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Autore: MrEvilside    29/07/2010    2 recensioni
Mi piace quando quegli occhi mi guardano, quando le tue mani mi accarezzano, quando la tua voce mi dice che devo prendere la medicina e poi andare a letto e riposare – che resterai al mio fianco sino a quando non mi sarò addormentato.
Genere: Dark, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Metatrol, Rosiel, Sevoftarta (Laira)
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il salmo del bimbo che piange
(colonna sonora: Lacrimosa)

Nell’oscurità non riesco a vedere, tuttavia so che ci sei tu in questa stanza.
In fondo vi sono abituato, per me il tuo corpo non è mai stato altro che un nero punto interrogativo, sempiternamente celato da quella maschera, dagli abiti e dai guanti – a parte i tuoi occhi.
Mi piace quando quegli occhi mi guardano, quando le tue mani mi accarezzano, quando la tua voce mi dice che devo prendere la medicina e poi andare a letto e riposare – che resterai al mio fianco sino a quando non mi sarò addormentato.
Cammino nella tua direzione, tendo le braccia e ti chiamo.
Sevi, Sevi… voglio confessarti tutto ciò, voglio che tu sappia che ti voglio bene.
Infine, le mie dita sfiorano i tuoi lunghi, morbidi capelli bianchi; tuttavia ritraggo repentinamente la mano, intimidito, poiché non mi hai mai permesso di toccarti come facevi con me, ma tu non ti muovi e non parli, quasi stessi silenziosamente acconsentendo.
Dunque allungo nuovamente le braccia, lasciando che quei fili, bianchi e sottili come fossero di ragnatela, si intreccino alle mie dita, che mi affascinino e che mi trasmettano almeno un poco di quel tuo calore così familiare, e ti rivelo che di te mi piace tutto, che ti voglio bene, che vorrei che non smettessi mai di abbracciarmi.
Che ho sempre voluto essere io ad accarezzarti, anche soltanto una volta.
Vorrei strofinare la guancia sui tuoi capelli, vorrei pronunciare nuovamente il tuo nome – Sevi, Sevi: mi piace chiamarti, perché tu accorri sempre da me prima che da chiunque altro – ed accoccolarmi fra le tue braccia, adesso che finalmente Sandalphon non mi tormenta più nel sonno e non sono costantemente stanco a causa sua.
« Non toccarmi! »
La tua voce è differente dal solito: terrorizzata, acuta, stonata, provoca la discesa d’un tremito lungo la mia schiena.
No, Sevi, no…
Indietreggio, spaventato a mia volta quando una luce alle mie spalle ti illumina il volto e vedo i tuoi occhi sbarrati gonfi di lacrime e di follia. Non ho il tempo di scorgere nient’altro del tuo aspetto, perché due suore mi afferrano e mi trascinano lontano da te, oltre le due grandi porte dalle quali sono venuto.
I tuoi occhi, tuttavia, saranno sufficienti a devastare i miei sogni in eterno.
Il tuo odio mi fa così male, Sevi!
« Mi dispiace, signor Metatron, è colpa mia… Se soltanto vi avessi dato la medicina… »
Guardo i due enormi battenti che ci separano senza vederli, ascolto la mesta litania della suora accanto a me senza sentirla.
Non è colpa tua, stupida.
Raccolgo le ginocchia al petto, le cingo con le braccia e premo contro di esse il viso bagnato di pianto. La ragazza tace, mortificata, nell’udire i singhiozzi che mi scuotono le spalle esili, quei singhiozzi dei quali crede di essere la causa.
Così sciocca, così presuntuosa: davvero sei convinta d’essere tanto importante da meritare le mie lacrime?
Ma non sto piangendo per lei e nemmeno per te, Sevi: piango per me stesso.
Piango perché sono cattivo e tu mi odi per questo, perché non sono stato in grado di impedire a Sandalphon di rubarmi il corpo e fare delle cose orribili con esso – forse proprio a te, Sevi: forse è per questa ragione che mi hai cacciato, perché io non ho saputo proteggerti da lui.
Sono proprio un bambino pietoso.
Non posso perdonarmi se davvero mio fratello ti ha fatto del male ed io non ti ho difeso. Vorrei sapere che cosa ti ha fatto soltanto per potermi punire in modo dieci volte peggiore.
Se ti avesse cavato un occhio, io me li strapperei entrambi.
Se ti avesse rotto una gamba, trancerei le mie con un pugnale.
Se ti avesse ferito il cuore, asporterei il mio dal petto per donartelo.
Perché tu sei la persona che mi piace più di tutte le altre, Sevi, e non è questo che si fa per chi si ama?
E poi il tuo grido disperato, per quanto attutito dalla parete che ci divide, si fa strada sino alle mie viscere, tanto che quasi potrei vomitare la tua stessa sofferenza.
« Signor Sevoftarta! »
Sfuggendo alla giovane che mi tiene compagnia, sono il primo a fare ritorno nella stanza dove ti trovi, sebbene oda alle mie spalle lo scalpiccio dei passi delle altre suore e le loro voci concitate mentre accorrono ad aiutarti.
Questa volta voglio proteggerti, Sevi.
Tuttavia, quando vedo il tuo viso così vicino a quello di Rosiel, le vostre labbra che si toccano ed i tuoi occhi sgranati, se possibile ancor più terrorizzati di quando ti ho accarezzato i capelli, rimango immobile, più che mai spaventato ed incapace di fare un solo passo.
Perché l’angelo che vuole uccidermi ti sta baciando, Sevi? E perché hai tanta paura?
Dietro di me, le suore sono sopraggiunte, ma il mostro vestito di nero che accompagna l’angelo inorganico si getta su di loro e le fa a pezzi – avverto il loro sangue sulla schiena ed il tuo sguardo sul mio volto, che si adombra di porpora.
Infine Rosiel ti lascia andare e tu ti accasci a terra, stringendoti il ventre; lui ti degna appena d’un’occhiata impietosita e rivolge a me la sua attenzione, mentre il suo mostro nero si riporta al suo fianco e si inchina servilmente per permettergli di accomodarsi sulla sua spalla.
« Ah, caro Metatron, è bello rivederti » afferma, contorcendo le labbra in un ghigno al quale non riesco a sfuggire, un ghigno portatore di morte e disperazione.
Quel ghigno che vuole distruggermi.
« Se-Sevi… »
Una seconda volta, percepisco le lacrime scendere lungo le mie guance arrossate.
Infine trovo la forza di muovermi, di gridare, e corro tra le tue braccia, rannicchiandomi contro di te e stringendoti a me.
« Sevi, Sevi! Tu, » levo gli occhi su Rosiel, che seguita a sorridermi con una dolcezza disgustosa, come una madre insana con il proprio figlio « tu hai fatto del male a Sevi! Io ti odio! »
« La spazzatura va gettata via » commenta lui, lugubre. Sebbene sorrida, il suo sguardo ora è gelido e viene distolto da me come se, come te, fossi il sudiciume del quale sta parlando. « Sei un bambino fragile e pietoso, Metatron ».
Si vergogna di me, si vergogna perché ti sto abbracciando disperatamente, perché voglio bene a ciò che lui considera palesemente la feccia del Cielo.
La mia preoccupazione per te, tuttavia, oramai ha oltrepassato anche il mio terrore per lui: non ho attenzione che per te, non ho braccia che per te, non ho voce che per invocare il tuo nome e sperare che i tuoi occhi vuoti mi guardino come mi guardavano un tempo e che tu finalmente dica che è ora di prendere la medicina e di andare a letto.
« Lasciami andare » mormori, al contrario, in un sussurro udibile a stento. « Lasciami andare, » ripeti ancora, spingendomi via, impedendomi di tenerti stretto « altrimenti farai del male al mio caro bambino ».
Il… tuo… bambino…?
Adesso che la sento tanto calma, non riconosco la tua voce: non è la voce profonda del mio Sevi, è la voce – per quanto rauca – di una donna. Ritraendomi dalle tue mani che mi strattonano via da te, osservo, incredulo, il ventre rotondo al quale stai amorevolmente stringendo una testa mozzata, proprio sotto il seno appena accennato.
« A-ah… » gemo, lacerato dentro, portando le dita ad avvolgere il lato sinistro superiore del mio petto, laddove batte il cuore. « Aaahh! »
No. No. No!
Tu non sei Sevi! Non sei la persona che mi piace di più! Non può essere!
Non può davvero essere stata tutta una menzogna.
« Comprendi, ora, Metatron? » mi chiede Rosiel, che non sorride più, limitandosi ad osservarmi freddamente dall’alto della spalla del suo mostro nero. « Capisci che genere di sporcizia imbratta il Cielo? »
« Il mio bambino… il mio caro bambino… » seguiti a ripetere, come se non udissi nient’altro che i lamenti di tuo figlio nella tua pancia.
Io non riesco a sentire nemmeno quelli; odo soltanto il secco rumore del mio cuore che si rompe.
« Mi hai mentito: tu non sei Sevi! Mi hai mentito! » singhiozzo. « Ti odio, sei la persona che odio di più! »
Anche il tuo nome, “Sevoftarta”, è una bugia: tu sei una donna, non puoi portare il nome di un uomo, in particolare non dell’uomo che ho tanto amato e che ora giace morto nella pozza di sangue allargatasi sotto la testa posata nel tuo grembo.
Non osar infangare mai più la memoria del mio Sevi affermando che ti chiami come lui.
Vorrei conoscere il tuo vero nome soltanto per poterti maledire, perché me l’hai portato via.
Il mio caro Sevi.





( Oggi pubblico molto perché d'estate ho meno occasioni di disporre di una connessione, quindi mega-regalo [ ? ] di ben due fanfictions, questa e una per Kuroshitsuji. XD
Come se a qualcuno potesse minimamente interessare...
Oh, be', ieri ho finito di leggere il volume numero 16 della serie Gold - niente spoiler oltre quello, grazie.
E dire che odiavo "Sevi"... ma come si può non essere partecipi del suo dolore - in particolare di quello di Metatron?
Io amo svisceratamente Metatron, non avevo mai scritto fanfictions in prima persona singolare, probabilmente questa è brutta e OOC ma io l'ho scritta lo stesso, anche soltanto per mostrare quel pezzo di storia che non ci è stato mostrato, ossia la reazione che c'è stata al Palazzo Bianco quando Rosiel ha fatto impazzire Laila - la reazione di Metatron, soprattutto.
Grazie in anticipo a chi commenterà.
'til next time, chu. )
  
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