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Autore: Astrokender    28/07/2010    2 recensioni
Dopo aver ritrovato lo One Piece, i ragazzi di Cappello di Paglia ritornano nel Mare Orientale. Ma la storia sembra destinata a ripetersi, e per la seconda volta in venti anni Rogue Town ospita il processo al Re dei Pirati...
Genere: Triste, Drammatico, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti *Si inchina profondamente per chiedere scusa*

Lo so, è una vita che non aggiorno, ma non è colpa mia!! Almeno, non solo ù.ù La realtà è che il mio pc si è fuso, ed ho perso così tutti i capitoli che avevo già pronti e tradotti. Ci è voluta una vita perché mi tornasse la voglia di tradurli di nuovo... Cercherò di fare degli aggiornamenti più rapidi d'ora in avanti, ma non assicuro niente visto che li devo rifare tutti da capo ^^''

Grazie delle recensioni e dell'incoraggiamento, sono contenta che sia piaciuta anche a voi. Non è yaoi, sarebbe più shonen-ai ma si può anche vederci solo una profonda amicizia. Successivamente emergeranno delle altre coppie etero, ma sempre in maniera molto soft, niente di trascendentale.

Buona lettura!

drogato

Zoro si ritrovò seduto sulle ginocchia e sotto un getto d’acqua calda. Era incatenato ad un grande tubo a muro arrugginito, ancora completamente vestito. Le sue ferite bruciavano sotto la pressione e la sua pelle era diventata di un rosso acceso. Scoccò delle occhiate attorno prima di alzare gli occhi verso il soffitto. Era in uno spazio grande e aperto; sembrava un bagno comune, probabilmente per gli ufficiali di grado inferiore.

Più l’acqua continuava a bruciare, più Zoro si abituava alla sensazione. Dopo essere stato rinchiuso così a lungo in quella caverna sotterranea, apprezzava di poter stare semplicemente inginocchiato e bagnato fradicio, al caldo. Era come se non si fosse accorto di quanto infreddolito fosse fino a quel momento. Cercò di riunire le forze, guardando annoiato il sangue che scorreva lungo il corpo e scendeva nello scarico.

Dato che non poteva usare le braccia per pulirsi per bene, mosse la testa in circolo in modo che il getto pungente colpisse ogni parte, finché non sentì scivolare via dai capelli e dalla faccia la maggior parte del sangue e dello sporco. La faccia sembrava una spugna bagnata e sapeva che non sarebbe di certo bastato un bagno ad impedirgli di sembrare come qualcosa passata attraverso un tritacarne, ma non lo stava facendo per vanità. Era stato tenuto in un buco del terreno dove l’unico cesso era una conca fagosa all’angolo; a dire la verità, la sua puzza gli stava dando la nausea.

Inoltre l’acqua lo aiutò a svegliarsi, liberandolo di un po’ della sonnolenza datagli dal tranquillante. Ogni cosa sembrava essere rallentata. Già non era il più rapido a pensare quando era in perfetta forma, ora era costretto a metabolizzare i pensieri in testa una parola per volta. Diede uno strappo di prova alle catene. Sembravano terrbilmente resistenti. Con la quantità di droghe che gli pompavano nel corpo, non era nemmeno sicuro di poter rimanere in piedi da solo, figuriamoci scappare. Sembrava proprio che l’opzione fuga dovesse essere scartata al momento.

Dov’era Rufy? Avevano preso anche lui? Zoro odiava non sapere. Desiderò che, ovunque l’avessero messo, si sbrigassero a venirlo a prendere. L’acqua non si stava raffreddando per niente e lui inziava a sentirsi come una delle aragoste preparate da Sanji. Il vapore era soffocante e le sue gambe stavano iniziando a formicolare, visto lo strano divano fatto dal pavimento in dura ceramica. Inoltre, non sarebbe riuscito a pulirsi del tutto senza una pietra pomice e un chilo di sapone industriale. La maggior parte del sangue e dalla terra si era staccata dalla pelle, ma ora la sua maglietta una volta bianca era un mescolone di rosa e marrone. Un altro paio di vestiti rovinato.

Se questa era tutta una grande preparazione per la sua esecuzione, sperò che avrebbero saltato del tutto il discorso igenico e gli avrebbero permesso un buon ultimo pasto o (ancora meglio) una bottiglia di liquore. Il cosiddetto pane che avevano continuato a lanciargli nella cella aveva il sapore del legno stantio, e l’acqua era così sporca che sarebbe stato meglio succhiare direttamente l’umidità dalle pareti. Un altro paio di vestiti rovinati. Dannazione, non ne poteva più di dover soldi all’aguzzina.

Che cavoli, una volta era rimasto per tre settimane senza cibo né acqua. Da quando era diventato così desiderso del cibo di quel maledetto cuoco dongiovanni?

Era stato ucciso? E gli altri? Erano morti: giustiziati? Erano rimasti solamente lui e Rufy? Il pensiero causò una stretta dolorosa al petto. Se fosse stato vero, pensò Zoro cupamente, giurò che avrebbe avuto vendetta. Se avesse dovuto farlo, avrebbe fatto a pezzi l’isola finché non sarebbe rimasto un solo soldato in vita.

No. Non poteva.

Quel lavoro spettava al suo capitano. Ma sicuramente avrebbe trovato un buon posto da dove guardare lo spettacolo.

Zoro aveva visto la morte in faccia un sacco di volte, aveva visto più volte i suoi amici finire ad un soffio dalla morte. Questa non era certo estranea per nessuno di loro, da quando un pazzo ragazzo di gomma li aveva uniti per diventare pirati. Ma quel tipo di morte, essere freddamente e sistematicamente sterminati, non era giusto. Non era da loro.

Rufy non voleva morire. Sapeva che gli altri l’avrebbero pensata allo stesso modo, se fossero stati ancora vivi. E Zoro aveva bisogno di sopravvivere abbastanza a lungo per farlo accadere. Se non era troppo tardi. Se non aveva già fallito...

Ma Rufy era ancora vivo. Quel fatto da solo era una ragione sufficiente per continuare a respirare.

Una porta si aprì dietro di lui e Zoro si girò attorno per vedere una sola guardia entrare. L’uomo incontrò i suoi occhi senza capire finché qualcosa evidentemente non scattò. Sembrava che avesse visto il suo stesso fantasma, perché poi la guardia si voltò e fuggì per la porta urlando ‘è sveglio!’ a pieni pomoni. La porta si chiuse dietro di lui.

Zoro trascorse altri minuti in silenzio, le sue dita che lentamente si addirmentavano sotto lo spriuzzo. Quando la porta si aprì di nuovo, contò non meno di quindici uomini armati di artiglieria, ciascuno dei quali si stava impegnando per non essere il primo ad entrare nella stanza. Quando finalmente passarono tutti, comparve un’ultima figura, che spiccava sopra le altre per il lungo camice bianco che indossava. L’uomo teneva anche un’enorme siringa da vena che a Zoro non piaceva nemmeno un po’.

“Sentite,” Zoro avrebbe alzato le mani supplice, se non fossero state incatenate dietro la schiena. “Giuro che vengo in pace. Non iniettatemi di nuovo della roba.” Stava iniziando ad avere la nausea, realizzò mentre il suo stomaco si muoveva. Un’altra iniezione eavrebbe potuto vomitare sugli stivali.

In risposta, quindici fucili si alzarono minacciando vari punti vitali del suo corpo. Sospirò dentro di sé e cercò di apparire il meno minaccioso possibile, il che non era troppo complicato dato che aveva le gambe addormentate. Ma a giudicare dai volti tesi che lo fissavano dall’alto, era chiaro che anche incatenato, drogato e zuppo era troppo intimidatorio anche per un’intera squadra di marine.

“Lo abbiamo preparato, Dottore,” disse l’ufficiale capo di prima. “Vada e faccia il suo lavoro.”

Il dottore fece un passo in avanti, sembrando sull’attenti ma curioso. “Non riesco a capire come qualcuno possa sopportare una così grande quantità di sedativi. Ma questo qui dovrebbe essere forte abbastanza da renderlo docile come un gattino per ore. Comunque devo avvertirla, capitano, con un cocktail così potente c’è la possibilità di fargli venire un infarto.”

“Mi prenderò la responsabilità,” affermò cupo l’uomo, prendendosi un po’ poco tempo per decidere del destino di Zoro. “Le cariche supreme del Governo Mondiale sono là fuori; non possiamo permetterci che questo tizio vada in berserk. Lo vogliono cosciente per interrogarlo. Noi vogliamo solo che non sia una minaccia.”

“Come desidera.”

Il dottore gli si avvicinò con prudenza, come avrebbe fatto nei confronti di una tigre ferita. L’ago era tenuto pronto mentre l’uomo mormorava una catena di nonsenso. Zoro si ribellò contro le sue catene, i suoi istinti di lotta e fuga che oscuravano il buon senso (che indicava che probabilmente non era l’idea migliore ribellarsi davanti ad un gruppo di marine dal grilletto facile a cui non importava se fosse morto sul posto). Malgrado il suo snervante muoversi, l’ago con mancò il bersaglio e lentamente penetrò la pelle all’interno del gomito. Zoro non sentì nemmeno la puntura, ma sibilò quando il liquido bruciò attraverso le vene e si avviava velocemente verso il cuore. Qualunque sollievo potesse aver provato al non morire instantraneamente fu offuscato dall’effetto rapido della droga. L’ago non era ancora stato estratto dal braccio che la stanza si sfocò e iniziò a girare prima di scivolare nell’oscurità.

dovere

Bibi si stava impegnando con forza per non piangere. Le scorse settimane erano state una specie di incubo. Era stata costretta a guardare i suoi amici più cari che venivano verbalmente crocifissi, uno per uno. Chopper, Sanji, Usop, Nami; erano stati trascinati fuori per essere crudelmente interrogati. Ogni parola era una freccia avvelenata, mirata ad essere più dolorosa possibile. Alla fine del giorno i suoi amici venivano trascinati via di nuovo, con i visi scavati e spiritati.

Il labbro inferiore di Bibi era ferito e sanguinante perché se l’era morso onde evitare di urlare. Quelli erano i suoi amci più cari; avevano salvato il suo paese. Non se lo meritavano. Non era proprio corretto. Non era giusto e basta.

Voleva alzarsi e lottare, fare a pezzi mattone per mattone quella terribile città finché non avesse liberato ogni singolo membro della ciurma di Cappello di Paglia. Assiema Chaka e Pell poteva combattere con i nemici abbastanza a lungo da far scappare i suoi amici. Mordendosi le unghie con velocità, stava seduta a formulare piani su pani, ma alla fine non faceva nulla. Non poteva.

Il suo popolo. Doveva pensare proprio alle persone che erano nelle sue mani. Il suo paese aveva appena finito di riprendersi dopo la guerra che li aveva quasi totalmente distrutti. Le persone avevano finalmente cominciato a riprendersi, dimenticandosi chi erano stati i ribelli e chi erano stati i soldati, vivendo assieme come un popolo unito. Sarebbe stato crudele costringerli alla sofferenza di un’altra guerra, non importava quanto giusta fosse la causa. Perché è quello che Bibi avrebbe fatto se si fosse alzata in quel momento. Invece, rimaneva seduta e guardava e veniva ferita per ogni amico che veniva trascinato a quel processo fasullo.

E quella volta, quella era decisamente la peggiore.

Roronoa Zoro. Mister Samurai: un uomo che era disposto a tagliarsi le gambe pur di continuare a combattere. Un uomo che aveva sconfitto più di un centinaio di cacciatori di taglie della Baroque Works; che da solo aveva sconfitto Das Bones, il killer che lavorava direttamente sotto Crocodile. Un uomo, forte e di onore. Un amico, coraggioso e sincero.

Un uomo, ora ferito e sanguinante, seduto come un cumulo senz’ossa, silenzioso, con la testa chinata e le spalle piegate in avanti. Che cosa gli avevano fatto? Non era quello l’uomo che conosceva.

Ma aspetta. La testa di Zoro si era appena alzata per rispondere a qualche domanda. Bibi non aveva nemmeno sentito qual’era, troppo immersa nei suoi pensieri. Ma aveva causato una reazione nello spadaccino, anche se minima. Bibi pregò che la scintilla di fuoco che aveva visto nei suoi occhi non fosse solo la sua immaginazione speranzosa. Rimase seduta, i pugni stretti nelle pieghe della gonna. Studiò il viso di Zoro con occhi attenti, cercando qualche segno, qualcosa che le dicesse che lui non si era arreso. Gli chiesero un’ulteriore cosa, l’ultima – questa volta lei prestò attenzione – e le labbra di Zoro si mossero, anche se leggermente. Non ne uscì un suono, ma Bibi ricordava abbastanza il suo addestramento come Miss Wednesday da capire ciò che tutti quelli attorno avevano perso.

Le lacrime le uscirono dagli occhi e dovette mordersi il dorso della mano per non lasciarsi andare. Aveva ottenuto la sua risposta. E anche se questa aveva distrutto qualsiasi fantasia infantile che avesse segretamente custodito, si ritrovò rassicurata- l’amore trova sempre una strada, che sia l’amore per una persona sola o per un’intera nazione. Avrebbe aspettato tranquilla nelle retrovie, avendo fiducia e credendo nei suoi amici.

Ma, si chiedeva Bibi mentre venivano a portare via Zoro, se la sua fede fosse forte abbastanza. Il suo cuore avrebbe resistito fermamente, il suo senso di responsabilità non sarebbe crollato, quando Monkey D. Rufy si fosse inginocchiato di fronte a lei? Guardandolo, avrebbe davvero potuto non far nulla?

Bibi se lo chiedeva.

interrogatorio

Zoro era in ginocchio, con le gambe incapaci di sorreggerlo. La luce del giorno lo accecava, gettandogli immagini scolorite e brucianti negli occhi. Non poteva muoversi, né pensare. Il calore lo soffocava. Il suo unico sollievo veniva da delle ombre incrociate sopra di lui. Ombre di una piattaforma d’esecuzione divenuta famosa quando Gol D. Roger vi aveva esalato il suo ultimo respiro.

C’era un tavolo davanti a lui. Attorno vi sedevano delle persone, sfocate ed indistinte. Stavano parlando, gli dicevano cose che non poteva sentire. Dal tono poteva capire che erano domande. Dirette a lui, probabilmente. Ma non riusciva a capirle. Sentì lo sguardo di qualcuno sopra di sé: era differente dagli altri; un amico, forse. Zoro era troppo stanco per dirlo. Rimase inginocchiato, fissando il terreno e desiderando che il grigio sfrocato si normalizzasse in polvere e rocce e piastrelle rotte. Lentamente, anche le voci mute iniziarono ad avere un senso.

Era difficile registrare cià che dicevano. Era come se stessero parlando in una lingua che conosceva a malapena; solo una piccola distrazione di concentrazione ed il significato delle parole si disperdeva nella mente ottenebrata dalla droga. Anche quando capiva la domanda, non poteva rispondere a voce alta. La sua lingua era incollata al palato. Le sue corde vocali potevano benissimo essere state tagliate. Il suo corpo era virtualmente paralizzato, tanto da non riuscire ad afferrare le rocce al di sotto e le voci che raggiungevano le sue orecchie. Ma le domande mescolavano qualcosa dentro di lui e, anche se non poteva parlare, il cuore di Zoro recitava le parole.

“Perché combatti?” chiese una voce solennemente.

Ho fatto una promessa…

“Tu-” La voce si interruppe, o fu la concentrazione si Zoro, piuttosto. Si sforzò di stare attento. “-una volta un cacciatore di taglie. Perché sei diventato un pirata?”

…Per essere il più forte...

“Tu sei—glior spadaccino. Perché combatti?”

...Per lui…

Le voci erano diventate aspre e pretenziose. “Perché continui a fare così?” chiesero.

Pensando all’uomo rimasto in quelle caverne, a lamentarsi per il cibo e a parlare disinvoltamente della morte, Zoro trovò la forza di alzare la testa. I suoi occhi si focalizzarono con fatica sulla piattaforma d’esecuzione, promettendo silenziosamente che Rufy non avrebbe mai incontrato la sua fine su una cosa del genere.

"Roronoa Zoro, perché continui a fare così?”

La bocca di Zoro si mosse, ma ancora non ne uscì nessun suono. Ma, in qualche maniera, andava bene così.

‘Per lui.’

Ci fu un coro di voci frustrate attorno, ma a quel punto Zoro smise di prestare attenzione. Avrebbe risparmiato le forze, aspettato il momento e allora, avrebbe agito.

“Rifiuta di parlare,” disse una voce.

“E’ partito. Voi stupidi giovinastri siete troppo generosi con le medicine,” parlò un altro.

“Non importa.” Un’altra voce si impose sulle altre. “La sua ora si avvicina.”

“Hai ragione. Riportatelo in cella.”

Zoro fu trascinato via, trasportato come un peso morto sul terreno. Le sue orecchie percepirono un’ultima cosa, da una voce che risuonava vecchia come il tempo, ma ancora forte e piena di potere oscuro. Quell’unica frase, benché se l’aspettasse, minacciò di fare a pezzi il suo mondo.

“Domani giustizieremo il Re dei Pirati…”

  
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