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Autore: BigMistake    18/07/2010    2 recensioni
Dal Prologo: "Un nano ed un elfo, in groppa allo stesso destriero. Definire tale cosa rara, sarebbe soltanto blasfemia. Eppure successe alla fine della Terza Era, quando la Quarta albeggiava altisonante sulle teste della Terra di Mezzo. [...] Proprio in quel viaggio conobbero, a caro prezzo un popolo nascosto, Gwath - Ombre, venivano chiamate, e si mostravano come spettri nella notte. Mai avevano agito al di fuori delle loro terre, ma i tumulti che avevano scosso Mordor e tutti gli abitanti delle Terre dell’Est, ovviamente le avevano costrette a “cacciare”, se così possiamo definire la loro una caccia, ben oltre il loro piccolo recinto fatto di alberi e oscurità." Sarìin, il bardo racconta una storia agl'avventori di una taverna, i cui protagonisti presero parte alla Compagnia che salvò la Terra di Mezzo da un'imminente fine. Grazie per la vostra attenzione e buona lettura!
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gimli, Legolas, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO  XV: Al cospetto del Re. 

Il tempo passava inesorabile e di quello che era poco se ne era sommato altro. Thranduil osservava il regno dal suo palazzo con il cuore colmo di tristezza: vedeva i grandi faggi ricadere sul fiume barcollando al soffio del vento, gli elfi distribuirsi fra le loro abitazioni fatte di legna e pietra e le loro grandi opere incuneate nella natura, quasi fossero a completamento della stessa senza deturpare il magnifico aspetto spontaneo, delle gemme incastonate in un disegno più ampio del suo. Gli aveva solo donato splendore e reso un luogo accogliente per un popolo libero, aveva lottato per renderlo idilliaco ed in pace ed ora si sarebbe trovato sperperato. Suo figlio, il suo unico figlio, non voleva il trono che gli spettava, non desiderava ricevere le chiavi del regno che gli stava porgendo. I suoi occhi si protrassero ben oltre, raggiungendo il confine che si stanziava poco sotto l’orizzonte. Il crepuscol  veniva assottigliato da cumoli nebulosi come esili lame di ceramica, mentre Arien stava conducendo dall’altra parte del mondo il Caparbio e presto Tilion avrebbe raggiunto il posto che prima era stato occupato dalla fulgida luce dorata del frutto di Laurelin, donando loro quella argentea e pallida del fiore di Telperion. I suoi pensieri erano oscuri e pieni di preoccupazione, la sua fierezza ed il suo orgoglio gridavano forti nella sua mente ricordando i doveri di un principe con il suo popolo, di un figlio verso un padre. Non voleva acconsentire a quella che riteneva una follia. Perché costruire un nuovo mondo in Ithilien quando ce ne era già uno che aveva bisogno di lui? E la sua seconda richiesta poi, accresceva l’inquietudine del sovrano.

Quella ragazza, la figlia di Helluin. Sarebbe bastata quella lacrima così brillante, notata a distanza per il suo sfavillio intenso da far impallidire il cristallo a confronto, a comprovare un’eredità inconfutabile. Ma altre cose vi erano a riprova della appartenenza a quella nobile famiglia, i fulvi capelli castani ed ancor di più quelle strane striature negli occhi, caratteristica unica tra gli elfi. Era però combattuto dal concedergli la piena fiducia, un qualcosa bloccava il giudizio su quella fanciulla così particolare. Si era sentito tradito dal padre quando, nonostante l’avvicinarsi delle nozze con Dùhen, aveva deciso di partire e questo non gli permetteva di elargire il consenso a quell’unione. Non ne rimase invece sorpresa la cognata, conosceva bene il suo elfo e sapeva anche l'impossibilità di incatenarlo, caparbio e sconsiderato com’era. Aveva persino disubbidito ad un ordine diretto del suo Re, che suo in realtà non era mai stato, lasciando il Bosco Atro con un solo biglietto d’addio. Le sue notizie erano state recapitate per quattro anni a seguire con cadenze regolari, informavano di quello che stava succedendo nella parte più orientale del Rhovanion. Quando però un giorno un sogno scosse il sonno di Dùhen, il bosco si ammutolì, persino le acque dei turbinosi fiumi stanziarono come se appartenenti ad un bacino occluso. E da quel sogno, acceso durante una notte d’Estate, Dùhen non ne uscì e ne rimase intrappolata. Con il cuore in frantumi si lascio avvizzire tra le foglie del bosco, come se sapesse che Helluin l’aspettasse sotto la luce dell’argentea lanterna delle Aule di Mandos. Il Fato con un sadico ed avverso gioco aveva condotto proprio Legolas a quella fanciulla. Figlia dello sporco, vile e traditore. Spazzò via tutti gli oggetti sul suo scrittoio, sfogando la rabbia cresciuta nella sua mente. Era furioso perché la scelta che aveva di fronte l’avrebbe comunque condotto ad un allontanamento di Legolas, con o senza il suo consenso.

“Heruamin …” la voce della sua sposa fu solo un sospiro. Il Re spostò lo sguardo su di lei, pallida ed eterea osservava stupita il caos creato dall’impulso iracondo di Thranduil. L’inchiostro gocciava dallo scrittoio sulle carte riversate in terra, il rumore che provocava era assordante per le orecchie sensibili del conturbato elfo. Aurehen comprese immediatamente i tumulti del suo Re, avanzò con grazia nella stanza quasi non toccasse il terreno su cui camminava, prese il calamaio e lo sistemò in modo che non lasciasse cadere il  nero sul bianco. Rimase in silenzio, ferma davanti a lui osservandolo intensamente negl’occhi, quegli stessi occhi che prima con severità l’avevano posto di fronte ad una scelta.

“Aurehen, non mi guardare così!” cercò di distogliere lo sguardo, ma gli risultava difficile quando era capace di penetrarti e scavare in fondo.

“Quali sono i tuoi dubbi, mio Re?” chiese allora con dolcezza Aurehen.

“Già li conosci i miei dubbi!” fu la sua risposta brusca. La Sovrana sollevò una mano portandosi ad un passo da lui e fece scorrere i polpastrelli leggeri sulla fronte, scendendo poi sul profilo della gota fino a posare il palmo sotto la mascella.

“Non leggo nel pensiero …” rispose sempre più pacatamente. La sua voce era dotata di un forte potere calmante per chiunque l’ascoltasse, ma il suo Re era quello che risentiva di più di quell’armonia di suoni provenienti dalla bocca dell’elfo. Il petto si riempì d’aria, gonfiandosi come vele al vento, si svuotò un istante dopo con un sospiro carico di apprensione.

“Ma sai leggere nelle anime …”

“Hai quindi qualche domanda da pormi, Thranduil?” al quesito di Aurehen il Sovrano prese le mani della Regina tra le sue. La pace che accompagnava la sua presenza era in forte contrasto con quell più furastica e adirata dell'elfo.

“Cosa hai letto in quella ragazza?” Aurehen sorrise teneramente, sapeva che dal momento in cui l’aveva vista non aspettava altro che quella risposta.

“Non posso dirtelo, mio Re!” strinse le sue mani senza provocarle dolore ma evidenziando il suo dissenso.

“Perché?” chiese con un lampo furioso negl’occhi grigi.

“Perché se vuoi guardare in lei, dovrai avvicinarti tu stesso. Non puoi cercare scorciatoie Thranduil …” ed ancora quelle iridi cerulee lo guardavano come se cercassero qualcosa, inseguivano quei ragionamenti tormentati, li prendevano, li capovolgevano. “Na melethron! | S - È innamorato!| ” affermò più sicura. Si fidava troppo di Aurehen per non contraddirla e quel suo dire fu come una lancia nel petto. L’amore sincero confermato dalla Sovrana equivaleva alla perdita del figlio, non avrebbe mai rinunciato a perseguire i suoi scopi. Conosceva Legolas proprio perché in lui rivedeva il tenace giovane Thranduil, colui il quale non si fermava davanti alle difficoltà, anzi le surclassava e affrontava a faccia aperta persino nemici più grandi di lui. Quindi era quello che si prospettava ad essere per il proprio figlio, un nemico. Un nemico che non voleva quell’unione, un nemico che non voleva benedire le scelte del frutto dell'amore con Aurehen. Si girò di spalle tornando ad osservare l’esterno, aveva bisogno d’aria dopo il senso opprimente che aveva assunto quella situazione. Si sentiva come un topo in una stiva di una nave, intrappolato tra una cassa sganciata ed una parete. Immobilizzato attendeva la sua fine, che al primo scossone avrebbe sicuramente schiacciato tra i due legni.

“Come puoi dirlo così serenamente?” sputò con sgarbo quasi.

“Amin tirn … | S – L’ho visto … | ” quello che invece si poteva avvertire dalla voce di Aurehen era assoluta devozione, come se stesse rievocando vecchie rimembranze. “Ricordo uno sguardo simile solo quando era bambino Thranduil. Cominciavo a perdere la speranza che Legolas potesse provare un sentimento così puro e nobile.” disse con trasporto  “Invece, dopo due anni, in cui temevo anche solo di rivederlo, è qui, innamorato e felice come mai lo avevo visto. Ringrazierò sempre i Valar per questo immenso dono fatto, con la figlia di Helluin poi. Non potevamo avere auspicio migliore ...”

“Proprio tu che dovresti nutrire del risentimento per la morte di tua sorella, approvi tutto questo. Quella ragazza è stata concepita dal promesso sposo di Dùhen con chissà quale misera donna e non stai battendo ciglio. Perchè invece di appoggiarmi sei contro di me. Non hai forse paura che Legolas stia sbagliando in questa sua scelta?” chiese con un filo di voce.

“È quindi questo che temi Heruamin? Che Tirînir possa ripetere gli sbagli del padre addolorando Legolas?” rispose sempre con una calma innaturale per il Re.  Mio signore, le colpe dei padri non possono ricadere sui figli ...” un lieve segno di tristezza colmò in quella discussione Anche se la somiglianza è impressionante, lei non è Helluin mio Re.” Thranduil si sentì schiacciato dalla grande saggezza di Aurehn, il topo aveva ricevuto il sobbalzo definitivo ed era stretto tra il muro e la cassa. Ma come se non fosse stat sconfitto a sufficienza, la Regina rincarò: Io non sono contro di te, non potrei mai e lo sai bene. Ma non voglio che ti faccia accecare dall'affetto che provi per Legolas. Ti farò una concessione, Thranduil. Ho parlato con lei sire, l'ho aiutata a lavarsi, ho visto le sue cicatrici e non solo quelle fisiche che contrassegnano il suo corpo con battaglie e dolore, ma anche quelle dell'anima. Ho letto sofferenza tanta e sconfinata, molti dolori costellano la sua anima, ma sta guarendo e questo grazie a nostro figlio e al suo amore.”

“Vuoi quindi che acconsenta alle sue astruse richieste, Arweamin?” chiese sotterrando con quella domanda le armi. Aurehen s'avvicinò alle spalle del Re, che non aveva il coraggio di girarsi ed affrontare gli stessi occhi del figlio disegnati però sul volto diafano della moglie. Invece ella prese con delicatezza la sua spalla e non impresse alcuna forza, perché solo quel gesto fu in grado di farlo tornare verso di lei.

“L'unico modo per perdere tuo figlio sarà non dandogli la giusta fiducia!” Thranduil si perse nello sguardo della moglie ed in lei ricercò la stessa forza che palesava nelle sue imprese.

“Lei è così giovane, troppo per lui!” quella nuova tesi non convinceva nemmeno chi la proferiva, era solo il modo per tentare di concludere con l’ultimo appiglio a proprio favore, l'ultima spiaggia che però non riuscì a far approdare la moglie tra le sue convinzioni.

“Ha mai contato per noi il tempo, Thranduil, nei periodi di pace? Il poco o il troppo sostengono realmente l’avversità che nutri per questo matrimonio e la felicità di tuo figlio, soprattutto quando l’aspettativa diventa eterna? Esiste quindi un limite a quello che sembra illimitato? Forse, mio Re, dovresti provare a conoscere quella ragazza. C’è un qualcosa in lei molto più di quello che appare, non so come spiegarmelo perchè mai ho assistito a qualcosa di simile.” non bastavano gli occhi, anche le stesse pretese dovevano trovarsi su quelle labbra così dissimili. “Un  qualcosa di estremamente luminoso, come uno dei fulgidi astri che guidavano la sua famiglia. Non precluderti la possibilità solo perché ciò che volevi non può essere esaudito. Non è il compito di un genitore, quindi il nostro, quello di aiutare i figli?” chiese ad appore fine a quello che era diventato un soliloquio.

“Tuo figlio non vuole il mio aiuto, lo ha apertamente rifiutato. Sto tentando d’indicargli una strada meno tortuosa, più giusta …” rispose ingoiando fiele.

“Per chi più giusta, per lui o per te?” Aurehan lasciò la domanda in sopseso, non aveva bisogno di risposte perchè persino il Re si era ritrovato con le spalle al muro. Condusse lo sguardo all’esterno in basso, dove la natura selvaggia cresceva secondo la magia di quel posto. “Guarda è lì nei nostri giardini, parla con Tirinîr ascolta la sua storia e riuscirai forse a capire cosa vede in lei ... Cosa io vedo in lei …” Prima ancora di fornire il diritto di replica, la Sovrana prese il viso del Re tra le mani e l'inclinò a favore delle sue labbra, posando così un casto bacio sulla fronte. Silenziosa uscì dalla stanza, lasciando nuovamente solo Thranduil con i suoi pensieri. Aveva sempre invidiato le capacità della moglie, per lei era così semplice sapere cosa fare troppo raramente aveva sbagliato nel giudicare il prossimo, eccessivamente difficile ingannarla. Eppure con Helluin era successo, aveva errato nel giudizio di colui che poi aveva tradito il suo popolo, scappando vigliaccamente con la scusa di capire meglio cosa stava accadendo ai confini orientali. Era praticamente di fronte alla sua defezione, la figlia nata da un'unione esterna e non dalla sua promessa. Ma Aurehen aveva pienamente ragione. Che diritto aveva di far ricadere la colpa su quella giovane dall'aria smarrita.

Sembra un cerbiatto spaventato dal cacciatore ... ” disse a sé stesso osservandola mentre tirava fuori degli oggetti da una borsa, seduta su quella roccia scolpita tra i selvaggi giardini del palazzo. Non indossava più gli stracci che aveva dalla sua vecchia vita ora, che il suo corpo era coperto da una calda veste scura dai fini ricami argentati, si avvertiva più presente la sua appartenenza ai Priminati.

Il Re decise quindi di accondiscendere alle richieste della moglie e del figlio. Non avendo occasione migliore, scese lentamente i gradini che lo condussero ai giardini personali della famiglia reale. Adamante se ne stava tranquilla ed assorta, tenendo tra le mani quella che per il Re era una sorta di maschera di cuoio; non era di suo interesse capire cosa portava dalla suo passato con sé, anche se la curiosità poteva aver intaccato il suo pensiero. La lunga ombra dell'elfo si proiettò sulla sua figura, colpendola improvvisamente. D'istinto si spaventò lasciando cadere la maschera in terra per portarsi la mano al petto, reazione che confermò il pensiero di Thranduil sulla timorosa ragazza.

Non volevo spaventarti!” disse il Re inchinandosi per raccogliere il misterioso oggetto. Quando confermò che la forma attribuita in una prima osservazione era esatta, ne rimase sorpreso ma non chiese nulla porgendola elegantemente ad Adamante. La Guaritrice intanto si era alzata in segno di rispetto, con il capo basso.

Legolas mi ha detto che qui viene frequentato di rado, quindi non mi aspettavo che venisse nessuno. Mi dispiace." non osava sollevare lo sguardo. Temeva tremendamente le reazioni degl'altri in un certo senso, per ragioni meno sciocche la sorella in infanzia l'aveva punita accusandola di essere irriverente nei suoi confronti. Il Re iniziò ad avvisare un pizzico di interesse verso quella ragazza così stranamente ossequiosa nei suoi confronti.

In effetti è un piccolo angolo di pace e benessere che ci siamo concessi esclusivamente per noi. ” disse osservando tutt'intorno la magnificenza di quel luogo. La magia che governava quello splendido posto era data dalla fioritura di steli primaverili ed odorosi, tenui fiori si univano alle pareti rocciose e agli arbusti giovanili che si trovavano ad adornarlo. Piuttosto perdonami, ti ho disturbata e magari volevi restare sola.” l'espressione sorpresa della ragazza fu quasi una coltellata al petto per Thranduil. Vide in quelle iridi, che riportavano in vita la particolarità dell'elfo che lo aveva tanto offeso in passato, la fragilità di un fuscello come se con le sue stesse parole potesse spezzarla da un momento all'altro.

No sire, non mi avete disturbata affatto. Stavo solo sistemando le poche mie cose che vorrei conservare ...” disse abbassando nuovamente lo sguardo imbarazzata. Il Re sciolse le mani da dietro la schiena e prese il suo mento obbligandola a sollevarlo, rimanendo ad osservalo per interminabili istanti.

Perché non mi guardi mai negli occhi?” chiese pacato.

“Non vorrei offendervi in alcun modo.” Rispose flebilmente non ribellandosi alla stretta del mento incastrato tra il pollice e l’indice del Re.

“Che genere di offesa ci può essere nell’osservare qualcuno mentre gli si rivolge la parola, a meno che non si abbia qualcosa da nascondere.” L'espressione del viso della ragazza fino ad allora rilassatam mutò radicalmente e si fece tesa e dura. Mal sopportava quell'insinuazione e pose da parte il timore reverenziale nutrito nei confronti della figura autoritaria che aveva di fronte. Spesso la sua schiettezza l'aveva costretta a terribili punizioni, non si abbassava alla consueta omertà delle Gwaith se non dopo che le avevano strappato il figlio dal petto. Nemmeno il Re, padre del suo amato, poteva quindi permettersi di mettere in discussione la sua sincerità.

“Mi spiace deludervi Heruamin!” questa volta il suo sguardo si fissò in quello di Thranduil, con un tocco di sfrontatezza che lo stupì non poco. La stessa ragazza remissiva che non voleva guardarlo negli occhi per non offenderlo, ora invece appariva sicura e combattiva. Uno spirito particolare, capace di grande rispetto ma che ne pretendeva altrettanto. Grazia, dolcezza ma anche polso nel momento in cui era necessario. Almeno quello poteva dedurre ad una prima esanima dei suoi comportamenti. “Non sono una bugiarda ed un'ingannatrice. Se ho proprio una difficoltà è quella di mantenere a bada la mia schiettezza. Non vi guardavo negli occhi perché, dalle mie parti, se un subordinato osa fissarsi troppo a lungo in quelli di un suo superiore senza consenso esplicito, diverrebbe un reato! Questa è stata la mia educazione, non provo vergogna nel guardare nessuno.” il Re rimaneva pensieroso e titubante da un lato, ma soddisfatto dall'altro vedendo come la ragazza avesse il coraggio di affrontarlo apertamente per difendersi. Se prima le sembrava il cerbiatto, era decisamente diventata il lupo che davanti al cacciatore tirava fuori le zanne intimandogli di retrocedere.

Bene, sappi allora che qui puoi mettere da parte la tua vecchia educazione. Da queste parti ...” disse rimarcando le sue due ultime parole. “... gradiamo che gli interlocutori si guardino durante una conversazione.” Voleva sembrare severo ma una risatina increspò le sue labbra, tradendo un certo divertimento in quel dibattito. La ragazza invece appariva perplessa e forse aveva l’impressione di sentirsi in esame. Anzi era sicura che quello fosse un modo di studiarla e nemmeno tanto nascosto. Doveva sembrare davvero un mostro cattivo, per essere ripagata con cotanta diffidenza.

“Oppure sarebbe più opportuno chiedere prima di supporre sire, si eviterebbero spiacevoli complicanze.” rispose immediatamente a tono, dimostrandosi molto arguta e spinosa alla necessità. Di sicuro non le mancava il carattere e questa era una buona peculiarità.

“Non posso che darti ragione, prometto di essere più attento in quel che dico onde evitare spiacevoli complicanze.” spostò lo sguardo su quegl'oggetti posti a riposo e poi tornò alla ragazza. “Quindi , visto il modo un po' acre di chiedere di te, credo che non accetterai il mio invito ad una passeggiata.”

“Non si può conoscere una risposta se non si pone la domanda!” affermò rimanendo ritta, impettita senza mai sbavare con le buone maniere ma con una certa alterazione che cominciava ad essere un po’ troppo urtante. Forse da quella conversazione Thranduil avrebbe appreso molto di più su di lei e sulle ragioni che avevano costretto Helluin a sparire.

“Devo darti ragione anche in questo. Ti spiace farmi compagnia in una passeggiata?”

“Accetto!” disse risoluta sistemando le sue cose nella borsa per portarla con sé. “Non mi piace trascinare inutili discussioni per molto. Si rischia di far diventare un granello di sabbia un deserto.” Thranduil si trovò stranamente d'accordo con i principi della Guaritrice, in fondo sapeva farsi valere ma ancora qualcosa di lei lo allarmava. Camminarono così affiancati per qualche tempo senza parlare. Il Re, in realtà, aspettava che fosse lei la prima a dire qualcosa, in modo da poterla studiare senza farla mettere sulla difensiva come poco prima era accaduto. Ad un tratto la ragazza si bloccò osservando le piante che li circondavano.

“Strano ...” sussurrò più a sé stessa che ad altri.

“Cosa è strano?” chiese Thranduil incuriosito da quel pensiero detto ad alta voce.

“Non è tempo di rose ma ne percepisco il loro profumo …”

“Le mani di Aurehen sanno far fiorire le piante costantemente, come se si ingraziassero la sua benevolenza.” A quell'affermazione la Guaritrice si trovò ad osservare le sue di mani. Forse anche lei possedeva un qualche pregio particolare che le permetteva di guarire gli altri, come la notte in cui era venuta alla luce Ruin di cui possedeva solo un vago ricordo annebbiato. Thranduil la continuava ad osservare ma non osò chiedere cosa stesse pensando, non era in suo diritto subbentrare in maniera eccessivamente invadente nella sua mente. “Se guardi in quell’angolo capirai di cosa parlo!” le sussurrò indicando un piccolo scorcio che dava su di una nicchia scavata nella roccia. Un tralcio di rosa canina si arrampicava sulle sporgenze create dalle intemperie, come fosse inglobato in essa stessa. Teneri boccioli si alternavano a pesanti grappoli di bacche rosse vermiglie e pendevano verso il terreno gravando sui flessibili rami staccati dalla parete.

“Sono bellissime …” la Guaritrice non resistette e sfiorò appena i delicati petali di un ciuffo di rose aperte con le dita. Era così incantata che non si era accorta di dare le spalle a Thranduil, aveva solo seguito la sua voglia di sentire la sensazione di velluto sui suoi polpastrelli. In un certo modo ricordavano la pelle di Legolas, soffice e tesa quando le era capitato di sfiorarla.

“Se ti piacciono le puoi cogliere …” Adamante abbassò il braccio, abbandonando il suo sguardo a terra. Gli occhi si muovevano a scatti, alla ricerca della comprensione di dove stava cercando di condurla il sovrano.

“Perché dovrei?” quindi chiese tornando a guardare il Re voltandosi lentamente. “Per vederle appassire innaturalmente e prima del tempo come hanno cercato di fare con me, sire …” quelle parole colpirono Thranduil fortemente anche se non dava modo di dimostrarlo. “Hanno un loro posto ed è qui, a ridosso di questa roccia per compiere la loro vita come era stata scritta. Ripeto: non si può conoscere risposta se non si pone la domanda. Cosa volete sapere di preciso?” Thranduil era sempre più attratto dalla perspicacia della ragazza, senza dubbio era molto arguta e sapeva come gestire una conversazione che poteva esserle deleteria. La raggiunse sotto un ramo ricolmo di fiori bianchi, che prese fra le dita per osservarle. Quando tornò alla Guaritrice vide di nuovo quello sguardo fiero ed imponente del padre, lo stesso che possedeva nel momento in cui gli diceva di dover osservare più da vicino l’origine per risolvere i problemi del Reame Boscoso.

“Se devo essere sincero non saprei nemmeno io …” disse verso di lei, non scomponendosi in alcun modo.

“Forse invece so dove potreste trovare le risposte che cercate.” Rovistò quel poco che bastava nella borsa ed estrasse il piccolo tomo con la copertina di cuoio ed il legaccio usurato. “Questo non è stato letto da nessun altro oltre che me, vi chiedo solo di renderlo dopo averlo letto è la cosa più cara che ho. ” lo pose fra le mani del Re che non sapeva cosa pensare. Come poteva quello che all’apparenza sembrava un manoscritto, spiegare chi era quella ragazza e cosa era accaduto ad Helluin nei suoi anni di assenza? Adamante lasciò il diario in custodia di Thranduil togliendo le sue mani con una certa reticenza, ma sapeva che quella era la cosa giusta. Voleva lasciare ad Helluin la possibilità di spiegarsi, perchè, da quello che aveva capito, la sua sparizione era costata cara al Re. “Penso che vi serva del tempo, quindi chiedo congedo, mio Re …” disse inchinando la testa verso di lui. Thranduil asserì distrattamente, immergendosi immediatamente nella lettura di quel pregiato cimelio.

 

E giunse la sera. La densa oscurità che percorreva le Terre Brune pareva solo un triste ricordo a quel cielo coperto dalle mille stelle. Nell’estremo settentrione vi era Valacirca, il Falcetto dei Valar con le sue luminose sette stelle monito dei servi corrotti e speranza per i popoli liberi, la grande rimostranza della potenza della luce sulla tenebra. Poco più a sud della volta celeste si distendevano le splendide ali di Wilwarin, mentre in alto, nella parte orientale, si sollevava la nube opalescente di Remirath e Borgil dall’alone caldo e rubino. Ma scendendo con lo sguardo, proprio sulla linea dell’orizzonte vi si trovava lo Spadaccino del cielo, Telumethar, seguito da Helluin ed il suo fuoco blu e bianco, lo stesso fuoco che brillava nel padre e poi nella figlia. Legolas stanziava nelle proprie camere a rimirare il cielo, con le mani distese lungo una balaustra, quelle stesse stanze che aveva lasciato per informare Granburrone della fuga di Gollum a cui seguì il lungo viaggio che non sto qui a raccontare. Rimaneva in silenzio ad osservare lo splendente bagliore della stella che finalmente poteva ammirare. Se solo avesse avuto il consenso del padre non avrebbe aspettato oltre: sotto quella coltre luminosa, esattamente come lui ammirava ora le fatiche di Varda, le avrebbe indicato la stella splendente che tanto a lei premeva di conoscere ed avrebbe finalmente chiesto la sua mano. La risposta che più attendeva, la risposta che più lo terrorizzava sicuro dei sentimenti della Guaritrice, ma con la paura che proprio lei potesse rifiutare di avere obblighi nei suoi confronti.

“Helluin, maebenna i erthad mîn … | S – Helluin, benedici la nostra unione … | ” Non vi era padre e famiglia a cui potersi rivolgere se non nelle preghiere confessate alla notte, affidandosi soltanto a quel bagliore che di lontano osservava Arda, posto ai confini del mondo dalla grazia di Elbereth.

“Heruamin.” La voce di un servo lo riscosse dal sogno che stava facendo il Principe, nella speranza che le sue richieste venissero accolte da chi poteva assisterlo. “Darthar i tolled dîn. | S – Attendono il vostro arrivo! | ” Asserì con un cenno della testa verso chi l’aveva distolto, per seguirlo poi. Era distratto ed assente tanto che no si accorse di Aurehen mentre usciva da una delle stanze che costeggiavano i corridoi. Gli andò incontro allargando le braccia verso di lui.

“Dant le, hên nîn! | S –Ti aspettavamo figlio mio! |” disse stringendolo in una delicata morsa, dimostrando in ogni momento quanto affetto di cui era capace.

“Mi aspettavate, naneth?” chiese Legolas sciogliendosi da ella, accogliendolo poi con un ampio sorriso che esponeva una piccola parte dei denti bianchi. Dopo una carezza posata come un petalo sul pelo dell’acqua, la Regina portò il suo sguardo alle proprie spalle.

Aurehen aveva preso sotto la propria protezione la fanciulla, accogliendola benevola come una sua stessa figlia. Era sinceramente rimasta incantata dalla sua forza e dal suo spirito così combattivo, di certo utile con chi conosceva talmente bene da averne una doppia esperienza. Non solo, in lei spiccava gentilezza dei modi, quell’infinità bontà che aveva visto attraverso la sua stessa anima. In essa vi erano altresì ferite e cicatrici aspre, grondanti ancora del veleno che avevano inflitto, segni indelebili che l’avevano costretta ad andare contro la sua stessa natura, invecchiando precocemente come un’umana. Giovane sì, comunque dalla tempra forgiata come una millenaria discendente dei Laiquendi, elfica stirpe da cui il padre proveniva.

Era una visione agl’occhi dell’elfo. Nel velluto nero con ricami d’argento ed intarsi del colore dello smeraldo risaltava l’incarnato niveo del suo collo, la bellezza della sua Tirinîr rendeva fioca persino la lucentezza del diadema d’argento intrecciato tra i suoi capelli adorno di perle d’onice e foglie intarsiate d’oro. Quello che più lo colpì però erano le iridi castane sfavillanti per quanto fossero caldi ed intensi i suoi colori, sbocciati finalmente nell’infinita beltà degl’Eldar. Legolas era abbacinato dallo splendore emanato dalla fanciulla e si affrettò a raggiungerla, con l'urgenza di chi aveva bisogno di starle accanto in ogni momento. Quasi l’intero giorno era passato senza poter ammirare quella piccola figura a lui tanto cara ed ora era come se si fosse ricongiunto ad un suo arto staccato, aveva trovato quel pezzo mancante della sua esistenza.

 “Leithon vanim mannen calad ed êl, naa hammol, Tirînir! | S – Sprigioni bellezza come luce da una stella, sei abbagliante Tirinîr! | ” piegò il busto in avanti mentre pronunciava queste parole, approfondendo un inchino devoto verso il suo fiore d’inverno. Ma non era l’unico ad essere rimasto incantato: Tirinîr era impietrita, dimentica del modo in cui doveva adempiere al bisogno d’aria, con labbra socchiuse e occhi stupiti, rapiti dal suo principe. L’aveva visto sempre in vabiti da viandante, con mantello e casacca, seppur di fine fattura, comoda. Nelle sue vesti ufficiali veniva risaltata quell’eleganza raffinata, i bei lineamenti marcati da una signorile corona a fasciare la testa composta da nastri argentati, più semplice di quella della fanciulla ma con gli stessi particolari. Quando risollevando il busto i loro occhi si incontrarono, la Guaritrice si costrinse a muovere le palpebre e, riconoscendo poi le parole adulatrici dell’elfo, tinse le sue gote di un bel velo rosato che la rese ancor più incantevole alla vista di Legolas.

“Mi lusinghi, ernil …” sussurrò inclinando la testa in un leggero inchino. Aurehen era contenta di poter osservare una tale devozione da parte di entrambi ed era sempre più nitido ciò che aveva già letto in loro. Quello era amore, il più puro e dolce che avesse mai visto. Se non ci fossero stati i loro cuori impazziti, sicuramente sarebbero stati quegli sguardi languidi e trasognati a parlare per loro o il semplice sussulto che prendeva le labbra della Guaritrice ogni qual volta si rivolgesse al figlio. E quel piccolo tarlo ribelle poi che se ne stava sopito in un angolino riposando in pace per la quiete raggiunta, la rendeva praticamente perfetta per lui. L’aveva visto grazie al suo dono, ma lo sentiva grazie al suo istinto di madre.

“Non credo che il banchetto possa iniziare senza gli invitati d’onore, Legolas!” una voce familiare giunse alle loro orecchie. Il Re Thranduil li aveva raggiunti, mostrando austerità in vesti sfarzose nella sua alta imponenza. I suoi occhi grigi puntarono immediatamente a Tirinîr, mentre avanzava seguito di pari passo da alcuni servi. “Ti dispiace se accompagno io la tua Dama nella sala?” chiese poi verso il figlio, che esternò il suo consenso con un sorriso.“Sempre che lei sia d’accordo.” Adamante non sapeva che pensare. Non negò il braccio del Re ovviamente, ma fu quasi titubante nell’afferrarlo convinta sicuramente da Aurehen che invece si trovava a prendere quello di Legolas. Le due coppie camminavano in colonna con il Re e la Guaritrice in testa, non avanzavano di fretta piuttosto Thranduil sembrava quasi voler rallentare ad ogni passo.

“Credo di doverti delle scuse, Adamante!” disse continuando a guardare avanti. La ragazza era sorpresa dell’uso del suo vecchio nome, non lo sentiva più da quando aveva lasciato la Taur en Gwaith e questa era la prima volta che si scontrava apertamente con quell’appellativo. Quello però era l'indice dell'avvenuta lettura da parte del Re del diario di Helluin, quindi non chiese nulla a riguardo.

“No, non dovete …” cercò invano di intervenire ma venne interrotta da un gesto della mano del Re, la quale si posò su quella  della fanciulla, segno di sincero affetto.

“Invece devo chiedere scusa a te e a tuo padre per aver dubitato della vostra buonafede. Sono stato ingiusto ed ho elargito troppe sentenze non avendo a portata di mano nulla a conferma della mia teoria. Ho guardato alla situazione con occhi diversi grazie alla lettura del diario di Helluin e alle pagine infine scritte da te, mi hanno, come dire, illuminato. Ora il mio cuore e la mia mente hanno trovato tante risposte, quello che è successo a tuo padre, l’inganno il suo tentativo di salvarti, poi le tue di memorie che subentrano alle sue è stato doloroso per me. Ma è molto più doloroso pensare come ti avevo giudicato sapendoti sua figlia, senza conoscerti peraltro. Sono stato uno sciocco, ma avevo le mie buone ragioni. Vedendo come la Regina sia stata conquistata da te immagino che ti abbia detto già che Helluin era il promesso di sua sorella … ” la ragazza si voltò in direzione di Legolas e Aurehen, distanziavano i due di parecchio nonostante l’andatura fosse molto più che lenta.

“Mi ha accennato appena alla vita di mio padre qui.” Disse poi tornando con l’attenzione al Re.

“Ti ha parlato per caso della reazione di Dùhen a quello che sembrava il suo abbandono.” Adamante si trovò a negare con una appena percepibile no. “Ebbene si è lasciata andare nella foresta, si è accasciata al suolo ed il suo corpo è diventato un tutt'uno con il bosco.” la Guaritrice si ammutolì all’istante, abbassando lo sguardo in una contemplazione pensierosa del suolo che precedeva i suoi passi. “Come immaginavo, Aurehen è fatta così non ama leggere nel prossimo la sofferenza. Sicuramente in te avrà visto qualcosa che l’ha spinta a non parlare della morte di Dùhen. Sono stati giorni duri per il Reame Boscoso, non è mai piacevole quando uno di noi non regge al dolore. Il lutto tutt’ora brucia come fiamma viva e molto pesantemente su di me, soprattutto perché ha colpito la mia sposa. Questo mi ha spinto a giudicare tuo padre e spero molto nella tua comprensione quando ti chiedo ancora di accettare le mie scuse.” Il petto di Thranduil si alzò visibile persino dagli strati di stoffa che lo coprivano, emettendo un sospiro. “Suvvia Adamante, non era mia intenzione impensierirti. Quello che è stato ormai non possiamo mutarlo, quindi ti prego dimentica la tristezza cercando di perdonare un povero vecchio elfo, che ama troppo la sua famiglia ed esagera nel volerla proteggere.”

“Per me e finito tutto nel momento in cui avete letto e apprezzato il diario di mio padre, accantonando così i vostri pregiudizi. Quindi grazie per averci offerto una possibilità, mio Re. Sono sicura che anche Helluin ve ne è grato.” La fanciulla non osava alzare il viso, incupita da un lato per aver percepito il dolore causato dalla sua venuta al mondo, rincuorata per essersi definitivamente riconciliata con il Re.

 “Non sai quanto tu mi stia rendendo felice, iell nîn | S - figlia mia| !” l’improvviso arrestarsi di Thranduil attirò definitivamente l’attenzione della ragazza su di lui, che intanto cercava il suo sguardo con un sorriso dolce e comprensivo nei suoi confronti. In realtà la Guaritrice era molto sopresa per il gran cambiamento avuto in così poco tempo e poi quell'ultimo appellativo era risultato irreale alle sue orecchie. Ne era rimasta stordita, voleva ringranziare ancora ma il Re la precedette, accarezzando ulteriormente la sua mano ancora adagiata sul braccio vigoroso di Thranduil. “Cancella quindi ogni traccia di malinconia, mia cara. Non vorrai forse che mia moglie e mio figlio mi redarguiscano davanti a tutti gli elfi del Reame per averti intristito in un giorno di festa?” chiese con un velo ironico a caratterizzare la voce. La ragazza sorrise di risposta, lasciando così trapelare tutto lo splendore del suo viso nella serenità. “Basta indugiare, sarà meglio affrettarci a fare gli onori di quella che spero reputerai la tua casa.” Sì, miei signori, il Re le aveva appena offerto la sua casa e finalmente, la nostra beneamata Guaritrice, si ritrovò in un luogo a cui sentiva di appartenervi.

 

La sala del trono era stata resa più sfarzosa, con ghirlande di fiori e ricchi tavoli imbanditi di ogni leccornia. Il sapore prelibato del cibo veniva irrorato da pregiato vino invecchiato ed idromele solleticando le papille gustative, dolcissimi canti e una soave musica dei liuti dilettava invece l’udito. Molti elfi eleganti e bellissimi erano accorsi a festeggiare il ritorno del loro Principe, ma soprattutto la presentazione di una nuova appartenente al Reame Boscoso: Helluiniell Tirinîr Envinyatarë, quello il suo nuovo nome ad indicare l’inizio della sua vita come elfo, la figlia del nobile Helluin di cui, da quel momento in poi, era concesso ricordarne l’esistenza ritornato ormai fra le grazie dei Sovrani. Thranduil quella stessa sera accettò le richieste del figlio, a patto che rispettasse nei limiti del possibile le tradizioni del matrimonio coinvolgendo la sua famiglia nei preparativi. Solo dopo il giusto tempo sarebbe potuto partire per l’Ithilien, lasciando aperta a sua discrezione le decisioni per quella colonia. Questo avrebbe dovuto far tranquillizzare l’elfo che invece si scoprì sempre più agitato. I festeggiamenti erano ancora vivi all’interno quando Legolas aveva chiesto a Tirinîr di seguirlo nei giardini, resi ancor più belli dalla penombra creata dalla luce delle stelle. Le aveva dato appuntamento in quell’angolo, dove poche ore prima era avvenuto il confronto con Thranduil. Le rose canine sembravano ancor più candide e profumate all’umidità crescente che si condensava nella precoce rugiada, illuminando come lacrime iridescenti i petali delicati. Uno si staccò dalla corolla andando a posarsi sulle dita distese di Legolas, poste sotto l’arco creato naturale tra la roccia.

“Legolas, tholtanneg nin? | S – Legolas, mi cercavi? | ” il principe si voltò verso la melodiosa voce che teneva nel suo cuore. Ricordava bene ogni istante della sera appena passata in maniera così gioviale da non poter credere di aver vissuto tante brutture: ricordava il momento in cui timida si era quasi rannicchiata accanto a Thranduil mentre entravano nella Sala, quando era stata presentata come Tirinîr e non come Adamante la Guaritrice, nome che ormai non le sarebbe più appartenuto e teneva molto bene a mente quando la sua voce si era unita nelle arie riecheggianti ancora tra gli astanti.

“Sì Tirinîr, devo parlarti …” quella strana serietà che aveva colto l’elfo rese la Guaritrice agitata. Legolas lesse in lei quello stato dall’avvicinarsi delle fulve sopracciglia al centro della fronte. Avanzava inquieta verso di lui scrutandolo con i suoi occhi indagatori, le mani si tormentavano sul grembo contorcendo le dita nervosamente ed aveva persino preso a mordersi rabbiosamente il labbro inferiore.

“È successo qualcosa?” chiese con voce tremula. Il Principe prese le sue mani negando e lei sussultò al suo tocco dolce e delicato, reagendo quasi immediatamente nel tranquillizzarsi. Accarezzava il dorso teneramente osservando di tanto in tanto i suoi occhi ancora coperti da una coltre d’incertezza anche se il viso era più disteso.

“Sei bellissima …” quel flebile bisbiglio era stato sufficiente ad imporporare le guance della fanciulla che con un lieve imbarazzo cercò di ribattere.

“E mi hai fatto prendere tutta questa pena per un complimento già fatto?” Legolas non rispose ma decise di sfiorare il viso della Guaritrice  con una carezza. “Perché mi hai chiamato in disparte?” chiese sempre più incuriosita da quello strano comportamento. L’elfo prese aria cercando d’infondere in sé il coraggio necessario per quella domanda che lo tormentava da quando aveva deciso di chiedere la sua mano.

“Tirinîr, so che è trascorso solo un giorno ma come ti trovi qui?”

“Se devo essere sincera …” rispose sospirando come a rilasciare un peso. “… troppo vestita!” affermò poi accennando ad una risata a cui seguì l’elfo. “Perdonami ma non sono abituata a tutta questa stoffa addosso, anche se devo ammettere che con questo clima è decisamente l’abbigliamento più adatto …” lasciò che le loro lievi risate scemassero per riprendere poi il discorso da dove si era interrotta. “Disagi delle vesti esclusi, comunque posso affermare di sentirmi a casa. Strano a dirsi dopo l’accoglienza ricevuta da Haldir e dal Re, però è come se finalmente avessi trovato il mio posto. Il mio cuore è in pace e la mia mente si sente più leggera, in realtà credo che sia anche grazie a te che mi sento così.” per l’elfo quella notizia divenne una spinta ulteriore alla spaventosa domanda che doveva porle. Nemmeno sui Campi del Pelennor aveva avvertito quell’assurda paura di fallire, forse perché in quella situazione c’era in gioco molto di più che un semplice sì o no. Quella risposta avrebbe finalmente posto la parola fine alla ricerca del vero amore.

“Amin mela lle, Tirinîr! | S – Ti amo, Tirinîr! | ” e la voce dell’elfo si strozzò in gola.

“Amin mela lle, Legolas!| S – Ti amo, Legolas! | ” rispose beata la ragazza. “Ora sarà meglio rientrare o rischiamo che tuo padre richiami l'intero corpo di guardia per cercarci!” stava per trascinare il Principe verso l'entrata del Palazzo ma lui la trattenne accanto a sé.

“Aspetta …” le disse prima di portarsi alle sue spalle. Le sue labbra con un soffio caldo si posarono accanto all’orecchio della ragazza, che ebbe un brivido sentendo il fiato di miele dell’elfo lasciarle una scia sul viso. “Tirig i menel, melamin … | S – Osserva il cielo, amore mio … | ” le mani ora si adagiarono lievi sulle spalle della fanciulla che iniziò ad respirare freneticamente, troppo emozionata all’intuizione che aveva avuto su ciò che le voleva mostrare il suo amato. “Tirig na harad, am rain-en-ringorn … | S – Guarda a Sud, verso l’orizzonte [lett. limite del cerchio , derivato dal greco] …  | ”

“Mas? | S – Dove [è]? | ” le parole le morirono in gola, non sapeva che dire nella ricerca disperata di quella stella.  La voleva trovare solo per sentirlo ancora vicino, quella voce tanto amata che nei suoi sogni la sentiva costantemente, il suo monito alle azioni sciocche di una bambina troppo vicina al ruscello, la spiegazione su quell’albero e il suo canto per farla addormentare. Legolas si perse nell’osservare quegl’occhi ricolmi di umori e ricchi di luminose gocce latitanti agl’angoli pronte a scendere. Sentiva poi il suo cuore aumentare i battiti pieni del sentimento felice e nostalgico che stava provando ogni istante in crescendo, avrebbe voluto poggiare il palmo sul suo petto per assaporarne con il tatto le ripercussione feroci se solo non fosse stato sconveniente e si applicò quasi una violenza nel non farlo.

“Tirag limwain gîl, tanha lhûnrind? | S -  Vedi la stella più luminosa, quella con l’alone azzurro? | ” chiese quasi a sfiorarle il lobo. La fanciulla portò le lunghe dita a coprire la bocca, cercando invano di trattenere la commozione. Un lieve singulto la fece sussultare proprio quando una debole lacrima brillò sulla perlacea pelle del viso. “È Helluin  … ”

“Adar …” sospirò non trattenendo più il pianto, tre gocce bianche scesero cedendo al loro stesso peso. La particolare consistenza era così evidente, era come se dentro ognuna di esse si sprigionasse l’essenza della luce. Legolas si meravigliò di quello spettacolo offerto, ma ancor di più del riflesso bluastro di Helluin nelle sue iridi scure. Era una tela dipinta dal più grande maestro d’arti quella che poteva rimirare attraverso gli stessi occhi che l’avevano fatto innamorare, riproduceva, se possibile, con ancor più splendore la magnificenza della stessa stella. Fu allora che il coraggio si fece ancor più presente, era quindi giunto il momento di rivelarle il suo tormento.

“Sposami Tirinîr …”

 

Quanto ardore, miei signori, e quanta passione l’elfo ha messo nella sua dichiarazione, finalmente però ha trovato il coraggio per chiederla in sposa. Thranduil è stato convinto e la Regina ha subito avvisato lo spirito della ragazza. Adamante è diventata a tutti gli effetti Tirinîr ed ora il suo vecchio nome verrà dimenticato. Ma lei miei signori non ha ancora risposto quindi vi lascio al dubbio cari amici: qual sarà la decisione della Guaritrice? Sposerà il suo principe?

Note dell'autrice: Buonasera!!! Che ci faccio qui il sabato? niente sono uscita ieri e oggi volevo scrivere così eccomi qui. Allur abbiamo alcune precisazioni da dover fare.

D'ora in poi Adamante ha perso il suo vecchio nome, dal momento in cui il Re l'ha accettata lei si chiamerà Helluiniell Tirinîr Envinyatarë . La scelta dei tre nomi non è casuale. Come Wikipedia docet di solito un elfo aveva tre nome: quello paterno, quello materno e l'epessë, ovvero il soprannome. Helluiniell = nome paterno (figlia di Helluin) Tirinir = nome materno (una sorta di riferimento ad Adamante visto il significato della pietra preziosa per Gwaith) ed Envinyatarë = epessë.

Per le tradizioni del matrimonio lasciatemi dire che ne sapremo di più, più in là e ci saranno tantissime sorprese.

Spero di aver reso giustizia alla figura del Re e  a quella di mia esclusiva proprietà della Regina. Thranduil è un personaggio particolare e secondo me anche, permettemi il termine, un gran peperino con quel suo carattere molto sulle sue, e quindi ci vedevo bene accanto una persona molto riflessiva che aveva la capacità di leggere nei cuori, insomma il suo complementare. Il fatto che Legolas nel iSdA non si fermi alle semplici apparenze con Gimli mi ha fatto pensare ad un eventuale ereditarietà materna visto come alla fine il Re si era comportato nel Lo Hobbit con i nani. Non so spero che comunque apprezziate.^^

Ed ora non tiratemi i pomodori perchè ho interrotto la risposta di Adamante, era anche per lasciarvi un pochino con il fiato sospeso. Il momento ho cercato di dargli una parvenza di magia ed incanto, molto romantico per come l'ho immaginato. Ditemi se mi sbaglio ...^^

Elfa: Ben tornata! ^^ sono contenta che la storia sia ancora viva come si suol dire, ma chi mi conosce sa che sono capace di incasinare anche le cose più semeplici. Bhè si i genitori complicano sempre tutto, ma di solito cercano sempre di agire per il bene dei figli anche se possono sbagliare anche loro. Si sa che gli orchi non sono dei saggi discernitori dei momenti, eh eh. ^^ Comunque non credo che sarebbero arrivati a tanto Leggy e Ady per dei motivi che spiegherò con il matrimonio più in là. Come volevasi dimostrare ho incasinato pure la faccenda parentele, ponendo questo paletto strano della zia di Legolas. Sinceramente mi serviva per caratterizzare Aurehen, lei che dovrebbe avercela di più con Helluin invece non se la prende a differenza di Thranduil che invece s'infuria per averla vista soffrire. Spero di poter avere un tuo commento anche su questo ma cher! Grazie sempre di tutto!

Thiliol:  Che dirti mell nin! Sicuramente un mega GRAZIE, così per ricordarti sempre di quanto sia grata per il tuo appoggio e la tua estrema attenzione. Sono contenta che abbia apprezzato l'incontro con Haldir, in effetti l'ho scritto ispirata a quello della Compagnia a Lothlòrien (io scrivo di questa storia con libri e dizionari alla mano sembro un pazza muhahahah!). Devo ammettere che ho un debole per Haldir, non lo so mi è sempre piaciuto. Ora attendo il tuo giudizio sul tuo personaggio preferito e sulla signora che gli ho appioppata con tanta libertà!^^ Suilad mellon nin!

RINGRAZIO SEMPRE TODOS!

Vostra Malice

GRAZIE A THILIOL HO CORRETTO LA FACCENDA DEI NOMI. GRAZIE SEMPRE PER LA VOSTRA PAZIENZA!!!^^

   
 
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