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Autore: Shinmen    09/07/2010    2 recensioni
Una visita ad un vecchio amico nei guai rischia di finire male. Chi c'è dietro gli omcidi che hanno trasformato Nibelheim in un luogo da incubo? Si tratta veramente di un mostro soprannaturale come sembra? O forse è una montatura?
Genere: Azione, Horror, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Il corpo inerte giaceva ai suoi piedi, il sangue usciva gorgogliando dal grosso taglio che le attraversava l’addome allargandosi in una pozza sotto la sua figura immobile. Lui la guardò spaventato. Era una bambina, aveva poco più di dieci anni, la ferita all’addome non era l’unica che ne deturpava il corpo, altre meno profonde la ricoprivano dalla testa ai piedi, sembrava che un animale l’avesse fatta a pezzi con gli artigli. Mentre la guardava si chiese cosa ci facesse li, e soprattutto dove fosse il “li”. Si guardò attorno, era notte, una notte buia senza stelle, il cielo era coperto e una pioggerella leggera cadeva su tutto. Sentiva delle voci lontane, grida irritate. Tornò a guardare la bambina, si chinò sopra di lei e fece per raccoglierla da terra, forse quelle persone la conoscevano, avrebbe dovuto portarla da loro ma si fermò a metà del gesto, si guardò le mani, non erano mani normali, erano lunghe e forti, ricoperte di una peluria viola, dotate di artigli affilati come rasoi, erano ricoperte di sangue fino ai polsi.

Si alzò a sedere con un grido strozzato, gli occhi rossi spalancati nel buio. Cercò a tentoni l’interruttore della luce trovandolo al terzo tentativo. La stanza venne inondata dal chiarore artificiale, si guardò le mani preoccupato ma tirò subito un sospiro di sollievo. “Solo un sogno.” Le mani infatti erano perfettamente normali, certo, per quanto potessero essere normali le sue mani. Fissò l’artiglio di metallo che aveva al posto del braccio sinistro per un momento, pensieroso. Poi si mise a sedere sul bordo del letto massaggiandosi la testa con la mano normale. Mancavano diverse ore all’alba ma oramai non sarebbe riuscito a dormire comunque. Si alzò in piedi stiracchiandosi. Era li da quasi tre settimane, i primi giorni li aveva passati a disinfestare, i secondi a rendere vivibile almeno una parte della casa.  La Shinra Mansion non sarebbe mai stata un gran che  come casa, men che meno per lui però ora non rischiava di venire attaccato nel tragitto dalla camera da letto al bagno.  Sbadigliò sonoramente infilando la porta della cucina, da quando era li aveva gli incubi e non riusciva a dormire decentemente. “E sarebbe strano il contrario.” Pensò mentre infilava caricava distrattamente la macchina del caffè. L’accese e mentre aspettava che quella facesse il suo dovere si appoggiò al tavolo con le braccia incrociate sul petto. Continuava a sognare quella bambina, la prima della serie, cosi come l’avevano trovata quella notte. Era successo circa tre settimane prima a Edge, ed era stata anche la prima volta che aveva avuto quell’incubo ricorrente.

 

Si svegliò di soprassalto, solo che non si trovava nella stanza da letto al piano di sopra del bar di Tifa, dove era andato a dormire, in realtà era li su richiesta della ragazza, una delle solite cavolate riguardanti il mantenere i contatti o una cosa del genere, era riuscito a saltare le prime tre ma questa non era riuscito a rifiutarla, gli atri sarebbero dovuti arrivare l’indomani.  Si trovava su un tetto, ricordò che si era guardato attorno stupito ma nemmeno tanto, ultimamente gli era capitato spesso, ogni tanto pensava di farsi vedere da un medico ma poi ci rinunciava, probabilmente non avrebbe capito un accidente data la fisiologia che si ritrovava. Poi le urla, provenivano da qualche parte alla sua destra, lungo la via. Si lanciò di tetto in tetto, un fantasma rosso sibilante sullo sfondo nero della notte. Atterrò al centro della strada facendo arretrare i primi soccorritori  e se la ritrovò davanti, un corpicino sfigurato in mezzo a un lago di sangue. Rimase cosi a guardarla a lungo, si ricordava qualcosa del genere nel fumo della sua testa. Un pensiero terribile si fece strada nella sua testa, all’inizio poco definito, come oltre un velo di nebbia. Poco dopo erano arrivati Cloud e Tifa e assieme avevano ricostruito i pezzi.

La bambina si chiamava Liara, aveva passato tutto il pomeriggio a giocare fuori con amici e solo a tarda sera quando ancora non rincasava i genitori si erano preoccupati. Prima erano usciti a cercarla e poi non trovandola avevano richiesto aiuto al vicinato, purtroppo non c’era stato nulla da fare. Lui era rimasto in disparte a guardare pensieroso, il terribile dubbio che lo attanagliava sempre più forte fino al limite della sopportazione. Si era risvegliato in cima a quel tetto, cosa ci faceva li? Perché non era nella sua stanza e soprattutto cosa aveva fatto mentre non era cosciente di se? Era possibile che in qualche modo fosse stato lui a … Non terminò il pensiero, certo le ferite sembravano quelle che poteva infliggere una bestia feroce, e si propendeva per quell’ipotesi anche se di solito i mostri non si erano mai spinti cosi dentro al centro abitato. Eppure lui sapeva di poter infliggere ferite del genere se si trasformava.

Non era di certo il tipo che si lasciava prendere dal panico ma ebbe paura, per tutta la vita aveva sempre saputo di essere un mostro ma aveva sempre pensato di essere un mostro sotto controllo, dominato dalla sua parte umana, il solo pensiero di poter essere fuori controllo lo terrorizzava. Esteriormente tutto quello che lasciò trasparire fu l’appoggiarsi a una parete. Una goccia di pioggia gli cadde sul naso, alzò lo sguardo al cielo senza stelle, di li a poco avrebbe piovuto a dirotto.

<< Vincent ti senti bene? >>Lui riabbassò lo sguardo e si ritrovò di fronte a Tifa, lei lo stava fissando preoccupata. << Sto bene. >> Rispose. << Stavo solo pensando. >>

<< Come al solito. >> Tifa alzò gli occhi al cielo appoggiò la mano sinistra al fianco mentre con la destra indicava dietro di se. << Tu e quello la siete buoni solo a rimuginare. >> Vincent inarcò un sopracciglio e guardò oltre la ragazza che aveva di fronte. Cloud se ne stava con lo sguardo concentrato e una mano appoggiata sul mento. Gli scappò un sorriso suo malgrado. La voce di Tifa gli fece riportare l’attenzione davanti a se.

<< È terribile quello che è successo, non riesco a capire come sia potuto arrivare un mostro fino a qui, siamo quasi in centro. Tu che ne pensi? >> Lui distolse lo sguardo. << Non lo so, è strano però questo è sicuro, di solito tendono ad attaccare solo in aperta campagna, forse questo era talmente affamato da spingersi fin quaggiù ma in quel caso non capisco perché il corpo sia intatto. >> Tornò a guardarla. << Qualcuno di quelli che sono arrivati per primi ha visto qualcosa? >>

Lei scosse la testa << No, nessuno ha visto niente. >> Rimase soprapensiero un attimo, poi riprese a parlare. << Piuttosto, come facevi a sapere dell’emergenza? Ti abbiamo chiamato ma non hai risposto, pensavamo che dormissi. >> Preso in contropiede esitò prima di rispondere, << Non riuscivo a dormire, cosi sono uscito a fare due passi. Quando ho sentito le grida sono venuto qui. Ora scusami ma devo andare. >> Si scostò dal muro e in due rapidi balzi risalì sul tetto, si stagliò contro la luce di un tuono per un momento. Avvolto nel mantello sembrava un demone uscito da qualche romanzo dell’orrore, l’artiglio dorato era alzato in un gesto di saluto. Tifa non riuscì a rispondergli che era già sparito.

 

Il caffè borbottò riportando la sua attenzione al presente, se ne versò una tazza che si portò alle labbra. Uno spiffero gelido gli scompigliò i capelli, sorpreso si voltò notando la finestra aperta. La mente gli si svegliò di soprassalto: lui non lasciava mai una finestra aperta. Posò la tazza del caffè sul tavolo e si avvicinò cauto alla finestra, tentando di guardare in ogni direzione contemporaneamente, guardò fuori sporgendosi, non pareva esserci nessuno. Nibelheim sembrava tranquilla. Nella notte il cielo si era schiarito e ora la luce della luna illuminava il paesino. Stava per voltarsi quando una luce improvvisa attirò la sua attenzione, si agitava poco distante dalle case, su quello che lui conosceva come un sentiero piuttosto frequentato, mentre la osservava sentì le prime voci concitate, smussate dalla lontananza, mentre altre luci salivano verso il sentiero dal paese. Un brivido gli passò lungo il corpo, scattò come una molla verso la camera da letto. si infilò gli stivali in fretta e si gettò il mantello rosso sulle spalle, non c’era tempo per rendersi più presentabile di cosi. Afferrata la Cerberus dal comodino tornò correndo verso la cucina balzando fuori dalla finestra in un unico fluido movimento.

Saettava di albero in albero, troppo veloce per essere distinto come qualcosa di più di una macchia rossa, preso da una frenesia più forte di qualsiasi cautela. Arrivato al villaggio atterrò sul tetto di una casa con un tonfo. La gente cominciava ad uscire di casa e si stava dirigendo verso il sentiero. Sentì gridare qualcosa e vide di sfuggita qualcuno indicarlo. Tre settimane di isolamento buttate via ma in quel momento non gli importava, riprese a correre sui tetti, verso il sentiero. Poco prima di arrivarci riacquistò un po’ di cautela e si fermò ai margini del cerchio di luce, appollaiato su un ramo, si avvolse più strettamente nel mantello per proteggersi dal freddo.

Al centro della via si era radunato un campanello di persone, molti portavano delle torce elettriche, dalla sua posizione sopraelevata Vincent era in grado di sbirciare sopra le teste. Al centro del campanello c’era la personificazione dei suoi peggiori sospetti. C’era un corpo riverso a terra, sopra una pozza di sangue, da dov’era riusciva a notare che si trattava di un bambino. “O una bambina.” Si raggelò mentre rivide davanti agli occhi l’immagine della bambina morta ad Edge. Furono i discorsi della gente a fargli riportare l’attenzione sulla scena. Una donna piangeva abbracciando il corpicino.

<< È stato un demone vi dico! Guardate come ha ridotto la mia bambina! >> A urlare era un uomo di mezza età, il padre. Si rivolgeva agli altri con la rabbia della disperazione.

<< Andiamo  Robert, hai appena perso una figlia e capisco che sei sconvolto ma potrebbe essere stato un animale selvaggio qualsiasi. Lo sai che la foresta attorno al villaggio è pericolosa di notte. >> Un altro uomo aveva posato una mano sulla spalla del primo. Quello però se la scrollò di dosso rabbioso. << E tu credi che la mia Erica sarebbe venuta nella foresta da sola di notte? Sapeva benissimo di non doverci venire, cosi come lo sanno tutti! >> Si rivolse quindi al resto della folla che era andata aumentando col passare del tempo. << Vi dico che deve essere stato un demone! L’ha attirata fuori paese con i suoi poteri e poi l’ha uccisa! >> Un singhiozzo della donna sottolineò quelle parole. Nel frattempo era stata staccata delicatamente dal cadavere della bambina e  accompagnata poco lontano da alcune altre donne del villaggio. Scoppiò un vociare confuso tra gli uomini che discutevano sulla presenza o meno del fantomatico demone.

<< Io l’ho visto! >> Il gruppo si bloccò e calò il silenzio. A parlare era stato un ragazzino, di poco più di dodici anni. Vincent aveva il sospetto di averlo già visto ma non riusciva a collocarlo. Robert, superato il primo momento di sorpresa colse al volo l’occasione. << Ecco! Avete sentito? Lo sapevo! E dimmi ragazzo, dove l’hai visto? Com’era? >> Il Ragazzino si guardò attorno intimorito poi si fece coraggio e indicò verso il villaggio e di botto Vincent lo riconobbe, era lui che l’aveva notato poco prima mentre saltava sul tetto, poteva immaginarsi cosa avrebbe detto. << Laggiù, sul tetto di una casa, è stato un attimo non l’ho visto bene, una sagoma rosso sangue. >> Il ragazzo parlava ora in tono concitato. << Stava venendo da questa parte! >> Gli uomini si ritrassero sull’ultima frase e presero a guardarsi attorno nervosamente, puntando le torce un po’ dappertutto. “Merda.” Fece in tempo giusto a pensarlo quando il fascio luminoso di una torcia gli si puntò dritto negli occhi.

<< Eccolo li! >>

<< Presto qualcuno lo abbatta! >>

Vincent si riparò gli occhi con il braccio sinistro, accorgendosi quasi all’istante dell’errore che aveva commesso.

<< Guardate! Guardate che artigli mostruosi! >>

<< Sparategli! >>

Sentì il rumore meccanico di un’ arma che veniva caricata e preparò i muscoli allo scatto quando d’un tratto sentì un rumore come di metallo su metallo e la luce negli occhi sparì. Nell’aria risuonò una voce che riconobbe all’istante.

<< La vogliamo piantare con l’isterismo da linciaggio branco di idioti!? >>

 

La camera era piccola il materasso del letto era duro come il pavimento ma il bagno era pulito e la vista sui monti Nibel era incantevole. O per lo meno lo sarebbe stata se il cielo fosse stato limpido. Yuffie guardò corrucciata il depliant che il gestore le aveva rifilato, uno stupendo paesaggio montano arricchito dalle strane formazioni rocciose per cui era famosa la zona su cui titolava. “Monti Nibel la magia ti aspetta.” Lo confrontò con la triste immagine uggiosa che componeva la vista dalla finestra e sbuffò.

 Si gettò sul letto a braccia e gambe divaricate e rimase a guardare il soffitto per un po’. Prima di rendersene conto si ritrovò a pensare a cosa cavolo ci faceva li. Non era stata esattamente una scelta ponderata ma non c’era altro da fare, quel rimbambito in rosso faceva sempre di testa sua, e come al solito doveva pensarci lei. Dopo essere riusciti a decifrare il perché della sua sparizione ovviamente. Ripensò alla discussione avvenuta qualche settimana prima a Edge durante il “Raduno Annuale degli Eroi”, il nome era un po’ stupido ma lo aveva deciso quando ancora era una bambina idiota e sotto sotto le piaceva ancora.

 

<< Quel grandissimo idiota! >> Yuffie sibilò furente passeggiando su e giù per la sala del bar mentre gli altri la guardavano chi divertito e chi preoccupato.

<< Calmati dai, avrà avuto di sicuro le sue buone ragioni. >>

<< Buone ragioni un corno! >> Fulminò Cloud con lo sguardo e lui alzò le braccia come se lei dovesse aggredirlo da un momento all’altro. << Fa sempre cosi, il bel tenebroso solitario. Chiedere aiuto è uno smacco per lui. Vincent “me la cavo da solo”Valentine, lui è immortale, indistruttibile, non ha bisogno di nessuno vero? Come se starsene a riposo dentro una bara insegnasse a risolvere i problemi! >> Si voltò arrabbiata e ricominciò a camminare avanti e indietro.

Cloud si guardò attorno chiedendo disperatamente aiuto con lo sguardo. Barrett se ne stava appoggiato a un tavolino fissando sconvolto la ragazza che dava in escandescenza, non ci era abituato. Red XIII era uscito poco prima dicendo che andava a fare quattro passi, portandosi via anche Cait Sith, l’unico modo che aveva Reeve per venire senza trascinarsi dietro la stampa. Cid si era addormentato su una sedia, i piedi sul tavolino di fronte a lui, russava sonoramente e se nemmeno quelle urla riuscivano a scuoterlo probabilmente non ci sarebbe riuscita nemmeno un esplosione nucleare. Finì cosi per fissare lo sguardo su Tifa che alzò gli occhi al cielo, sbuffò e dopo avergli mimato un “eh va bene” muto si avvicinò alla ninja infuriata.

<< Senti, non pensi sia il caso di andare a dirle a lui queste cose? >> Yuffie si bloccò e la fissò torva, poi sbuffò e sembrò rilassarsi.

<< Forse, è che non so dove si sia cacciato. >> Fissò sconsolata l’amica.

<< A questo forse possiamo arrivarci. >> Tifa si portò una mano al mento poggiando il gomito sul palmo dell’altra e sembrò riflettere per qualche istante. << Allora ragioniamo, probabilmente è sparito subito dopo la morte della bambina, quasi sicuramente le due cose sono collegate, sembrava turbato da qualcosa. Inoltre quella notte fu il primo ad arrivarci perché era già fuori. >> Yuffie la guardava assorta, ascoltando l’amica attentamente. “possibile che quel deficiente …”

<< Quell’idiota si reputa responsabile! Come cavolo ho fatto a non pensarci prima! >> Tifa le sorrise. << Eri troppo impegnata ad arrabbiarti >> Lei ne sapeva qualcosa di “Idioti che si sentivano responsabili.” Lanciò uno sguardo ironico a Cloud che le rispose con un alzata di spalle. Quindi tornò a parlare a Yuffie. << Ora il punto è capire perché pensa di esserne responsabile, quella bambina aveva ferite inferte da artigli, cosa può centrarci lui? Dopotutto è un essere umano. >> Ma anche mentre lo diceva si accorse che non era del tutto esatto, ammutolirono tutti evitando di guardarsi in faccia, alla fine fu Barrett ad esprimere ad alta voce il pensiero degli altri.

<< Ma lui non è umano, non sempre almeno vero? >> Yuffie gli lanciò uno sguardo che avrebbe potuto farlo esplodere. << Ehi non pensare che io non lo consideri umano, solo che si trasforma anche in qualcos’altro, lo sappiamo tutti. E quando lo fa è fottutamente spaventoso! >> Yuffie si avvicinò di un passo e fu Cloud a venirgli in soccorso. << Ma andiamo, non penserete veramente che abbia potuto fare … Voglio dire è Vincent. >>

<< No io non credo che abbia potuto farlo, non coscientemente almeno. >> Tifa abbassò lo sguardo. << Però se avesse perso il controllo sulla sua capacità? >> Yuffie la fissò sbiancando. Non poteva crederci. Eppure il corpo di Vincent era sempre stato instabile, la sua fisiologia era un pasticcio cosi come la sua chimica interna, ma poteva veramente succedere che perdesse il controllo su se stesso? Non voleva crederci eppure … << Se veramente è successo questo. >> Parlò lentamente, le parole le costavano una certa fatica. << O perlomeno se lui pensa che sia successo questo, c’è solo un posto dove può essere andato per tentare di capirci qualcosa. >> Li fissò uno per uno. << Ed io intendo seguirlo. >>

 

 

Il vociare in strada la svegliò dal flusso dei ricordi, forse si era addirittura appisolata a un certo punto. Si stropicciò gli occhi e si mise a sedere. Dall’esterno provenivano parecchie voci concitate e passi di corsa. Il suo corpo si tese, i riflessi di anni di combattimenti e allenamenti lo fecero reagire prima ancora che la testa riuscisse a collegarsi. In meno di trenta secondi era nella piccola hall dell’hotel con il suo shuriken nella mano destra. La stanza era deserta, la porta spalancata cigolava pigramente sui cardini mentre da fuori provenivano altri rumori di gente in corsa. Si catapultò fuori. Il villaggio era in subbuglio, gente che correva da tutte le parti, la maggior parte si stava dirigendo fuori paese prendendo una via laterale. Alzò lo sguardo e notò delle luci più su lungo il costone della montagna. Stava per dirigersi la anche lei quando l’esclamazione di un ragazzino la fece voltare. << Ehi guardate la! >> Lo vide per puro caso, un ombra rossa che schizzò via sui tetti a una velocità tale da renderlo a malapena percepibile. Sparì nei boschi talmente velocemente da far dubitare che ci fosse stato sul serio. “E io che pensavo di dover faticare per incontrarlo.” Sorrise mentre partiva di corsa verso il sentiero che conduceva su per il costone. Vincent si era diretto proprio la.  La salita era più dura del previsto, fu cosi che arrivò appena in tempo per vedere uno degli uomini del villaggio puntare un fucile verso Vincent, che se ne stava appollaiato su un albero come un idiota riparandosi dalla torcia che qualcuno gli aveva puntato in faccia. Mentre tutt’attorno la gente inneggiava al linciaggio.

Agì di impulso, sapeva perfettamente che non c’era un vero pericolo, Vincent avrebbe evitato il colpo con una facilità estrema, tuttavia queste considerazioni le balenarono nel cervello un attimo dopo aver lanciato lo shuriken ed aver esordito con la frase più infelice di tutti i tempi.

<< La vogliamo piantare con l’isterismo da linciaggio branco di idioti!? >>

 

  
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