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Autore: KatNbdwife    28/07/2010    2 recensioni
In "Dopo di te" Lea e Bill si sono conosciuti, amati, lasciati. Ora come vivranno il resto della loro vita lontani?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’aeroporto di Roma era gremito.
La gente andava e veniva, senza badare a chi stesse loro accanto, senza ascoltare i rumori della folla, senza chiedersi se la ragazza che sedeva su una sedia rigida e fredda stesse aspettando qualcuno, se i suoi occhi che vagavano febbrilmente da un lato all’altro della grande sala, cercassero quelli di un altro.

Quando il volo, in arrivo da Berlino, fu annunciato dalla voce metallica e fintamente trillante dello speaker, Lea sussultò.
Di lì a pochi minuti, lui sarebbe stato di nuovo davanti a lei, in tutto il suo splendore.

Un fiume di persone le passò davanti, indaffarati, di corsa, pieni di valige contenenti chissà cosa, con lo sguardo puntato verso l’uscita, verso la città.
E poi, come un miraggio per un disperso nel deserto infuocato, lo vide.
Camminava con sicurezza, un grosso paio di occhiali scuri sugli occhi, una cuffia che gli copriva interamente la fronte e gli schiacciava i capelli che, per l’occasione, aveva stirato, un giubbotto pesante a coprirgli il resto del torace e in una mano, un trolley gigante.
Lea ammise che si era davvero camuffato alla perfezione e, a completare l’opera, una sciarpa scura copriva anche la sua bocca, lasciando scoperto solo il naso.

La ragazza fece qualche passo verso di lui, che la notò immediatamente e, dal movimento che fecero i suoi zigomi, Lea intuì che avesse steso le labbra in un largo sorriso.
Si ritrovarono a pochi centimetri di distanza, Lea cercava di carpire la luce dei suoi occhi attraverso le lenti scure, ma il ragazzo la spiazzò abbassandoseli leggermente per poterla guardare meglio.

“Sei pazzo” sussurrò Lea, avvicinandosi ulteriormente a lui, le labbra a pochi centimetri di distanza dalle sue “Ti farai scoprire”

Bill non rispose, le diede un bacio appena accennato e la prese per mano, incurante della gente, del mondo che camminava accanto a loro, del rischio di venire scoperti.

Salirono su un taxi che partì sgommando e sfrecciò fra le vie romane, caotiche e rumorose, fermandosi di fronte ad un hotel anonimo, poco distante da casa di Lea.
Svolte le consuete pratiche di accettazione, i ragazzi salirono al secondo piano ed entrarono nella camera che Bill avrebbe occupato per quella settimana.
Prima ancora di chiudere la porta, Lea gli saltò al collo, cogliendolo di sorpresa e rischiando di farlo cadere sul pavimento.
Con tutta quella roba addosso, non riusciva a sentire il suo profumo, così gli sbottonò il giubbotto e vi infilò le braccia, stringendolo in vita e appoggiando la testa al suo petto, reso ancor più caldo dagli strati di indumenti, mentre con una gamba diede un piccolo calcio alla porta per richiuderla.

Bill ricambiò l’abbraccio senza sforzo alcuno, desideroso di poterla avere di nuovo accanto. Solo dopo qualche minuto, Lea alzò il viso, sfilò gli occhiali dal viso di Bill e la cuffia e lo baciò, ma questa volta con trasporto, consci di essere soli in quella stanza, lontano da qualsiasi sguardo indiscreto.

Baciandolo, pensava a quello che si era promessa pochi giorni prima, al fatto che non avrebbe più aspettato di essere soli per fargli una carezza o per dargli un bacio, ma in quell’aeroporto affollato non era riuscita a lasciarsi andare come stava facendo ora.

Staccandosi da lei, quel tanto che bastava per riuscire a parlare, Bill disse: “Hai visto, è andato tutto bene. Nessuno ci ha inseguiti ”
“La fortuna del principiante” ridacchiò Lea “Sbaglio o, da quando sei diventato famoso, è la prima volta che ti muovi da solo?”
“Non sbagli. E’ il primo lungo viaggio che faccio, completamente da solo. Solitamente sono con i ragazzi, con Tom o con le guardie del corpo. In aereo ho tenuto gli occhiali da sole e la sciarpa per tutto il viaggio, una hostess mi ha perfino chiesto se avessi freddo” ridacchiò “Stavo crepando di caldo, altro che freddo! Ho finto di essere un po’ influenzato e spero l’abbia bevuta. E guarda” sciogliendo l’abbraccio le mostrò le mani “non ho nemmeno lo smalto nero, solo una passata di indurente, per non dare troppo nell’occhio”
“Oh, com’è scrupoloso il mio cantante preferito” trillò Lea, con tono volutamente mellifluo.
“Non ho lasciato nulla al caso, mi sono preparato a dovere”.

Bill si sedette sul letto e Lea gli si accoccolò sulle gambe.

“Sarai stanco, perché non ti fai una doccia e poi dormi? Ti farà bene” con un dito gli carezzò il naso.
“Un attimo…” rispose lui, accarezzandole una guancia e baciandola di nuovo, per farla poi sdraiare sul letto e posizionarsi sopra di lei, facendo aderire alla perfezione i loro bacini.

La doccia, Bill la fece solo un’ora e mezza dopo, mentre Lea si rotolava fra le lenzuola, i capelli scomposti, il viso ancora arrossato e gli occhi che non si staccavano dalla sua figura esile.

“Sei la cosa più bella che abbia mai visto” mormorò la ragazza, mentre Bill varcava la soglia del bagno. Di rimando, il ragazzo le sorrise, vagamente imbarazzato.

Prima di entrare nel box doccia, udì Lea ridere. Si sporse dalla porta e le chiese: “Che c’è da ridere?”
“Sto diventando più stucchevole di un romanzo rosa!” ridacchiò Lea, passandosi una mano fra i capelli “Colpa tua, disgraziato!”
“Un’altra cosa della tua vita che ho contribuito a modificare?” chiese il cantante.
“Già… l’ennesima!”

Sorridendole, tornò alla doccia calda e vi si posizionò sotto, felice di essere da lei, con lei. Di essere lì per lei.

**

Bill uscì dal bagno in accappatoio, i capelli umidi sciolti sulle spalle, gli occhi arrossati per essere stato troppo tempo sotto al getto caldo e il profumo del deodorante che lo precedeva.
Lea era ancora sdraiata sul letto, ma si era parzialmente rivestita, restando in jeans e canottiera.

“Fa un caldo pazzesco,qui dentro. Forse dovresti abbassare la temperatura” suggerì la ragazza “Altrimenti stanotte dovrai dormire nudo!”
“Non dormi con me?” chiese Bill, sedendosi accanto a lei e strofinandosi i capelli con l’asciugamano.
“N-non so…” balbettò Lea.
Quanto romanticismo, quanta voglia di tenerezza, quante sensazioni totalmente nuove la assalivano quando lui era nei paraggi.
Se non ce l’aveva di fronte, riusciva ad essere razionale e fredda al punto giusto, ma quando lui le era accanto… tutto si tingeva di rosa, gli uccellini cinguettavano e le pareva che i suoi occhi assumessero la forma di due cuori pulsanti.

“Non sei costretta, se non te la senti di lasciare sola tua sorella” sussurrò Bill, guardandola.

Non si trattava di Marie. Avrebbe potuto farle compagnia fino all’ora di andare a letto e poi raggiungerlo in albergo. Si trattava di lei, della sua ritrosia a mostrare il suo lato più dolce. Ma quanto tempo avrebbe potuto passare così? Per quante volte ancora avrebbe dovuto nascondere la voglia che aveva di carezzarlo, di stringerlo, di essergli vicina?

“A proposito di Marie” Lea cambiò discorso “Vorrei tanto fartela conoscere”

Bill strabuzzò gli occhi e sorrise. Non si aspettava di incontrare la sorella di Lea così presto, quella visita assumeva un tono formale per chi conosceva Lea quanto lui.
Lui che sapeva della sua esistenza da meno di un anno eppure conosceva ogni singolo dettaglio della sua vita, anche quelli di cui lei non parlava. Perché per lui, Lea era un libro stampato.
E Marie, per la ragazza, era forse più importante della madre: Bill sapeva che il giudizio di Marie sarebbe stato fondamentale, che le due sorelle vivevano in simbiosi e questo lo fece vacillare.

“Vorresti presentarmi tua sorella?” chiese, con un filo di voce.
“Sì. E’ importante per me” poi si morse la lingua. Anche per Bill era importante averla accanto, ma lei sembrava sempre sfuggirgli. Ora, con che coraggio poteva pretendere che lui esaudisse la sua richiesta?
“Va bene” annuì il ragazzo “Mi vesto e possiamo andare”

**

Dopo un’ora, la coppia raggiunse la casa di Lea.
Bill aveva passato mezz’ora, assorto davanti allo specchio, a domandarsi come avrebbe dovuto acconciare i capelli, se fosse stato il caso di truccarsi o se fosse stato meglio lasciare il suo viso immacolato ma Lea, piombandogli alle spalle, gli aveva sussurrato: “Con o senza trucco, Marie guarderà i tuoi occhi. E quelli parlano da soli” per poi posargli un bacio sulla spalla nuda, alzandosi in punta di piedi “Non preoccuparti dei dettagli, sono certa che la conquisterai!”
Bill aveva sorriso, rassicurato, e si era truccato come al solito, kajal e rimmel neri, lasciando però i capelli lisci.

Ora, davanti alla casa di Lea, si sentiva in pace con sé stesso: lui era così ed era esattamente dove doveva essere.

Lea aprì la porta piano, chiamando Marie.
Poco dopo, da una porta, Bill vide sbucare il viso di Lea, o almeno quello che sarebbe stato il suo viso di lì a dieci anni.
Una ragazza non molto alta, stessi occhi chiari, stessi capelli scuri, stesso sorriso magnetico.

“Ciao Marie, siamo arrivati! Lui è Bill” balbettò Lea, visibilmente imbarazzata ma felice di trovarsi al cospetto di sua sorella.
“Ciao!” trillò Marie, allungando una mano verso il ragazzo “Piacere di conoscerti! Era ora che Lea decidesse di farci incontrare!” proseguì, in un tedesco perfetto “Venite, andiamo in salotto” e scortò i ragazzi fino al divano.
“Il piacere è mio” mormorò Bill, di rimando “Tu e Lea vi somigliate in maniera incredibile”

Le due ragazze si guardarono e scoppiarono a ridere.

“Dici?” chiese Marie, sedendosi “A noi non sembra!”
“Siete identiche! Sembrate quasi gemelle, è pazzesca la somiglianza”
“Ogni tanto ce lo dicono, ma noi continuiamo a non vedere somiglianza alcuna” aggiunse Lea.
“Io lo ritengo un complimento, comunque!” precisò Marie “Lea è magnifica”

Lea arrossì, mentre Bill annuiva e si voltava a guardarla.

“Hai sete? Ti va una birra?”
“No, no grazie. Sono a posto”
“Sicuro? Se vuoi ho anche della Coca. Mio figlio va matto per la Coca, devo nasconderla altrimenti ne beve litri al giorno!” sorrise Marie.
“Lea mi ha parlato tanto di lui” spiegò Bill.
“Davvero?” chiese Marie “Lea, in realtà, è molto più tenera di quel che sembra!”
“Me ne sono accorto” ridacchiò Bill, voltandosi di nuovo verso Lea e cercando i suoi occhi.
“Dobbiamo per forza parlare di me?” chiese Lea, fingendosi indispettita “Che so, non possiamo disquisire sul tempo?”
“Lo sai che adoro vederti arrossire!” rise Marie, lanciandole un cuscino del divano e poi continuò, rivolgendosi a Bill “Sei qui solo?”
“Sì, ho preferito lasciare a casa mio fratello. Lui ha i suoi orari, le sue cose da fare, i suoi club da visitare la sera” ridacchiò, mentre un sorriso gli affiorava sul viso, pensando a Tom “E sicuramente, ha anche le sue donne!”
“Diciamo che è uno che si gode la vita, giusto?”
“Esattamente! Credo di non conoscere nessuno che se la goda più di lui!”
“E tu, invece? A vederti, sembri molto più calmo di come mi descrivi il tuo gemello”
“In effetti, nonostante siamo molto simili, abbiamo opinioni divergenti circa alcune cose. Io sono molto più pigro e sognatore, Tom invece è più pragmatico. Però, ci completiamo alla perfezione e sulle cose importanti, la pensiamo allo stesso modo”
“Tipo?” volle sapere Marie, mentre sfilava una sigaretta dal pacchetto e l’accendeva.
“La famiglia e gli amici, ad esempio” spiegò Bill “Da quando abbiamo raggiunto il successo, abbiamo deciso di proteggerli in qualsiasi modo. Cerchiamo di non parlare mai di loro, di tenerli fuori dalla frenesia del nostro mondo e di ritagliarci spazi privati nei quali poter trascorrere del tempo insieme”
“Credo sia molto saggio, da parte vostra” commentò Marie “E’ importante proteggere le persone alle quali si vuole bene”
“Sì, è la nostra priorità. E poi ci siamo imposti di restare con i piedi per terra il più possibile, per non perdere di vista la vita vera”
“E’ difficile?” Marie era seriamente interessata a quel discorso, Lea lo capiva dal modo in cui scrutava Bill e dall’arricciarsi delle sue labbra. E, anche lei, si stava lasciando conquistare da quel ragazzo esile che le sedeva accanto.
“Certe volte, sì. Soldi, successo, la gente che ti idolatra… delle volte, pensi che la vita sia tutto lì, che nient’altro importi veramente”
“Ti è capitato?”
“Sì, lo ammetto. Una volta, ho speso più di mille euro in due ore, in un negozio di New York. I soldi sono così: più ne hai più ne vorresti e spesso ti circondi di tanta roba inutile, solo per il gusto di poterla comprare”
“Credo sia normale, del resto. Siete diventati famosi in giovane età”
“Esatto, ma quel periodo è durato poco, adesso sono sempre la stessa persona, forse solo un po’ più viziato” ridacchiò.
“Non sei viziato” disse Lea, parlando per la prima volta dopo il lungo scambio di pareri fra Bill e Marie “Tu sei una prima donna!” e poi scoppiò a ridere, buttando la testa all’indietro e facendo scrollare i capelli. Anche Marie si unì alla risata.
“Anche Georg lo dice sempre! Veramente, lo dicono anche Gustav e Tom” Bill ci pensò su un attimo e poi aggiunse “Sì, forse sono una prima donna!”
“Lo sei, lo sei! Ma va bene lo stesso” il sorriso di Lea si addolcì, mentre lo osservava.
Lui era una primadonna. La SUA primadonna.

**

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