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Autore: BigMistake    15/07/2010    2 recensioni
Dal Prologo: "Un nano ed un elfo, in groppa allo stesso destriero. Definire tale cosa rara, sarebbe soltanto blasfemia. Eppure successe alla fine della Terza Era, quando la Quarta albeggiava altisonante sulle teste della Terra di Mezzo. [...] Proprio in quel viaggio conobbero, a caro prezzo un popolo nascosto, Gwath - Ombre, venivano chiamate, e si mostravano come spettri nella notte. Mai avevano agito al di fuori delle loro terre, ma i tumulti che avevano scosso Mordor e tutti gli abitanti delle Terre dell’Est, ovviamente le avevano costrette a “cacciare”, se così possiamo definire la loro una caccia, ben oltre il loro piccolo recinto fatto di alberi e oscurità." Sarìin, il bardo racconta una storia agl'avventori di una taverna, i cui protagonisti presero parte alla Compagnia che salvò la Terra di Mezzo da un'imminente fine. Grazie per la vostra attenzione e buona lettura!
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gimli, Legolas, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO XIV: Rynd ned in Eryn Lasgalen.

Altri due giorni passarono dalla separazione con il nano, gli elfi avevano attraversato per gran parte della Men-i-Naugrim costeggiando la catena collinosa degli Emyn- nu- Fuin, dove grandi abeti  ricoprivano gli alti versanti dei monti. Insieme superarono i Monti del Bosco Atro raggirandoli per dirigersi verso il Nord. Legolas si muoveva sapientemente tra le quelle che potevano sembrare strade uguali agl’occhi di un inesperto, casa invece dell’elfo. Anche la Guaritrice si trovava a proprio agio seppur quella non fosse la foresta in cui era cresciuta.

La loro armonia crebbe in quel viaggio, aiutata dalla compagnia solitaria dell’uno e dell’altra. Si trovarono ben volentieri a discorrere su qualsiasi cosa incontrassero, alcune volte preferivano addirittura cavalcare placidamente per poter osservare al meglio ciò che li circondava. Dietro ogni inezia si nascondeva  un significato o una storia, in alcune occasioni montavano lo stesso cavallo per sentirsi più vicini o quando magari la fanciulla, ancora sulla via della crescita, risentiva del sonno approfittando della rassicurante stretta dell’elfo. Le piaceva essere cullata dalle sue braccia e dal suo profumo intenso, una fragrante mescolanza dell’odore del muschio e del miele. Legolas invece traeva beneficio quando sembrava infondergli una sorta di salubre quiete mentre riposava.

Ormai ne era sicuro: quel formicolio gradevole che avvertiva dalla sua ferita ogni qual volta che le palpebre della Guaritrice si socchiudessero, era dovuto alla serenità con cui piombava nel sonno profondo negl’ultimi tempi. Non seppe il motivo e poco gli importava, il collegamento tra lei e quello stato ameno che percepiva ogni qual volta dormiva era il segno meraviglioso della sua crescente felicità. Forse peccava di superbia, ma sperava che questo progressivo allontanarsi dal mondo delle Gwaith fosse anche per merito suo. Percorsero i sentieri in pochi giorni, alternando ben poche interruzioni alla loro marcia. Raggiunsero infine uno strano fiume. La sua portata trascinava turbinose acque scure che si evolvevano in gorghi e mulinelli, le correnti profonde cozzavano contro le rocce fissate ai lati del suo letto e alle pendici delle montagne. Avevano deciso di far riposare i cavalli lungo la riva, per riprendere il cammino poco dopo. Da quando Gimli non era più con loro avevano affrettato il passo, avvalendosi della resistenza alla stanchezza ben più forte di qualsiasi altra creatura della Terra di Mezzo. D'altronde vicino alla propria meta nessuno si tirerebbe indietro dal compiere lo scatto finale, cercando di raggiungerla il prima possibile superando persino la propria forza.

 Il senso opprimente che attanagliava i loro cuori si era praticamente dissolto in una nuvola vaporosa e nella bella fanciulla molto era tornato alla lucentezza originaria. L’aspetto emaciato del suo consueto pallore era tornato ad essere un chiarore niveo, quasi trasparente per quanto risultava raggiante, i capelli parvero cresciuti raggiungendo ben oltre la metà della schiena e la loro lunghezza era segnata da ordinate, morbide onde, il loro colore variava dalle tinte calde dell’oro a quelle più scure della terra indicando le due stirpi da cui proveniva. Ma gli occhi, coloro che risentono più di tutto dell’influenza dell’anima, erano spesso attraversati da uno sfavillio abbacinante che variava la loro sfumatura traendo spunto da quelle delle foglie autunnali, accentuate da auree pagliuzze che impreziosivano sempre più il suo particolare sguardo.

“Aspetta Tirînir!” gridò Legolas vedendo la ragazza con l’otre quasi del tutto vuota tra le mani avvicinarsi al fiume. Con passi leggeri e lesti raggiunse Adamante, che lo guardava spaesata e confusa. Non sapeva il perché del suo grido concitato, quasi fosse un rimbrotto educato ad un suo errore. “Queste acque non sono adatte al nostro abbeveraggio! Fidati arweamin! | S – Mia signora! |”

“Ho fatto qualcosa di sbagliato?” chiese preoccupata. L’elfo si limitò a sorriderle prendendo lui l’otre ancora tra le mani della ragazza. In quell’azione sfiorò le dita di Adamante, la quale rimase quasi folgorata dall’intensità con cui la guardava. Poteva essere abbracciata per tutta la notte, ma ogni volta che si trovava a stretto contatto con lui le sue gote risentivano della fuliggine rosa che vi si andava a posare.

“No, melamin, non hai fatto nulla di sbagliato!” sussurrò soavemente, non riuscendo a disincantarsi da quei begl’occhi scuri che l’avevano catturato. “Quello è il Gûlduin, meglio conosciuto come il Fiume Incantato. Non è consigliabile abbeverarsi con la sua acqua, una magia governa i suoi cupi flutti costringendo ad un’insana sonnolenza chi osa berne anche soltanto un sorso, mia dolce Envinyatarë!” erano così vicini che potevano sentire entrambi i loro respiri mescolarsi e condensarsi nell’algida aria del nord, non resistette quindi l’elfo dal posare gentilmente il palmo sul collo della fanciulla per attirarla a sé. Era assai ardito da parte sua un tale tentativo ed era così raro per un elfo lasciarsi trasportare troppo dai propri sentimenti, tanto da sentire costantemente il bisogno di averla fisicamente accanto.

Con prudenza, timoroso quasi avesse la paura di spezzarla, avvicinò il viso a quello di Adamante che subiva accondiscendente e spaesata le attenzioni del suo principe. Sentì il suo corpo tremare, attraversato da un brivido nonostante fosse coperta dal suo solido mantello. Chiuse le palpebre, cercando di governare il tumulto interiore che aveva iniziato a torcerle le viscere e a farle scalpitare come un cavallo al galoppo il cuore. Erano quasi immobili, ad una distanza praticamente inesistente da cui si riusciva a percepire perfino la morbidezza reciproca delle labbra dell’altro e titubavano come se quella fosse la prima volta. Legolas osserva di sfuggita Tirînir alla ricerca del dubbio, ma l’unica cosa che riusciva a vedere erano quei petali rosei dischiusi in un sospiro carico.

“Co … come mi hai chiamata?” chiese allora la ragazza con la voce spezzata dalla situazione. L’elfo rimase interdetto da quella domanda sorta nel momento meno opportuno e si discostò giusto quel poco che gli consentiva di poterle osservare gli occhi.

“Come?”

“Cosa significa Envinyatarë …” bisbigliò aprendo lentamente le palpebre. Non riusciva però a calmare l’affanno che le provocava la così stretta vicinanza con Legolas.

“Quello che tu sei, il tuo ruolo. Guaritrice, non solo di ferite. Hai preso anche la mia anima e l’hai resa nuova …” provò ancor più cauto ad avvicinarsi, mormorando così a pochissima distanza dalla bocca della ragazza per attendere un suo consenso. “Envinyatarë òrenya, rinnovatrice del mio cuore …” non c’era più ragione d’indugiare, Legolas lasciò cadere l’otre che ancora si trovava nell’altra mano e prese quel bacio che attendeva. Sfiorò le labbra della ragazza che si abbandonò allacciando poi le braccia al suo collo. Troppe emozioni la stavano coinvolgendo, facendole vorticare la testa. Uno strano rumore alle loro spalle però interruppe l’intimità appena creatasi. Di malavoglia Legolas si distaccò da quello slancio ardente di passione che aveva avuto, per concentrarsi su quella improvvisa seccatura. Entrambi sapevano riconoscere bene tracce e suoni, abili cacciatori e dotati di sensi sopraffini. Avevano capito fin da subito che quel mormorare chiassoso poteva provenire esclusivamente da qualcosa di molesto e poco amichevole. Si scambiarono uno sguardo che non aveva bisogno di parole, Adamante sguainò la spada quasi contemporaneamente a Legolas che indossava la faretra con il suo arco. Si mossero silenziosi come felini verso la provenienza di quel gorgogliare sgradevole, accucciandosi nascosti da un arbusto per osservare quello che si era rivelato un grave contrattempo.

“Ah, Búrzukh! Sei un incapace, ci costringi a spostarci di giorno brutto idiota! Da quando sei tu a dover comandare?” urlava uno con voce gracidante. Le gambe corte e deformate erano la parte più visibile ai loro occhi, le mani scendevano una più in basso dell’altra, la pelle scura e bitorzoluta e la fisionomia grottesca delle sue fattezza non lasciavano dubbio. Un piccolo gruppo di orchi, fuggiaschi di Dol Guldur dopo che l’egemonia degl’elfi riprese quello che ormai non era più un antro oscuro e tenebroso. Vigeva evidentemente del malcontento fra di loro, sembravano in procinto di una zuffa. Un altro era in piedi di fronte a quello che borbottava e stringeva fra le sue mani una spada arrugginita e scalfita, non lesa dalla sua abilità assassina. Gli altri intorno eccitavano gli animi esagitati dei due contendenti, con improperi a favore dell’uno o dell’altro.

“Pensi di essere meglio tu Ruzmazh, che non sai nemmeno dove siamo e sai solo lamentarti!” gli insulti che ne seguirono non possono essere riprodotti in tale sede, sappiate solo che il vostro boccone miei signori, si fermerebbe nella vostra gola costringendovi a bere con gran sorsi. Proseguirono nell’animata litigata, mentre i due elfi continuavano a studiare la situazione.

“Sembrano più di una ventina, ventuno al massimo …” sussurrò Legolas ben attento a non farsi udire da tali orripilanti bestie. Proprio mentre stava affermando ciò, i due goblin iniziarono a combattere urtando le loro spade con colpi vigorosi e confusionari. Il loro modo di lottare era completamente sconclusionato e primordiale, senza esclusioni di colpi, nemmeno quelli più vili e bassi. Ad un tratto quello che si chiamava Ruzmazh riuscì a raggirare il suo attuale nemico, colpendolo poi dietro le ginocchia per farle cadere rovinosamente a terra. Con un colpo secco decapitò l’altro accrescendo l’esaltazione degl’altri, che acclamavano chiassosamente altro sangue. Eppure c’era qualcuno che non era d’accordo.

“Ma bravo Ruzmazh, ora chi ci guiderà alle Montagne Grigie? Tu che non sei capace nemmeno di trovare il naso in mezzo alla tua faccia!” ma quella replica di uno dei servi di Sauron venne azzittita con lo stesso trattamento riservato a quello che si chiamava Búrzukh. La testa saltò al contatto della lama, rotolando fino ai piedi del cespuglio dove gli elfi rimanevano a spiare quelle scialbe e crudeli creature. Altre grida compiaciute si levarono in favore dello sterminio dei due loro compagni di viaggio.

“Bene ora sono diciannove. Sono sul nostro cammino?” chiese la ragazza determinata.

“Sì, ma possiamo attendere che si allontanino …” bastò un solo istante in cui l’elfo voltò i suoi occhi distrattamente ed Adamante era già sparita. Chiamò pacatamente il suo nome ma non vi fu risposta. Una strana sensazione di ansia avvolse il cuore dell’elfo, mille domande presero padronanza dei suoi pensieri. Dov’era e cosa aveva in mente? Quanto avventata poteva essere stata in una situazione comunque critica? Guardava nervoso tutto lo spazio circostante con l’affanno di chi teme per la persona amata, poi il suo sguardo si posò su di uno strano bagliore turchese. Si trovava fra i rami più bassi di un faggio ben piantato, accucciata e coperta dall’ombra delle sue fronte, il cappuccio tirato sul viso e la cappa a coprirle l’intero corpo. La spada era stata posta nuovamente nel fodero, di cui si vedeva solo la sagoma attraverso la stoffa del mantello. Il cuore dell’elfo iniziò a martellare freneticamente contro il suo costato, la pulsazioni erano continue fin dentro la propria testa, ripercuotendosi come una mazza sulla pelle tirata di un tamburo. Mentre ancora il tripudio tra le scomposte file di orchetti imperversava, Adamante si calò alle spalle di uno di loro penzolando dal ramo con la testa rivolta al suolo. Quello era il modo di combattere delle Gwaith silenziose e letali, ti colpivano quando meno lo aspettavi anche senza aspettare che uno si voltasse per vedere faccia a faccia il proprio nemico. Nimril lacerò la gola del malcapitato ed Adamante era già scomparsa di nuovo. Fulminea si trovava ora sulla testa di un altro orco, si muoveva tra gli alberi come se fosse sulla terra ferma, forse anche più agilmente. Legolas, seppure rapito dall’angoscia, ebbe la sensazione di essere stato fortunato quella notte a Fargon. Se le Ombre avessero solo voluto ucciderlo non ci sarebbe stata occasione nemmeno di difendersi. Non ne faceva una colpa alla ragazza, allenata a quel modo spietato di combattere , ma di sicuro la vicinanza con Mordor era lapalissiana nelle sue movenze aggraziate. Al quarto orco ucciso per sua mano gli altri si accorsero di essere stati appena attaccati, tutti sfoderarono le proprie armi cominciando guardinghi ad alzare lo stato d’allerta.

“Ohi, ohi!” disse uno. “Siamo preda di qualche stregoneria elfica! Sono già remoti i bei tempi in cui potevamo scorrazzare tra ragni e altre infime bestie!” fu allora che la Guaritrice scese dagl’alberi senza dire nessuna parola, rimaneva immobile al lato del gruppo attendendo che si accorgessero della sua presenza. Il suo odore attirò il primo che lento si voltò seguito dagl’altri. Lei aspettava ferma come una statua con il cappuccio ancora calato sugl’occhi, fredda come il marmo mentre Legolas moriva vedendola in quel gruppo di orchetti da sola, le sue braccia erano completamente paralizzate dal terrore di quello che voleva compiere la propria amata.

“No, non siamo preda di una stregoneria elfica!” disse allora quello più vicino alla ragazza che ancora restava statica nella sua posizione, senza afferrare l’elsa della spada utile a difendersi in caso di attacco improvviso. “Piuttosto abbiamo una visita di una bella signorina, che onore!” scimmiottò un inchino sputando le parole con disprezzo.“Proprio nel momento più giusto avevo un certo languorino di carne fresca, morbida e saporita!” provò ad avventarsi su Adamante ma una freccia colpì la sua gamba facendolo cadere esattamente sulla punta della spada della ragazza, rapidamente sguainata contro quella bestia asservita al male più nero. Lo trapassò da parte a parte, ricoprendo tutta la lunghezza della lama con il suo sangue pisto e lasciando gli astanti in un mutismo scioccato. Ed iniziò così l’attacco contemporaneo di due orchetti ai danni della Guaritrice, il loro urlo sguaiato squarciò il silenzio mentre si scagliarono su di lei, l’uno con una mazza ferrata l’altro con una strana spada ritorta ed arrugginita. La ragazza con un passo laterale riuscì a riparare il suo fianco portando la spada parallela al suo busto, fermando un colpo tondo inferto dall’orco  ( nda: colpo di difesa: Puntata  ) per poi sparire a quello con la mazza con uno slancio all’indietro. Ingaggiarono il combattimento con modi contrapposti di lottare, basati su due fronti aversi: velocità e strategia contro potenza forza bruta. La spada e la mazza cercavano in tutti i modi di colpire la fanciulla che sembrava sfuggire come se fosse ricoperta di olio. La sua difesa era eccezionale ma i suoi attacchi spesso erano infruttuosi. Il peso troppo sbilanciato e la forza appena sufficiente a scalfire la forte corazza che li ricopriva. Chi poteva avere la meglio, allora? Legolas scagliava frecce come se fossero pioggia e si difendeva con il proprio pugnale nei combattimenti corpo a corpo puntando ai punti deboli delle armature sul collo e sotto le braccia. Ma erano in tanti e troppo disperati per due soli combattenti. La Guaritrice era riuscita ad atterrare il suo avversario con l’arma da botta ed ora si trovava ad affrontare quello più abile, cercando di evitare gli ulteriori attacchi da parte dei suoi sottoposti. Non vi era più distanza fra i due avversari, il fetido fiato dell’orco si riverberava sul pallido viso della fanciulla che cercava di opporre con tutte le sue forze quella del nemico, ormai con le lame legate ad incorniciare l’immondo viso della creatura. Fu costretta a piegare la schiena tanto la sopraffazione la stava per cogliere, quando imbroccò con il pomo sul naso del rivale, che fu costretto ad indietreggiare per il tremendo dolore arrecato (nda: imbroccata = affondo portato sopra la lama avversaria generalmente indirizzato a gola, viso o spalle. In questo caso non viene dato di punta ma con il pomo della spada). Troppo occupato a tenersi il volto ancor più tumefatto dal colpo, non si accorse della spada che lo stava trapassando tra le costole. I due elfi ad un tratto si trovarono spalle contro spalle, accerchiati da più orchi di quelli che avevano precedentemente visto. Avanzavano mentre ridevano contenti di averli in pugno, alla loro inesistente mercé.  

“Non avevi detto che erano una ventina al massimo!” chiese Adamante con un velo di cinico sarcasmo.

“Evidentemente gli altri erano nascosti!” rispose freddamente. “Se avessi avuto la pazienza di aspettare, probabilmente li avremmo visti!”

“Io … volevo solo …” e le parole le mancarono udendo con quale delusione l’elfo le si era rivolta. Sapeva che aveva perfettamente ragione, si era comportata come un’Ombra ma non era più alla Taur en Gwaith, questo avrebbe potuto significare la fine per loro circondati da un gran numero di orchi. E mentre ripensava alle parole rigide ed aspre di Legolas una freccia fece cadere a terra uno tra le prime file, trapassando il suo cranio come burro. Lo scalpitio di zoccoli divenne forte e fece tremare la terra sotto i loro piedi. Il contingente di orchi iniziò a spargersi nel tentativo di fuga ma venne sopraffatto in poco tempo dagl’elfi a cavallo che erano accorsi. Legolas strinse la mano della fanciulla alla sua, per quanto fosse in collera era contento che la faccenda si stesse volgendo al meglio. Gli orchi vennero cacciati ed uccisi, nessun disperso sopravvisse dalle urla che si poterono udire e mentre ciò avveniva un elfo si avvicinò ai due smontando velocemente da cavallo.

“Mae tollen a bâr Legolas Thranduilion! | S – Ben arrivato a casa Legolas  figlio di Thranduil!| ” disse a gran voce inchinando il capo verso il principe. Assai alto e vestito di bianco, riluceva di una luce abbagliante. Rivolse uno sguardo alla ragazza per poi osservare le mani intrecciate, non si avvisò subito dell’appartenenza di ella agl’Eldar. La confuse con un’appartenente della linea secondogenita di Ilùvatar, il suo aspetto era troppo affine agli umani ed i capelli coprivano le particolari orecchie segno indelebile della provenienza del suo sangue, confondendo il nobile elfo. Decise quindi di parlare nella lingua corrente, per non escludere dalla conversazione l’ospite a cui Legolas sembrava particolarmente legato . “Fatto un buon viaggio di ritorno?” chiese cortese non rivolgendosi comunque a salutare Adamante che, intimorita, si strinse al braccio dell’elfo. Quanti atteggiamenti contrastanti: da spavalda Ombra a timida fanciulla.

“Non proprio Haldir , andalu i ven … | S -  La via [è] molto pericolosa! |” rispose pacato Legolas che ricambiò l’inchino abbassando il capo. “Man tôg sì Edhelrim o Lòrien? Gwennin in enninath in atrrannem in edrain tîn. | S – Cosa conduce qui gli Elfi di Lòrien? Sono passati lunghi anni da quando attraversarono i loro confini. | ” chiese infine. Haldir rivolse uno sguardo interrogatorio verso Adamante osservando i suoi occhi vaghi ed ambigui, la studiava perché non comprendeva a pieno il comportamento del principe. Chi era costei così disperatamente aggrappata al braccio del principe? Perché lui si sentiva libero di parlare di fronte a quella donna? Per quanto gli anni dell’oscurità erano sulla via del tramonto, troppe ferite erano aperte ancora e la diffidenza aveva la meglio in un popolo comprovato dalla guerra.

“Molto è cambiato da quando sei partito da Caras Galadon.” spiegò con una punta di sospetto. “Ma non è questo il luogo più adatto per parlarne, heruamin. Credo che nel tuo regno non attendano altro che il tuo ritorno.” Legolas avvertiva la tensione creatasi verso la ragazza e quasi la sentì tremare di fronte a quella cautela dimostrata nel rapportarsi nei suoi confronti.

“Tirînir, questo è Haldir del Reame della Dama dei Boschi, nostro amico ed alleato!” disse cercando di rassicurarla.

“Onorato di conoscervi Tirînir!” rispose cortese verso Adamante che abbassò impercettibilmente il capo come risposta. Ancora uno sguardo indagatore ed la Guaritrice cominciò a sentire un lieve accenno di disappunto. “Mas tôl sin gwend? | S – [Da] Dove proviene questa fanciulla? | ” chiese poi rivolto all’elfo. In quel momento la timidezza si sciolse nell’orgoglio, lei era lì e non amava che le parlassero per terzi.

“Telin uin Aer o Rhûn, Haldir o Lothlòrien! | S – Giungo dal Mare di Rhûn, Haldir di Lothlòrien! | ” disse con un tono aspro, fissando duramente l’elfo e staccandosi infine da Legolas in un gesto di stizza. “Potete porle a me le domande che mi riguardano!”confermò poi. Il Guardiano di Lòrien rimase interdetto da principio per la risposta pungente che aveva appena ricevuto, sapeva però di aver meritato tale risentimento. Se in fondo il principe si fidava di lei per qual motivo anche lui non l’avrebbe dovuto fare.

“Chiedo umilmente scusa! Non era mia intenzione recarvi offesa, non sono giustificato per la mia villania, concedetemi però la vostra benevolenza. Capite arweamin, i tempi della diffidenza sono agli sgoccioli ma ciò non impedisce di essere prudenti con chi non si conosce.” La sincerità si palesò nei suoi occhi chiari, cercando di mostrare il più possibile la sua costernazione. Aveva compreso il suo errore e cercava di porvi rimedio. Adamante era sì orgogliosa e fiera, ma anche assai misericordiosa e comprensiva. Mosse la testa accennando nuovamente ad un sì, non tralasciando però una lieve durezza nei suoi occhi. Legolas la lasciò libera di affermarsi, una cosa importante aveva appreso dalla vicinanza con la ragazza: poteva sembrare fragile e facilmente scalfibile, ma in lei una forza misteriosa ed imponente giaceva, capace di farle smuovere anche una montagna. La sua lingua poteva essere più tagliente di una lama e sapeva bene come usarla. “Avete detto di provenire dal Rhûn? Non avete i tipici tratti di quei popoli.” chiese Haldir con un nuovo spirito interessato.

“Le mie origini risalgono agl’elfi del Bosco Atro a quanto sembra.” Disse a mezza bocca, con ancora un cipiglio seccato a segnarle il volto. Gli occhi di Haldir invece vagarono tra i due, alternandosi a più riprese per la scioccante rivelazione appena avuta.

“E’ una storia molto lunga, sarai al palazzo di Thranduil per ascoltarla?” chiese allora Legolas.

“No, molti dei Galadhrim partiranno per Lòrien ed io con loro. Questi boschi oramai sono liberi dall’ombra dell’Oscuro Signore. Prima vi accompagneremo sino alla tua casa Legolas, dove ti attendono coloro che più in questo regno ti amano.” Dopo aver ripreso i cavalli lasciati in riva al fiume, vennero quindi scortati dagl’elfi di Lòrien all’estremo nord, dove la residenza del Re Thranduil e la sua sposa si stendeva tra le Caverne della zona settentrionale del Bosco Atro.

Durante quelle ultime miglia Legolas provò a carpire qualche novità sul suo regno da cui era stato lontano per quasi due anni, ma le risposte di Haldir furono evasive limitandosi a dire che quello fosse compito del padre non il suo. Adamante invece sembrava sempre più disorientata, guardava ciò che la circondava esaminando la foresta attorno a sé, pur mantenendo la sua curiosità a bada indispettita per l’intollerabile diffidenza che subiva da parte degl’altri elfi. Era timorosa di non essere accettata per la contaminazione subita dalle Ombre e dai loro insegnamenti, il suo essere così differente si stava verificando anche in quel mondo che doveva appartenerle. Tornò a sentirsi estranea. Legolas aveva avvertito la preoccupazione che stava diventando padrona della ragazza e provò a calmarla con piccoli gesti di puro affetto e stima, come brevi ma intensi sguardi, o l’insistere nell’affiancarla nella marcia solo per poterle stare accanto e sussurrarle di tanto in tanto parole rasserenanti.

Dopo un giorno e mezzo con andatura media giunsero infine in un posto che della meraviglia possedeva il significato vero e proprio. Un lungo ponte attraversava le acque dove il Fiume Selva, conosciuto come Taurduin, si univano a quelle impetuose e scure del Fiume Incantato. In  fondo un portone finemente forgiato dalle sapienti mani dei fabbri elfici si apriva ad una grande caverna infossata nell’erto pendio dove grandi faggi assorbivano direttamente dal fiume il loro nutrimento (rif. per la descrizione del palazzo di Thranduil “Lo Hobbit”  Cap. IX “La botte piena, la guardia ubriaca” ). Lasciarono i propri destrieri alle cure di alcuni elfi che li attendevano fuori dei cancelli del palazzo, per entrare da soli e a piedi nei cunicoli ben areati del palazzo, dove i canti dei Priminati riecheggiavano soavemente vibrando sulle pareti.

Adamante sentiva il suo cuore aumentare i battiti assecondando l’avvicinarsi al regno degl’Elfi Silvani. Trovò a chiedersi quante volte suo padre avesse mai oltrepassato quel cancello, attraversato quei cunicoli e battuta la stessa terra. Una debole lacrima tremula prese a scenderle sulla gota e la freddezza iniziale con cui era stata accolta, ora, era del tutto vanificata. Quella era la sua casa, una casa lontana che non aveva mai avuto il piacere di condividere con colui che amava e da cui era stata amata, era quella casa che le sembrava un miraggio fino a pochi istanti prima quando l’immagine di suo padre prese posto nella sua mente. Eppure non era libera di commuoversi, presto avrebbe conosciuto il Re non poteva mostrare quella sua piccola debolezza e si affrettò ad asciugarla con il dorso della mano. Ma quell’elfo seduto su di un trono in legno in fondo alla sala dai pilastri scolpiti nella viva roccia, aveva notato il baluginare della rugiada sulla guancia della ragazza. La figura imponente di Thranduil era perfetta nella sua impostazione, come se anch’egli fosse scolpito nel legno. Sulla fronte una corona d’argento ritraeva foglie e bacche tipicamente autunnali e piccole gemme trasparenti illuminavano ancor di più il pregiato manufatto sulla sua testa. Gli occhi grigi scrutavano attentamente i due giunti ma erano più concentrati sul figlio a cui stava riservando un sorriso soddisfatto per la gloria che portava seco.  Accanto a lui, sulla sinistra in piedi, una splendida signora Elfica osservava con occhi empi di commozione la loro entrata. Era alta ed assai bella, capelli bruni ad incorniciare un volto dall’incarnato pallido non segnato dal tempo come avrebbe dovuto, tranne che nella immensa profondità dello sguardo dove una mite saggezza risiedeva stabile. Altri elfi si trovavano a circondare la sala, popolandola discretamente con dolci canti ad allietare le orecchie dei sovrani.

“Legolas, finalmente sei tornato figlio mio!” disse il Re sollevandosi dalla sua seduta per andare loro incontro. La sua sposa lo seguiva silenziosa, con un tenero sorriso a dipingerle il volto pallido.

“Il mio viaggio ha trovato la fine, Adar!” bisbigliò reclinando il capo in avanti, dimostrando tutto il rispetto che nutriva nei suoi confronti. Il Re cercava di mantenere un certo contegno, ma la sua gioia era facilmente palpabile. Durante il loro saluto nessuno dei due si curò della presenza di Adamante, ben comprensibile tale svista dopo la sorvolata paura di non poter più riabbracciare il proprio figlio.

“Presto quindi preparate un banchetto, che tutto il Reame Boscoso stanotte festeggi il ritorno del suo principe!” all’ordine impartito alzando di poco la voce, alcuni degl’elfi nella sala iniziarono a direzionarsi in più parti scomparendo nei meandri del palazzo.

“Posso dunque ricevere un abbraccio dal figlio che ho tanto atteso …” solo quando la corte si fu dileguata, la sovrana parlò esternando il suo trasporto attraverso un tremore della voce. Dura era stata per lei sapere il figlio in una guerra senza speranza, poi partito per altri luoghi senza ricevere alcuna notizia. Legolas non tardò ad avvolgerla fra le sue braccia, stringendo con un affetto quasi equivalente a quello che usava con la ragazza.

“Mi dispiace naneth | S - Madre | , non volevo farti preoccupare!” le sussurrò prima di scostarsi. L’elfo gli prese il viso tra le mani e sorrise felice, accarezzando la sua fronte e le sue guance come a far rivivere una memoria che possedeva ancora nel tatto.

“ Aphannig gureg, echanneg i amarath cîn, gennig i fael men! | S – Hai seguito il tuo cuore, hai compiuto il tuo destino, hai intrapreso la via giusta!| ” quando però pronunciò destino la sua mente tornò a quella fanciulla meravigliosa che si trovava alle sue spalle. Si voltò verso ella, attirando così l’attenzione su di lei ed allungò il braccio in sua direzione porgendole la mano. Durante tutto il distacco subito in quei pochi istanti Adamante si sentì vulnerabile, quando invece ritrovò il contatto con lui ritrovò tutto il suo coraggio. Espose un timido sorriso cercando di non fissare i due elfi incuriositi dalla ragazza, che sembrava così in confidenza con il loro figlio. Ma la sovrana parve riconoscere un qualcosa in lei, la penetrava con lo sguardo esaminando attentamente ed affondando nell’abisso dei suoi occhi nocciola.

“He Tirînir Helluiniell. | S – Lei [è] Tirînir figlia di Helluin. |” disse bloccando le sue iridi cerulee in quelle atterrite di lei. La Regina notò subito come il figlio osservava la ragazza: premura, apprensione e qualcosa di ancora più profondo c’era. Adamante accennò ad un inchino con la testa timorosa verso i due bei sovrani, che la fissavano sempre più attoniti e privati della capacità di parlare.

“La figlia di Helluin …” quel sospiro proferito era come una rivelazione appena avuta. Thranduil e Aurehen, questo il nome della Regina, si guardarono per un attimo come se avessero scoperto cosa si celasse in lei. “Oh, sarà una gioia accoglierti qui Tirînir figlia di Helluin, tuo padre era un nostro grande amico. Il tuo volto è pallido e stanco, le mie ancelle ti aiuteranno a scaldare il tuo corpo con un bagno profumato, vieni ti accompagno nelle stanze degl’ospiti!” disse allora verso di lei, cingendole le spalle con un braccio allontanandosi dalla sala principale. Adamante lasciò scivolare la mano da quella del suo amato e titubante seguì la sovrana, staccando i suoi occhi da quelli dell’elfo solo quando stava per uscire. Rimasero da soli quindi padre e figlio: i lunghi capelli dorati a cingere le loro spalle, i tratti del viso delicati affini seguivano le stesse linee caratterizzati solo da piccole differenze, come il taglio degl’occhi in Legolas più allungati e simili a quelli di Aurehen e le labbra contratte in una linea marcata e retta di Thranduil, che con severità guardava il figlio.

“Cosa significa questa storia Legolas?” chiese aspramente, chiudendo i pugni lungo i fianchi. “Non prenderti gioco del tuo Re, non può essere la figlia di Helluin è scomparso molto tempo fa, non si hanno sue notizie da troppo! Tua zia si è lasciata morire per il troppo dolore del suo abbandono! Bada bene a quello che dici perché sai di poter ferire tua madre!”

“Adar, non saltare alle conclusioni sbagliate.” Rispose serafico cercando di calmare l’animo del padre che già aveva dato segni d’intemperanza. “Non ho alcuna intenzione di ferire mia madre, ci sarà occasione di parlare di come Helluin sia giunto nell’Est ed abbia incontrato lo stesso popolo che teneva reclusa sia Tirînir che me.”

“Posso almeno sapere la natura del vostro rapporto?” la sua voce aveva preso altre inclinazioni, molto acre ed amareggiata nel proferire le richieste verso suo figlio. Vedendo la rigidezza di Thranduil anche Legolas serrò le dita e la mascella, cominciando a dare in escandescenza. Il Re non era un animo cattivo, ma aveva la spiacevole tendenza a cadere nei tranelli delle erronee convinzioni.

“Credo che sia evidente cosa ci lega, Aurehen se ne accorta!” disse iniziando a sentire l’aculeo dell’indignazione puntellargli la mente. “Sono innamorato di lei e vengo fortunatamente ricambiato!” era solenne e greve invece quando esprimeva con trasporto il sentimento per la sua Guaritrice.

“Non osare rispondere con quel tono Legolas!” sbottò indignato “Tu non sai nemmeno cos’è l’amore! Da quanto conosci quella ragazza? Da quanto? Cosa conosci di lei? No, l’amore non resiste se le sue radici non sono affondate nel tempo. Tu sei Principe di queste terre, figlio di un Re. Ho mosso quasi l’intero popolo degl’elfi per darti un regno pacifico e tu mi ripaghi portando al mio cospetto una trovatella, presunta figlia del promesso sposo della sorella di tua madre, di cui ti dichiari innamorato? Pensi che io possa permettere una simile follia?”

“E se io non volessi essere Re di queste terre, Adar? Ti sei posto almeno il problema se io volessi o meno il tuo trono? Io so quello che voglio e non potrai impedirmi di amarla, so di darti un dispiacere ma questa è la realtà. Ci appartenevamo ancor prima d'incontrarci, non saranno necessari anni di conoscenza per comprendere al meglio cosa ci unisce. Il nostro amore è nato nelle difficoltà ed è più intenso di uno nato in tempo di pace! No, Adar, non sapevo cos'era l'amore. Se ora lo conosco è solo grazie a quella fanciulla.” il Re strabuzzo gli occhi, non poteva credere alle proprie orecchie. Le battaglie, le lotte avvenute mentre il figlio era sul versante di Mordor, tutti i suoi sforzi per donargli un regno purificato dall’Oscurità e per non fargli rivivere i suoi patimenti sarebbero stati vanificati. Dopo aver attraversato la sala si buttò mollemente sul trono appena disdegnato dal figlio, con gli occhi vacui di chi ha appena ricevuto un duro colpo. “Adar, non voglio mancare di rispetto proprio a te. Desidero ancora la tua approvazione come sempre, ma io so cosa è più giusto per me.”

“Stai per dire quello che immagino?” disse sconsolato sorreggendo il suo mento fra le dita.

“Mi darai il consenso per sposare Tirînir e ripopolare l’Ithilien?” chiese convinto e speranzoso di essere compreso. Il Re sembrava confuso, gli occhi grigi e stanchi vagarono per tutta la stanza, ma non ebbero il coraggio di posarsi sul figlio che ancora attendeva trepidante risposta. “Adar?” La sua proposta risultava stridente alle orecchie di Thranduil che tanto amava il figlio e per lui aveva progetti, i quali non coincidevano affatto con quelli di Legolas. Si sentì improvvisamente sconfitto.

“Sei tornato da pochi minuti e già vuoi andare via, figlio mio?”la tristezza con cui pronunziò la domanda era dolorosa. Legolas si colpevolizò per avergli dato un tale dolore, ma sapeva che se non avesse imposto il suo volere fin da subito il padre l'avrebbe prima o poi costretto a tornare sui suoi passi. “Devo pensarci, devi darmi del tempo …” fu solo questa infine la flebile replica del Re, che malinconico si affossava sempre di più sulla seduta.

“Non volevo donarti un dispiacere, ma come te hai avuto l'opportunità di avere una tua strada anch'io voglio intraprendere la mia con accanto la persona che amo. Voglio inoltre che nel regno degli uomini risplenda ancora la magia degl'elfi finché Re Elessar governerà saggiamente. Ora ti lascio quindi a riflettere. e chiedo congedo, Adar!” Legolas comprese il suo stato d’animo e voltò le spalle. Conosceva bene il padre e sapeva che stando da solo probabilmente avrebbe ascoltato con una nuova critica i propri pensieri, riuscendo magari a scindere mente e cuore. Ad un passo dal sortire però richiamò l’attenzione del padre. “Prima che decidiate vi prego solo di provare a parlare con lei. È una di noi Adar, lo è sempre stata. Non lasciatevi fuorviare dal suo aspetto che sta mutando lontano dal Rhûn. Helluin è morto per proteggerla rispettate il suo sacrificio.”

 

Il Re rimase quindi solo, mentre il palazzo si movimentava per festeggiare il ritorno del Principe e la nuova venuta tra gli elfi silvani. Ma Thranduil, che per il figlio aveva distrutto la malignità ed il tormento, avrebbe  accettato la Guaritrice? Ed avrebbe accettato di avere nuovamente il figlio lontano? Questa è la domanda che vi lascio in sospeso miei cari commensali. Spero vi solletichi a tal punto che il vostro prezioso fondoschiena si fissi sulla sedia e vi costringa ad ascoltare il seguito.

 

Note dell'autrice: Ecco qui! Allora siamo arrivati finalmente al reame di Re Thranduil. Le descrizioni del palazzo e del regno sono tutte direttamente da Lo Hobbit come da rif. in cui il Re cattura i nani e Bilbo li salva. Non fatevi ingannare dal modo aspro con cui si rivolge a Legolas, non so perchè ma io l'ho visto sempre come un elfo molto umano a dir la verità. C'è Eldron e Galadriel così superiore, mentre lui è più terra terra. Gli piacciono le ricchezze, l'argento e òe pietre bianche e non si nasconde di questo. In più ha dovuto combattere da sempre con rospi e ragni (io sono aracnofobica ma in maniera cronica fra Shelob e tutti gli altri ho sempre avuto un nodo allo stomaco al solo immaginarli bleah! ) del bosco Atro lui si è un po' inspessito nel carattere ma in fondo lui è pur sempre un elfo e saprà come riscattarsi. Quindi avremo modo di conoscerlo meglio nel prossimo capitolo (o meglio di conoscere il Re come l'ho sempre immaginato).

 Ed ecco anche Aurehen, mamma di Legolas. Il suo nome significa occhio del giorno e ha un dono ma non posso svelarlo. hihihi!

Thiliol: Mellon nin! che splendida recensione. Purtroppo in questo vi è solo un accenno ma il prossimo sarà tutto per te con il Re in primo piano. Per la tua precisazione, in realtà il sole definito come Anar è in Quenya, Anor è Sindarin, sul Silmarillion viene definito con il termine Quenya. (almeno sul mio). Comunque grazie per la precisazione ^^! Quasi dimenticavo: sono un'estrema amante del Canon e quindi la mia storia non andrà ad intaccare la trama originale profondamente. Gli eventi più importanti saranno quelli che Tolkien ha voluto come potrai notare. ^^ quindi non temere, ho solo reso più complicata questa parte di cui non si sa moltissimo se non dalle appendici. Scusa se sono un pochino sintetica ma sono di fretta!

Ringrazio sempre tutti!

Besitos

   
 
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