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Autore: Ashbear    19/07/2010    0 recensioni
Rinoa e Squall. Una storia per tutti coloro che non avrebbero mai voluto che la storia d'amore finisse. Nella buona e nella cattiva sorte, questa storia segue i primi quattro mesi della loro relazione. È il viaggio della scoperta, il viaggio che insegna.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rinoa Heartilly, Squall Leonheart
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo VIII: Un tempo per parlare - Parte II ~

23 aprile – 12:08

La nebbia le pesava, opprimente, sulla pelle. Le ricopriva il corpo, come una spettrale coperta. Rinoa aprì gli occhi per ritrovarsi in piedi in un denso mare di nebbia. I duri contorni delle lapidi occupavano l'orizzonte vicino, e l'incostante luce lunare le offriva illuminazione bastevole solo a farle capire dove si trovasse. Conosceva quel posto troppo bene... maledettamente troppo bene.

I polmoni di Rinoa le ricordarono entro breve che doveva respirare; rispose riluttante all'invito. Incrociò le braccia sul petto, stringendosele forte al corpo, mentre l'ansia mista alla paura le faceva correre un fiotto d'adrenalina nelle vene. Il tacco della scarpa affondò nel terreno fangoso, e un terrore ignoto le esplose nel corpo. Fece un altro passo esitante verso le lapidi, contrastando l'agitazione che aveva dentro. L'aria sembrava insolitamente stagnante, e le rendeva i respiri difficoltosi e profondi. Le ricordava gli incubi che aveva da bambina. Trattenne appena il respiro quando lesse il nome sulla prima lapide. Non poteva più avversare la forza di gravità: si ritrovò a crollare sotto la pressione del suo stesso peso.

Perché... perché si trovava lì?

Mani incerte tracciarono il taglio del nome di sua madre inciso nella pietra, ogni lettera più dolorosa della precedente. Il vento impietoso di novembre si alzò, procurandole un freddo indescrivibile. Da una quercia lì vicino si staccarono delle foglie morte, che caddero sempre più numerose a terra come pioggia. Rinoa rabbrividì sola nella sua solitudine, e per un attimo, sentì la ragione andarsene pian piano.

"Povera bambina."

La voce donava una sensazione così confortante. Sembrava un faro nella tempesta che infuriava nella sua mente. Ancora inginocchiata a terra, il corpo fragile e tremante, la giovane si voltò verso chi aveva parlato.

"Dove... dove sono... chi sei?" chiese in mezzo ai respiri sofferenti.

La donna si avvicinò, cercandole con dolcezza la spalla, e poi s'inginocchiò accanto a Rinoa e con l'altra mano le carezzò delicatamente i capelli. Ogni parola era studiata e precisa. "Sono qui per cancellare il dolore."

"Questo non è... reale. Ricordo di essere scappata qui una notte, ma ero solo una bambina. Avevo cinque anni! Non funziona... ora sono più grande... non è così che... no. Che sta succedendo?"

"Avevi veramente cinque anni quando venisti qui? Puoi davvero esserne sicura?"

"Sì... sì, lo ricordo come fosse ieri. Avevo tanta paura. Era così buio..."

"Che cosa ricordi davvero, Rinoa? Il dolore, il senso di colpa, le immagini che ti perseguitano ogni volta che ti svegli ancora oggi? Il tempo è nulla, un'illusione, qualcosa che può essere riscritto... solo tu puoi cambiare questo evento. È il passato, è il futuro. È la stessa cosa."

"Di cosa stai parlando? Chi... che cosa? Per favore, smettila di parlare per enigmi! Chi... chi sei?" domandò Rinoa, anche se non del tutto chiaramente.

La forma umana della donna si avvicinò ancora, confortando di nuovo la ragazza affranta. "Il mio nome non è importante, è solo un'altra delle etichette inutili che ci hanno messo addosso. È quello che possiamo realizzare insieme che è importante. Insieme, tu ed io abbiamo il potere di cambiare il tuo passato, di dare un'altra forma al tuo futuro."

"Tu sei la... tu sei la strega," disse, solo appena più udibile di un respiro. Rinoa respinse Artemisia e cercò di rimettersi in piedi. Non desiderava più nessun tipo di consolazione da quella 'figura materna', e così fece un passo indietro, fino ad appoggiarsi contro la pietra tombale di sua madre. "Tu... sembri diversa da quando ti ho vista a Deling."

"È perché quel corpo non era la mia vera forma. Appartiene ad un'altra, proprio come te, che voleva far cessare quella sensazione di vuoto."

"No, la donna che abbiamo appena affrontato... era la persona che si è occupata di Squall e gli altri... Edea, si chiama Edea: è lei che abbiamo combattuto. Non eri tu! Abbiamo vinto."

"Bambina, non ci sono né vincitori né vinti. Non hai visto il tormento riflesso nei loro occhi, negli occhi delle persone accanto a cui combattevi? Hanno sofferto quanto te, se non di più. Edea voleva solo riparare agli errori del passato, spazzare via il loro vuoto."

Rinoa voleva urlare, voleva correre, ma non aveva idea di dove fosse. Quella donna stava sicuramente mentendo. Rinoa sapeva che Squall si portava ancora dentro la sofferenza del passato, ed era per quello che aveva nel cuore un senso di vuoto. Ma stava bene; era solo il suo carattere. Aspetta... di che errori parlava?

Mentre faceva un piccolo passo avanti, Rinoa si accorse che non riusciva nemmeno a vedere i piedi della donna: quella sembrava quasi scivolare nell'aria, lunghe tuniche nere le nascondevano pressoché del tutto le forme.

"Non hai visto lo strazio negli occhi del loro Comandante, quel dolore che superava di molte lunghezze quello degli altri? Non sopravvivrà a questo. La sua anima è in preda al tormento, non importa quanto insensibile finga di essere. Questo è l'inizio della sua autodistruzione. Questo è ciò che Edea vuole cambiare, ed è per questo che io ho bisogno del tuo aiuto... solo tu puoi salvarlo."

"No, stai mentendo!"

"Davvero?" La voce di Artemisia non vacillava mai, c'era sempre quel tono materno: nessun segno di rabbia o frustrazione, solo una certa sicurezza si proiettava entro ogni parola. "Non ti sei chiesta perché stanno succedendo tutte queste cose tutte insieme? O il motivo del cambiamento nella persona che conoscevano come la loro Madre? Il futuro di quei figli è oscuro. Lei si sta adoperando per salvare le loro anime. Ora tu l'hai combattuta e distrutta... ma in realtà, hai distrutto i tuoi amici. Il loro fato è stato deciso... li hai condannati alla perdizione eterna."

"No, Edea è stata uccisa... loro sono liberi."

"Se sono liberi, allora perché sei qui? Io sono l'unica che può aiutarli. Sono solo granelli di sabbia nella clessidra del tempo... la loro esistenza sarà stata vana, a meno che... niente, lascia stare, non sei abbastanza forte. Ha ragione tuo padre."

Rinoa cominciò a sentire la rabbia crescerle dentro. Per tutta la vita suo padre l'aveva considerata debole, ma lei l'aveva smentito andandosene di casa. Aveva lavorato per la libertà, aveva lavorato per l'onore, e lavorando per tutte quelle cose aveva provato di essere forte. Quella donna di fronte a lei non poteva parlare di Caraway.

"Non parlare di lui! Perché mi hai portata qui, in questo posto?"

"Io non ti ho portata da nessuna parte. Ti trovi in un luogo tra realtà e fantasia; io posso solo guidarti in questo percorso. Non posso sceglierlo. Penso sia stata la tua mente a portarti qui, per mostrarti quello che avrebbe potuto essere... il tuo rimpianto più profondo. Avresti potuto salvare tua madre, avresti potuto salvare i tuoi amici, e potresti ancora..."

"No! Non ho intenzione di ascoltarti. Questo non è reale."

"Sì, lo è. Posso mostrarti il passato, proprio come Ellione ha fatto per gli altri. Non posso mostrarti cose che non sono accadute... è tutto vero. Posso mostrarti quello che Squall non vuole farti sapere. Posso mostrarti perché sei tornata qui, a questo punto della tua vita."

"Io combatto al suo fianco perché è lì che lui mi vuole."

"Sciocca bambina. Pensi che si sia allenato tutta la vita alla battaglia solo per avere un'estranea a combattere accanto a lui? No, non ti ha mai considerata altro che un peso. È la tua famiglia che vuole... non te. Caraway è una fonte di grande potere: per Leonhart, tuo padre è un alleato formidabile."

Rinoa aprì la bocca per parlare, ma prima che potesse protestare il fango cedevole si trasformò in marmo, e il vento battente fu sostituito da una musica familiare. Adesso si trovava in mezzo alle coppie che ballavano alla festa di promozione della SeeD. Sbatté gli occhi e se li stropicciò, questo era un sogno, doveva esserlo. Perché sembrava così vero?

La strega si dissolse tra le ombre della sala da ballo. Grazie al cielo la scena familiare era molto più gradevole del cimitero. Lì vicino, una coppia danzava, e per un momento credette che le sarebbero finiti addosso. Cercò di muoversi, ma non ci riuscì; i corpi dei due attraversarono la sua immagine come fosse stata un'apparizione. Un brivido gelato le venne da quell'incontro e la prese alla sprovvista. Si sentiva come se il suo spirito fosse momentaneamente entrato nel corpo di un altro.

Cominciò a setacciare la folla. Cercava disperatamente la persona che sapeva essere lì. E infatti lì era, appoggiato contro il muro, proprio come ricordava. Desiderò correre da Squall e circondarlo con le braccia, ma prima che potesse mettere in atto l'idea un'altra versione di se stessa si avvicinò a lui. Era davvero possibile essere gelosi di se stessi? Se sì, era l'unico modo per descrivere la sensazione devastante di quel momento.

La musica in sottofondo parve sfumare. Dietro di essa, la voce rasserenante della strega parlò sopra a quella della folla.

"Si è sempre comportato in quel modo... ma non è il suo vero carattere. Tu non eri la prima, né saresti stata l'ultima. Lui sta indossando una maschera proprio come facevi tu. Chiedilo a tutte quelle con cui ha ballato. Sa ballare, nessuno impara così in fretta, tesoro. Le prime parole per te che sono uscite dalle sue labbra erano una menzogna. Questo non dice qualcosa sul suo modo di essere?"

"Che cosa sei... come facevi a saperlo?" Perché non aveva mai pensato al fatto che le prime parole che le aveva detto erano una menzogna? Sì, sapeva ballare: lo aveva ammesso in seguito. Solo che non gli riusciva bene se non si concentrava... c'era una differenza. Un attimo, quali altre?

"Già, adesso ho la tua attenzione, non è vero? Squall Leonhart non è certo uno stupido. Non è l'angelo che hai fatto di lui nella tua testa, né l'adolescente problematico che non sa amare. In realtà è proprio l'opposto, ha giocato a questo gioco per tutto il tempo che l'hai fatto anche tu. Ascolta, cerca la verità dentro al tuo cuore. I suoi pensieri sono iscritti nel copione del passato..."

La musica finì e fuochi d'artificio si accesero nel cielo notturno. Rinoa guardò il suo fantasma lanciare un'occhiata verso la porta d'ingresso, prima di scorgere il preside che chiacchierava con alcuni invitati.

Che stronza. Sentiva le parole di lui riecheggiarle nella mente. Comunque... che liberazione.

"Non lo ha detto, vero?" Rinoa cercò disperatamente di ricordare. In quel momento era stata così concentrata sul parlare con Cid che qualsiasi cosa Squall avesse mugugnato non se ne sarebbe accorta. Si voltò verso Artemisia, difendendo all'istante un'azione che non sapeva nemmeno per certo se fosse accaduta.

"Non voleva dire così! Guarda, me ne sono andata in quel modo... che altro avrebbe potuto dire? Non... non mi conosceva allora... ero io ad essere in torto!"

"Oh, ma ti conosceva, non è forse vero? Non è che anche tu non abbia mai giocato a questo piccolo gioco. Forse la sua prima impressione su di te era la più precisa, forse è un'illusione quella che vede di fronte a sé nel presente."

Artemisia pazientò. Capì che la ragazza stava ancora prendendo le difese delle azioni di lui; il suo spirito andava spezzato in un'altra occasione. In quel momento fatale la sua vittima si sarebbe aggrappata a lei nei suoi incubi. Per far sì che Rinoa rinunciasse al suo futuro, doveva volgersi verso il passato. Potarla nell'istante in cui era nata la sua paura...

Rinoa avvertì una strana sensazione irradiarsi dai polpastrelli. Allungando un braccio, rimase scioccata alla vista delle dita che le si trasformavano in quelle di una bambina. Nel vetro scuro della sala da ballo vide il suo riflesso infantile, e il cielo dietro la cupola sembrò brillare più luminoso. Pian piano ogni stella divenne più sfavillante, e lei non era più nella sala... ma fuori, sotto la volta celeste. Rinoa non riuscì a parlare. Ancora una volta, faceva fatica a riempirsi i polmoni di ossigeno. Si guardò intorno, e trattenne il respiro rumorosamente quando riconobbe il posto: ricordava quell'autostrada... come avrebbe potuto dimenticare?

Le sue dita minuscole e delicate si chiusero a pugno mentre i ricordi dei suoi cinque anni si confondevano con gli altri disinganni dei tempi successivi. Stava rivivendo di nuovo quell'orribile notte, quella con cui aveva cercato tanto disperatamente di chiudere. Sentì due uomini che parlavano, accorgendosi che in realtà si trovava ancora nel suo corpo... solo, in quello di dodici anni prima.

"Mi spiace, maggiore Caraway, non posso lasciar passare nessuno."

"Dannazione, è mia moglie! Devo... devo vederla."

Caraway spinse via l'uomo, dimentico delle paure di sua figlia. La lasciò lì da sola al freddo. Lei rimase a guardare il ruotare ipnotico delle luci rosse finché non sentì che doveva solo correre via. Le sembrava che i piedi non toccassero terra, una necessità che non aveva mai conosciuto si era impossessata di lei.

Lontano, in sottofondo, echeggiava una sirena, ma la bimba non percepiva neppure il suono. La forma più piccola di Rinoa interruppe la sua corsa quando gli occhi di bambina si fissarono sul disastro. Il minuto scintillio argento di quelli che sembravano essere i fanalini posteriori sporgeva da dietro il guard-rail. Schegge di vetro e lamiere erano sparse dappertutto come dopo una tempesta letale. Le lacrime le scorrevano senza freno, tracciando ognuna il suo sentiero unico giù per le guance arrossate. E ancora non riusciva a parlare... non le veniva nessuna parola. Sentì la mano di qualcuno dietro di sé. Guardandosi alle spalle vide un uomo in uniforme; lui le offrì un poco di conforto con un sorriso forzato, prima di attirarla in un abbraccio.

"Andrà tutto bene."

Che bugia spudorata. Anche nei panni della bambina sapeva che quel soldato stava cercando di proteggerla dalla realtà. Non vedeva la morte, lo scempio, il sangue? Il sangue... perché, perché l'avevano costretta a vedere tutto questo di nuovo? Doveva essere un altro terribile sogno, o qualche crudele, sadico scherzo del destino... doveva esserlo. Ancora una volta era costretta a vivere l'orrore in prima persona. Ancora una volta suo 'padre' l'aveva lasciata da sola nel buio. Ancora una volta l'unica consolazione le veniva da un estraneo. In mezzo a quella notte mortalmente amara, Rinoa sentì ognuna delle sue lacrime cristallizzarsi per sempre sul suo viso... per sempre sulla sua anima.

"Devo vedere la mamma," disse pianissimo, senza comunicare le sue intenzioni alla guardia. Abbassando la testa sfuggì alle sue braccia e corse giù per il ripido pendio: le ci volle ogni briciola della sua energia per non farsi prendere dall'uomo. Quando raggiunse i piedi della collina, Rinoa vide suo padre con gli abiti macchiati del sangue di sua madre. Cullava il corpo abbandonato di lei tra le braccia.

"Perché, Julia? Perché tu?"

L'immagine della piccola fece un passo indietro, ma lo spirito della Rinoa adolescente rimase fermo in quel punto. Finalmente, si era liberata di tutte le catene che l'avevano avvolta, dal passato che ricordava. Dietro di sé udiva i rumori di lei bambina che veniva fisicamente fermata dall'ufficiale: il soldato le parlava, cercando di calmarla, ma la Rinoa più grande ignorò le sue parole. Questa volta poteva fare ciò che prima le era stato impedito... andare da sua madre.

Avanzò di qualche passo esitante, lasciando sulla collina tutto ciò che rimaneva dei suoi vecchi ricordi. E poi, tutto d'un tratto, cominciò a correre con improvvisa impellenza, per paura che anche quell'istante del tempo sfuggisse via. La figura di Caraway si dissolse nello stesso nulla di tutte le altre. Rimasero lei, il veicolo accartocciato, e gli orribili resti di sua madre.

"Ma...mamma," boccheggiò, crollando sull'asfalto sommerso dai frantumi e dal sangue. "No... no... ti prego non lasciarmi. Ho paura, non posso fare tutto questo da sola."

Rinoa rabbrividì, un'improvvisa ondata di familiarità per quelle parole le corse nelle membra. La mano di sua madre scivolò da sopra la pancia per fermarsi, senza vita, al suolo.

Si voltò perché aveva sentito i rametti di un cespuglio lì vicino graffiarle la schiena. Sembrava quasi che la pianta si fosse protesa verso di lei con mani di scheletro. Le foglie verdi si fecero di un color terra: sembrava che qualcuno avesse imposto un avanzamento veloce a Madre Natura. Quando balenò il lampeggiante rosso dell'ambulanza, da dentro il cespuglio brillò un riflesso. L'anello di sua madre... la sua fede nuziale. Rinoa allungò la mano fra i rami e recuperò l'oggetto. Con sua sorpresa, avvertì un dolore al lato del polso: stupita, ritrasse il braccio, e il gioiello di platino cadde in strada.

In mezzo al dolore del cuore e al dolore del corpo, riuscì ad abbassare lo sguardo sul suo polso. Rinoa vide un grosso ragno camminarle lentamente sulla pelle come un predatore. Per sola reazione dell'adrenalina scosse il braccio, scagliando l'intruso diversi metri più in là. Non aveva tempo di aver paura: in quel momento, qualcosa di molto più importante stava scomparendo.

Afferrò l'anello e lo strinse, risoluta, nel palmo. Ritornando dalla madre, vide che i suoi occhi fissavano spenti nel vuoto. Un vetro vacuo aveva preso il posto di quelle iridi una volta così belle. Brevi rivoli di sangue gocciolavano giù dalla bocca di Julia. Eppure, nonostante tutto, sua madre conservava una bellezza indescrivibile.

Rinoa sollevò lentamente la mano a toglierle dalle labbra il denso liquido. Con la coda dell'occhio vide un altro ragno che zampettava sul cadavere di sua madre. Quella creatura spregevole, che pensava di avere un qualche folle diritto sul corpo di sua madre. La sua mano  tremante voleva scacciarlo via, ma tutto quello che era in grado di fare era rimanere seduta, paralizzata mentre quello avanzava nel sangue di sua madre.

Una voce fendette la notte, venendo ancora una volta in suo soccorso quando nessun altro aveva avuto il coraggio di farlo. Artemisia s'inginocchiò, passò la mano sul volto di Julia. In quel solo fluido gesto, il suo viso tornò normale. Adesso sembrava che sua madre stesse solo dormendo serena.

"Ora ricordi che cosa significhi provare un terrore paralizzante. Queste immagini sono sempre state lì, represse nelle parti più profonde della tua mente. Vedesti tua madre quella notte, ma non così vicina... solo da lontano. Vedesti tuo padre che se ne andava. Se ne andò da te quella sera, dimenticandosi di sua figlia. Non l'hai mai superato... non hai mai potuto farlo."

"Lui... se ne andò... ricordo che cercarono di trovarlo... ma qualcuno l'aveva riportato in macchina alla villa."

"Se questo non è abbandono di minore, allora cosa lo è? Hai pianto da sola la notte della morte di tua madre. Lui ti ha dimenticato. Lei non lo faceva mai. Questo non doveva accadere... tuo padre ti ha lasciata per due anni, a stare da parenti che quasi nemmeno conoscevi. Colui di cui sei carne della sua carne e sangue del suo sangue ti abbandonò come un cane in un canile. Non cercare più di opporti a questo..."

"Mamma... no..." rantolò tra i respiri concitati; voleva gridare a qualcuno... a chiunque potesse ascoltarla. Chiunque potesse darle conforto. "Squall... dove sei? Ti prego." Stava diventando troppo: non sapeva più bene se fosse questa la realtà, o se lo fosse l'altra. Poteva esserci una persona con il potere di riparare tutto ciò che il destino aveva spezzato?

Infine, la sua sopportazione cominciò a vacillare. Artemisia sapeva che c'era quasi, che i confini stavano diventando confusi. L'ultima briciola, ad ogni modo, sarebbe stato quel granello di speranza a cui ancora si aggrappava: colui che stava, anche lui, combattendo per la sua anima... anche se Rinoa non sapeva che quella battaglia avesse mai avuto luogo.

"Non puoi contare su di lui! Lui vive un'esistenza sciagurata. La sua vita è piena di menzogne e tradimenti; il suo vero io non è quello che hai visto combattere accanto a te. Lui è il serpente, e tu non sei altro che il topo a cui sta dando la caccia... lentamente, metodicamente. Ti vuole per il tuo potere. Sai anche tu che quelli che più stanno in silenzio sono i più pericolosi. Non smettono mai di pensare, non smettono mai di programmare... non ti vuole come persona, ma solo come una ricompensa."

Appariva tutto come un montaggio. Pezzi, frammenti e meri brandelli d'immagini scorrevano nella sua mente. Stava guardando se stessa, guardando lui... non importava che i pensieri del ragazzo fossero l'unica cosa che riusciva a sentire.

C'era un treno, la seconda volta che si erano incontrati. Lui la spingeva via...

Levami le mani di dosso... deficiente.

La ragazza di Seifer? Di sicuro sua e di altri mille.

Mocciosa immatura e viziata, perché diavolo Almasy avrebbe dovuto volerti?

Questi sono degli idioti, capitanati da una scema superficiale.

Poi la scena cambiò in una sera a Deling. Era cominciata la Parata per l'incoronazione della Strega. Rinoa se ne stava ubbidiente dietro le spalle di Edea, persa in trance. Per la strada c'erano Irvine e Squall...

"Ma quella non è..." fece Irvine.

È Rinoa... ma che devo metterle, un guinzaglio?

Era la stessa notte, solo pochi minuti dopo che avevano sconfitto gli Shumelke dentro la residenza. Quando lui fece per andare via, Rinoa gli afferrò il braccio.

Devo farla star zitta. Il suo piagnucolare finirà per distruggere l'intera missione, lo sentì dire dentro di sé. La sua risposta ad alta voce fu quella che in quell'ultimo anno aveva tenuto cara come un tesoro. "Non ti allontanare da me." Adesso quelle parole apparivano irrilevanti, conoscendo i momenti che le avevano precedute.

La visuale passò su tre figure che sedevano sul tetto della torre dell'orologio. Un carosello di giullari e sagome di pagliacci...

Non vuole che Seifer muoia... sacrificherebbe me al suo posto se potesse.

Le ultime immagini furono quelle che la riportavano ad ora, il conflitto armato che era scoppiato tra i due Garden. Nero e bianco, buono e cattivo, Squall e Seifer...

Zell lo ammazzo, questa non gliela perdonerò mai... mi piaceva quell'anello. Ora non ci sarà verso di riaverlo indietro.

Non ho tempo di salvarla, può farlo qualcun altro.

Perché, perché devo essere io? Perché voi possiate continuare a vivere nel vostro mondo di fantasia? Ci sono altre persone qui, non solo una tipa che devo correre dappertutto a salvare come fosse una bambina.

Dio, tornatene da Seifer e falla finita. Voi due vi meritate.

Quello che vide dopo fu un mosaico di immagini, parole e pensieri che alla fine l'avrebbero spezzata. Sua madre, suo padre, ogni volta che aveva pianto la perdita di un amico o di un parente... tutto si concentrò in un solo istante che spaccava il cuore. Momenti della vita di Squall piazzati strategicamente a minare dall'interno tutto quello che aveva sempre creduto di lui. Momenti della sua stessa vita a minare dall'interno quello che lei era, quello che aveva sempre creduto di sé.

Cercò di disperdere le immagini, di crederle una qualche specie di scherzo crudele o di allucinazione. Eppure sapeva che erano vere. Aveva sempre avuto un dono per stare sui nervi alla gente, cosa le aveva fatto credere che Squall fosse diverso?

"Hai sentito cos'è che prova veramente. Ho paura che tu non possa reggere di più la verità. Ora è tempo di trasformare il topo in mangusta, e uccidere il serpente. Tua madre ti voleva bene, era l'unica a farlo... chiudi gli occhi, non cercare di opporti a questa sensazione... semplicemente, dormi, e quando ti sveglierai, tutto sarà esattamente come avrebbe dovuto essere. La tua sofferenza avrà fine. Tu puoi cambiare questa strada, e salvare l'unica persona che ti abbia mai amata... chiudi solo gli occhi, e dormi."

Rinoa abbassò gli occhi per vedere un'ultima volta il viso di sua madre. Tutte quelle emozioni si stavano facendo troppe da sopportare... se solo sua madre quella notte non l'avesse lasciata. Forse Rinoa poteva fare una cosa nella sua vita senza sbagliare tutto... forse tutto poteva cambiare, il passato divenire presente e ricominciare di nuovo. Il dolore e la ferita che sentiva parvero venire racchiuse in una ritrovata tranquillità, in pace. Artemisia si abbassò a carezzarle i capelli con tocco materno, ricordandole una volta ancora come fosse essere amata.

Posando la testa sul petto di Julia, Rinoa avvertì il tiepido calore che il corpo di sua madre sembrava irradiare. L'anima era già andata via, ma il conforto malato di trovarsi accanto a lei ancora una volta, di vederla di nuovo con gli occhi del presente... Anche se non c'era più, erano passati più di dodici anni, e già solo avere la possibilità di essere di nuovo accanto a lei era meraviglioso.

"Ti voglio bene, mamma." Furono le ultime parole che la bambina distrutta disse prima di cedere la sua anima, e la sanità mentale che le restava, ad Artemisia.

*~*~*~*~*

Pareva una scena di una storia horror, quando il personaggio si risveglia dall'incubo dopo aver rimosso i ricordi dell'assassino. Ma questo non era un incubo... era la sua verità. L'assassino di questo libro era un'anima folle che distorceva la realtà per il suo sadico piacere. Rinoa aveva la vista annebbiata, gli occhi facevano fatica a mettere a fuoco. Il corpo era zuppo di sudore e le sue mani si aggrappavano alle lenzuola come se si stessero aggrappando alla ragione.

Avrebbe urlato se ne avesse avuta la forza.

"Rinoa, sono qui. Guardami." Il peso di lui le era quasi del tutto addosso, perché aveva cercato di impedirle di ferirsi da sola, ma lentamente Squall si spostò sul lato del letto, capendo che la ragazza si rendeva di nuovo conto di dove fosse. Allungò la mano a sfiorare le dita che serravano con forza le lenzuola. Quando si toccarono, lei ritrasse la mano all'istante, come se il contatto bruciasse al pari di un veleno. Appariva diversa... ansia, odio e sensazione di essere tradita stavano nei suoi occhi solitamente gentili.

Tu... tu non osare toccarmi!" gridò, senza preoccuparsi di chi la sentisse.

"Rinoa... ti prego, calmati. Rilassati e fai un bel respiro profondo." Edea cercò di fare un passo in avanti, ma Cid le mise una mano sulla spalla impedendole di procedere.

"È tutta colpa tua. Tu volevi che lei mi prendesse... volevi che passassi tutto questo. Non avresti fatto passare questo a una persona di cui ti importava. Non te ne frega niente di me... non frega a nessuno."

Sul suo volto non c'erano praticamente emozioni: era come se la forza vitale le fosse stata risucchiata via in venti minuti. Era tutto chiuso a chiave, nascosto nel profondo di lei; solo il dolore nei suoi occhi smentiva il vuoto di sentimenti.

Squall era immobile, senza parole. Non aveva idea di come rivolgersi a lei in quel momento: era oltre qualsiasi cosa avesse mai visto. Gli ricordava un prigioniero di guerra che fosse stato interrogato per mesi infiniti. Non aveva più nulla da dare – la voglia di vivere le era stata sottratta... ancora una volta.

Le lenzuola caddero al suolo quando lei posò i piedi al lato del letto. Era un burattino di cui qualcuno tirava i fili, ogni movimento preciso e meticoloso. Stava attenta a non guardare lui, né gli altri due nella stanza.

Il suo modo di fare fece correre a Squall un brivido lungo la schiena. Lo riportava alla Base Lunare, e per un breve istante si chiese se il suo corpo fosse controllato da qualcun altro. Si chiese se qualche entità che sfidava le leggi del tempo avesse inghiottito il suo essere. Non poteva sopportare di nuovo quella tortura.

"Oh mio Dio," sussurrò con amarezza, il cuore che galoppava disperato nel suo petto. Qualsiasi cosa avesse rivissuto doveva essere stato abbastanza da farle perdere la ragione. E se era così, quella di lui non avrebbe tardato a seguirla. "Ti prego Rinoa, guardami... dì qualcosa."

Con suo stupore, lei obbedì di buon grado alla richiesta. Le sue parole furono aspre, ma sorprendentemente prive d'intonazione. "Non sono altro che un'immatura, viziata mocciosa che ha rovinato la tua vita. Hai ragione, starei proprio meglio con Seifer."

"Rinoa, di che stai parlando?"

"Ho sentito tutto... ogni cosa che tu abbia mai pensato... forse è meglio che tu non dica mai quello che ti passa per la mente, perché adesso capisco com'è che la tua mente funziona."

"Dio, Rinoa... ti scongiuro, quello era un sacco di tempo fa. Tu eri diversa allora, noi eravamo diversi allora. Lo sai che non è quello che provo adesso."

"Stammi lontano. Le persone non cambiano, chi credo di prendere in giro?"

Lui si sporse ad afferrarla. Forse era una reazione dettata dai suoi allenamenti, o forse era il crescente bisogno di confortarla... qualsiasi cosa fosse, non funzionò. Rinoa afferrò il suo braccio con violenza, lo storse e lo allontanò da sé. Aveva gli occhi gonfi come se avesse pianto per ore. Erano passati solo venticinque minuti... Ma la sofferenza che portava dentro di sé era qualcosa di più grande che non semplici minuti, e nemmeno ore... erano anni ammassati l'uno sull'altro in un picco immenso che ora stava esplodendo come un vulcano.

Cominciò a tremare violentemente, e se non fosse stato per il fatto che stava in piedi, Squall avrebbe pensato che stava avendo un infarto. Tutto quello che poteva fare era fissarlo... uno sguardo che andava al di là del dolore. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma si fermò di scatto scuotendo soltanto la testa.

Poi si voltò... e fuggì.

Come la notte del ballo, lui rimase fermo, immobile e sconcertato: ma questo era ora moltiplicato per mille volte. Adesso non stava lì come un cadetto confuso per il suo improvviso dileguarsi, ma come un uomo che guardava qualcuno a cui voleva un bene profondo fuggire – fuggire via da lui.

"Lasciala stare." ammonì Cid. "Se la insegui, causerai solo altro dolore."

Edea non riusciva a sopportare la vista di uno dei suoi figli in preda a tanto strazio, ma cercò di rimanere forte per tutti loro. Dentro di sé, si sentiva morire tanto quanto Squall. Si sentiva responsabile, e la sua colpa non riusciva mai a mitigarsi del tutto. Doveva tentare: forse un giorno i due ragazzi avrebbero conosciuto l'altra faccia del loro legame, quella che non era menzionata nei libri. La straordinaria sensazione che le altre coppie potevano solo sognare. Tutti gli svantaggi sarebbero stati superati, e di molto, dai lati positivi, con il tempo.

Questa volta, si avvicinò al cavaliere posandogli la mano sulla spalla. "Dalle qualche giorno. In questo momento, Rinoa si sta trovando di fronte ad ogni trauma che abbia mai dovuto affrontare, moltiplicato per dieci. Per lei non è passato, ma come se tutto fosse appena successo, nel presente. Quello che hai pensato, quello che hai detto... non era un anno fa, era oggi. Tutte le morti, tutte le bugie, tutte le parole o i pensieri negativi che hai avuto per lei..."

Squall voltò la testa per guardare Edea, e quando i loro occhi s'incontrarono poté vedere la tristezza riflessa in quelli di lei. C'era passata anche lei, erano sempre le donne a soffrire di più; i loro cavalieri dovevano solo compiere le scelte giuste. Cosa che, fino ad allora, non era stata la sua specialità.

Forse le risposte non stavano in Edea, ma in Cid. "Anche a lei è successo questo?" domandò il Comandante mentre si avvicinava al preside, con l'indice puntato in un gesto d'accusa. "Ha visto sua moglie passare la stessa cosa?"

"Sì, e mi dissero di lasciarle qualche giorno per comprendere tutto ciò che aveva appena visto."

Forse era quello... in qualche punto della loro storia Cid ed Edea avevano preso una svolta sbagliata, per quanto buone potessero essere state le loro intenzioni. Squall non avrebbe lasciato che succedesse. "Col cazzo che faccio questo errore." Le sue parole colsero alla sprovvista la coppia, o come minimo fu l'impulsività nel suo ragionamento. Non disse altro, se ne andò dall'appartamento senza nemmeno sprecare tempo a chiudere la porta.

"Beh." Cid fece una piccola pausa per abbracciare la moglie. "Ce l'ha fatta."

"Lo so." Fece scivolare le braccia attorno alla schiena di suo marito, poggiandogli il capo sul petto. "Non osavo sperare in tanto."

"Pensi che sappia che questa è per loro una prova?"

"No, ma suppongo non gli interessi."

"Non ha aspettato. Non ha fatto il primo errore che ho fatto io... e questo è l'importante."

*~*~*~*~*

Non ricordava di aver mai corso così veloce in tutta la sua vita. Non era un qualche passo affrettato o una corsa rilassata, era un precipitarsi in piena regola, e né cielo né terra avrebbero potuto fermarlo. I corridoi erano quasi vuoti, ma non si aspettava che fossero frequentati a quell'ora così tarda. Poteva anche infrangere un migliaio di regole del Garden... non gliene importava.

Finalmente raggiunse la camera di Rinoa, e cominciò a bussare alla sua porta. Dapprima non era stato sicuro di dove potesse essere andata, c'erano possibilità praticamente infinite; ma se sapeva una cosa di lei, era che avrebbe sentito il bisogno di stare nel posto dove poteva trovare il maggior conforto. Dove c'erano meno ricordi di lui, una zona neutrale nella sua mente.

Quando non ebbe ancora risposta, cercò nella tasca della giacca il suo passepartout: se c'era un momento appropriato di abusare della sua autorità, immaginava fosse questo. Passò la chiave elettronica nel lettore e la porta emise un click permettendogli di entrare.

"Rinoa?"

Parlò a voce bassa, come per non spaventarla. L'unica luce era il chiaro di luna che passava attraverso la veneziana chiusa. Singhiozzi bassi e soffocati riempivano la stanza, e lui capì che stava raggomitolata sul letto. Mentre si richiudeva la porta alle spalle la chiamò una seconda volta, ma come al primo tentavo non ebbe risposta. Improvvisamente sentì che trovarsi lì era un'orribile invasione della sua privacy, ma questo non lo fermò. Rinoa stava male, e che lui fosse maledetto se l'avesse lasciata soffrire da sola. Anche se la sua stupidità era una delle cause.

Sedendosi sul letto mosse lentamente la mano verso di lei. Sussultò quando la sua reazione fu quasi alla velocità della luce: anche al buio, Rinoa riuscì ad afferrargli il polso con esatta precisione, bloccando il suo avvicinarsi.

"Non osare toccarmi."

Il cuore di Squall sprofondò di fronte al puro astio di cui le sue parole erano impregnate. In un unico fluido gesto lei lo spinse via e si girò così da dargli la schiena.

Lui prese un respiro prima di continuare. "Possiamo parlarne?"

"Oh, adesso vuoi parlare – classico."

"Non... Rinoa, dobbiamo parlare e risolvere questa cosa."

"Mi pare che tu abbia già detto abbastanza di me nel corso della tua esistenza... e ho visto la tua idea di 'parlare', grazie."

Voleva urlare. Se la cosa non avesse messo in allarme tutto il corpo degli impiegati avrebbe ceduto all'impulso.

"Ascoltami, non so che cosa tu abbia visto o sentito, e non posso negare alcune delle cose che probabilmente avrò fatto. Se vuoi che ti dica che tutto quello che hai sentito erano bugie... non posso darti questa soddisfazione. Ma è tutto quello che non sapevi che ha fatto la differenza. Quello che non hai sentito erano i mille e mille bei pensieri mescolati ai pochi negativi. O il modo in cui guardavo verso di te ogni volta che capitavamo in una battaglia... solo per assicurarmi che tu stessi bene. Non ero pronto per quello che stavo provando, e le cose più semplici da pensare, come tante volte succede, erano quelle negative. Era più semplice pensare a te come a... Rinoa, mi dispiace così tanto."

Lei non reagì dopo che ebbe finito il suo discorso, cosa che Squall prese come un buon segno. Almeno, era meglio rispetto ad essere picchiato in testa col suo portatile: quasi quasi se l'era aspettato. Abbassando lo sguardo si accorse di come gli tremavano le mani. Aveva affrontato alcune delle battaglie più titaniche che l'uomo avesse conosciuto, eppure non aveva mai avuto tanta paura in tutta la sua vita. Almeno fino a quel momento. Pensò che se avesse detto una sola parola sbagliata tutto sarebbe finito, e il pensiero aumentava ancora di più il suo terrore. Prese un profondo respiro per calmarsi prima di continuare.

"Rinoa, perché Artemisia ha pensato che era così importante insistere su quello che io ho pensato? Onestamente... credo che lo sapesse. Avrà avvertito una connessione, doveva esserci una ragione se si è concentrata solo su di me. Riflettici... non è che ci conosciamo da così tanto. Non era come sentire cose che provenivano da Zell o Irvine, no? Si è aggrappata al sentimento che avevamo e l'ha usato contro di te."

Talmente tante cose... aveva visto troppe, troppe cose. E per quanto fosse infuriata, non sapeva perché, ma non riusciva a rimanere 'veramente arrabbiata' con lui. Okay, poteva restare solo 'arrabbiata' con lui. Ma Squall era lì, a infrangere regole solo per stare con lei, e questa non era la stessa persona che aveva visto nei sogni. Magari allora avrebbe potuto crederci... va bene, sì, ci aveva creduto.

"Ero... ero così tremenda?"

"No, eri tu... e non ti avrei voluta in altro modo."

Lui si spostò verso la parte anteriore del letto e si appoggiò contro la testata. Sapendo che era un azzardo, si sporse verso di lei, posandole una mano sulla spalla. Lei tremò, anche se non faceva freddo lì dentro. La cosa più importante era che non l'aveva spinto via.

Il letto s'inclinò mentre Rinoa si voltava verso di lui. Lacrime nuove riflettevano il chiaro di luna che filtrava dalla finestra. Voleva guardarlo negli occhi. Aveva così tante domande da fare su quello che aveva sentito – quello che aveva visto. Eppure, in quel momento, non aveva voglia di parlare con nessuno, nemmeno con lui. Lo sguardo negli occhi di lui raccontava tutta la storia, o almeno quello che aveva bisogno di sentire adesso. Ci sarebbe stato tempo, più avanti, per ora aveva bisogno solo di consolazione.

Si allungò e la strinse contro il suo corpo cullandola, lei cedette, e gli posò la testa sul petto. Le sue braccia la circondarono e si sentì meglio, ma sempre addolorata.

"Sono ancora arrabbiata con te," mormorò con voce roca avvolgendogli il braccio attorno alla vita, per ricambiare l'abbraccio.

"Lo so," rispose sincero mentre la stringeva più forte. "Lo so."

*****
Nota delle traduttrici: nonostante la caratteristica della storia sia che ogni capitolo può essere letto come una oneshot a sé stante, questo e il precendete sono legati abbastanza tra loro:) Consiglio quindi a chi legge la storia come raccolta di oneshot di leggere prima il capitolo 5 e poi il 6, come se fossero un'unica storia. Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

   
 
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