Voglio
precisare che sono uscita di testa, con questa fic, è un
vero obrobrio O.o
Comunque spero che qualcuno si interessi e magari mi possa seguire.
Un bacio
Eri
Morire e ritornare a vivere
Quando esci di casa la sera, immagini che dopo tornerai a casa, che l’indomani vedrai la luce del giorno, che riprenderai la tua vita di sempre.
Quando esci di casa la sera, non ti puoi immaginare di morire.
Non ti puoi immaginare di morire, e poi ritornare a vivere.
Nemmeno
io lo immaginai.
Era una calda serata estiva, il vento mi creava dei
piacevoli brividi freschi, ed io tornavo dal parco nel quale io e le
mie amiche
c’eravamo incontrate per studiare greco, da brave liceali.
Annusavo l’odore degli alberi in fiore, che tanto mi
piaceva, e mi dirigevo con calma verso casa mia.
Il sole era tramontato da un pezzo, infatti erano le venti e
trenta, il limite del mio coprifuoco, per quella sera.
Ero una sedicenne dal carattere tranquillo e docile, ma anche
molto aggressiva, se mi sentivo minacciata.
Giocavo d’istinto, sempre. Era l’istinto a guidarmi
in ogni
situazione, e in quella situazione l’istinto mi
consigliò di prendere la strada
più lunga per casa mia.
Ma io non lo feci, e camminai verso la strada più corta,
sempre deserta e priva di persone: periferia, insomma.
Grosso errore.
Mentre mi immergevo in quelle strade, rumori sospetti mi
diedero l’impulso di girarmi intorno e osservare, per trovare
la loro fonte, ma
niente.
Nonostante la notte, grazie a qualche luce in lontananza la
mia vista aveva un quadro quasi perfetto del luogo.
Un tonfo mi fece aguzzare i sensi.
Avevo l’impulso di scappare, ma non mi mossi.
Volevo girarmi, ma non voltai il capo.
Il rumore di un passo bastò a farmi girare di scatto e a far
cadere sull’asfalto i miei numerosi appunti.
Quasi ringhiai, quando vidi la sagoma di un ragazzo –un
bellissimo ragazzo.
I suoi capelli sembravano neri, spettinati, mentre il viso
angelico mostrava un ghigno malefico.
Si avvicinava e io rimanevo ferma.
Era probabilmente un ladro o uno stupratore, ma non
scappavo.
Non avevo paura, perché ero sicura che me la sarei cavata.
Non avevo paura, non avevo paura e basta.
Perché il mio istinto non mi suggeriva la paura,
bensì la
curiosità.
Anziché scappare, mi avvicinai a lui.
Non sapevo nemmeno perché lo feci, ma allungai il braccio e
gli sfiorai il volto.
Freddo, freddo e pallido, ora che ci vedevo meglio.
«Chi sei?» domandai, nel tono più
naturale e ovvio che un
essere umano potesse usare.
Nessuna risposta. Lui sorrise e si leccò le labbra, dalle
quali si intravidero un paio di canini più lunghi del
normale.
«Sei un vampiro?» la mia domanda fu istintiva.
Sapevo che si
sarebbe messo a ridere, ma io ci credevo e non ci credevo. Ero
neutrale, come
per l’esistenza degli alieni, quindi niente poteva escludere
che lui fosse un
vampiro.
«Sì.» mi stupii della risposta, poteva
prendermi in giro
tranquillamente, ma qualcosa dentro di me mi suggeriva che fosse
sincero «Hai
paura?»
«No, ho dell’aglio in borsa.» incredibile
quanto riuscissi a
essere stupidamente ironica in momenti del genere. Potevo essere uccisa
entro
una frazione di secondo e mi mettevo a fare battutine.
Ma l’aglio l’avevo comunque, e lo tirai fuori,
porgendoglielo.
«Le leggende sono bugiarde» mi osservava. Osservava
e
sicuramente pensava a quale fosse il punto migliore dove mordermi.
«Non credo alle leggende» però credevo
alla sua esistenza,
mentre poteva essere tranquillamente un delinquente.
Si comportava come un felino che studia la sua preda prima
di fare una mossa e partire all’attacco.
«Norah, non devi essere così coraggiosa a
volte» sussurrò.
Come conosceva il mio nome? Mi spiava? Mi controllava? Da quanto tempo?
Ma le mie domande furono interrotte da una pressione che
sentii al collo, che si fece sempre più forte, fino a farmi
malissimo. Con i
canini penetrò la mia pelle, e la mia arteria.
Il dolore era inumano, e lui succhiava il sangue del mio
corpo, e beveva.
Presto le forze mi mancarono, le gambe mi cedettero, e lui
fu costretto a sorreggermi per poter continuare a bere.
A breve avrei raggiunto i miei nonni, e sarei diventata
l’angelo
custode della mia famiglia, li avrei protetti sempre.
In un certo senso, ero contenta di morire, perché
così avrei
fatto condurre una vita buona alla mia famiglia, facendo loro
raggiungere una
morte naturale.
Pochi minuti, e avrei detto addio a tutto, cosicché la mia
anima sarebbe salita in alto, fino al Paradiso.
Chiusi gli occhi, decidendo di lasciarmi andare alla mia
fine.
Una luce mi abbagliò, e mentre stavo per raggiungerla, questa si ritirò, diventando un puntino, diventando un nulla, diventando oscurità e basta.
Di colpo aprii gli occhi.
Ero viva.
Mi
toccai il collo, e notai come una
cicatrice a forma di
due cerchi.
«Dove sono?» mormorai, notando che
l’ambiente era del tutto
differente dalla strada dove ero stata uccisa.
Già, ero morta. E in un modo che non avrei mai immaginato.
«Benvenuta nella tua nuova vita» riconobbi quella
voce, fredda
e soddisfatta, era la stessa del ragazzo della sera prima –o
si presuppone
fosse la sera prima.
È
comico pensare di
morire, un giorno, con i capelli bianchi e il viso increspato dalle
rughe di
vecchiaia, magari in un letto d’ospedale o in una sedia, o in
piedi, e poi
raggiungere i tuoi cari in Paradiso…
E invece
morire a
sedici anni e tornare a vivere come anima dannata, priva di un futuro.