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Autore: BigMistake    12/07/2010    1 recensioni
Dal Prologo: "Un nano ed un elfo, in groppa allo stesso destriero. Definire tale cosa rara, sarebbe soltanto blasfemia. Eppure successe alla fine della Terza Era, quando la Quarta albeggiava altisonante sulle teste della Terra di Mezzo. [...] Proprio in quel viaggio conobbero, a caro prezzo un popolo nascosto, Gwath - Ombre, venivano chiamate, e si mostravano come spettri nella notte. Mai avevano agito al di fuori delle loro terre, ma i tumulti che avevano scosso Mordor e tutti gli abitanti delle Terre dell’Est, ovviamente le avevano costrette a “cacciare”, se così possiamo definire la loro una caccia, ben oltre il loro piccolo recinto fatto di alberi e oscurità." Sarìin, il bardo racconta una storia agl'avventori di una taverna, i cui protagonisti presero parte alla Compagnia che salvò la Terra di Mezzo da un'imminente fine. Grazie per la vostra attenzione e buona lettura!
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gimli, Legolas, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO XIII: Ricordi e tempo. Viaggiando verso casa.

Dopo notti tormentate e spaventose il suo cuore apprese l’evidente pericolo scampato. Il suo gracile fiore d’inverno giaceva tra le sue braccia con il respiro appesantito ed i battiti rallentati, sopita tranquilla. Era la seconda volta che poteva osservare il suo sonno da quel punto di vista così privilegiato. La dolcezza che traspariva dalla sua espressione gli donava una serenità unica, mai provata in presenza di nessun’altro. Era così che l’avrebbe sempre voluta, con gli occhi socchiusi, il viso disteso e con una mano sul suo petto rasente a dove la freccia l’aveva colpito. Il segno che portava con sé era diventato un marchio, l’impronta del passaggio delle savie mani della Guaritrice sul suo corpo. Anche se ormai la cicatrice si confondeva tra il candore della sua pelle, un tatto sensibile avrebbe potuto percepire il solco irregolare, le piccole increspature che si modellavano sotto la sporgenza della clavicola e quel graffio circolare procurato dalla cauterizzazione della ferita. Un sospiro si alzò dalle spalle della fanciulla ed un piccolo gemito fuoriuscì dalle sue labbra appena dischiuse. Si trovò a chiedere cosa sognasse quando un brivido percorse il suo corpo dopo un algido soffio del vento.

Con il tempo anche lei avrebbe imparato a sopportare le temperature più ostiche del nord, ma in quel momento troppi aspetti umani influenzavano il suo essere. Legolas prese la coperta poco distante e la sistemò sul corpo di Adamante, che si strinse di più all’elfo. Fu proprio allora, quando il palmo della fanciulla scivolò sul ricordo del loro primo incontro, che Legolas avvertì quel senso d’intorpidimento già avuto. Un formicolio che partiva dalla vecchia ferita e invadeva, come una macchia d’inchiostro su di una porosa pergamena, le sue membra. Ma una cosa nuova avvenne a quella sensazione già conosciuta: un tepore dolce e confortante era giunto fino alla testa di Legolas, altamente benefico, come se lenisse ogni sorta di sofferenza possibile. Il suo cuore divenne leggero, la sua mente spaziò oltre i confini del tempo e sorvolò il passato, il presente ed il futuro. Annegò in una nebbia di luce fino ad essere sommerso dal buio. Il dolore, la paura, la gioia. Tutto quello che aveva provato anche prima dell’incontro con Adamante era scomparso nello smarrimento delle percezioni. Si sentiva un tutt’uno con ciò che lo circondava, una comunione così profonda da risultare inverosimile. Quello che avvertiva era lo scorrere delle acque, il bisbiglio del vento, lo scalpitio del fuoco e il frusciare delle foglie. Da sempre l’armonia della Natura aveva accompagnato il suo spirito ma in quell’istante lo fece cadere in un sonno profondo, animato dalla luce delle stelle. Non brillavano sopra le loro teste, non in quel momento, eppure in quel tiepido abbraccio trovarono il loro rifulgente calore.

 

La nuda fiamma di Anar aveva preso a splendere nel cielo da qualche ora, il suono di due risate, l’una greve e di solida roccia, l’altra acuta e cristallina, puntellavano le sue orecchie spingendolo ad aprire le palpebre. La mente era rimasta stordita dall’esperienza quasi ultraterrena provata nel sonno. Aveva come  l'impressione di essere timasto immerso nell'acqua, in balia di fredde correnti. Non sapeva che quelle erano le stesse sensazioni che la Guaritrice aveva provato poche ore prima. Si sentiva rinvigorito dal riposo, nel corpo e nella mente, più forte di come aveva ceduto le armi alla stanchezza. Si avvisò che accanto lui la Guaritrice non c’era e quella che sentiva era la sua voce impegnata in una divertente conversazione. Con ancora gli occhi chiusi si ritrovò a sorridere a quel piacevole risveglio.

“Ebbene sì,  mia signora, il nano qui presente ha battuto il principino elfico per un punto di vantaggio!” era la sua affermazione tra le risate, il suo vanto migliore. Molte volte Legolas aveva ascoltato la sua versione dei fatti e tese ancor di più il fine udito verso quel racconto, ormai impresso fra le loro memorie come su pietra. “D'altronde un’ascia sarà meno rapida di una freccia, ma è da ritenere assai più forte!” l'elfo udì l'inconfondibile suono della pietra contro il metallo: il nano stava demarcandone il filo della sua arma con premura. Amava curarsi della sua ascia, un riguardo che risultava quasi una devozione divina.

“È un grande onore immagino!” rispose con quella voce inconfondibile che possedeva delle note nuove, argentee e vivaci, totalmente armoniche con il suo stato d'animo. Ogni cosa sembrava trovare il suo posto, finalmente poteva sentirsi veramente libera anche dalle sue convinzioni. Non aveva paura sapendo che accanto a lei ci sarebbe stato Legolas.

“E voi piccola strega, avete mai contato quanti nemici sei riuscita ad abbattere in una sola lotta?” stavano mangiando qualcosa probabilmente, dato che Adamante iniziò a tossire strozzandosi. Quel rumore destò Legolas che subito, apprensivo, si sollevò dal suo giaciglio. La ragazza era di spalle mentre si copriva con il pugno la sua bocca. Cercava di ingurgitare il boccone battendo con leggeri colpi il petto.

“Oh, meno di quaranta suppongo dalla tua reazione!” disse spavaldo Gimli, che invece continuava ad incalzare la domanda nonostante le evidenti difficoltà della ragazza. Adamante smise di tossire, una volta liberatasi dal pezzo di pane incastrato nella sua gola, ma non rispose lasciando il nano libero di supporre. Non ebbe il coraggio di rivelargli l’effettivo numero e se ne stette in silenzio, negando semplicemente con un cenno del capo. “Meno di trenta?” pressò con fare provocatorio, la fanciulla non sapeva assolutamente come districarsi dall’imbarazzo. “Non preoccupaterti, capisco che il numero quarantadue possa impressionare!” il nano batté la sua rude mano sul ginocchio della ragazza per consolarla della sua deduzione di disfatta.

“Gimli ti stancherai mai di competere in battaglia anche quando sei a riposo?” intervenne allora l’elfo alzandosi definitivamente per avvicinarsi alla allegra compagnia. Sentiva sull'epidermide le emozioni della sua Tirînir, ogni cambiamento era di facile comprensione. Dopo quella notte avvertì un gancio arpionarsi al centro del suo stomaco e trascinarlo in sua direzione, come se si fossero fusi attraverso i sogni. Quando sentì la domanda di Gimli, sapeva già della voglia che aveva preso alla Guaritrice di scappare da una risposta sconveniente. 

“A te smetterà mai di bruciare la sconfitta?” rispose a tono il nano.

“E voi due smetterete mai di battibeccare?” chiese Adamante sostenuta, incrociando le braccia al petto. “Il sole è già alto miei cari compagni di viaggio, sarà ora di muoversi! Molte leghe ci separano da Erebor e per quanto l’Ombra dell’Est sia stata debellata, non è detto che non incroceremo le sue sudice creature lungo la via! Quindi credo sia il caso di imbrigliare i cavalli e partire!” detto questo la ragazza andò ai cavalli, estrenando il suo intento di eludere l'insistenza di Gimli. Legolas la seguì in silenzio raggiungendo anch'egli i due destrieri che, completamente ignari, erano intenti nei loro affari. Borbottavano con lievi nitriti mentre la Guaritrice aveva iniziato a sellare il primo. L’elfo prese ad imbardare il secondo situato al loro fianco, restando schiena contro schiena. Fingeva indifferenza, ma aveva una domanda pruriginosa da porle.

“Allora quanti?” disse in un flebile tono sapendo di poter essere udito solo dalla fanciulla.

“Telin na nedio canaphe – ar – odog ! | S – Arrivai a contarne 47! | ” si fermò un secondo senza voltarsi continuando a dare le spalle all’elfo che già aveva preso a soffocare una risata. “Dopo che Raja rimase ferita smisi di farlo.” Quello era un numero miserrimo di nemici sterminati per una Gwaith. I loro eserciti si muovevano in piccoli gruppi e spesso nascosti, l’addestramento quindi prevedeva la velocità nell’uccisione e il maggior numero per ogni singola combattente.Finito di bardare l'animale, indossò la sua spada stringendo con forza la cinghia alla vita, per poi sistemare il pugnale nel fodero dello stivale.I suoi erano movimenti rapidi e meccanici, effettuati esternamente alla sua volontà. Il pensiero delle battaglie di un tempo la rendevano rigida e severa nello sguardo, non aveva mai amato l'arte della guerra ed era stata costretta a servirla. Il periodo più oscuro per lei, denigrata per il poco destreggiarsi con la spada. Certo gli orchi erano spesso e volentieri una marmaglia confusionaria, facilmente sopraffabile dalla più scarsa delle Ombre ed Adamante non era estremamente scarsa nella lotta, ma era riluttante nell'utilizzare la spada e si trovava in difficoltà nel momento in cui era costretta. La ragazza passò in rassegna morso e sella controllando che fossero ben saldati, quando Legolas si girò di scatto, guidato dal semplice istinto. Non poteva vederla ma, come era stato per l'imbarazzo con Gimli, avvertiva l'espressione melanconica che le si era disegnata sul volto come sul suo.

“Perdonami!” Adamante non voleva che il suo Principe si caricasse di colpe inesistenti ed accennò ad un sorriso rivolgendolo all'elfo. Montò a cavallo con agilità non nascondendo un po' di vergogna per tutti quegli ossequi a lei rivolti. Le risultava così difficile pensarsi come l'oggetto di tanta premura, che non sapeva come ripagarla se non con la stessa moneta. Si soffermò nel guardare Legolas, tirato e scuro in viso tormentato dal pensiero di averla offesa. Lei scosse la testa e per un attimo i capelli sembrarono baluginare al tocco indiscreto del sole.

“Nulla vi è da perdonare, heruamin | S – Mio Signore |!” rispose risoluta. “Tutto appartiene ad un passato e nel mio è estremamente difficile non incappare in episodi spiacevoli. Ti prego, non chiedermi perdono quando mi sovviene una reminiscenza della mia vecchia vita e tutto quello che ne è conseguito. Ogni bruttura vissuta ha contribuito a rafforzarmi.” Rinfrancato dalle parole della ragazza Legolas si sentì sollevato, alzò la mano per carezzare l’esile animale che la teneva in groppa.“E poi mi ha condotto a te!”

“Sarà mio compito sostituire i tuoi brutti ricordi con esperienze più gradevoli.”

“Proposta interessante, soprattutto perché credo che sia molto più che all’altezza per coprire tale onerosità!” rispose quasi fosse la continuazione della frase dell'elfo.

“Scusate, non vorrei disturbarvi, ma se prima c’era la fretta ora non dovremmo decisamente perderci in chiacchiere!” protestò il nano con il suo burbero modo di fare. “Ah, questi elfi!” sbottò infine quando Legolas lo aiutò a salire sul suo cavallo. Tutto si chiuse con una risata e non fu l’ultima. Adamante aveva intrapreso la lenta via della guarigione, il suo spirito sembrava sanarsi mentre battevano la strada. La vera essenza della Guaritrice stava riaffiorando, il suo cuore risultava meno turbato e Legolas non fece altro che abbeverarsi di quel nettare sgorgato dalla sua spensieratezza. Finalmente poteva ammirare dei sorrisi sinceri disegnarsi sul suo volto ed ogni cosa di lei appariva sempre più splendente. Piccoli cambiamenti impercettibili, ma al contempo visibili ad occhi altamente ricettivi. Il fiore rinvigoriva, la neve da cui era nato si stava sciogliendo irrorando la nuda terra che riposava sotto il suo candido manto, nutriva ciò che stava distruggendo. Ed era questo che provocava quel crescente splendore determinato dalla sua discendenza, mutava nell’aspetto come nell’anima. L’elfo colse l’occasione per iniziare a parlarle dei primi figli di Ilùvatar, quella che sarebbe diventata la sua gente, il suo popolo. Il racconto proseguiva assieme al viaggio trovando il suo svolgimento di giorno in giorno. Adamante vide il mondo con nuovi occhi, nessuno le aveva mai spiegato cosa in realtà fosse: quell’unico anno passato in compagnia del padre era stato sufficiente a poche nozioni, di più limitate agli aspetti pratici.

“Dove siete andata, piccola strega?” chiese il nano, riferendosi al momentaneo allontanamento della ragazza. L’ennesima notte lungo le rive del Rossacque, i tre viandanti attorno al fuoco stavano mangiando le provviste che avevano iniziato a scarseggiare. La diramazione con il Celduin si avvicinava, il paesaggio aveva quasi del tutto assunto i verdi colori del Forod | S – Nord |. Evitavano di percorrere la strada di notte, durante le ore nelle quali menti corrotte da Melkor preferivano scorrazzare, mascherate dalla loro pelle scura e nel loro ambiente naturale fatto di odio, oscurità e morte. Ma quella notte non era del tutto buia: piccole stelle si affacciavano timide sopra le loro teste. Cominciavano a comparire nuovamente e la loro luce confortante indicava l’avvicinarsi della benedizione di Varda.

“Ho preso dell’acqua, mastro Gimli, ed ho trovato delle acetose. Sono commestibili, si possono per esempio utilizzare per preparare una zuppa, cosa ben più importante sono le loro buone proprietà. Una volta ingerite faranno passare i vostri acciacchi, mio caro amico!” gli era costato molto al nano ammettere con la Guaritrice di risentire di qualche disturbo. Aveva piccoli dolori lungo la schiena, soprattutto alla base, provocati dall’ondeggiare profuso dello stare in groppa. La Guaritrice, mentre parlava sommessamente, strappò le foglie minuziosamente inserendole poi in una otre. Agitò per un po’ il suo contenuto e, dopo averla chiusa, la porse al nano. “Purtroppo non ho i miei strumenti con me qui, ma una notte di riposo nell'acqua dovrebbe bastare per trasferire le sue proprietà. Ingerite da domani mattina piccoli sorsi e vedrete che già all’imbrunire avvertirete un certo benessere!”

“Mi fido ciecamente, ho visto come le tue mani esperte sanno muoversi quando si tratta di aiutare il prossimo!” affermò il nano prendendo con sé l’infuso.

“Questo rimedio l’ho provato su me stessa, nano. Mio padre me ne faceva ingerire piccole quantità dopo che, nel tentativo di seminare le Ombre,distorsi il piede in maniera innaturale …” il suo sorriso venne nascosto dal tono triste con cui proferì quella frase.

“Cosa ricordi di allora?” molto tempo la voce di Legolas aveva allietato con racconti e canzoni, solo quando vide la ragazza avvolta da un’insolita aura di serenità si era azzardato nel chiederle qualcosa di Helluin.

“Non saprei indicare un filo conduttore delle mie memorie, heruamin.” Rispose con le lacrime agl’occhi, non per il dolore del ricordo ma per la nostalgia che provava per quel periodo felice, passato in compagnia di colui che l'aveva amata. “Il più delle volte eravamo costretti a nasconderci tra gli alberi e nel bosco. Non c’è molto da dire quando si viene braccati dalla propria famiglia.” La ragazza d’un tratto, portò la sua mano allo stivale ed estrasse il pugnale. La sua luce iridescente prese a splendere al contatto con l'ancora debole fulgore delle stelle. Il suo scintillio rifletteva un colore particolare, bianco sì, ma con delle sfumature turchese. Era come se anche il freddo metallo risentisse l’avvicinarsi della propria casa. I volti stupiti si erano fermati a guardare quello strano riflesso azzurrino che illuminava la pallida pelle della Guaritrice, la quale si riprese battendo più volte le ciglia. “Non ricordo mai di averlo visto combattere, piuttosto utilizzava la lama per estirpare piccoli arbusti e radici.” La Guaritrice nello sforzo di rinvangare il passato, passò con delicate carezze i polpastrelli sull’iscrizione del pugnale. Nimril. Helluin. Suo padre. Posò poi la lama ricurva accanto al suo fianco, seduta in terra con le spalle adagiate ad un tronco caduto forse con una tempesta. “Ricordo il suo volto e i suoi capelli castano dorati, si confondevano con i miei nei suoi abbracci notturni per tenermi riparata.” per un attimo incrociò lo sguardo con quello dell'elfo. Quell'immagine rispecchiava il comportamento del suo amato, che durante la notte la teneva stretta per non farle soffrire il freddo. Tutte le sere chiedeva all’elfo se la stella, di cui il padre portava il nome, era comparsa. Scrutò quindi il cielo, sollevando il naso verso l'alto “Non c’è ancora?”

“No, purtroppo!” rispose l’elfo, sollevando anch’egli gli occhi, confermando la sua supposizione.

“La sua voce. Questo sì lo ricordo come se lo stessi vivendo tutt’ora.” disse per tornare a guardare i suoi amici. “Forse mi prenderete per pazza ma la sua voce, quella bella voce che si elevava in lodi ed insegnamenti, mi ha sempre accompagnata da quando mi strapparono da lui! La posso sentire, mi ricorda costantemente chi sono e soprattutto cosa voglio essere. Credo che se non fosse stata con me, mi sarei arresa molto tempo fa ...” e tornò allora con la mente a quel giorno.

Si trovavano da soli nella foresta, la piccola bambina dai grandi occhi castani sedeva alle pendici di un grande albero. Helluin l’osservava irrequieto, cercando di non far trapelare le sue angosce ancora ingiustificate. La foresta aveva iniziato ad agitarsi, le fronde si muovevano con un vento insolitamente freddo per l’aria Rhûn, l’acqua urlava tra le sorgenti a cui soleva appoggiarsi in quel luogo troppo spesso privo di quel fondamentale elemento per lui e la sua stirpe. Ma l'elfo, che amava profondamente quella sua piccola creatura non ancora appesantita dai pensieri e dalla memoria, voleva evitare in lei troppa apprensione. Era nata da un inganno ma non c’era menzogna nei suoi occhi. Pura e delicata, lontana da quell’universo astruso a cui erano stati costretti. Oscuro era stato il giorno e così la notte. Grandi ombre si stavano condensando a Mordor, ben presto la sua nube tossica ed infetta avrebbe coinvolto tutta la Terra di Mezzo. E non solo a Sud nel regno dell'Oscuro Signore, anche nella foresta il buio si stava smuovendo con spettri combattenti. Nulla valsero le sue abilità di guerriero quando furono assaliti: vennero sorpresi al confine fra le desertiche sterpaglie delle Terre Selvagge e i grandi alberi della Taur en Gwaith. Delle urla animalesche riempirono l’atmosfera, piccole e letali guerriere lo avevano accerchiato.

“Ricordo quella notte, impressa come fuoco sulla mia pelle. Lo attaccarono da più fronti, invisibili attraverso l’oscurità. Mi aveva nascosto alle sue spalle, aggrappata disperatamente alla sua gamba cercavo di capire cosa stesse succedendo. Con il suo arco riuscì ad abbattere forse tre guerriere che come frutti maturi caddero dagl’alberi. Dentro di me ho ancora il rumore del metallo che stride contro il fodero nel momento in cui sguainò la spada. Quello era il suono che scandì la sua fine: lo accerchiarono in molte, diventando di loro possesso quasi immediatamente. Urlavo a gran voce ed in diverse lingue di voler tornare da mio padre pur di farmi capire, ma nessuno sembrava ascoltarmi. Implorazioni che furono accolte solo dai suoi occhi che si spegnevano nel fallimento di quello che era stato il suo tentativo di salvarmi.”

“Adar! | S – Padre! | ” gridava quella voce cristallina. Dal costato squarciato dell’elfo fiotti di sangue zampillavano. Ma nulla era il dolore in confronto a quelle lacrime luminose che sgorgavano dai suoi occhi innocenti. Lì, ad un passo dalle Aule di Mandos, sentì confondersi quel puerile lamento con un pianto dolce e consolatorio, il pianto di colei che unica poteva sopportare tutta la loro sofferenza. A Lei rivolse la sua preghiera, prima che dalle labbra il suo ultimo respiro si esalasse. Lacrime dolci, lacrime amare, lacrime che potevano donare una speranza. Non era stato il caso a guidarlo fino alle Gwaith ed Adamante era nata per uno scopo. Il pianto della Signora della Tristezza ne era una conferma, la luce dei Valar vegliava sul cammino di sua figlia come aveva fatto sul suo.

“Lasto i ninnad erto cen, ortho cîn faer Tirînir … | S – Ascolta il pianto unito al tuo, solleva il tuo spirito Tirinîr … | ” fu il definitivo sospiro dell’elfo che cadde sulle ginocchia, tenendo fra le mani la ferita mortale che gli era stata inferta. “Harto ad sell nîn, Nienna lasta i cîn daeg a linna angen. Togo au i rîn! | S –Spera ancora figlia mia, Nienna ascolta il tuo dolore e canta per te. Serba sempre il mio ricordo! |”

“Questo il mio ultimo ricordo di lui, il rosso del suo sangue sul torace mescolato a quello della sua veste color del muschio, la pelle candida del viso contratta e i suoi occhi spalancati, rivolti ad un cielo privo di stelle. L’ultimo ricordo mentre mi dibattevo tra le braccia di uno spettro, l’Ombra che mi riportò da mia madre e da mia sorella …”

“Deve essere stato terribile!” s’infervorò il nano. “Avevo capito fin da subito che le Ombre erano un manipolo di pazze esaltate! Ma costringere una bambina a vedere la morte del padre … No! Questa è una brutalità!” serrò il pugno in aria esternando la sua rabbia per quel racconto, brandendolo contro una minaccia fantasma.

“Quel mondo si andrà estinguendo, mastro nano, e le sue torture sono già cessate. Non mi preoccuperei per loro, ora che Raja ha preso il comando! Mi fido della mia Storica.” affermò Adamante soffermandosi sugl’occhi plumbei dell’elfo. Era terribilmente turbato dalla narrazione così veritiera e piena di sentimento che aveva appena ascoltato.

“La morte può indicare la fine o un punto di partenza, Gimli, dovresti saperlo.” Intervenne poi, afferrando la spalla della ragazza che sedeva accanto alle sue gambe, ai piedi del tronco dove ivi si trovava. “È stato solo il suo corpo ad essere ucciso e chissà se un giorno non venga concessa l’opportunità di rincontrarvi.”

“Per ora mi accontento di conoscerlo attraverso i tuoi racconti, Legolas!” rispose carezzando il dorso della mano adagiata su di lei per conforto.

E così i giorni passarono scorrendo davanti al loro cammino, scoprendosi sempre più interessati delle reciproche storie. Da queste Adamante apprese degli Ainur e della Musica dei potenti spiriti che disegnò l’Universo con Arda come centro di esso, il tradimento di Belegurth, della sua cacofonia nell’armonia dei Valar e l’oscurantismo che regnò sotto il suo influsso. Poi ascoltò della nascita degl’elfi, dei Silmaril e del ratto che portò a sangue, lotte fraticide e distruzione. Giunsero a Sauron primo vassallo di Morghot, il maledetto da Fëanor, seguito dalla forgiatura degl’Anelli, l'inganno a Celembrimbor e di come l’ Unico venne alla luce. Legolas descrisse con cura tutta la strada che portò alla distruzione del corpo fisico di Sauron, il quale vagò però come spirito fino alla sua resurrezione. Parlò dell’Ultima Alleanza di Uomini ed Elfi e di come l'Anello comprò il cuore di Isildur, corrotto infine dal suo sconfinato potere. La cavalcata proseguiva senza eclatanti emozioni, bastavano i loro racconti a far vivere avventure e ciò che li circondava sembrava mutare all’argomento trattato. Il cielo piangeva al canto di Beren e Lùthien, la bella fanciulla elfica che per amore rinunciò alla sua immortalità, ma cantava quando la luce di Telperion e Laurelin illuminava Aman.

“Era di pura fiamma mia signora, mai una simile cosa avevo visto!” stava spiegando Gimli tenendosi alle spalle di Legolas. Da tempo ormai sedeva con l’elfo in groppa a cavalli, eppure non aveva alcuna intenzione di imparare a montare un destriero.

“Di certo, nel nostro viaggio verso Mordor, molte creature spaventose abbiamo potuto ammirare.” Sostenne l’elfo che aveva lasciato al nano l'onere di narratore.

“Ma il Flagello di Durin è stata senza dubbio la più inquietante, principino. Durante la notte mi capita di ricordare le lingue di fuoco dibattersi sulle sue carni, non erano confortanti come può essere quello che usiamo per scaldarci, era un fuoco dal fumo nero, non trovo parole per descriverlo! Se non fosse per il mio costante pensiero rivolto alla bella Dama di Lòrien, mi sveglierei urlando!” ed era così. Persino il coraggioso e fiero nano aveva subito un brivido di terrore nel ricordo di tale mostruosità, partorita dalla crudeltà più nera.

“Che io sappia, dai racconti che possono essere giunti alla Taur en Gwaith, poi siete arrivati al bosco della Dama dei Galadhrim se non sbaglio …” disse la ragazza cercando di ricordare gli avvenimenti che le cronache potevano portare tra le sue genti.

“La storia del Portatore dell’Anello è giunta fino a voi, dunque?” chiese Legolas davvero incuriosito. Non era forse un mondo isolato quello in cui viveva prima?

“Poco in realtà. Le notizie ci giungevano dal Khand oppure dalle nostre spie ai confini. Il più delle volte erano falsate dal passaggio di troppe bocche e malelingue. Inoltre, essendo nel cuore del territorio nemico, avevamo ben altro a cui pensare.” Rispose amaramente. Quando la malvagità di Mordor cresceva, il vicino Mare del Rhûn ne risentiva così come i pochi abitanti contrari alla supremazia di Sauron. Le Gwaith dovevano difendere i loro bastioni di foglie e spesso erano in guerra contro gli orchi che volevano assoggettarle. “Riuscimmo a captare le informazioni più veritiere a fine della Grande Guerra dell’Anello, qualche sommo capo della storia che mi state raccontando, di certo molto più affascinante detta da chi l’ha realmente vissuta!”

“L’impresa è stata ardua, piccola strega. Molto è valso il sacrificio compiuto: grande gloria e onori ci hanno ricoperto quando Re Elessar venne incoronato, incredibili doni di cui portiamo ancora il gradevole peso …” e dicendo questo il nano batté la sua mano sul cuore, dove era solito custodire i capelli regalo di Galadriel, la luminosa Dama di Lothlòrien.

“Non dimenticare le nuove amicizie, quelle sono state la miglior conquista!” Prima che il Portatore della Ciocca potesse replicare davanti ai compagni di viaggio si aprì un mutamento nuovo. Legolas arrestò il suo cavallo con un movimento dolce, contemporaneamente anche la Guaritrice si fermò al suo fianco. Insieme presero ad osservare quel luogo, ma la ragazza non distinse cosa in realtà aveva distratto l’elfo.  Avevano attraversarono la sponda del Flutti alcuni giorni precedenti a quello, approfittando di un guado in prossimità della diramazione con il Carnen, avvicinandosi sempre più al Reame di Re Thranduil.

“Legolas, man cenich? | S – Legolas, cosa vedi?| ” chiese Adamante preoccupata, cercando ancora di uniformare la sua vista a quella del suo compagno.

“Che caso fortuito ci ha condotto qui! Osservate amici miei, questa è Men-i-Naugrim!” rispose l’elfo.

“Come è possibile? Io non vedo altro che alberi e cespugli! Come fa questa ad essere una strada, Legolas?” affermò sorpresa Adamante, guardandosi attorno con uno sguardo ampio e pieno di curiosità. Legolas si beò di quella meravigliosa curiosità, amava quell’aspetto della ragazza che ancora non aveva imparato tutto.

“Se osservi meglio tra quei cespugli, Melamin, noterai i fiori gialli Elanor spuntare!” disse compiaciuto. La fanciulla smontò da cavallo e con passo deciso si avvicinò a quel piccolo stelo che sorreggeva la corona del bel fiore. “La magia degl’elfi li hanno trasportati fin qui da Lòrien, permettendogli di sopravvivere ai climi rigidi del Nord e alle nefandezze delle creature malvagie che abitavano in questi boschi. Segnano la via per attraversare il Bosco Atro!”

“Non ho mai avuto il piacere di ammirarli se non tra le illustrazioni del diario di Helluin, come avete fatto ad accorgervene?” chiese sorpresa Adamante, ancora chinata sul fiore contemplando la sua forma nel ricordo delle linee tracciate dal padre. Le domande avvenivano naturali, spontanee dal cuore della fanciulla in un atteggiamento sempre pronto alla curiosa voglia di conoscere. In quello si poteva rispecchiare la giovane età della Peredhel, risucchiata troppo spesso dagli eventi e avvizzita per i dolori inferti alla sua memoria.

“Ancora lunga è la strada per te, molto il tuo spirito deve imparare per acquisire tutte le capacità insite nel tuo essere, mia Envinyatarë …” in tutta quella conversazione, che continuò tra parole elfiche e correnti tra quelli che erano insegnate ed allieva, il nano era rimasto meditabondo e taciturno. Sapeva che addentrandosi nel bosco avrebbe intrapreso la Via dalla parte sbagliata, Erebor era nella direzione opposta a quella che i due elfi dovevano affrontare. Rimuginò per alcuni istanti, ma quando la Guaritrice tornò sui suoi passi per rimontare a cavallo giunse il momento di parlare.

“Credo che sia ora di dividerci, amici miei!” disse con tono sconsolato, così lontano da quello tipico del nano. La ragazza si fermò con ancora un piede nella staffa. Lentamente lo tolse per voltarsi, gli occhi lucidi dal dispiacere brillarono quando anche Legolas scese dalla sua cavalcata per aiutare Gimli. “Non metterete su il broncio, piccola strega! Sapevi che sarebbe accaduto!”

“Non così all’improvviso, né così presto, mastro nano!” rispose prontamente. Gimli si lasciò sfuggire una risata osservando Adamante accucciarsi, ritrovandosi viso contro viso con il nano. Aveva questa tendenza a voler guardare in volto con chi parlava, nessuno doveva sentirsi superiore, atteggiamento frutto delle migliori teorie delle Gwaith. “Perché non condividete con noi ancora qualche giorno di viaggio, penso che …”

“No!” l’interruppe il nano, imponendo con forza ma anche con dolcezza la sua voce. “Piccola strega, già troppi dì di cammino mi hanno allontanato da Erebor. L’abbiamo avvistata per la prima volta almeno cinque giorni orsono. La mia dimora non è tra gli alberi, ma sotto la roccia. Non tentate invano di convincermi, sarebbe solo fatica sprecata!”

“Quanti addii ho dovuto affrontare a costo della mia libertà, amici vecchi ed amici nuovi dispersi per la Terra di Mezzo!” disse con rammarico Adamante, rivolgendo lo sguardo al suolo. Era stanca di staccarsi dalle persone a cui si affezionava. Ma le rudi dita del nano si posarono sotto il suo mento per sollevarlo, incontrando quelle magnifiche perle autunnali che aveva tra le ciglia.

“Questo non è un addio! Dovrò pur controllare di come ti prendi cura del principino con le orecchie a punta! Sai che da solo potrebbe perdersi!”la barba lo nascondeva, ma quello che aveva sulle labbra era l’ombra di un sorriso lo stesso che si trovava anche su Legolas. Per quell’occasione aveva abbandonato persino il suo modo burbero di porsi, non disprezzando l’affetto dimostrato dalla ragazza.

“La prendo come una promessa allora! Ci rivedremo, così potrai controllare il tuo amico!” la Guaritrice si ritrovò ad abbracciare il nano di slancio ed inaspettatamente. Gimli, preso alla sprovvista, si tinse di un bel porpora sulle gote, rispondendo con timidi buffetti sulla schiena della ragazza. Non era di certo quello che si aspettava e probabilmente non avrebbe mai ammesso il piacere provato per quel gesto, ma in fin dei conti quello era un bel modo per salutarsi. sicuramente meglio di fiumi di lacrime.

“E sia, piccola strega!” disse soddisfatto di averla convinta. “Ma che ne dite ora di lasciarmi respirare!” alla protesta scontrosa del Portatore della Ciocca, la ragazza smise di stringere indietreggiando di un passo mentre si rialzava dalla scomoda posizione. Non riusciva a trattenere il riso, tanto che fu costretta a mascherare le labbra dietro le lunghe dita.

“Vuoi portare un cavallo con te Gimli?” solo allora s’intromise Legolas, rimasto discreto ad attendere il suo turno. “Noi due potremmo tranquillamente montare lo stesso …”

“No, no, no!”si affrettò nel dire agitando le mani di fronte al viso. Fu così veloce che quasi sembravano la stessa parola. “Non sia mai che vi privi inutilmente di questi nobili destrieri! Le mie gambe, seppur corte, hanno decisamente bisogno di camminare per conto proprio!”

“Permettimi di consegnarti almeno la borsa con  una coperta e questo poco pane rimasto, mastro nano! Non è molto ma sempre meglio di nulla!” disse la fanciulla sganciando la bisaccia attaccata al proprio cavallo per donarla al suo amico. Quella proposta proprio non se la sentì di ignorarla e, dopo averli sistemati per poterli portare senza inciamparci con i piedi, si diresse verso Legolas. Sfoggiava uno splendente sorriso nonostante fosse dispiaciuto per la separazione.

“Sei sempre sicuro di non voler prima giungere nel Reame Boscoso? Mio padre sarebbe felice di donare una scorta ad un mio amico …”disse verso Gimli che scuoteva la testa ancor prima di rispondere.

“Sono sicuro, amico mio! Sai bene che sono in grado di difendermi! Basta con tutte queste preoccupazioni da madre apprensiva, sono uno dei Nove io!” i due si afferrarono i polsi reciprocamente, per rispetto allo spirito del nano non c’era nessuna smanceria superiore a pacche amichevoli. Rimasero ad osservarsi rinfrancati che quello effettivamente non sarebbe stato un distacco definitivo, bensì il punto d’inizio per ricostruire le loro vite dopo la guerra, con un bagaglio sempre più appesantito. Non erano necessari addii strappalacrime e tragedie per esprimere ormai il profondo sentimento d’amicizia che esisteva tra i due, erano legati e niente, nemmeno la distanza poteva influire sul loro rapporto.

“Namarie, mellon nîn! Aa' menealle nauva calen ar' malta ar i calad uin Valar tinna! | S – Arrivederci amico mio! Che il tuo cammino possa essere verde e dorato e che la luce dei Valar [lo] illumini! |” il nano si lasciò scappare uno sbuffo, continuava a non capire quella cantilenante lingua dai suoni aggraziati, eppure Legolas si ostinava a rivolgersi a lui così. Iniziò a borbottare stizzito nella sua lingua natia, ancorando la sua ascia alla schiena e voltandosi per prendere la via che lo avrebbe ricondotto a casa.

“Quasi dimenticavo!” non erano trascorsi che pochi passi prima che tornò indietro giusto per farsi udire al meglio. “Sai principino, anche se hai molti anni davanti a te attento ad aspettare troppo! Non vorrei che la fortuna …” marcò quest’ultima parola rivolgendo la coda dell’occhio alla ragazza. “ … decidesse di prendere il largo! Spero di ricevere buone notizie al più presto!” concluse la sua arringa con una grassa risata, riprendendo infine il suo cammino sull'Antica Via Silvana.

 

Così il nano lasciò la compagnia. Nessuna lacrima fu versata per quella che era una promessa di ritrovarsi. Ora i due elfi iniziarono ad avviarsi verso quella che era la propria casa, soli in quella via impervia che li avrebbe guidati presso il Re dalla chioma dorata e la sua Regina. Lì li attendeva una vita nuova e il loro Destino, che doveva solo affermarsi come congiunto. Ebbene miei amici, il viaggio si andrà concludendo e voi vi troverete a chiedervi cosa accadrà! Attendete or dunque che io possa ricordare bene, per potervi narrare della famiglia finalmente riunita e chissà cosa ci attende amati commensali. Non mi resta che brindare alla vostra pazienza e vedervi fremere per quello che avverrà.

 

Note dell'autrice: Eccoci qui! So che ci metto di più ma ho troppo caldo e il computer genera calore e ogni tanto mi stacco per lavorare! Che dire, capitolo di passaggio che determina la separazione tra Gimli e Legolas. L'ho immaginata esattamente così,, senza troppe smancerie, in fin dei conti stiamo parlando di due cavalieri di cui uno è un nano, anche se un pochino con la ragazza si è sciolto. L'affetto viene esternato da piccole premure come la frase di accomiato rivolta da Gimli e la proposta di Legolas di seguirli per avere una scorta. Volevo comunque mantenere uno stile sobrio e virile di questo addio, niente pianti a dirotto e niente dolore, a differenza di quello che alla fine era stato con Raja di un altro livello, perchè in quello c'era un abbandono anche di un vissuto. Spero che abbiate apprezzato, ovviamente. Il fiore Elanor, sull'Antica Via Silvana è stata una mia licenza poetica. Ho immaginato che potesse essere un modo carino di riconoscerla dopo che era stata abbandonata per tutto il tempo che il Bosco Atro aveva portato questo nome. In realtà questa pianta è presente a Lòrien e il suo significato è stella sole. Questo è un altro piccolo riferimento al fatto che a lungo le foreste erano state infestate da creature maligne, ma sempre una speranza c'è stata di liberarle in fondo.

Ho dato una letta ma domani mattina rivedrò il capitolo per definire le correzioni^^! Perdonatemi, la sera sono sempre un po' stanca! E so che mi possono sfuggire molti errori!

 

Thiliol: Sapevo che avresti apprezzato proprio grazie ai tuoi scritti ^^.  T i farà piacere sapere che uscita dal mondo dell Gwaith ora mi addentrerò di più in quello meraviglioso degl'elfi e spero che si noti lo scatto progressivo che sto facendo volgere alla storia. Mi piacerebbe farti sentire, a te come a tutti i lettori, di più la saggezza degl'elfi, il loro amore per la natura, insomma dare a Cesare quel che è di Cesare, rimanendo pur sempre sul mio modo di narrare. Spero che riesco a farvi vivere la maturazione che Adamante subirà  contatto con gli elfi allo stesso modo in cui la narrazione cambia. ^^ Comunque il passato torna sempre e ci saranno soprese amare e non. Non dico altro altrimenti rischierò di rivelarti la trama, non penso che tu voglia rovinarti la sorpresa. GhGhGh! Grazie per l'info sulla mammina di Legolas, è importante sapere se posso reinventare un personaggio che in realtà non esiste. Mi sei stata molto d'aiuto anche così!!! Quel du Mellon nin! Buona notte amica mia!

Ringrazio sempre tutti coloro che mi seguono! Spero di non deludervi!

 

Sempre la vostra pseudoscrittrice!Malice

   
 
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