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Autore: nous    09/07/2010    1 recensioni
Arancio è il colore dell'ipocrisa. Gli eroi sono caduti: il presente è diverso dal futuro che si erano immaginati. La prepotente verità di Konoha nasconde la verità di Naruto. Sasuke non sa più qual'è la verità. Basta sapere che Madara è morto e che si festeggia un eroe fasullo. C'è chi ha aperto gli occhi. Chi vive di sogni. Konoha ignora tutto e continua a vivere.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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ARANCIO IV

                   IV.

Sentiva il corpo pesante. Non più suo. La mente era altrove. Lontana dal tempo e dallo spazio. Era riuscito a scappare dal luogo della battaglia. Le sue gambe avevano retto fino al confine. Poi non c’era più nulla. Se ci fosse stato qualcosa d’importante se lo sarebbe ricordato. 

Aveva la certezza di essere ancora vivo. Mezzo vivo. Non sentiva nulla di sé, ma se sapeva di esserci allora era vivo. Doveva essere ridotto male. Piedi. Gambe. Braccia. Mani. Dita. Chissà se c’erano ancora. Non provava dolore. O era talmente messo male da non sentirlo più, o non aveva alcun motivo per avvertirlo. Il risvegliarsi senza avere alcuna nozione spazio-temporale, implicava sempre delle domande dalla risposta poco soddisfacente.

Nella peggiore delle ipotesi non era riuscito a fuggire. Konoha lo aveva preso subito; oppure, lo aveva raggiunto e riportato indietro. Lo avevano curato per tenerlo in vita per il tempo necessario ad interrogarlo, giustizialo e condannarlo.

Nella migliore delle ipotesi era riuscito a fuggire e qualcuno, vedendo  le sue condizioni, lo aveva portato chissadove e lo aveva curato. Se lo aveva riconosciuto, per riscuotere la taglia sulla sua testa. Se non lo aveva riconosciuto, per pura pietà.

 

 

Prendere la mira.

Respiro profondo.

Lanciare.

 

 

«Ti sei svegliato.» Soave voce femminile.

Tentò di cercare la fonte del suono con lo sguardo. Lei era fuori del suo campo visivo.  Cercò di voltarsi. A malapena riuscii ad accennare l’azione.

«Non ti muovere. Sei ancora troppo debole.»

Sentì i passi leggeri della donna farsi più vicini. Poteva avvertirla al suo capezzale. Inaspettato giunse un panno bagnato sulla fronte del guerriero. Contornò gli occhi. Il naso. La guancia destra , poi la sinistra. La bocca.

«Ricordi come ti chiami?» La stoffa umida stava massaggiando il collo.

«Sa…Sasuke…» le parole facevano fatica ad uscire. Sembravano anni che non apriva bocca. Sentiva la gola secca. La disidratazione gli impediva di parlare.

« Sasuke…E poi?»

« Sasuke…e basta.» La voce era rauca, come se il suono gli morisse in gola.

 La donna  sembrò comprendere il bisogno del suo ospite.  Allontanò il panno. Sasuke sentì lo sciabordare d’acqua. Lei si fece sopra di lui e gli pose la stoffa grondante sulla bocca. Il ninja bevve avido. Mai aveva avuto così tanto desiderio di dissetarsi.

 Mentre stava soddisfacendo la sua gola, la fissava.  Voleva capire le sue intenzioni.  Cosa si nascondeva dietro a quelle iridi verdi, che riuscivano a vincere i suoi occhi maledetti.

 

 

Centro.

Uno.

Due.

Tre.

Centro.

 

 

Abbandonato sul suo giaciglio, Sasuke sentiva le mani avorio della sua dama  addrentrarsi tra i suoi inestricabili capelli. Un tocco leggero e donatore di quiete. Dal basso la fissava e rinunciava a dare risposte a quei fastidiosi perché che tormentavano la sua testa.

 I crini d’ebano, sottili, piacevolmente profumati. Quei pozzi verdi dei suoi occhi. Quel disegno delle sue labbra. Nulla in quel viso era sovrabbondante, nulla era volgare. Tutto era armonioso e bello nella sua semplicità.  

Il guerriero guardava la donna quasi di nascosto per timore di poterle fare del male. Lei cercava i suoi occhi per  vedere al di là di quello sguardo imperscrutabile. Allora lui li socchiudeva. Lei rideva ed avanzava nell’esplorazione del corpo di lui.

Una mano fissa sulla chioma, l’altra scendeva  tra le cicatrici e il profilo del torace.

«Gli dimostrerai che la loro pace dipende da te?», il suo dolce massaggio si concentrò sullo sterno.

«Gli dimostrerai che la loro felicità dipende da te?», iniziò a punzecchiare la sua pelle con piccole scariche di energia.

 Sasuke  reclinò la testa inspirando.

Lei si avvicinò al suo orecchio. «Gli dimostrerai che la loro vita dipende da te?».

 Appoggiò la mano sul suo torace.

«Li ucciderai?».

Il ninja espirò.

«Moriranno tutti.»

La sua musa era lì, pronta a giacere accanto a lui. La sentiva continuare il gioco di dita sul petto e distendersi meglio alla sua sinistra. Si costrinse a non guardare i suoi occhi. Scrutava il soffittò combattendo contro il desiderio di rimanere incantato dal suo viso.

 «Loro ti hanno fatto dono dell’odio e della vendetta. Per questo si sono condannati a morte con i loro discendenti e i loro affetti. L’inganno verrà ripagato con l’inganno. Non vedranno nemmeno la loro fine.»

Il fiero Uchiha era cullato dalle parole della sua diva. Lei lo avrebbe guidato nell’odio e lo avrebbe riportato finalmente a vivere.

 

 

Centro.

Uno.

Due.

Tre.

Lo shuriken non si conficcò sul legno della porta. Cadde a terra.

 

 

Non si era mai posto certe domande. Non ne aveva avuto il tempo. Normalmente non si doveva provare piacere nel dolore. Ma lui ad ogni piccola scintilla di energia che lo trafiggeva era pervaso da un brivido d’eccitazione. Forse era lei che lo tranquillizzava. Forse era continuare ad odiare che lo rendeva diverso. La sua musa aumentava la forza di volta in volta. Quel gioco sapeva di violenza. Lui ne avvertiva la pericolosità. Il dubbio cominciò a formularsi nella sua annebbiata mente. Ma quando lei si adagiò sul suo corpo, immediatamente, ogni sospetto del guerriero di attenuò.

La delicata mano ferma sopra lo sterno. Le abili dita cominciarono a disegnare cerchi  sulla sua pelle. Sasuke sentì il torace avvampare. Se fosse stata solo eccitazione, si sarebbe lasciato torturare. Tutto quel che stata succedendo gli puzzava di morte. Nel disegno invisibile sul torace vedeva scorrere troppa energia. L’istinto di sopravvivenza fu più forte di ogni altro. Si tirò su. La prese per i polsi e la trascinò sotto di sè. Si trovava mantido di sudore. Per la prima volta la guardò fissa negli occhi. Lei sorrideva maliziosa.

«Che cosa mi hai fatto?» ringhiò lui.

Canzonò sicura,«Le mie parole e la mia bellezza sono state sufficienti ad ingannarti.»

Lui le strinse i polsi ulteriormente. Il grazioso volto di lei si tramutò in una smorfia di sfida.

«Chi giura vendetta non ha bisogno né dell’amore né della pace. Chi uccide per odio è già morto. Uchiha,tu non hai bisogno di vivere!»

La fanciulla concentrò tutto il chacra sul sigillo composto sul petto di Sasuke.

«Muo..»

Le parole le si strozzarono in bocca. Sopra di lei, quegli occhi rossi le stavano strappando la vita. Il ninja sentiva le pulsazioni del polso, che stritolava, perdere intensità e frequenza.  Sempre più lento. Fino a sparire. La sua musa era svanita.

Dall’alto poteva guardarla bene nelle sua maschera di paura. Era bella. Aveva un bel corpo, un bel viso. Probabilmente un bravo ninja. Probabilmente una persona che non desiderava altro che la sua testa. Per lui, era questo l’unico motivo plausibile per quel tentativo di condanna a morte.

L’inganno verrà ripagato con l’inganno.

 Si alzò dal corpo esanime.

«Strega…»

Mano al petto. Era riuscita a ferirlo. Sentiva il frizzare l’aria sulla carne viva. Non sembrava avere causato altri danni. Non sembrava essere riuscita a fare niente. Onore ed orgoglio erano già stati feriti abbastanza in passato, altri danni sembravano irrilevanti.

Sasuke si guardò attorno alla ricerca di qualcosa con cui coprirsi.  A terra giacevano i vestiti che si era tolto poco prima. Vi si avvicinò, li sollevò e li indossò. Aveva bisogno di uscire da quel posto. Di respirare aria vera.

Abbassò la maniglia della porta che lo separava dal mondo. L’anta si aprì silenziosamente. La oltrepassò e la richiuse alle sue spalle.

Si sarebbe aspettato di trovare  le stelle, invece vi era solo un lungo corridoio. Una nefasta luce arancione di torce che non c’erano. L’aveva già vista. Avanzava, ma il ricordo del luogo non veniva.

Una leggera emicrania. Una lieve pulsazione della tempia destra. Si portò la mano a massaggiare la parte dolorante. Evidentemente non era ancora abituato ai nuovi poteri. Abbassò lo sguardo quasi a difendersi da  quella luce improvvisamente fastidiosa. Non si sarebbe fermato che qualche secondo per quel disturbo.

Riprese il passo e lentamente alzò il capo. Si bloccò. Boccheggiò tra l’incredulo e lo spaesato. Due fari. Due bulbi fiammeggianti. Due enormi occhi rossi lo stavano fissando. Non potevano essere davanti a lui. Non ora. Non nuovamente.

Sentì la ferita fresca ardere. Il corpo gli stava prendendo fuoco. Quello sguardo lo stava divorando. Il dolore alla testa era ingestibile. Tutti i pensieri tornavano a galla e si confondevano. Quell’immonda creatura giocava con le sue sinapsi. Quel demonio doveva essere altrove.

 Crollò in ginocchio a terra. Si afferrò la testa tra le mani.

Non gestiva le memorie. Ogni ricordo veniva estratto dal suo subconscio. Ogni barriera veniva valicata. Il mostro sotto il suo letto era venuto a prenderlo. Era uscito. Non sarebbe bastato urlare Onii-chan nel cuore della notte. Itachi non c’era.

Cominciò a ondeggiare con il busto. Le braccia ad avvolgere il torace. Avanti. Indietro. Avanti.

Itachi non sarebbe venuto.

 

Shuriken terminati.

Buona notte.

un leggero richiamo alla storia biblica di Giuditta...

grazie

nous

   
 
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