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Autore: Gar93    12/07/2010    1 recensioni
Salve a tutti, questa e` la mia prima fanfic...spero di aver fatto un buon lavoro. La storia si incentra nel mondo di FF7, precisamente 100 anni dopo la crisi di Midgar... Presto i vari dettagli sveleranno il mistero che accerchia gli eventi di una nuova Shin-Ra ancor piu' assetata di potere... Deto questo aggiungo solo: Hope you like it
Genere: Fantasy, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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≈≈≈≈≈≈≈≈

"...to find the end of the journey"

 

 

"Ecco fatto, come ti sembra?"

"Più bella di prima, come nuova!"

"Ora tocca ai tuoi capelli"

"Cosa? No! Sei pazza!"

"Che c'è, ti ho già sistemato la tuta"

"Sono appena uscito dall'ospedale!"

"Ahahahahaha, dai che te li acconcio io"

 

 

"...and your eternal slumber"

 

.≈≈≈≈≈≈≈≈.≈≈≈≈≈≈≈≈.

 

In altre parole, il periodo passato in ospedale gli era stato utile.

Non che desiderassi una soluzione del genere, ma le esperienze che lui sembrava aver vissuto l’hanno cambiato in meglio.

Anser ora è più felice, una nuova luce brilla nei suoi occhi.

Incredibile che non mi fossi accorta di ciò che dimorava in lui, io la sua migliore amica, tanti anni passati assieme e ancora non riuscivo a comprenderlo.

Anser non voleva essere compreso, la sua "rinascita" ha avuto origine da lui stesso.

Si è sfogato, ha buttato fuori tutto quello che senza motivo nascondeva, mi ha parlato del suo sogno, delle sue paure, dei suoi genitori, la solitudine, la rabbia, senza timore, senza vergogna...com è facile quando la gente non sente più il bisogno di nascondersi dietro fraintendimenti.

Nel tragitto dall'ospedale ci siamo fermati sulle rive di un piccolo laghetto in periferia, lì la natura ancora coesisteva con la freddezza del metallo che la circondava. Le piante rampicanti erano perfino riuscite ad abbracciare le colonne di metallo.. dove non c’era vita, la natura imperterrita voleva rianimarla.

E l’artificiale si mescolava al naturale, l’acqua di uno dei laghi meno inquinati dell’isola richiamava la flora e aspettava una ormai inesistente fauna.

Oltre le sponde del lago, si trovavano alcuni mostri, vi erano quelle creature che bevevano dal lago, tranquille.

“Scherzi della natura”… allora cosa siamo noi?

Abominio umano non era sufficiente per descrivere la presenza dell’uomo su di una terra malata.

Il lifestream, il flusso vitale, ancora scorreva nelle viscere del pianeta, ancora esisteva il ciclo naturale di nascita e ricongiungimento al pianeta.

Ustioniamo la terra in superficie.

Scopriamo la potenza della mako.

Sfruttiamo la vita del pianeta per produrre altra devastante energia meccanica.

Cos’era il male di due adolescenti, fermi davanti al laghetto, in confronto al dolore della terra?

Ricordo che urlammo; urlammo al vento tutto ciò che non era già stato lavato via dalle lacrime.

Abbiamo pianto, è vero. Due lacrime che cadevano nello stesso istante.

Bastava un abbraccio; bastava svuotarsi, resettare tutto, dimenticare la paura dello ieri e procedere per il presente.

Un grande abbraccio, una manifestazione d’affetto, una grande confessione e il perdono; e subito dopo solo il silenzio, molto più eloquente di tutte le parole.

Subito dopo mi ha guardata, o meglio mi ha scorta attraverso i suoi capelli neri fluenti dinanzi agli occhi; era ridicolo ed entrambi scoppiammo a ridere.

Anser era libero, pareva avesse abbandonato tutta l’amarezza del passato.

I suoi occhi brillavano solo per me intanto che sorrideva alla verità che aveva dinanzi.

Cosa gli era capitato?

Non ha importanza

“Vieni con me” “Lasciamo questo posto”

Silenzio, inutile infrangere la magia del momento.

Rammento che mi prese per mano.

Poi cessai di pensare e lo seguii senza domande.

.≈≈≈≈≈≈≈≈.≈≈≈≈≈≈≈≈.

 

“Intossicazione da mako e intensa emorragia dovuta a un colpo grave di arma da taglio!”

Per poco Anser non cadeva dalla sedia.

Il suo sguardo allibito non lasciava spazio a dubbi.

Eravamo seduti entrambi ad un tavolino di un ristorante non lontano da casa, volevamo festeggiare la fine della convalescenza con una cena speciale.

Subito dopo aver ordinato, Anser prese la sua cartella clinica e cominciò a sfogliarla per ingannare il tempo.

“Danni gravi agli organi interni in particolare alla zona sub-coronaria!”

“Anser, io starei mangiando..”

“Dovè il mio medico?” “Non l’ho neppure ringraziato”

“Sei stato abbastanza eloquente con lui”

Distolsi gli occhi dal piatto per sentirmi addosso tutta la sorpresa che ne derivò.

Anser mi fissava intensamente quasi a bocca aperta.

“Che c’è?”

“Il mio medico…” si interruppe un secondo “Il mio chirurgo…” “la persona che mi ha salvato la vita e senza la quale ora non sarei qui…”

“E’ proprio Dagger”

Ora la sua sorpresa lasciava spazio a riflessione e sconforto.

Era proprio carino quando si crucciava per nulla, mi sfuggì un sorriso.

“Niente da ridere, forse lo ho giudicato troppo presto”

“Forse ti sei semplicemente lasciato trasportare dalla situazione”

“Comunque sia, dovremmo essere felici di non doverlo più rivedere, soprattutto per quanto ti riguarda…”

Ora la sua espressione era veramente divenuta quasi una caricatura. Occhi sgranati mi fissavano increduli.

“Hai assistito all’operazione?”

“Certo” dissi indifferente

“Ma…vale lo stesso se si assiste ad occhi chiusi?”

“Ma và”     scoppiammo entrambi a ridere

“Sono coraggiosa lo sai?”

“Non ho dubbi”

“Anche se…la tua abilità con la lama, lascia ancora a desiderare”

“Come scusa?”

“Non ho forse ragione?”

“Sei molto modesto sai”

“Tantissimo”

“…tanto da pagare il conto al posto mio”

Mi alzai sorridendogli e gli voltai le spalle avviandomi verso l’uscita.

“Cos.. Ehi aspetta dove vai!!”

“Ciao ciao”

Gli stava bene, quella sua spavalderia andava un po’ limata.

Mi fermai ad osservarlo dalla finestra del ristorante.

Quando il cameriere si avvicinò con il conto, Anser gli diede un’occhiata e batté la testa al tavolo predicando tra se e se.

E’ un bravo ragazzo.

Sorrido ancora, è proprio carino quando si indispettisce..

Rimasi li a osservarlo ancora un po’.

“Hai messo a posto la sala?”

Mi girai alla mia sinistra per vedere due uomini che discutevano faccia a faccia  nel parcheggio. Non mi sembrava opportuno ascoltare la loro conversazione, quindi tornai a guardare Anser.

“Ho ripulito tutto, ho rimosso i residui di mako dal generatore e ho sigillato l’entrata di servizio”

L’espressione di Alissa si congelò per un istante, tastando i muri si appiattì più che poté alla parete.

Da lì cercò di affacciarsi per adocchiare i volti dei due che discorrevano.

“E il ragazzo ferito?”

“Non dovrebbe essere un problema”

Cosa voleva dire “Non dovrebbe essere un problema”? Era di Anser che parlavano? Chi erano quei tizi e come sapevano dell’incidente?

Alissa sbirciò dall’angolo del ristorante sperando che i due figuri non si accorgessero che Anser era nel ristorante di fronte.

Il chiarore del locale le permise di riconoscere sul momento il primo uomo.

Davanti a lei vi era un vecchio che discuteva con l’ombra di un’altra figura. Un uomo alto e snello, dal portamento forte e i capelli sciolti corvini.

“Dagger” intimò il tizio nell’ombra.

“Sai meglio di me i rischi per la compagnia, nel caso di una fuga di informazioni di tale entità”

“Non urlare per favore”

“Hai completamente ragione, tuttavia l’incidente è stato un imprevisto”

“Il soggetto si era quasi risvegliato e prima di riuscire a sedarlo di nuovo è stato capace di compromettere le apparecchiature… in particolar modo il generatore”

“Spero non sia stata una dimenticanza, come procede per il resto?”

“Tutto prosegue come da programma”

“Dagger…la Shin-Ra ha bisogno di un risultato”

“Lo farò per la Shin-Ra ma soprattutto per mio fratello”

“Bene, ora ragioniamo”

“E per quanto riguarda l’erede C”

“Ho appurato che vive da sola e che come tutti gli altri ragazzi della sua età, ogni mattina si reca al reparto educativo della Shin-Ra”

“Tuttavia sembra avere rapporti stretti col ragazzo dell’incidente”

“Non ha importanza, il prima possibile cattura l’erede C… e elimina il ragazzo”

“Domani Anser verrà da me per una visita di controllo medico”

“Fà quel che ti riesce meglio...molto bene.. sei un degno alleato”

Rumore di passi

“Ah, un’ultima cosa”

“Dica”

“I genitori dell’erede?”

“Stia tranquillo, non ce ne dobbiamo più preoccupare”

 

 Il mio cellulare

 

Rubrica---Chiama---“Mamma”

 

Per favore….rispondi….

dai ti prego rispondi, rispondi!!!

 

Numero inesistente

 

…..no…non può…non è..

Mamma..

 

Rubrica---Chiama---“Papà”

per favore....papà, papà rispondi!

Numero inesistente

 

Inesistente, come potevano i suoi genitori non esistere…

Chi altri la aveva cresciuta, la aveva aiutata,accudita, le aveva mostrato il mondo, la aveva portata in giro per la città…

I miei genitori…avevo il pensiero bloccato tra le mille ipotesi che si affollavano nella mente.

Rimisi il telefono in tasca. Rimasi ferma lì, accanto alla finestra del ristorante.

Mi portai un braccio davanti il volto come per nascondermi agli occhi del mondo. Raccolsi i miei pensieri.

Ebbi subito una visione, un quadro d’insieme confuso di quello che stava accadendo in quelle ore davanti la casa dei miei genitori.

In fondo non me ne ero mai andata da quella casa.

Pensai ai rumori familiari, quei rumori semplici che danno sicurezza, che riconosceresti tra mille, inconfondibili richiami di casa che danno pace e conforto al cuore; il cigolio della porta del bagno, il motore dell’auto che parte, il tintinnio della chiave che gira nella serratura… Rumori persi per sempre. Come papà e mamma.

Mi ero sempre preoccupata della sofferenza di mia madre o di mio padre, era un pensiero che avevo sempre in testa. E del ruolo che avrei dovuto assumere io quando questo sarebbe accaduto. Non mi vergognavo a pensare nemmeno che mi stavo preparando a quel momento e alla sua durata.

La loro morte improvvisa e mi aveva quasi liberato l’anima dal peso che tale pensiero comportava. Adesso non c’era più niente, se non il loro ricordo.

Fu come tagliare i ponti con la realtà. Non mi accorsi di essere inginocchiata. Non vedevo più lo schermo del telefonino.

Ormai non vedevo più nulla.

La notte si fece complice di quel dolore che sentii, mentre altre due innocenti anime si ricongiungevano al pianeta, essa pianse.

Le gocce di pioggia ticchettarono lo schermo del cellulare, ma non furono loro le prime..

 

I due tizi erano già andati via

Passi nella pioggia

“Ah eccoti qua”

“Sei stata molto gentile, grazie”

 

Appena Anser mi vide inginocchiata per terra, tremante e in preda alle lacrime corse verso di me.

Il suo sguardo era terrorizzato.

“Alissa…cos’è successo!”

 

Cos’era successo, non lo sapeva nemmeno lei..

 

 

 

 

 

...C'è chi dice che la cosa più bella
da vedere sotto il cielo
sia un esercito di cavalieri
una schiera di fanti
o mille navi da guerra.
Io dico che la cosa più bella
è ciò che si ama.
Di Venere l'amato incedere,
il viso chiaro e luminoso
è quello che vorrei vedere.
E non gli eserciti schierati,
i soldati in armi
perduti nella guerra..

 

  
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