La luce del mattino entrava fioca
dalla finestra.
«Mm che ore
sono?» Elie alzò leggermente la testa per guardare la
sveglia sulla scrivania «Dodici e quaranta…» richiuse gli occhi e dopo
pochi secondi si alzò di scatto «L’una meno venti?! Porca puttana! Chissà
quante volte avrà già chiamato la mamma!» Si buttò giù
dal letto e di corsa raggiunse il soggiorno. Accese il cellulare e vide che la
madre l’aveva già chiamata una decina di volte.
Il cellulare suonò.
«Pronto?»
«Elie?!
È da mezzora che provo a chiamare, in casa non risponde nessuno, si può sapere
che combinate tu e Lucas?» La voce all’altro capo del
telefono era più preoccupata che arrabbiata.
«Scusa mamma, sono uscita in
ritardo da scuola e… Si vede che Lucas è uscito un
attimo» le rispose cercando di trovare una buona scusa per non tradirsi.
«Allora state bene?»
«Ma
certo! Non ti preoccupare, dirò a Lucas che hai
chiamato» Non vedeva l’ora di interrompere la comunicazione.
«Ok.
Chiamo domani, mi raccomando, niente casini e dai retta
a tuo fratello. Un bacio. Ciao ciao!»
«Sì certo… Ciao mamma» Di certo
non poteva dirle che suo fratello era partito e l’aveva lasciata da sola,
perciò evitò di farla preoccupare.
Appena chiuse la telefonata, il
campanello della porta suonò.
La ragazza
corse a guardare chi fosse e vide la sua migliore amica, Akemi.
«Akechan?!
Aspetta un attimo che apro!» Si accorse in tempo che era nuda e mettendosi una
maglia lunga aprì la porta.
«Brutta scema, quand’è che ti
decidi a venire a scuola?» Le due ragazze si conoscevano dal tempo dell’asilo.
«Non stavo bene…» Salirono in
camera e la ragazza notò i vestiti e le penne sparse per terra.
«Ma che
è successo qui? Non mi dire che hai avuto un incontro focoso con qualcuno!» La
guardò maliziosamente, soffermandosi davanti al reggiseno.
Il pensiero della sera prima
affiorò nella mente della ragazza, che sviò il discorso.
«Ma
niente, è che siccome non c’è mio fratello me la prendo con calma. Allora, c’è
qualche novità? Come va con il bellimbusto?» le chiese raccogliendo la roba da
terra e sistemandola come meglio poteva. Non aveva voglia di raccontarle di Axel, non ne voleva parlare,
neanche con lei.
«Perché
lo chiami così? Guarda che ha un nome!» le rispose Akemi
offesa sedendosi sulla sedia che di solito ospitava i manga che la sera leggeva
Elie «Comunque nel sacchetto
ti ho portato i manga che sono usciti. Poi c’è un floppy con le recensioni
della tua storia. A quanto pare la Banda del Territorio [Storia che esiste
veramente ed è scritta da Anshiko stessa] fa furore
perché sono dei maniaci deficienti» Elie, nel tempo
libero, si dilettava a scrivere storie che poi venivano
pubblicate su internet.
«Perché ha un
nome che fa cagare!» ribatté facendo finta di scherzare, anche se in fondo
pensava veramente che il suo nome fosse brutto «Come può uno chiamarsi Atemu… Bè, ognuno ha le sue sfighe! Poi guarda che i ragazzi della Banda non sono
maniaci, sono solo adolescenti che si divertono…»
«Sì certo come no… E tanto per la
cronaca, Atemu è un nome bellissimo. Lui ha origini
egiziane e per questo si chiama così!» Le fece la linguaccia e si misero a
ridere.
Parlarono del più e del meno, poi
Akemi se n’andò.
«Domani vieni a scuola?» le
chiese prima di scendere le scale del portone.
«Non lo so. Dipende se ne ho
voglia o no. Oggi dove vai?»
«Vado a vedere Ate che gioca contro uno di terza.
Puoi venire se vuoi» le disse Akemi sperando che
accettasse.
«Venire a vedere quelli giocare a
soldi? No grazie. Ci vediamo un’altra volta»
«Ma non
giocano a soldi! Maledetta…» scherzò tirandole un pugno.
Si salutarono ed Elie andò a farsi una doccia.
Quando
ebbe finito si fece un panino col salame e andò a guardare la tv. Non voleva
pensare a niente e cosa meglio dei cartoni animati poteva aiutarla?
Stette tutto il pomeriggio in
panciolle e verso le quattro si decise a fare qualcosa.
«Allora, vediamo un po'… Ah ecco!
Devo sistemare un po' la camera, se no va a finire che
entro domenica tutta la casa sarà un porcile!»
Mise i vestiti della sera prima
da lavare e sistemò la scrivania. Rifece il letto e quando prese il cuscino per
sistemarlo qualcosa attirò la sua attenzione e le fece venire un colpo
lasciando che il cuscino cadesse a terra.
Il cuore le iniziò a battere
all’impazzata, tanto che si portò una mano sul petto per paura che le uscisse
dal torace. Facendo piccoli passi si avvicinò cauta alla finestra. Non poteva
crederci, aveva visto bene e man mano che si avvicinava quello che poteva
sembrarle da lontano la collana del diavolo, si rivelò tale.
La prese fra le mani. Una strana
sensazione di smarrimento le invase il cuore, tutta la rabbia che aveva provato
la notte prima era scomparsa. Non provava niente.
Iniziò a pensare che la reazione che aveva avuto fosse stata troppo impulsiva,
ma in fondo quello che aveva scoperto era stato troppo
pesante per lei.
Adesso si pentì di quello che
aveva detto e fatto.
«Sono una
scema… Lui è venuto qua stanotte… L’ha fatto per me?» strinse forte il
ciondolo.
«Posso parlarti?» una voce la
fece trasalire.
«Axel? Ma dove sei?» Elie si girò
intorno, ma non riuscì a vedere nessuno «Sei invisibile?» gli
chiese costernata.
«Diciamo che è una misura
preventiva, in caso tu fossi così incazzata
da non farmi neanche parlare. Se non mi vedi non mi
puoi fermare!»rise in modo sadico.
Parlargli dopo quello
che era successo le sembrò strano, ma le piacque.
«Puoi materializzarti. Non ti
ucciderò, tranquillo»
«Ma non
sono un fantasma che mi materializzo… Bè, ok» Il ragazzo comparve davanti alla finestra, nello stesso
punto in cui era apparso la prima volta che era entrato nella sua stanza. Aveva
le mani in tasca e la sigaretta in bocca. Portava una camicia bianca con i
primi tre bottoni aperti e dei jeans strappati. Ai
piedi portava delle comuni scarpe a tennis bianche con la marca e il tacco
rosso.
Prima che riuscisse
a pronunciare di nuovo parola un oggetto, non meglio identificato dal demone,
si sfracellò contro la sua faccia. Un urlo risuonò per la stanza. Elie era riuscita ed afferrare il barattolo di latta delle
penne e, lanciandolo con tutta la forza che aveva, degna dei migliori
lanciatori americani di baseball, a centrarlo in pieno, facendogli cadere la
sigaretta e costringendolo e piegarsi in due tenendosi il viso dolorante.
«Sei troppo
prevedibile, caro il mio diavolo! Avrei scommesso che saresti apparso
lì: è il tuo posto preferito!» gli disse mettendosi le mani sui fianchi e
gonfiando il petto piena d’orgoglio.
«Ma sei
fuori? Avevi promesso!» le sbraitò contro girando per la stanza dolorante.
«Avevo promesso che non ti avrei
ucciso e ho rispettato la parola, ma non avevi parlato
di non farti male. Ti ho fregato! E tu saresti il
diavolo che deve imbrogliare la gente e rubargli l’anima? AHAHAH! Come sto bene
ora!!! Ho fregato il diavolo! Ho fregato il diavolo!!»
si mise a saltellare per la stanza dietro al ragazzo, facendogli il verso e
tirandogli delle pacche amichevoli sulla schiena.
«Allora, non ti saresti mai
aspettato che un’umana potesse ingannarti? AHAHAH! Ti ho fregato!» continuò a
sfotterlo.
Il demone si fermò e si girò
all’improvviso, afferrò i polsi della ragazza e stette una frazione di secondo
a guardarla negli occhi. Elie si perse come la prima
volta nei suoi occhi chiari e profondi e lui sembrò guardarle dentro attraverso
l’iride color ambra. Poi la baciò.
Dapprima la ragazza rimase
sconcertata, poi accortasi di quel che stava succedendo oppose resistenza e
cercò di liberare le mani dalla presa del ragazzo, ma lui strinse con più forza le dita, facendole male.
Spingendola contro l’armadio il
demone fece entrare la lingua a forza nella bocca della ragazza, cercando
quella di lei.
Elie
provò e chiudere la bocca per farlo uscire, ma la sua forza era insufficiente
per respingerlo. Provò a girare la testa e a fuggire dalla sua morsa, ma fu
tutto inutile. Vide che lui aveva gli occhi chiusi e s’irrigidì ancora di più.
Poteva sentire il cuore del ragazzo battere calmo contro il suo seno.
Axel
spinse la ragazza contro l’anta dell’armadio con tutto il corpo, mettendo una
gamba fra quelle di lei per impedirle di scappare. Premette maggiormente contro
il seno morbido.
Finalmente lei decise di cedere.
Mantenne sempre i muscoli delle
braccia contratti per far in modo che lui non smettesse di stringerla, ma
iniziò a giocare anche lei con la lingua. Chiuse gli occhi.
Il diavolo intensificò il gioco
erotico della lingua, aprì gli occhi e senza smettere di baciarla la spinse sul
letto mettendosi sopra di lei.
Passarono diversi minuti.
Axel
strinse con maggiore forza i polsi di Elie, si staccò da lei e sollevò la testa. La guardò di
nuovo negli occhi e sorridendo disse «Sì, sono il diavolo che imbroglia la
gente per rubarle l’anima» stette in silenzio per alcuni istanti e serio, ma
col sorriso sul volto aggiunse «Ti ho fregato»
Elie
aprì la bocca per rispondergli, ma non le uscì nessun suono. Doveva essere
arrabbiata con lui, ma sentiva che quel che le aveva detto
non dava ad intendere che il bacio che si erano dati non era importante per
lui. Sentiva che l’aveva detto solo per dimostrarle che era forte.
Lui le schioccò un bacio casto
sulle labbra e sparì, lasciandola ancora una volta esterrefatta.
Si rese conto in quel momento che
Axel le piaceva tanto. Era il ragazzo dei suoi sogni,
sia come carattere che come aspetto fisico.
«Mi sono innamorata del diavolo…»
bisbigliò ancora sdraiata nel letto guardando i segni violacei che aveva sui
polsi.