droga che Vic vi intratteneva. La notizia era finita sui giornali, data la fama di molti dei clienti del pub, tra cui la stessa Lexie che si fingeva in un centro di cure contro la tossicodipendenza. Quella storia stava solamente alimentando la sua fama e aveva portato il nome di Vic nuovamente alla ribalta. Era sfuggito a tutte le accuse, dichiarandosi all'oscuro della faccenda e corrompendo giudici e magistrati con i suoi soliti mezzi.

Non mi stupivo. Né mi sconvolgeva il fatto di saperlo ancora vivo. Avevo compreso subito che quel salto non sarebbe stata la sua fine.

In qualche modo eravamo destinati a coesistere in quel mondo.

 

Non so perchè mi fossi voltata esattamente verso quell'albero, soffermandomi a guardare le due sagome abbracciarsi alla sua ombra e scambiarsi un bacio lento e appassionato.

La mia espressione mutò quando riconobbi la mia Sue. Sorrideva, i capelli al vento, bellissima anche nella sua toga di raso. Ma non riuscii a trattenere un tremito quando vidi chi era lui.

Chris seguì il mio sguardo, stringendomi impercettibilmente al suo petto. Non era una mia allucinazione, evidentemente.

Lo sentii irrigidirsi mentre lui si voltava verso di noi, rivolgendoci un sorriso compiaciuto per poi riprendere a baciare la mia bambina con più trasporto.

Dan si era allontanato, cercando di trascinare via Charlie dallo sciame di amiche che si congratulavano con lei, perciò feci un passo verso Susan, cercando di mantenere la calma.

- Dove stai andando?- mi chiese Chris.

- A capirci qualcosa...- risposi, riprendendo a camminare. Chris mi trattenne per un polso.

- Non da sola, Elle- mi ammonì. Vidi il suo sguardo farsi scuro, i suoi pugni stringersi. Gli presi una mano, tentando di rassicurarlo.

- Non spaventare Sue, ti prego...-

Mi lanciò uno sguardo obliquo.

- Io lo ammazzo, te lo giuro... Quel figlio di..-

 

 

*


 

(Susan)

 

Victor si era avvicinato a me, allontanandomi dai nostri colleghi e portandomi per mano sotto il nostro albero. Non passava di certo inosservato nella sua camicia scura con la toga sottobraccio, il vento gli spettinava i capelli biondi mentre il sole quasi al tramonto gli faceva brillare gli occhi.

- Sei la studentessa migliore del corso, piccola, sono fiero di te...- mi disse, accarezzandomi il viso. Sentivo le farfalle nello stomaco mentre il mio battito cardiaco accelerava.

Lo conoscevo da pochi mesi, eppure mi aveva completamente stregata. Era bello, con il suo profilo austero e quell'aria da straniero che lo circondava come un'aura mistica.

Mi faceva sentire viva, mi dava la scossa, faceva salire la mia adrenalina alle stelle. Non so cosa facesse esattamente per causare in me quelle reazioni. Io, la studentessa modello, sempre troppo concentrata sui libri per innamorarmi, mi ero lasciata rapire il cuore da uno studente straniero di cui conoscevo poco o nulla.

Era un'assurdità alla quale stentavo a credere anche io, ma non ero riuscita a rimanere impassibile alle sue attenzioni. Ancora mi stupivo che si fosse avvicinato proprio a me, per nulla eccezionale, un topolino da biblioteca, nonostante uno stuolo di cheerleader a fargli la corte...

Lo vidi chinarsi su di me, prendendomi il viso tra le mani per baciarmi con passione mentre mi stringevo a lui.

Dovevo ricordare a me stessa che ero in presenza dei miei genitori, tutti e quattro, e che non potevo dare spettacolo mettendoli in imbarazzo. Ma era difficile pensare a qualcosa quando Vic mi baciava in quel modo. Mi suscitava pensieri poco casti che avrei dovuto tenere a bada finchè non fossimo rimasti soli. Rabbrividii di piacere al solo pensiero.

- Susan...- mi sussurrò sulle labbra – Vorrei che venissi con me a Mosca per qualche giorno... Ho degli affari da sistemare, mi piacerebbe averti al mio fianco...-

Mi sentii mancare un attimo: cosa?? Victor, il bellissimo e dolcissimo Victor Romanoff mi voleva con lui in Russia?

Caspita.

Non riuscivo a dire nulla. Ero basita, non mi aspettavo nulla di tutto ciò. Temevo di parlare e dire qualche sciocchezza che mi avrebbe resa ridicola ai suoi occhi. Ma più di ogni altra cosa temevo i miei sentimenti. Mi ero mai sentita così felice, così appagata? No...

Perciò sorrisi, imbarazzata mentre lo vedevo volgere lo sguardo dietro di sé, distratto da qualcosa che a me era sfuggito. Solo allora li vidi.

El e Chris guardavano nella nostra direzione. Che cosa avrei detto?

A vederli così, abbracciati come due studenti qualsiasi, nessuno avrebbe mai creduto che fossero già sposati, laureati da anni... Il tempo sembrava non scalfirli, passava oltre segnando tutto intorno a loro, lasciandoli immutati. Erano l'immagine della serenità, della bellezza elegante di chi ha un animo nobile. Dell'amore, quello vero, che ti sconvolge la vita. Ma in quel momento avevano gli sguardi perplessi, preoccupati forse.

Vic mi strinse per la vita, avvicinandomi al suo petto.

- Allora?- mi incalzò.

Mi sorrise, poi avvicinò nuovamente le labbra alle mie, facendo cambiare del tutto il filo dei miei pensieri.

Pensai a poche sere prima, quando avevamo passato la notte insieme. Ricordai le sue attenzioni, le sue carezze...

- Si...- risposi semplicemente.

 

E nel pronunciare quella piccola, minuscola parola non avrei mai creduto che avrei cambiato le sorti di tutti noi. Di mia madre, di mio padre... Di Melanie, la persona che amavo di più al mondo. Di Elena, di Chris....

Perchè anche se ancora non ne ero a conoscenza, anche se mai la mia fantasia avrebbe potuto suggerirmi nulla di ciò che sarebbe accaduto di li a poco, con quel si avevo segnato l'inizio della mia fine.

Della fine di tutto.

 

 

***

 

  
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