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Autore: Drops of Jupiter    14/07/2010    1 recensioni
Di sua sorella, Narcissa aveva sempre invidiato due cose: la scioltezza e la determinazione che riusciva ad imporsi in qualunque situazione e circostanza. Bellatrix aveva un temperamento, se così si può dire, selvaggio. Narcissa era sempre stata più schiva e propensa a tenere i propri pensieri per sè. O per il diario segreto dove aveva nascosto l'anno prima una foto di Lucius Malfoy che Bellatrix le aveva mostrato.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rabastan Lestrange, Rodolphus Lestrange | Coppie: Lucius/Narcissa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Narcissa non era mai stata brava a nascondere i suoi sentimenti. Da quando il suo sguardo aveva per caso incontrato quello di Lucius Malfoy in una fredda mattina di gennaio, era rimasta come incatenata a quegli occhi color ghiaccio così seducenti, il suo viso era rimasto impigliato nella sua mente come un chiodo fisso che non ha intenzione d'andarsene. Bellatrix gliel'aveva già detto: "Guardati bene da Malfoy, il suo fascino potrebbe ammaliarti, ma non è tutto oro quel che luccica". Le parole della sorella le erano risuonate per la testa a lungo, più precisamente dal primo giorno in cui aveva messo piede a scuola ed aveva appreso d'essere stata smistata a Serpeverde. Ma quella mattina, improvvisamente, avevano perso tutto quel significato di cui erano state impregnate fino a pochi attimi prima dell'attimo in cui lo sguardo di Narcissa si posasse su quello del ragazzo.
"I ragazzi del secondo anno di qui" disse una seducente voce maschile, indicando una fila di teste ordinatamente disposte e rivolte verso l'uscita ed interrompendo bruscamente il flusso di coscienza di Narcissa, che non aveva ascoltato una sola parola del discorso d'inizio anno del preside Dippet e aveva appena realizzato che l'interminabile momento del banchetto di inizio anno era terminato da un bel pò. Narcissa alzò il candido sguardo azzurro come il cielo sul ragazzo che aveva appena parlato. La bocca le si era seccata, era come se non avesse le parole per poter rispondere anche solo con un semplice sì o no. Era rimasta come imbalsamata davanti a tanto fascino.
"Tu, sei del secondo?" chiese brusco il ragazzo biondo, avvicinandosi a lei. Da vicino era ancora più bello che dal punto del tavolo da cui Narcissa l'aveva osservato fino a quel momento. Un lungo, imbarazzato silenzio intercorse fra i due, finchè una ragazza più grande dai lunghi boccoli neri non s'avvicinò ai due.
"Lei è del primo, Lucius".
Quella ragazza era Bellatrix Black, la sorella di Narcissa, l'altro prefetto della casata di Serpeverde. Di sua sorella, Narcissa aveva sempre invidiato due cose: la scioltezza e la determinazione che riusciva ad imporsi in qualunque situazione e circostanza. Bellatrix aveva un temperamento, se così si può dire, selvaggio. Narcissa era sempre stata più schiva e propensa a tenere i propri pensieri per sè. O per il diario segreto dove aveva nascosto l'anno prima una foto di Lucius Malfoy che Bellatrix le aveva mostrato.
La fila di ragazzi dalla divisa verde-argento lasciò la sala grande poco dopo ed imboccò un corridoio che conduceva nei sotterranei della scuola. Il luogo era tetro ed umido, proprio come dicevano i racconti di Bellatrix ed Andromeda. Una fioca luce illuminava il corridoio privo di ogni sorta d'ornamento, se non fosse stato per un paio di quadri, uno dei quali nascondeva un passaggio che conduceva al quinto piano. L'eco dei passi degli studenti del primo anno era l'unico suono udibile in quel silenzio quasi surreale, sembrava quasi che tutti avessero timore che anche solo il minimo ronzio avrebbe potuto scatenare qualcosa di assolutamente fuori luogo ed inadatto.
"Questa è la nostra sala comune"
Alcuni ragazzi si guardarono intorno, quasi aspettandosi di vedere una sfarzosa sala tutta addobbata, altri avevano assunto particolari espressioni perplesse, dovute al fatto che sembrava quasi che la sala comune nient'altro fosse se non un misero quadrato di mura spoglio ed umidiccio. Evidentemente Bellatrix capì immediatamente quali avessero dovuto essere i pensieri dei ragazzi appena arrivati, anche se il modo in cui si rivolse a loro li fece raggelare.
"Siete un branco d'idioti se avete anche solo per un istante pensato che i Serpeverde possano alloggiare in un corridoio"
Alcune ragazze si scambiarono occhiate apprensive, altri invece finsero indifferenza, attendendo che il prefetto svelasse l'arcano mistero della sala comune. Tutta impettita, Bellatrix pronunciò la parola 'Purosangue'. Una porta di mattoni apparve subito dopo dal muro intonso e lasciò spazio ad un esile ingresso che conduceva dentro una sala che aveva tutta l'aria d'essere stata costruita dentro un muro inaccesibile. Alcuni ancora stentavano a credere a quant'avessero appena visto, e sembravano aver paura a fare un passo in più in avanti.
"Forza, scattare, o vi chiudo tutti fuori" sbottò Bellatrix, spintonando alcuni studenti che avevano appena fatto, al contrario di quanto avrebbero dovuto, un passo all'indietro. Quei pochi allievi rimasti fuori dalla sala comune entrarono, accompagnando il loro accesso con un 'oh' carico di stupore.
"Il mio compito è finito. Se avete da fare domande sulla scuola Lucius sarà contento di darvi una mano"
Dopo essersi disbrigata da quegli impegni burocratici che poco sopportava, Bellatrix s'avvicinò a Narcissa e la tirò da parte. Lucius, intanto, si stava alzando dalla poltrona alquanto controvoglia.
"Se non avete domande, potete andare nei vostri dormitori e sistemare le vostre cose" disse con ben poco entusiasmo, voltando subito dopo le spalle agli studenti e risalendo una scaletta a chiocciola che conduceva ai dormitori maschili.
"Allora, Narcissa, sei contenta d'essere stata smistata a Serpeverde?"
Narcissa non rispose, il suo sguardo era rimasto fisso tutto il tempo su Lucius, lanciandogli occhiate fuggevoli quando era certa che il ragazzo non avrebbe potuto intercettarla. Ora, invece, fissava il punto in cui il biondino era sparito.
"Narcissa, si può sapere che ti prende?" chiese brusca Bellatrix, riportando Narcissa alla realtà.
"Nulla, stavo guardandomi intorno" rispose evasiva Narcissa, fingendo indifferenza e una freddezza che generalmente non riservava alla sorella.
"Dov'è il dormitorio femminile, Bella?" chiese poi, mentre Bellatrix tendeva il braccio verso una minuscola porta nascosta dietro un drappo verde-argento che nascondeva l'accesso ad una scalinata a chiocciola esattamente identica a quella sulla quale Malfoy era salito pochi attimi prima. Salutò Bellatrix con un pigro cenno, dopodichè prese a salire la scala a chiocciola, con lentezza misurata, quasi temesse di poter cadere da un momento all'altro o di venire risucchiata nel vuoto.

***

Quella notte Narcissa non chiuse occhio. Oppressa da troppe sensazioni ed emozioni contrastanti, aveva la mente troppo affollata di pensieri perchè potesse concedersi un lungo sonno ristoratore. Ma non si preoccupò più di tanto: le lezioni sarebbero iniziate la settimana successiva, ed avrebbe trovato tutto il tempo per riposarsi nei giorni seguenti.
Al mattino, ancora, il viso di Lucius Malfoy era ancora stampato nella mente di Narcissa, e prepotentemente rimaneva lì, inerte, senza accennare a volersene andare. Narcissa sospirò quando qualcuno bussò alla porta. Una ragazza dai lunghi capelli neri e gli occhi verdi come smeraldi aveva spalancato la porta, trascinandosi verso l'unico letto a baldacchino rimasto vuoto insieme ad un baule che sembrava, ad occhio e croce, pesare almeno il triplo di lei.
"Posso?" chiese, mentre piazzava il baule ai piedi del letto e si sedeva osservando con curiosità Narcissa, i cui boccoli dorati cadevano con rigore sulle spalle e gli occhi azzurri esaminavano con circospezione quella nuova arrivata.
"Come se non l'avessi già fatto" rispose con freddezza Narcissa, alzandosi dal letto e prendendo a pettinarsi con aria altera i lunghi capelli biondi, mentre la ragazza nuova prendeva a disfare il baule ed a riempire la cassapanca ai piedi del letto, gettandovi all'interno le proprie cose alla rinfusa. Dallo specchio, di tanto in tanto, Narcissa le lanciava rapide occhiate di disapprovazione, che raggiunsero l'apice quando la morettina dovette sedersi sul baule per richiuderlo.
"Me ne vado" sbottò indispettita Narcissa, che s'era vista privare dell'unico momento di tranquillità dall'arrivo di quella strana ragazza che non aveva nemmeno avuto il buongusto di presentarsi.
Scese le scale a chiocciola avvolta in un candido vestito azzurro dello stesso colore degli occhi, i passi misurati e i boccoli che ondeggiavano sulle spalle in maniera a dir poco seducente. Sentì gli occhi puntati a lungo su di sè quando entrò in sala comune, e la cosa le arrecò parecchio piacere: Narcissa sapeva d'essere d'una bellezza sublime, quasi irreale, ed adorava essere venerata come una dea del pantheon greco per via della sua bellezza. L'unico a non voltarsi, tuttavia, fu Lucius Malfoy, che era tutto intento nella lettura di una rivista sul Quidditch mentre una ragazza -di cui a Lucius sembrava importare poco se non nulla- gli pettinava i capelli, legandoli in un codino basso tenuto insieme da un nastro nero in raso. Narcissa s'allontanò, lo stomaco contratto, dando la colpa di quella sensazione alla fame.

Poco dopo risalì in Sala Grande, dove le risate stridule ed al contempo aggraziate di Bellatrix risuonavano di tanto in tanto. Probabilmente stava intrattenendosi con alcuni compagni di casata del sesto anno. Narcissa si sedette poco distante, esaminando con accortezza i tre ragazzi con cui stava parlando la sorella. Uno era alto, slanciato, con dei capelli neri come la pece lunghi fino alle spalle e gli occhi più scuri della notte. Gli altri due parevano ostentare una certa somiglianza, molto probabilmente erano fratelli, o comunque parenti.
"Cissy, vieni qui" le disse Bellatrix, facendole segno d'unirsi a lei ed ai ragazzi, che avevano preso a guardare con curiosità la sorella di Bellatrix. Narcissa annuì, alzandosi e andando a sedersi vicino alla sorella.
"Lei è mia sorella" esordì fiera, mentre il ragazzo seduto alla destra di Bellatrix la fissava con insistenza quasi maniacale. Narcissa abbassò lo sguardo, sentendosi come sotto inquisizione.
"Rodolphus, ho detto lei è mia sorella" ripetè Bellatrix con una nota di irritazione nella voce. Il ragazzo seduto vicino a Bellatrix distolse immediatamente lo sguardo, tornando ad osservarla di tanto in tanto soltanto quando Bellatrix non se ne accorgeva. L'altro ragazzo, invece, era seduto alla sinistra di Bellatrix, ma non sembrava minimamente interessato alla sua presenza.
"Idiota, quella è mia sorella" disse a denti stretti Bellatrix, subito dopo aver dato uno scapellotto al ragazzo distratto, che si presentò come Rabastan Lestrange. L'ultimo dei tre si presentò come Antonin Dolohov.
"Io sono Narcissa Black" rispose Narcissa con ben poca enfasi, decisa a liberarsi quanto prima di quella compagnia. Era appena arrivata a scuola, e Bella la stava esibendo come una bambolina di porcellana da collezione. E quello non le andava per niente a genio. Bellatrix, poco dopo, fece cenno ai tre di allontanarsi, dicendo loro che li avrebbe attesi al terzo piano davanti all'aula dove avrebbero avuto la prima lezione. I tre se ne andarono e Bellatrix assunse un'espressione di rimprovero.
"Si può sapere che ti prende? Ad occhio e croce direi che non stai nemmeno provando a fare amicizia con gli altri Serpeverde"
Narcissa sbuffò alzando lo sguardo cristallino sulla sorella.
"Io NON sto tentando di fare amicizia coi Serpeverde, infatti" ribattè stizzita, mentre nella mente si ripeteva che l'unica amicizia che avrebbe voluto stringere in quel momento era quella con l'irraggiungibile Lucius Malfoy. Evidentemente per Bella non fu particolarmente difficile intuire i pensieri di Narcissa, tanto che subito dopo prese ad infierire.
"Cissy, non impuntarti su Lucius Malfoy, te l'ho già detto"
Ma Narcissa non le diede il tempo di continuare con la paternale, dato che s'alzò bruscamente dal tavolo, rischiando di far cadere la sedia, e s'allontanò rapidamente decisa a lasciarsi alle spalle Bellatrix e le raccomandazioni di cui sentiva di non aver il benchè minimo bisogno.

***

Erano passati parecchi giorni, forse un paio di settimane, e la mente di Narcissa non aveva smesso per un istante di pensare a Lucius Malfoy: ogni notte il pensiero di quel ragazzo la tormentava, lasciandole un tremendo nodo allo stomaco, soprattutto nelle volte in cui si ritrovava a pensare che avrebbe dovuto limitarsi a guardarlo di nascosto, dal momento che non avrebbe mai e poi mai calcolato una ragazza del primo anno. Immancabilmente, di fronte a quelle constatazioni così poco rassicuranti, sospirava. Sospirava rendendosi conto che Lucius aveva una schiera di ragazze disposte a fare i salti mortali per lui. Sospirava quando si rendeva conto che, sì, certo, lei era di una bellezza ammaliatrice, ma forse questa sua dote non era così infallibile come invece sua madre Druella le aveva sempre fatto credere.
Dacchè era nata, per Narcissa le cose non erano mai andate bene. Per Cygnus, il padre, Narcissa non era altro che l’ennesimo fallimento: quando sua moglie l’aveva informato che anche la loro terzogenita sarebbe stata di sesso femminile, Cygnus aveva imprecato, e s’era rinchiuso in camera per diversi giorni, finchè la moglie non aveva bussato alla sua porta, cercando di spiegargli che non aveva da preoccuparsi: Bellatrix era giovane e promettente, sembrava aver già abbracciato le idee di purezza di sangue tipiche della loro famiglia, e sebbene non fosse stata un ragazzo aveva le carte in regola per non infangare il nome dei Black ma, anzi, per rendergli onore. Inutile dire che Cygnus non diede peso a quelle parole: certo, Bellatrix era una promessa, ma lui desiderava un erede maschio. Ogni nobile famiglia purosangue che si rispettasse aveva diritto a mettere al mondo un erede maschio. O per meglio dire, aveva il dovere di dargli i natali.
Quando nacque Narcissa, Cygnus non mostrò il benché minimo segno d’entusiasmo. Tanto che Narcissa crebbe nella convinzione che il padre la odiasse: e non aveva tutti i torti. Un giorno, quand’ormai aveva compiuto il decimo anno d’età, Narcissa venne convocata dal padre: quando si presentò al suo cospetto, questi era una maschera indecifrabile, mista di odio e disappunto. Ci vollero diverse settimane perché la giovane Narcissa Black potesse incassare il peso di quella discussione.
“Tu, Narcissa, sei l’ennesimo fallimento della nostra famiglia. La terza figlia femmina. Frequenterai Hogwarts e ti impegnerai a tenere alto il nome dei Black, e quando sarai in età da matrimonio sposerai l’uomo con la cui famiglia ho già trattato affinchè tu possa unirti ad un purosangue”
Quelle parole avevano colpito Narcissa come una secchiata d’acqua gelata in pieno dicembre: non solo era considerata un fallimento per i Black e non avrebbe mai potuto trarre diretto giovamento per il nome della famiglia, ma aveva già il destino prescritto dal padre. Non le era nemmeno stata concessa la possibilità di scegliere: non avrebbe mai potuto innamorarsi di nessuno, dal momento che suo marito era già una presenza incombente nella sua vita.
Quando quei pensieri le si affacciarono in mente, una lacrima le solcò il viso, lasciandole dentro un forte senso di sconforto: che senso aveva pensare a Lucius Malfoy se la sua vita era già stata organizzata da qualcun altro? Perché vantarsi della propria bellezza, se non poteva nemmeno usarla per appagare il bisogno di attenzioni e affetto di cui inconsciamente aveva così tanto bisogno? S’alzò dal letto, portandosi davanti allo specchio: si guardò con astio, quasi avesse davanti una totale sconosciuta. Quella ragazza dai capelli biondi e dagli occhi azzurri non era nata per essere felice, ma per fare felice qualcuno che, invece, non aveva a cuore la sua felicità. Con un impeto di rabbia scagliò un pugno contro lo specchio, rompendolo in mille pezzi. La sua immagine rimase riflessa a lungo in quei frammenti, che avrebbero segnato l’inizio di tutti i suoi guai. La vita di Narcissa Black sarebbe cambiata a partire da quello stesso giorno.

***
“Narcissa, Narcissa! Aspetta…”
La ragazza che qualche settimana prima s’era impossessata della sua stanza ora la stava chiamando. Ma Narcissa la ignorò: non aveva voglia di vedere nessuno quel giorno, nemmeno sua sorella, che in quel preciso istante stava intrattenendo alcuni studenti del settimo anno con un sorriso seducente stampato sulle labbra. Abbassò lo sguardo e vide le nocche delle dita arrossate ed ancora lacerate dai tagli che la rottura della specchio le aveva inflitto: fortunatamente quelle poche volte in cui s’era ritrovata faccia a faccia con Bellatrix o con Andromeda non era incappata in domande a cui sarebbe stato difficile rispondere. Sicuramente, non era impresa da poco dover giustificare la rottura di uno specchio.
La ragazza dai lunghi capelli neri, il cui nome, scoprì in seguito Narcissa, era Leila, desistette dal vano tentativo di catturare l’attenzione della giovane Black, che s’era appena seduta al tavolo dei Serpeverde ed aveva preso a gustare un succo di zucca con una compostezza davvero invidiabile.
“Narcissa, vero?”
Una voce fece sobbalzare Narcissa, la quale posò il candido sguardo cristallino nel punto da cui era provenuta la voce. Era un ragazzo, biondo, dai lunghi capelli raccolti da un nastro di raso nero. Lucius Malfoy. Le parole le morirono in gola all’istante, e l’aria austera scomparve lasciando spazio ad un velato rossore sulle gote.
“Sì…” rispose titubante Narcissa, misurando le parole, onde evitare strafalcioni o figuracce a dir poco imbarazzanti.
“Sei la sorella di Bellatrix e Andromeda, esatto?”
“Sì. Esatto”
“Aveva ragione Andromeda, allora. Sei davvero molto bella, sai?”
Narcissa avvampò: erano due mesi ormai che sperava che Lucius Malfoy, anche solo per futili motivi scolastici, le rivolgesse la parola. Ed ora lo stava facendo, addirittura elogiando la sua bellezza, che lei invece aveva preso a detestare.
“Grazie” rispose senza scomporsi più di tanto. Bellatrix le aveva sempre detto di non cedere alle lusinghe degli uomini, perché così facendo avrebbe alimentato il loro ego già di per sé stesso smisurato.
Lucius la stava osservando con un’espressione ammirata ed al contempo incuriosita. Narcissa distolse lo sguardo, troppo imbarazzata per riuscire a sostenerlo anche solo per un paio di secondi in più.
“Non so se hai sentito, ma ci sarà un ballo in occasione delle festività natalizie” esordì Lucius, con fare da galantuomo. Nel mentre, si sistemò il fiocchetto che portava fra i capelli, con il sorriso seducente che caratterizzava il suo volto dal momento in cui Narcissa aveva posato il suo sguardo su di lui.
“No, non ne sapevo nulla” ammise Narcissa, domandandosi per quale strana ragione Lucius lo stesse dicendo proprio a lei. In fondo, lui era al terzo anno, che motivo aveva di chiederlo ad una ragazzina del primo anno, quando aveva anche quelle più grandi che avrebbero dato l’ossigeno per respirare pur di riuscire a passare una serata avvinghiate a lui a ballare? L’immagine di una ragazza avvinghiata a Lucius le provocò una fastidiosissima stretta allo stomaco, che tentò di soffocare quasi sul nascere.
“Mi stavo chiedendo se ti andava di venirci con me…” buttò lì Lucius, scoccandole uno sguardo ammaliatore a cui Narcissa si piegò come un fiore sotto la spinta del vento.
“Certo” rispose prontamente, forse con un po’ troppo entusiasmo. Se ne pentì quasi subito: aveva appena accettato l’invito di un ragazzo che non era il promesso sposo di cui aveva parlato il padre ed aveva ignorato i consigli di Bellatrix su come comportarsi con i ragazzi. Non solo aveva dato a Lucius l’impressione d’essere smaniosa di poter passare del tempo con lui, ma avrebbe anche corso il rischio che la sua ossessione per Malfoy potesse trasformarsi in qualcosa di più profondo e difficile da rimuovere. Certamente, il sorriso stampato sulle labbra del biondino non la aiutavano per niente, anzi.
“Perfetto” concluse, alzandosi dal tavolo senza mai cancellare l’ombra del sorriso che ormai stazionava da una decina di minuti sulle sue labbra. “Considerati totalmente impegnata per il ballo con Lucius Malfoy” E con queste parole di congedò, sparendo fra la moltitudine della sala grande.
Il cuore di Narcissa batteva all’impazzata; un sorriso stupido le si era disegnato sulle labbra, lasciandole un senso di soddisfazione non indifferente: fra le tante ragazze a cui avrebbe potuto chiederlo, Lucius aveva scelto proprio lei. Una primina qualsiasi. Una Black che aveva solo il compito di essere incantevole e di tenere alto il nome della famiglia. Ma in quel momento della famiglia le importava ben poco: c’era spazio soltanto per il biondino, in quel momento, nella sua mente.

***

Erano passati ormai due mesi da quando Lucius aveva chiesto a Narcissa se al ballo di Natale avrebbe gradito prendervi parte con lui, e la piccola Serpeverde non aveva smesso un solo istante di fantasticare su quel momento che, inesorabilmente, s’avvicinava, lasciando spazio ad una grossa ansia dentro la ragazza.
“Narcissa? Ci sei?”
Narcissa era ancora immersa nei suoi viaggi mentali quando udì qualcuno bussare alla porta della sua camera. Era Andromeda: da quand’erano a scuola s’erano viste davvero molto poco. Sua sorella trascorreva la maggior parte del tempo fra i libri e con un Tassorosso, un certo Tonks, che Bellatrix non vedeva di buongrado in quanto mezzosangue.
“Andromeda?” chiese una stupita Narcissa. Di tutte le persone che si sarebbe aspettata di incontrare, mai e poi mai avrebbe pensato alla sorella.
“Sì, sono io.. Da quando sei giunta a Hogwarts non sono mai passata nemmeno una volta a vedere come andasse” le disse con un mesto sorriso sul volto, gli occhi che le brillavano entusiasticamente.
“Hogwarts è meravigliosa” rispose meccanicamente Narcissa, ormai abituata a quella risposta. L’aveva data tempo prima a Bellatrix, quando le aveva posto la stessa domanda. E l’aveva scritto nella lettera indirizzata alla madre di fronte ai quesiti della donna sulla sua permanenza nella scuola.
“Mi fa piacere che ti sia ambientata subito” rispose comprensiva Andromeda, alzandosi per rimettere in ordine alcuni vestiti neri accatastati per terra. Una parte della stanza aveva l’aria dismessa e totalmente abbandonata a sé stessa. Con occhio critico, Andromeda si voltò verso la sorella, l’aria di rimprovero.
“Dovresti avere più rispetto per le tue cose, Cissy”
“Quelle cose appartengono alla tizia che ha deciso di condividere con me e senza il mio consenso questa stanza” rispose svogliatamente la ragazza bionda, che fino a quel momento non aveva mai avuto intenzione di riordinare anche la parte di stanza che apparteneva a Leila. Perché avrebbe dovuto perdere tempo per una ragazza che avrebbe sbattuto fuori più che volentieri in quello stesso momento?
Andromeda non le rispose, ma con lo sguardo le diede ad intendere che avrebbe dovuto mostrarsi un po’ più disponibile, almeno con i Serpeverde: non tutti, le disse, erano disposti a tollerare la sua freddezza, avrebbero potuto fraintenderla facilmente con un sentimento più difficile da comprendere, come la superbia. Ma a Narcissa non importava nulla dell’opinione altrui, l’unica opinione aveva a cuore era quella di Lucius Malfoy, in quale le aveva rivolto la parola in una sola occasione fino a quel momento, soltanto per chiederle se avrebbe potuto aiutarlo a fare bella figura di fronte agli altri studenti. E giustamente lei, accecata dalla stupidità che le infliggeva quel ragazzo, non aveva saputo dire di no, ed aveva accettato, lasciandosi usare come non aveva mai concesso a nessun altro prima di allora. Con un sospiro e una vana frustrazione, allontanò Andromeda dalla stanza, cosicché avrebbe potuto restare di nuovo sola.

***

Il Natale era alle porte e come ogni anno, Vitious e la McGranitt non avevano perso tempo: la Sala Grande era addobbata come una bomboniera in formato gigante. Fra alberi di Natale, neve finta che scendeva dal soffitto cosparso di fitte nubi ovattate e candele, palline e decorazioni multiple e colorate, gli studenti s’erano ormai completamente immersi nello spirito della festività, trascurando a tutti gli effetti lo studio. La biblioteca ormai non era altro che un’immensa distesa di scaffali straripanti di libri e volumi di ogni forma e dimensione, gli studenti non erano più piegati sui tavolini disseminati qua e là per la stanza ma passavano ore e ore fra il dormitorio e la Sala Grande, facendo progetti su cosa acquistare durante l’ultima uscita del semestre ad Hogsmeade. Perfino Bellatrix sembrava in fermento per la festa che si sarebbe tenuta il giorno seguente. Tant’è che sperò anche Narcissa potesse attendere con ansia la festa di Natale: d’altronde era per lei il primo anno, e tutti al primo anno avevano aspettative piuttosto ambiziose da soddisfare.
Narcissa, al contrario di quanto avesse potuto immaginare Bellatrix, era in biblioteca. China su un volume di pozioni per principianti, era totalmente assorta nella lettura del distillato della morte vivente, pozione che il professor Lumacorno aveva assegnato da preparare durante le vacanze. Bellatrix rimase particolarmente sorpresa dal comportamento della sorella: sapeva che Cissy era una ragazza studiosa e puntigliosa, una di quelle persone che quando si metteva dietro a fare una cosa, ci rimaneva sopra finchè questa non fosse uscita perfetta. La cosa che non riusciva a spiegarsi era come una studentessa del primo anno non fosse in quel preciso istante a mangiare torta al cioccolato in sala grande e a chiacchierare con i compagni.
“Devo studiare, ti ho detto”
Bellatrix sgranò gli occhi: ormai nessuno a scuola apriva più i libri da giorni, gli unici superstiti erano alcuni Corvonero che avevano pensato bene di portarsi avanti coi compiti delle vacanze prima del rientro a casa. Eppure, anche Narcissa sembrava determinata ad emulare quel gruppetto.
“Cissy, tu sei fuori di testa, non puoi metterti a studiare il giorno prima della festa di Natale” le fece notare la sorella, che continuava a non capire le motivazioni che potessero spronare Narcissa a preferire lo studio al più rilassante divertimento.
“Non ci vedo nulla di strano, ora se mi vuoi scusare, Bella, ho da terminare di leggere questo libro”
Non aveva voluto sentire ragioni, nemmeno i molteplici tentativi di dissuasione da parte di Bellatrix erano serviti a convincere Narcissa ad accantonare una volta per tutte i libri di testo: quello che però Bellatrix non era riuscita a capire, era la motivazione che spingeva Narcissa a trattenersi così a lungo in biblioteca.
Quando Bellatrix s’era ormai richiusa la porta alle spalle, Narcissa richiuse il libro di pozioni. L’eco del libro si avvertì per un breve istante nella biblioteca, accompagnato dal sospiro della ragazza, che s’era appena resa conto che lo studio non era la soluzione ai suoi problemi. Avrebbe soltanto ritardato il momento di affrontarli, nulla di più. Ed era da idioti, si disse, continuare ad eludere quello che era un problema per lei fondamentale: né Bellatrix né Andromeda le avevano mai parlato di eventi scolastici così importanti, lei non era assolutamente preparata. Fondamentalmente non aveva nulla da indossare, o almeno, nella vasta gamma d’abiti che s’era portata da casa non aveva trovato nulla che le andasse a genio: era convinta che per Lucius Malfoy era necessario mostrarsi al meglio, ma lei non poteva farlo.
Ripose il libro sullo scaffale, ed uscì dalla biblioteca. Aveva zero idee su cosa fare e troppe su come dire a Lucius Malfoy che forse era meglio se si fosse trovato un’altra accompagnatrice per il ballo. Anche se, effettivamente, non aveva nemmeno il coraggio per tirarsi indietro.
Girovagò a lungo per la scuola, quando capitò nei pressi dell’aula di aritmanzia: due studenti di Tassorosso stavano animatamente discutendo fra di loro.
“Sai, Ernest, mio fratello ha frequentato Hogwarts e lui l’ha trovata”
“Quindi esiste davvero? Non è solo una leggenda?”
“E’ al settimo piano, Ernest, te lo giuro. Si chiama stanza delle necessità. Quella stanza appare soltanto quando chi la evoca ne ha veramente bisogno, ed assume le sembianze di quello che in quel momento ci serve urgentemente”
“A me servirebbero cinquecento galeoni e una firebolt”
“Dubito tu possa evocare soldi, Ernest. Però, penso per altre cose potrebbe rivelarsi utile”
Narcissa ascoltò in silenzio la conversazione fra i due, rimanendo nell’ombra, nascosta dalla statua di una strega posizionata vicino all’angolo del corridoio. E così, a Hogwarts esisteva una stanza che poteva esaudire i desideri di chi ne avesse avuto bisogno? Ed era al settimo piano?
Inutile dire che Narcissa non ci mise molto a rendersi conto che avrebbe voluto tentare di accedere a quella stanza: lì, sicuramente, avrebbe potuto trovare quel che le serviva per il ballo. Risalì le scale a balzi, con la velocità di un fulmine a ciel sereno, e in men che non si dica fu davanti alla parete descritta dal ragazzo Tassorosso. La parete non era nient’altro che un muro in mattoni a vista, completamente spoglio, sul quale non v’era alcun ingresso. La cosa non la rincuorava per niente: come avrebbe potuto accedere alla stanza se non v’era alcuna porta d’ingresso? Decise di non lasciarsi prendere dallo sconforto, e fu proprio in quel preciso istante che le venne in mente quel che aveva detto il Tassorosso ad Ernest: quella stanza appare soltanto quando chi la evoca ne ha davvero bisogno. Quindi, bisognava cercare di evocarla? Sarebbe stato necessario sicuramente un incantesimo, e Narcissa fino a quel momento non ne aveva ancora imparati molti. La sua conoscenza era limitata all’alohomora e al wingardium leviosa, gli incantesimi più complessi Vitious glieli avrebbe dovuti insegnare con l’inizio del nuovo semestre. Tuttavia, non demorse. Prese dalla tasca della divisa la sua bacchetta e tentò ogni movimento possibile ed immaginabile, cercando di evocare la stanza, provando anche con formule magiche inventate e prive del benché minimo senso logico.
“Ad occhio e croce, se non ti conoscessi, potrei pensare che tu stia cercando di abbattere una parete del castello”
Una voce suadente e melliflua la fece sobbalzare. Era Lucius Malfoy, i lunghi capelli platinati sciolti sulle spalle ed un sorrisetto enigmatico rivolto alla ragazza, le cui guance divennero di un invidiabile color fuxia.
“Io non stavo tentando di abbattere nessuna parete” si difese, stupendosi del fatto d’essere riuscita a comporre una frase di senso compiuto in presenza dell’oggetto dei desideri, la cui presenza ogni volta le annullava ogni sorta di capacità intellettiva.
“E allora cosa stavi facendo?”
“M’accertavo che i Tassorosso non si fossero inventati nessuna storia” rispose, mentre sul viso di Malfoy andava disegnandosi un’espressione di profondo stupore. Inutile dire che non era riuscito a cogliere la profondità del commento di Narcissa.
“E quale sarebbe il problema dei Tassorosso con questa parete?” chiese. Narcissa chinò il capo, sentendosi una stupida. Aveva dato retta alle parole di due Tassorosso ed era stata sorpresa in flagrante mentre tentava di accedere a una stanza che, ormai ne era sicura, nemmeno esisteva. Cercando di nascondere la vergogna, tentò di spiegarsi: tanto ormai la sua porca figura di fronte a Lucius Malfoy l’aveva fatta, per quanto orgogliosa lei potesse essere, sarebbe comunque stato inutile continuare ad arrampicarsi sugli specchi al solo scopo di fare colpo agli occhi del ragazzo.
“Ho sentito parlare due Tassorosso che dicevano che al settimo piano si nasconde una stanza che compare soltanto quando chi la evoca ne ha davvero necessità. Ma credo non esista” spiegò. La risata di Lucius Malfoy la fece vergognare ulteriormente. Allora, era stata davvero un’ingenua a credere che quella stanza potesse davvero esistere. Effettivamente, col senno di poi, si chiese come fosse stato possibile che una stanza potesse apparire così, dal nulla. Abbassò lo sguardo, mentre Lucius cercava di darsi un contegno, prima di prendere la parola.
“La stanza esiste veramente, ma forse tu non ne avevi davvero così bisogno. Appare soltanto quando se ne ha bisogno impellente” le spiegò, mentre Narcissa dentro di sé pensava che lei aveva un bisogno impellente di fare bella figura davanti al biondino. Cosa che, si disse, peraltro fino a quel momento non le era ancora capitata.
“Devi camminare tre volte su e giù lungo la parete, pensare intensamente a quel che ti serve, e se hai fortuna la stanza comparirà” continuò, mentre lo sguardo di Narcissa passava dal viso del ragazzo alla parete spoglia. Allora la stanza c’era per davvero, non era soltanto frutto della fervida immaginazione di due piccoli mezzosangue del Tassorosso. La cosa la rincuorò appena, anche se la figura che aveva fatto, o per meglio dire che era convinta d’aver fatto, davanti a Lucius Malfoy continuava ad opprimerla come fosse stato un pesante macigno a livello dello stomaco.
“Capisco… Beh, se mi garantisci che esiste io ci credo” rispose mostrandosi naturale e disinvolta, anche se mentalmente continuava a sentirsi impacciata ed in preda all’imbarazzo.
“Esiste, io l’ho evocata una volta. Vogliamo provare?” chiese, sfoderando lo stesso sorriso seducente che aveva sfoggiato qualche mese prima quando le aveva chiesto di accompagnarlo al ballo di Natale. Narcissa rimase a lungo in silenzio, prima di annuire titubante. Una parte di sé avrebbe voluto essere in tutt’altra parte del castello, l’altra parte di lei invece stava facendo i salti di gioia perché finalmente era riuscita a parlare con Lucius Malfoy articolando delle frasi di senso compiuto.

Lucius prese a camminare avanti ed indietro per il corridoio. Narcissa, da parte sua, non poteva fare nient’altro se non osservare rapita quel ragazzo che sembrava avere il potere di renderla incapace di intendere e volere ogni qualvolta fosse nei paraggi.
Un rumore piuttosto marcato lasciò ad intendere che Lucius era riuscito ad evocare la stanza: dalla pietra era emerso un portone d’ingresso in ferro battuto che nascondeva l’entrata alla stanza che Narcissa avrebbe voluto evocare al solo scopo di ottenere un vestito decente per la festa. Tuttavia, le sue aspettative vennero prontamente deluse: la stanza era spoglia, vuota, c’erano alcuni divanetti molto simili a quelli della sala comune di Serpeverde ed alcuni omini piuttosto consumati e stracciati, sui quali qualcuno doveva aver fatto pratica con gli incantesimi appresi a lezione.
“Ecco la stanza delle necessità, hai visto, esiste” disse Lucius, tronfio e pieno di sé come sempre. Era più che certo che, così facendo, s’era guadagnato ulteriori punti agli occhi di quella ragazzina, che non l’aveva ancora scordato, era la sorella di Bellatrix.
“Sì, bella”… commentò Narcissa, con una nota di profonda delusione nel tono di voce. S’era aspettata una stanza enorme e sfarzosa, quello che aveva davanti agli occhi non era altro che una tremenda delusione e desolazione.
“Non ne sembri convinta.. Tua sorella Andromeda era più entusiasta quando gliel’ho mostrata” le disse, accennando al solito sorriso, mentre Narcissa avvertiva la stretta allo stomaco farsi più oppressiva e fastidiosa. Anche Andromeda, quindi, aveva ceduto al fascino di Lucius Malfoy? La cosa la mando in bestia, più che altro perché la sorella non gliene aveva mai parlato.
“Bene…”
Ormai Narcissa non badava nemmeno più al modo in cui si ritrovava a rispondere. L’idea che Andromeda potesse essere stata con Lucius le faceva un male tremendo. La cosa che non sapeva era che Lucius, l’anno precedente, era già stato eletto prefetto, e che quel modo di fare supponente e da sborone l’aveva assunto praticamente con la metà del corpo studentesco femminile di Serpeverde.
“Non assomigli a nessuna delle due tue sorelle” le disse di punto in bianco, mentre cercava sul volto di Narcissa una somiglianza con quello di Bellatrix. Ma Narcissa lo ignorò, era troppo presa dai suoi pensieri perché potesse rendersi conto di quanto stesse dicendo il ragazzo. Si disse che forse era il caso di tornare in sala comune. Avrebbe rievocato la stanza più tardi, magari vi avrebbe anche trovato i vestiti che desiderava. Senza aggiungere una parola di troppo, si congedò da Lucius, uscendo dalla stanza e lasciandosi il corridoio del settimo piano alle spalle. E portandosi dietro una morsa ferrea a livello della bocca dello stomaco.

***

Passarono le ore, ma Narcissa non ritornò al settimo piano per evocare la stanza delle necessità. Aveva passato quel lasso di tempo distesa sul letto ad osservare il soffitto, la testa troppo piena di immagini e pensieri perché potesse focalizzare l’attenzione soltanto su uno di essi. L’idea del vestito sembrava risalire a decenni prima, non a poche ore. Ma ormai a Narcissa non importava più di niente: Lucius non era interessato a lei, ma alla sua bella presenza. Non avrebbe di certo potuto farsi vedere al ballo con una ragazza la cui bellezza avrebbe potuto rischiare di comprometterlo. Certo che no, poi i suoi amichetti tronfi ed egocentrici cos’avrebbero detto? L’avrebbero deriso a vita. Eppure, lei ne era cosciente: aveva accettato anche per questo motivo, ma più che altro perché aveva voglia di passare del tempo con lui, con l’oggetto dei suoi desideri. Narcissa sospirò, decisa a lasciarsi alle spalle quei pensieri. Andromeda glielo aveva sempre detto che piangere sul latte versato non avrebbe portato a nulla.
Lasciò quindi la stanza, senza preoccuparsi minimamente del fatto che il giorno successivo ci sarebbe stata la festa e che lei non avrebbe avuto nulla di dignitoso da mettersi.

La Sala Comune, al solito, era semideserta. La maggioranza degli studenti era chiusa in camera a preparare armi e bagagli per la partenza. Perfino Bellatrix smaniava dalla voglia di tornare a casa, sembrava quasi che la scuola dopo un po’ avesse iniziato ad andarle stretta. Ma come darle torto? Bella era uno spirito libero, non avrebbe resistito troppo a lungo chiusa dentro quattro mura.
Narcissa sprofondò in una poltrona davanti al fuoco: tese le mani verso la fiamma, per scaldarsi. Ormai dicembre volgeva al termine, e le giornate di un imminente, freddo gennaio cominciavano a farsi sentire. Delle risate attirarono l’attenzione della ragazza, che fino a quel momento aveva convissuto con la convinzione d’essere sola nella stanza: stavano discutendo concitate a pochi metri di distanza da lei. Narcissa non aveva mai avuto occasione di parlare con loro: erano amiche di Bellatrix, studentesse del quinto anno che non avevano tempo da perdere con una primina qualsiasi, anche quando questa primina non era altri che una Black, sorella di quella ragazza così autoritaria che tanto temevano.
“Sai, ha detto che dopo il ballo potremmo vederci”
“Davvero?”
“Sì, dico sul serio! Ma ci pensi?”
Le due ragazze andarono avanti a discutere sommessamente, finchè il nome di Lucius non giunse alle orecchie di Narcissa, solleticandone la curiosità.
“Credi che dovrei mettermi in tiro per Lucius?”
“Ne dubito, ho sentito dire che si fa accompagnare da una del primo”
La ragazza che stava parlando abbassò drasticamente la voce, onde evitare di poter far cogliere altre parti del discorso a chi avesse potuto far ritorno in sala comune in quel preciso istante. L’altra ragazza, invece, sbiancò notevolmente di fronte a quella notizia tanto inaspettata.
“Stai dicendo che Lucius Malfoy si farà accompagnare da una bambina?”
La parola bambina colpì come una pugnalata in pieno petto Narcissa, che non riuscì ad imporsi di non continuare a seguire quella conversazione. Nonostante tutto, si stava parlando di lei in quel momento, non poteva non ascoltare, sebbene il discorso non la coinvolgesse direttamente. E così, le Serpeverde la consideravano una bambina?
“Sì, dalla sorella di Bellatrix. La bambina dagli occhi azzurri e dai lunghi boccoli biondi”
“E’ molto bella, sai?”
“Sì, ma ho sentito dire che Lucius voglia invitarla ad uscire per poter finalmente arrivare a Bellatrix. Sono due anni che cerca disperatamente di far colpo su di lei, ma senza successo”
Narcissa si sentì nuovamente mancare. Allora, Lucius s’era avvicinato a lei con un doppio fine, non perché era davvero interessato a voler uscire con lei. Sentì la solita stretta allo stomaco farsi più marcata ed insopportabile, mentre una lacrima, inavvertitamente, le segnò la guancia. Senza nemmeno pensare che così facendo si sarebbe fatta scoprire, s’alzò in piedi, stando ben attenta a non farsi vedere in faccia dalle due ragazze, e con passo svelto risalì la scala a chiocciola, fino alla sua stanza. Inutile dire che quella notte Narcissa Black non avrebbe chiuso occhio.

  
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