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Autore: Ale Kanou    17/09/2005    8 recensioni
“Da cosa sei scappata?” le chiese lui. Sanae per un attimo non rispose poi, guardando diritto davanti a sé aggiunse a bassa voce “Dai fantasmi del passato…”
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 24: La verità nascosta


Quella domenica Sanae non si presentò alla cena organizzata dalla società tedesca: dopo la conferenza stampa, la sua presenza non era più indispensabile e per lei comunque la cosa fu una vera liberazione.

Men che meno pensò di andare ad assistere alle amichevoli che si sarebbero tenute nei quattro giorni successivi in un complesso sportivo alla periferia della città.

Lo sfogo con Karol e Kristine e la serata con Genzo non erano riusciti ad alleviare l’angoscia che la stava attanagliando da giorni.

I volti di Tsubasa e Karl continuavano a sovrapporsi nei suoi pensieri, scatenando in lei emozioni contrastanti, mentre due immagini fisse non la abbandonavano un attimo: gli occhi di fuoco di Tsubasa e quelli di ghiaccio di Karl.

Si rendeva perfettamente conto che la soluzione a tutto non era certo quella di non farsi più vedere…ma non sapeva che cosa fare.

Affrontare Tsubasa… Affrontare Karl… Cosa era peggio?

Sia in un caso che nell’altro avrebbe dovuto rinvangare il passato che lei non aveva assolutamente intenzione di rivivere, anche se sapeva che l’unico modo per seppellirlo definitivamente era affrontarlo…rivelando la verità su di esso. Ma non sapeva in che modo.

Ma più di tutto, ancor più del suo passato, un’altra cosa la terrorizzava: i suoi veri sentimenti.

“…Sì…lo amo Genzo…io lo amo…” Così aveva detto all’amico e purtroppo era vero…era innamorata…quella era la verità che in tutti i modi aveva cercato e ancora cercava di negare.

Non voleva…non poteva ricaderci ancora.

Un tempo si era ripromessa che non avrebbe mai più permesso a quel sentimento di impadronirsi di lei…mai più in tutta la sua vita, non dopo quello le era successo. E invece la vita si era di nuovo presa gioco di lei, facendole riscoprire quell’amore che per anni aveva fuggito.

Andò in camera e aprì l’armadio dal quale estrasse una piccola scatola. Sollevando il coperchio cominciò ad estrarne gli oggetti in essa contenuti: una fascetta rossa, la stessa che per anni aveva cinto la sua fronte; una fotografia un po’ sbiadita della Nankatsu al completo con lei e le altre due manager; un braccialetto d’argento regalatole da tutta la squadra per il suo quindicesimo compleanno (l’ultimo spensierato che aveva avuto primo dell’inizio di tutto); una busta chiusa.

Prese quella busta e osservò la calligrafia con cui era stato scritto il suo nome: 中沢早苗…conosceva bene quella calligrafia.

La data sulla busta risaliva a quasi quattro anni prima; Ishizaki l’aveva portata personalmente a casa sua nel periodo in cui lei (a insaputa di tutti) era ricoverata in ospedale.

Dopo aver saputo dal ragazzo il nome del mittente, sua madre aveva però tenuto nascosta la lettera per mesi.

Solo quando la figlia le aveva confessato di voler andarsene lontano per risolvere i suoi problemi senza dire niente a nessuno, si era decisa a consegnargliela, scusandosi per non avergliela data prima e dicendole che solo lei aveva il diritto di decidere cosa fare di quella lettera.

Ma lei non l’aveva mai aperta; il suo primo istinto era stato quello di bruciarla, di ridurla in mille pezzi…ma per un motivo inspiegato non era mai riuscita a farlo.

Prima di partire per l’Hokkaido e sparire per un anno, l’aveva nascosta in quella scatola, insieme a tutti gli oggetti che rappresentavano pezzi del suo passato.



Quel lunedì Sanae andò in Università per assistere ad una delle prime lezioni del semestre.

Kristine e Karol rimasero con lei tutto il tempo: entrambe avrebbero voluto fare mille domande all’amica e in particolar modo Kristine, che non si era ancora ripresa dallo shock di essersi trovata davanti il portiere dell’Amburgo. Ma alla fine nessuna delle due era tornata sull’argomento, vista la faccia ancora sconvolta dell’amica.

Alle quattro del pomeriggio la docente pose fine alla lunga chiacchierata introduttiva al corso di letteratura tedesca che si sarebbe tenuto da lì in avanti per l’intero anno accademico.

Sanae stava scendendo la scalinata centrale dell’ateneo insieme alle amiche, circondata da molti altri studenti, quando notò che alcuni dei ragazzi davanti a lei si erano fermati e avevano cominciato a bisbigliare guardandosi con aria interrogativa.

Lei assorta nei suoi pensieri, non prestò molta attenzione alla cosa e li superò cominciando ad incamminarsi nell’atrio principale in direzione dell’uscita…ma si bloccò all’istante.

Kristine che stava chiacchierando dietro di lei con Karol, non la vide fermarsi e inavvertitamente andò a sbattere contro di lei.

“Ma Sanae perché ti sei bloccata?” disse all’amica che fissava impalata davanti a sé, ma girandosi nella direzione in cui lei stava guardando, rimase a sua volta di sasso.

Tsubasa se ne stava appoggiato ad un pilastro vicino al portone d’ingresso con le mani in tasca, in attesa di vedere Sanae.

Quella mattina senza dire niente al Mister, non si era presentato agli allenamenti organizzati in vista dell’amichevole con la Germania, confidando le sue vere intenzioni solo all’amico Rivaul, l’unico che da tempo sapeva del suo amore tormentato per Sanae.

Ottenere l’indirizzo di Sanae era stato facile: la segretaria della società tedesca non aveva obiettato nulla quando il campione del Barcellona le aveva chiesto affabile, il modo di mettersi in contatto con l’interprete giapponese che lo aveva aiutato durante la conferenza.

E così si era presentato a casa sua nel primo pomeriggio.

Dopo aver suonato insistentemente il campanello senza ricevere risposta, si era seduto sui gradini davanti all’edificio ad aspettare: l’avrebbe aspettata lì anche per una settimana se fosse stato necessario…e al diavolo tutto…il Mister…gli allenamenti…l’amichevole.

Dopo poco però la porta dietro di lui si era aperta e una signora anziana incuriosita, dopo avergli chiesto, in un inglese alquanto incerto, che cosa stesse aspettando, gli aveva detto che Sanae a quell’ora era in Università.

E in un secondo, con il cuore in gola era montato sulla macchina senza dare il tempo alla donna di dire altro e si era diretto verso il centro della città.

Sanae rimase ferma a guardare il ragazzo che, dopo averla vista, stava venendo verso di lei. Non si era nemmeno accorta che Kristine l’aveva investita.

Il cuore dopo essersi fermato per qualche secondo, cominciò a batterle all’impazzata quando lui la salutò “Ciao Sanae…”

“Tsubasa…” sussurrò, non riuscendo a dire altro.

Lui con un sorriso nervoso continuò “So che non dovrei essere qui ma…vedi…avevo bisogno di vederti…e di parlarti…”

Sentendosi puntati addosso molti sguardi incuriositi e avvertendo un mormorio sempre più insistente intorno a lei, Sanae senza guardarlo negli occhi gli disse “Va bene…vieni con me…”

E si allontanò seguita da lui mentre, ammutolite, Karol e Kristine la fissarono andar via con il famosissimo calciatore del Barcellona Ozora.



Si ritrovarono nel giardino dell’ala ovest dell’Università che a quell’ora era deserto.

Sanae stava guardando un punto imprecisato dell’orizzonte, dandogli le spalle.

Lo sentì avvicinarsi e il suo cuore cominciò ad andare ancor più veloce; improvvisamente sentì la sua mano appoggiarsi sulla sua spalla e un calore improvviso bruciarla nel punto in cui lui la stava toccando.

Chiudendo gli occhi e inspirando profondamente, fece due passi per sottrarsi a quel contatto che la stava sconvolgendo, ma lui la trattenne dicendole “Sanae…perché non mi guardi?” e mettendosi davanti a lei, le alzò il viso con una mano.

“Sanae non sai quanto ti ho cercata…da quanto desideravo rivederti…”

Per un attimo lei guardò di lato, poi d’un tratto alzò lo sguardo su di lui. “Che cosa vuoi da me Tsubasa?” gli chiese con tono asciutto.

Lui sostenendo quello sguardo con decisione, le disse “Ho bisogno di risposte Sanae.”

Una rabbia improvvisa la invase e staccandosi da lui, con tono ironico ribatté “Tu vuoi delle risposte da me! Tsss…non mi dire…e sentiamo…cosa vuol sapere il grande Ozora da me…dalla sua povera sciocca ex manager?”

Lui afferrandola con forza per le braccia e avvicinandosi al suo viso continuò “Voglio sapere che fine ha fatto la manager di cui mi sono innamorato quando avevo quindici anni…”

Sanae sentì il suo cuore fermarsi all’istante…per un attimo pensò che non avrebbe più ricominciato a battere.

Ma che diavolo le stava dicendo? Perché le stava raccontando quelle bugie?

Vedendo il suo volto interdetto e allentando un po’ la presa su di lei, lui continuò in tono deciso “Sì Sanae…io ti amo, ti ho sempre amata…”

“NON DIRE STRONZATEEE!!!!” gli urlò lei con tutta la voce che aveva in gola, divincolandosi da lui; poi portandosi le mani al volto e coprendosi gli occhi continuò con voce tremante dalla rabbia “Come puoi dire di amarmi?…Tu! Torni dopo più di quattro anni e dici di amarmi…ma non farmi ridere! Tu hai amato sempre e solo una cosa…il tuo maledettissimo pallone! E non hai mai pensato neanche per un istante a me…te ne sei andato senza dirmi una parola…e io povera stupida che per anni…”

Non riuscì a proseguire, la rabbia che aveva dentro la bloccava, mentre con la mente ritornava a tutto quello che aveva passato dopo la sua partenza per il Brasile, a tutti i mesi trascorsi a stare male.

“Perché mi fai questo?” gli chiese con voce strozzata “Perché ti prendi gioco così dei miei sentimenti?…Come ti permetti Ozora…come?”

Lui le si avvicinò e con tono sommesso le disse “Hai ragione ad essere arrabbiata…non posso biasimarti…so che è stata tutta colpa mia…io me ne sono andato, lasciandoti per inseguire il mio sogno… Ma ti assicuro che ho pagato a caro prezzo la mia scelta…perché scegliendo la mia carriera ho dovuto rinunciare all’unica donna che ho sempre amato…a te Sanae…”

Lui la guardava con lo sguardo pieno di un’infinita tristezza mentre le parlava “Dopo che non hai risposto alla mia lettera, ho pensato che tu non volessi più vedermi…in fondo avevi tutte le ragioni di questo mondo di farti una vita tutta tua, senza aspettare me…sapevo di non avere alcun diritto su di te dopo essermene andato in quel modo…ma ti amavo così tanto… E in questi anni ho fatto di tutto per dimenticarti...di tutto…ma non è servito a niente…e poi ti ho ritrovata qui e... So che non avevo nessun diritto di venirti a cercare ma io dovevo dirtelo Sanae…non potevo più nascondere i miei sentimenti…”

Sanae rimase paralizzata ad ascoltare le parole di Tsubasa.

La rabbia di poco prima l’aveva abbandonata, lasciando il posto allo sgomento più totale frammisto ad un’immensa tristezza. Un magone infinito le impediva di aprire bocca.

Con un groppo in gola rimase a guardare il ragazzo che per anni lei aveva amato e odiato più di tutto e che adesso con gli occhi lucidi, le stava confessando un amore di cui lei non aveva mai neanche lontanamente sospettato l’esistenza.

La lettera… Lei non aveva mai letto quella lettera.

Con un’espressione di dolore, girò la testa di lato.

Tsubasa le si avvicinò e delicatamente prendendole il viso tra le mani, lo girò verso il suo. “Guardami Sanae…”

Si ritrovò a pochi centimetri da lui, a fissare ipnotizzata quegli occhi scuri…gli stessi che per anni le avevano fatto battere il cuore, mentre lui lentamente si chinava su di lei.

Non riusciva neanche a muoversi…si rese conto di ciò che stava succedendo solo quando sentì le sue labbra sulle sue…ed il tempo sembrò fermarsi per un istante.

Improvvisamente però il ricordo di un altro bacio, il suo primo bacio, si affacciò alla sua mente…e sentì il suo cuore lacerarsi, mentre lacrime silenziose cominciarono a traboccare dai suoi occhi.

Tsubasa si staccò da lei e vedendola piangere, sentì una terribile morsa stringergli il petto.

“Io non posso…mi dispiace…” disse lei con la voce rotta dal pianto, continuando a guardarlo negli occhi.

Tsubasa le chiese con tono afflitto “E’ per Genzo?”

Lei non aprì bocca continuando a fissarlo.

Con l’angoscia nel cuore, lui si ritrovò allora a chiederle ciò che improvvisamente gli appariva così chiaro “Non è per Genzo…è per Karl non è vero?”

Si sentì morire quando la vide abbassare gli occhi senza dire niente: i suoi dubbi avevano purtroppo trovato conferma.

Lo aveva già intuito alla conferenza stampa: gli sguardi di Schneider per Sanae non gli avevano lasciato dubbi sui veri sentimenti del capitano tedesco.

Ed ora si rendeva amaramente conto che i sentimenti che Schneider provava per lei, erano contraccambiati in pieno.

Quando sentì nominare il nome del capitano tedesco, Sanae non riuscì più a reggere lo sguardo di Tsubasa.

Si sentiva malissimo per tutto quello che Tsubasa le aveva confessato: per quanto aveva sognato quel momento, aveva desiderato sentirsi dire quelle parole…ma dopo gli eventi di quegli anni oramai, quelle parole non potevano più avere il significato di un tempo per lei; si sentiva male per quel bacio così agognato da ragazzina e soprattutto per il ricordo di un altro bacio e di due meravigliosi occhi azzurri.

Ricacciando indietro le lacrime e raccogliendo tutte le sue forze, si rivolse di nuovo a lui “Io non sono più la Sanae di un tempo Tsubasa…la ragazzina che per anni ti ha amato disperatamente non c’è più…è morta quando tu sei partito per il Brasile.”

Così dicendo con un sorriso amaro si staccò da lui, allontanandosi e lasciandolo ammutolito a fissare l’erba del prato.



Quella sera Sanae si addormentò ancora piangendo, stringendo tra le mani la lettera che per anni aveva custodito in un armadio.

Pianse tutte le sue lacrime quella sera, leggendo quei due fogli nei quali un ragazzo disperatamente innamorato, le confessava tutto il suo amore.
  
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