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Autore: Leyla Mayfair    26/09/2005    0 recensioni
Il grande maniero di Angel Manhor sorgeva sull’isolotto nel centro della Baia di San Francisco, circondato da un immenso giardino a terrazze che degradava verso l’Oceano. La statua dell’angelo stava sul suo piedistallo imponente e silenziosa, a guardia di quella casa e dei suoi segreti. Tutto era avvolto nell’oscurità e nel silenzio, solo le luci provenienti dall’altra parte della Baia testimoniavano che c’era vita nel mondo. Un mondo ignaro, perennemente in bilico tra luce e oscurità.
Genere: Dark, Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Angel’s Manhor, Angel islands San Francisco Bay

Angel’s Manhor,  Angel islands San Francisco Bay

 

- Ah, ah! Ti ho battuto, volpaccia!!

La voce squillante di Hanamichi Sakuragi risuonò per tutte le stanze della grande casa, sede della Luna Foundation di San Francisco, stava camminando, girato all’indietro, incurante di tutto quello che lo circondava, dietro di lui, camminava pacatamente Kaede Rukawa, le mani sprofondate nelle tasche e un’aria indolente dipinta sul viso, apparentemente del tutto sordo alle sfide lanciate dal collega, ma in realtà ben desto e attento, a tutto ciò che quella rumorosa testa rossa diceva e faceva. Ormai si era abituato al vociare del compagno, così come Hanamichi si era rassegnato all’ impossibilità di poter comunicare normalmente con il moro; entrambi rispettavano il reciproco stile di vita dell’altro. Avevano raggiunto un equilibrio sottile, che si spezzava qualche volta nelle loro solite liti, ma anche queste -tutto sommato- facevano parte del loro equilibrio…E almeno provocavano una reazione da parte di Kaede, che era abitualmente indolente a tutto e tutti.

Passarono di fronte agli innumerevoli uffici chiusi. Era ancora molto presto, e la maggior parte dei ricercatori doveva ancora arrivare. Loro stessi erano giunti da un paio d’ore, atterrando all’alba sul retro della casa con l’elicottero della Fondazione. Il tempo di una rinfrescata e di una colazione veloce, poi subito a rapporto da Leyla Mayfair, che li aveva accolti al loro arrivo e aveva dato loro appuntamento nel suo ufficio, con un tono che non ammetteva replica alcuna. Ed ora si trovavano lì, nel corridoio silenzioso, fermi di fronte a una porta di legno scuro con un foglietto attaccato e la scritta a penna “Capo… oggi sono di pessimo umore… brrrrr”.

Hanamichi sorrise, di sicuro questa era opera di Anne. Lei era quella addetta ai rapporti con Leyla, era la sua assistente, la sua più stretta collaboratrice, quella di cui Leyla si fidava ciecamente. E questo era il suo modo di avvertire tutti che, se avevano brutte notizie, gliele avrebbero dovute riferire con una certa accortezza. Chissà da quanto tempo, quel foglietto era attaccato sotto alla targhetta in ottone con inciso il nome di Leyla!!… probabilmente lo aveva attaccato mesi addietro, ma lo notavano solo adesso, perché la porta dell’ufficio era chiusa. Leyla Mayfair era tranquilla, pacata e gentile, ma le sue esplosioni di rabbia erano memorabili, soprattutto quando le cose non andavano come lei si aspettava e, tutto sommato, la missione appena conclusa non si era risolta secondo le direttive ricevute prima di partire, si disse Hanamichi deglutendo leggermente, e come sempre, era in parte sua responsabilità.

- Chissà cosa farà Leyla, appena se ne accorgerà?…

Domandò a voce alta, più per se stesso e non perché si aspettasse una risposta dall’altro accanto a lui, che intanto lo aveva raggiunto, sempre chiuso nel suo inaccessibile mutismo. Ma stranamente la volpe artica lo degnò di una risposta.

- Non voglio saperlo…

Hanamichi si voltò a squadrarlo, quasi avesse avuto due teste attaccate al collo. E quindi, inevitabile fu la sua risposta, un’occhiataccia ben assestata, che lo fece voltare e ammutolire.

Bussarono alla porta. E appena ricevuta risposta, entrarono nella zona riservata agli uffici di Leyla Mayfair e di Anne Amigon. Due uffici separati solo da un’anticamera arredata con un attaccapanni e un portaombrelli, per terra un morbido kilim delle sette dee molto prezioso, come gli aveva spiegato una volta Anne, dopo che lui vi aveva accidentalmente versato sopra la sua tazza di caffè...Anne si era occupata di far lavare il tappeto durante l’assenza di Leyla, via per una conferenza a New York con Kaede, il mese precedente, ma a lui pareva di scorgere sempre l’ombra di quella macchia, sospirò pensando che non c’era verso che riuscisse a combinarne mai una giusta...

Passando davanti al primo ufficio, Hanamichi notò con stupore l’assenza di vita: era strano! Anne, solitamente, era impegnata alla ricerca di file, notizie, e leggende sul computer,o sui libri enormi conservati nella biblioteca in fondo al corridoio… Sapeva un’infinità di lingue e quindi era in grado di leggere manufatti anche molto antichi, che –numerosi- ingombravano ogni angolo del suo ufficio…Ma quella volta non era presente, non c’era; con gran sollievo di Hanamichi, che le doveva ancora una cena, per una scommessa persa…Dannazione! riusciva sempre a fregarlo, nonostante fosse un Genio, tutte le volte ci cascava...

Entrarono nella grande stanza che ospitava l’ufficio di Leyla, una camera spaziosa, con le pareti foderate da eleganti pannelli di legno scuro e l’ampia vetrata sullo spettacolo della Baia di San Francisco. Leyla era impegnata con una telefonata e, appena li vide sulla porta, fece loro segno di entrare e sedersi.

Cosa che fecero, senza farselo ripetere due volte. Leyla parlava a voce concitata, in una lingua che per Hanamichi era sconosciuta, e alla fine sbatté il telefono con forza, segno –questo- che doveva essere molto alterata. Prese diversi respiri profondi, per calmarsi e calmare i suoi poteri e rialzò lo sguardo sui due giovani, come se non fosse successo nulla. Sorrise loro e, con la più materna delle intonazioni, disse loro…

- Ben tornati, ragazzi…spero abbiate fatto un buon viaggio! – li osservò piano, in silenzio, per alcuni minuti, studiando le loro espressioni e reazioni. Rukawa nascose uno sbuffo, mentre si sedeva accavallando le gambe, Hanamichi invece…Era troppo divertente vedere la gamma di reazioni, che passavano sul viso mobile ed espressivo del giovane dai capelli rossi. Lui avrebbe voluto riderle in faccia, si stava chiedendo se -per caso- li stesse prendendo in giro. Avevano viaggiato 12 ore filate su una bagnarola, poco ci mancava che cadesse a picco, e lui non sapeva neanche nuotare! Per finire dove? In un paesino sperduto nel cuore dell’America meridionale, pieno di zanzare grosse come topi. Ad analizzare delle pietre, che, così diceva la leggenda, dovevano possedere proprietà curative, perché al loro interno erano stati rinchiusi gli spiriti di alcuni vecchi guaritori Maya. Tutte frottole! Erano solo quattro pietruzze messe una vicino all’altra, che formavano un cerchio quasi perfetto…puzzavano, perché sopra ad esse venivano appoggiati i cadaveri, nella speranza che venissero resuscitati…cosa che, puntualmente, non avveniva; ma gli abitanti di quella landa continuavano a portare in processione i cadaveri, e ce n’erano alcuni che viaggiavano per settimane. Hanamichi era rabbrividito, di fronte a questa situazione.

Rukawa avrebbe voluto tirargliele in faccia quelle pietre: tanta fatica, un viaggio durato giorni in mezzo alla foresta tropicale a combattere con zanzare, sanguisughe e caldo, per poi ritrovarsi con nulla, tra le mani. Di fronte alla rabbia mal celata del compagno, Hanamichi aveva obiettato che non potevano sfatare così la leggenda di quelle povere persone…così lo aveva implorato di catalogarle ugualmente, per finta. E continuare a mantenere vivo in quella gente il sogno della loro leggenda. La discussione che ne era seguita era stata il solito scambio di insulti…

“Do’aho!”

“Baka Kitsune..”

Ma in fondo, Rukawa aveva accettato la richiesta di Hanamichi…Catalogando le pietre e lasciando quel paesino con la propria credenza: che quelle pietre, in fondo, possedessero un potere soprannaturale. Lei, quando gli avevano comunicato la cosa dal telefono satellitare, non l’aveva presa molto bene, dicendo che avrebbero dovuto limitarsi a specificare che non possedevano nulla di miracoloso, invece di illuderli. Se quelle pietre non avevano alcun potere, non era il caso di alimentare false speranze, che poi, una volta crollate, avrebbero avuto conseguenze ancora peggiori. Era stata tentata di rimandarli indietro, ma qualcosa l’aveva trattenuta e, quando aveva riattaccato, non aveva potuto trattenere un sorriso compiaciuto, scotendo la testa: Kaede che si lasciava intenerire, ma davvero…quella sì, che era una novità sconcertante!!. L’integerrimo e scostante Kaede Rukawa, che cedeva ad una supplica…e di Hanamichi, poi. Avrebbe pagato, per assistere a quella scena. Anne le aveva fatto l’occhiolino dal suo ufficio, intuendo i suoi pensieri. Lei continuava a sostenere la sua teoria, secondo la quale quei due avevano solo bisogno di una spintarella, come la chiamava lei…

Quel pensiero le fece ricordare di colpo tutte le sue preoccupazioni e tornò a dedicarsi al problema principale…Aprì il cassetto ed estrasse una busta gialla, arrivata quella mattina con un corriere espresso da Londra, posandola davanti a lei, sulla sua scrivania.

Diede un’occhiata sopra la spalla di Kaede, attraverso la porta aperta: Anne non era ancora arrivata quella mattina e lei sapeva perché: i resti di quella nevicata notturna li aveva trovati sul sentiero un paio di mattine prima,  mentre faceva jogging. Aveva capito subito di chi si trattava: Dimitrij…e chi altri poteva essere in grado di fare una cosa del genere: una nevicata in pieno luglio! Scosse la testa. Sperava che non ci fossero ulteriori problemi, aveva dovuto combattere tutta la mattina con il Consiglio degli Anziani, per farsi affidare quella indagine. Piano piano, stava consumando gli appoggi che gli venivano dalla posizione di prestigio che suo padre aveva avuto nel Consiglio, quando era ancora in vita, ma non sarebbe andata avanti ancora per molto, sperava che, con questa indagine, si sarebbero calmate un po’ le acque; e l’attenzione sulla sua squadre si facesse più blanda. L’ultima cosa che voleva era che Anne ne restasse coinvolta o peggio ancora ferita in qualche modo. Si passò una mano sugli occhi, togliendosi gli occhiali. Aveva sperato che Anne fosse riuscita a dimenticare, o quanto meno a convivere in pace con il suo passato, ma evidentemente non era così. L’unica cosa che poteva fare lei, era impedire che si cacciasse nei guai…Scosse la testa soffocando una risata amara, come poteva pensare che Anne riuscisse a dimenticare il passato doloroso, se neppure lei riusciva a farlo con il suo?...Percepì lo sguardo di Rukawa su di sé. Anche se se ne stava lì seduto con la solita aria annoiata e l’espressione più inespressiva che gli conosceva, Leyla sapeva che Rukawa avvertiva chiaramente il suo tormento interiore, anche senza usare troppo i suoi poteri. La sfuriata per telefono doveva essere stata esplicativa, anche se, probabilmente, non aveva capito una sola parola del suo discorso con il Precepts della casa di Praga, ma c’era qualcos’altro sotto e questo non poteva permettergli di leggerlo. Alzò lo sguardo direttamente su di lui che, vistosi scoperto, si dedicò all’analisi approfondita dell’orlo dei suoi pantaloni, senza perdere minimamente quella sua aria impassibile. Reprimendo un sorriso, Leyla cominciò a parlare mostrando loro delle foto, immagini di corpi senza vita, depositati per terra, disposti l’uno a fianco all’altro ordinatamente. Apparentemente non avevano nulla, come se la vita fosse stata levata a loro, senza che questi venissero toccati…

- Vorrei che andaste in questa casa… sono state registrate attività strane..

Kaede si chiese cosa preoccupasse così tanto Leyla, non era una missione come le altre, quella, lo percepiva chiaramente. E poi quella telefonata, non aveva capito tutto, ma aveva intuito dal tono, che stava subendo forti pressioni. Osservò quelle foto, cercò di concentrarsi sui volti distesi e pacifici delle vittime, sembrava che non avessero subito una violenza per essere privati della vita, come se si fossero sacrificati di propria iniziativa, non riusciva a capire fino in fondo. Cosa centrava Anne in tutto questo?...Era stato un lampo fugace nelle sensazioni di Leyla, ma la preoccupazione per la sua fidata assistente era chiara: sarebbero bastate ad un osservatore meno attento, le fuggevoli occhiate che Leyla lanciava all’ufficio vuoto di Anne, dall’altra parte del corridoio...Dov’era? Da che lui lavorava lì, Anne era sempre la prima ad arrivare e l’ultima ad andare via, come Leyla. Era strano che non fosse davanti al suo computer...Sentiva che aveva a che fare con quei cumuli di neve che aveva scorto nel vialetto laterale, mentre rientravano in casa dopo essere atterrati con l’elicottero. Neve, in pieno luglio. Ma chi (perché sicuramente era stata una qualche entità abbastanza potente da comandare gli elementi atmosferici ) e soprattutto perché? E quale legame -tutto questo- aveva con Anne?...Gli sarebbe bastato espandere il suo potere giusto un minimo, ma Leyla se ne sarebbe immediatamente accorta e forse non avrebbe gradito. E già era irritata per come si erano comportati durante la missione in Sud America, non era il caso di aggiungere altri motivi alla sua rabbia...Effettivamente, anche lui era lievemente irritato da quell’episodio. Si era fatto convincere, aveva ceduto a una supplica di Hanamichi...Che diamine gli stava succedendo? Il fatto era che non era riuscito a farne a meno, quando lui lo aveva pregato di non infrangere le illusioni di quei selvaggi, con quello sguardo...Già!! quello sguardo era il problema, il colore e il calore di quegli occhi erano piantati a fuoco nel suo cervello, come un marchio che non voleva saperne di essere cancellato:

Guardami”

“guarda me!”

Urgenza, desiderio, bramosia...

La voce limpida di Leyla che spiegava come quell’episodio si fosse ripetuto in altri luoghi, a distanza di tempo abbastanza regolare, tanto da far pensare a un rituale o a qualcosa che nascondeva un disegno sotto, lo fece tornare attento a quello che lo circondava…Diede un un’occhiata di sfuggita ad Hanamichi che si stava sfregando contento le mani, l’una contro l’altra…E Rukawa non poté far altro che alzare esasperato un sopracciglio, sicuramente quell’idiota stava pensando di poter, finalmente, menare un po’ le mani. Un’ abitudine che aveva assunto da un loro caso recente, quando aveva avuto la possibilità di parare le spalle a Rukawa, mettendo K.O. un energumeno che cercava di attaccarlo di soppiatto…

Sospirò rumorosamente e gli tirò un calcio ben assestato allo stinco…possibile che dovesse sempre dirgli tutto?

- Baka Kitsune!!…- reagì l’altro, massaggiandosi la tibia dolorante e lanciando un’occhiata di fuoco verso Rukawa, che però non lo degnò di uno sguardo, continuando a fissare le foto. C’ era qualcosa che gli sfuggiva.

- Hanamichi! Fa silenzio, per favore!

Lo rimproverò Leyla, richiamandolo all’attenzione…

- Ma è lui che…- protestò, indicando Rukawa che alzò gli occhi al cielo, chiedendosi con chi avesse mai litigato in qualche vita passata, per meritare di dover lavorare con Hanamichi.

Sentirono la porta aprirsi alle loro spalle e un’affannata Anne entrò nella stanza…

- Scusate il ritardo…Leyla…mi hanno detto che mi cercavi…

Leyla non rispose, annuì soltanto, indicandole le foto,. Anne si avvicinò togliendosi la giacca, le ci volle solo un secondo per realizzare cosa fossero. E persino Hanamichi si accorse del suo repentino cambiamento…

Appena era entrata, si era alzato in piedi, pronto a lasciarle il posto. Era pur sempre il suo referente…Anne lo aveva tirato fuori più di una volta dai guai, senza che Leyla ne venisse a conoscenza, o che Rukawa lo scoprisse. La cena che gli doveva, derivava proprio da una di queste occasioni. A volte si svegliava nel cuore della notte, in preda al terrore che loro scoprissero cosa era realmente successo al prezioso manufatto per la mostra al Gugenheim, dato per disperso un paio di mesi prima e non ancora ritrovato, solo lui e Anne sapevano che era stato polverizzato...e neppure ricordava come e perché, probabilmente gli era caduto, mentre lo catalogava prima di spedirlo. Già! Certo.. però un oggetto in terracotta, quando cade, va in mille pezzi.. non si trasforma in un mucchietto di polvere. A dire la verità, non ricordava molto di quello che era successo…solo che era arrabbiato…Si era arrabbiato con Kaede; no, non con Kaede.. con quell’Akira Sendo della casa di Londra. Era venuto in visita, per portare dei manufatti che servivano per una conferenza di Leyla a Mosca, e per tutto il tempo non aveva fatto altro che ronzare intorno a Kaede senza perdere occasione per lanciare frecciatine nella sua direzione, e lui non lo sopportava: sempre sorridente, niente sembrava smuoverlo da quella sorta di paresi facciale che si ritrovava. Li aveva visti rientrare un pomeriggio e, dai loro discorsi, aveva saputo che erano stati in città a giocare a basket (lui neppure sapeva che la Kitsune sapesse giocare a basket e poi, Kaede con lui rifiutava sistematicamente di andare da qualsiasi parte che non fosse per lavoro). La cosa lo aveva fatto imbestialire e, mentre aiutava Anne a catalogare i reperti nelle casse che si trovavano nei sotterranei, Sendoh era sceso per controllare, aveva detto lui, ma Hanamichi era sicuro che fosse venuto per deriderlo, cosa che aveva fatto puntualmente in un momento che Anne si era allontanata. Quando Anne era rientrata, Hana aveva ormai talmente tanta rabbia in corpo che stava per esplodere. Aveva desiderato di incenerire Sendoh, se solo lo avesse avuto tra le mani. Ciò che ricordava era semplicemente che si era come riavuto da un mancamento e il vaso, che prima aveva in mano, giaceva in terra in un mucchietto di cenere fumante (questo qui costa un patrimonio alla  fondazione ¬_¬NdL). Anne si era impegnata a far sparire i resti inceneriti del vaso, coprendo la sua sparizione anche con Leyla…ma per questo, gli era toccata la promessa di pagarle una cena alla prossima occasione.

Kaede gli diede una gomitata, richiamando la sua attenzione, scotendo la testa rassegnato, non lo disse, ma il “Do’hao” di rito era chiaro nel suo sguardo…Hanamichi abbassò gli occhi, arrossendo.

Inutile: i pensieri che si stavano affollando nella sua testa erano troppo frenetici, perché Leyla li potesse cogliere chiaramente…poté solo fare un piccolo cenno del capo all’indirizzo di Rukawa e aspettare a vedere la reazione. Il moro avanzò in direzione della ragazza, apparentemente costei non se ne accorse, subito imitato da Sakuragi…Ovviamente questi non sapeva quello che sarebbe successo, ma eseguiva lo stesso i movimenti impartitigli dal collega. Era diventata un’abitudine, per lui, fare questo…Anche se non lo avrebbe mai ammesso, si fidava ciecamente di quello che diceva, o meglio pensava, Rukawa.

Improvvisamente la ragazza si riscosse, alzando lo sguardo su Leyla e fissando i due che si erano messi tra lei e la porta.

- Questo cosa significa, Mayfair?! - disse Anne, il tono freddo, impassibile, non lasciava trapelare i suoi veri sentimenti… Leyla accusò il colpo, il veleno era chiaro nella voce. Gli spiaceva quella reazione, da parte di quella che considerava quasi una sorella. Entrambe sapevano quello che si celava sotto la sua tacita affermazione…E tutte e due sapevano che questo avrebbe portato a delle dolorose ripercussioni per entrambe. In qualunque modo si fosse risolta quella vicenda, il loro rapporto avrebbe subito dei mutamenti.

- Anne… vorrei che capissi…- tentò Leyla.

- Cosa?

- Non posso permettere che tu lasci Angel Manhor.

- Spero tu stia scherzando, Mayfair!!

Ora la voce di Anne era quasi un sibilo… gli occhi stretti a fessura, le mani strette a pugno. Lo sguardo basso e torvo, in direzione del suo capo. Oramai, le altre due persone in stanza erano state completamente dimenticate…ormai, solo i loro sguardi erano legati…ormai, solo i loro occhi erano possibili da vedere…ormai, solo un pensiero correva nelle loro menti.

Hai chiesto tu questa indagine?”

Leyla percepì il dolore e la delusione nelle parole di Anne, si sentiva tradita, probabilmente.

ho subito delle pressioni…comunque sì, l’ho chiesta io.” non aveva immaginato che sarebbe stato facile, ma non aveva preventivato che sarebbe stato così doloroso.

“ non starai pensando che possa essere in qualche modo coinvolto!”

“ non penso nulla…devo indagare e tu lo sai..”

Anne non rispose, ma fissava con gli occhi stretti la donna davanti a sé. Lo sapeva, sapeva che sarebbe accaduto, prima o poi, accadeva sempre questo: era il prezzo da pagare per non essere chiaramente in un mondo solo. Aveva creduto che la sua anima divisa avrebbe potuto, in qualche modo, sopportare di camminare in bilico sul filo, quel sottile confine che separava il suo essere umana dal fatto di essere cresciuta in un Clan di Vampiri e di sentirsi parte di quella comunità più che in una società umana. Per un po’ ci era riuscita, ed era stata una piacevole illusione, ma ora?…Ora, era venuto il momento di pagare il prezzo e non era sicura di quelle che sarebbero state le conseguenze per la sua vita. Strinse gli occhi, come a volersi isolare dal mondo attorno a lei. Lo faceva spesso da bambina, quando gli altri ragazzini del villaggio la chiamavano ‘Strigoij’, per via del suo potere di leggere nella mente; i primi tempi della sua permanenza ad Angel’s Manhor, quando le mancavano le aperte distese canadesi, dove aveva vissuto quasi tutta la sua vita, da che aveva ricordi. Ed era una vita spensierata, insieme a persone che l’avevano fatta sentire amata...quando l’avevano allontanata, aveva sofferto molto, si era opposta con tutte le sue forze al fatto di dover seguire Marcus Mayfair...ma la decisione del Master del Clan era indiscutibile e lei si era dovuta rassegnare a seguire quell’uomo.

Sakuragi osservava la scena a fianco di Rukawa. Non riusciva a capire molto. Certo, sapeva che Leyla e Anne stavano parlandosi tramite i loro poteri telepatici, ma non riusciva ad individuare il problema, e poi Anne, che di solito non perdeva occasione di tirare frecciatine a Rukawa, e a scherzare su molte cose, era ora un blocco di ghiaccio… provava persino freddo a guardarla da così distante. Sembrava quasi la Kitsune che aveva al fianco. Già, la Kitsune…scacciò il principio di pensiero che si stava formulando nella sua mente, doveva smetterla. Prima lo avrebbe  fatto, meglio sarebbe stato e meno avrebbe sofferto poi. Si volse comunque a guardare Rukawa fermo al suo fianco, le braccia incrociate e lo sguardo fisso di fronte a sé. Un pensiero indisponente si insinuò nel suo cervello, non c’era altro da dire: quella dannata Kitsune era davvero bella…Da quanto lo pensava? Probabilmente da sempre, dalla prima volta che lo aveva visto scendere dalle scale di Angel’s Manhor, così altero e indifferente, chiuso nel suo silenzio…Era un pensiero irrazionale, qualcosa che non poteva impedirsi di formulare e più il tempo passava, più si rendeva conto che la cosa andava al di là della semplice constatazione oggettiva, ma implicava qualcosa d’altro, qualcosa che si rifiutava di prendere anche solo in considerazione.

Fermo a pochi metri da un confuso Hanamichi, Rukawa, dal canto suo, coglieva i sentimenti delle due donne, sentiva le loro emozioni e cercava di trarne maggiori informazioni, per capire cosa stesse succedendo. Non che la cosa gli importasse, per carità, lui aveva abbastanza problemi a tenere sotto controllo i suoi sentimenti personali, a fermarsi dal toccare quella testa rossa, che ormai albergava in maniera fissa nei suoi pensieri, senza che lui potesse opporsi. Anche in quel momento, sentiva il suo sguardo su di sé…ma evitava di voltarsi come sempre, quando questo succedeva, e da quando erano tornati dalla casa di Auteuil, capitava molto spesso. Ormai era quasi strano, non sentire quegli occhi colmi di domande e dubbi che lo seguivano ovunque, come un’ombra...La cosa strana era che la confusione di Hanamichi si rifletteva anche su di lui, come il riflesso della luce di una candela davanti allo specchio, e tutto questo non lo aiutava. Le sue percezioni, sempre chiare e precise quando riguardavano qualcun altro, erano ora dannatamente confuse e intricate...e non era dovuto solo al fatto che riguardavano lui stesso, per quelle era sempre stato semplice leggerle e anche controllarle, ma erano quelle derivanti dal sé stesso in relazione con Hanamichi che non riusciva a mettere a fuoco o a definire. Il fatto era che, più cercava di analizzarle e di scomporle per trovarvi un senso, più le snaturava, allontanandosi dal vero significato, fino a perdersi in considerazioni vuote e inutili che servivano soltanto ad aumentare la sua confusione. Per questo cercava di tenerlo a distanza…certo, la cosa non era facile, visto che Leyla si ostinava a farli lavorare assieme.

Un lieve mutamento tra le due donne lo distolse da quei ragionamenti, era un mutamento insignificante, che nessuno altro avrebbe notato, ma tutto si comunicava a lui, anche senza che si fosse tolto i guanti di pelle nera...

Leyla -lo sentiva- era amareggiata di questa situazione, che aveva qualcosa a che fare con una conoscenza del passato di Anne…Le due donne avevano finito di discutere e Anne uscì dalla stanza sbattendo la porta:

- Dannazione…– imprecò Leyla, lasciandosi ricadere sulla sedia come se quella discussione l’avesse svuotata.

Hanamichi non sapeva che fare. Non aveva capito molto di quello che stava succedendo, lanciò uno sguardo interrogativo a Rukawa, che però non pareva affatto intenzionato a rispondergli: continuava a fissare Leyla, con una luce di preoccupazione negli occhi. Si era più volte scoperto geloso, in quei mesi, per quel rapporto un po’ speciale che legava Rukawa al loro capo, ma perché mai, poi?, si era chiesto più volte. Era capitato spesso, che lo avesse visto camminare nel giardino con lei che parlava e straordinariamente lui rispondeva pure, mentre Hanamichi doveva ridursi a fare sempre l’idiota, per riuscire ad attirare la sua attenzione, perché quegli occhi si posassero su di lui, ma sempre con il rimprovero o quell’aria scocciata, come quando si ha che fare con un bambino che combina solo guai: quanto avrebbe dato, perché a volte lo guardasse con quella stessa dolcezza che vi scorgeva mentre parlava con Leyla...Perché diamine, poi, aveva questo bisogno di un riconoscimento da lui, da Kaede Rukawa, l’algida kitsune?!...Era solo un collega! Per la precisione, quello che non lo sopportava, senza sforzarsi troppo di nasconderlo, e a cui lui sarebbe saltato volentieri al collo, perché lo ignorava negando la sua evidente genialità con la sua freddezza e la sua aria di superiorità...Se era così, perché allora dava tutta questa importanza alla sua opinione, e si sentiva così confuso solo perché era vicino a lui? Perché? Erano mesi che non riusciva a liberarsi dal pensiero di lui, sentiva il suo profumo che gli riempiva le narici come un qualcosa che era parte di lui, ormai, anche quando Rukawa era lontano.

Leyla sospirò, attirando la loro attenzione:

- Ascoltate…ragazzi, andate in quella casa e cercate di cavarne fuori la soluzione il prima possibile, qui la situazione è critica…partirete tra meno di un un’ora…-

- destinazione? – azzardò a chiedere Hanamichi, vedendo che Rukawa si limitava ad annuire.

- Rutenia.

- Che cosaaaaa??? – proruppe il rossino – un altro viaggio impossibile? No, ma perché…

Kaede si volse verso di lui sollevando un sopraciglio, e questo bastò perché il giovane azzittisse le sue proteste, chinando il capo:

- Sì, lo so…- sbuffò, anticipando ciò che gli sarebbe stato detto. Tutte le volte che Leyla doveva dare delle direttive a Kaede, lo mandava fuori dalla stanza con una scusa…- vado a preparare i miei bagagli.

Quando fu uscito, Leyla lo guardò sorridendo:

- Dopotutto, riesci a gestirlo bene…

- Hn… è un Do’hao…

- Se vuoi, ti affianco qualcun altro…- Leyla scoppiò in una risata, quando lo vide spalancare gli occhi e cercare di trattenersi dall’esprimere il disappunto che quella eventualità gli provocava- …sai, Kaede, sono contenta che tu riesca ad avere un rapporto con qualcuno…

- Parlami della missione…- tagliò corto lui, cercando di nascondere l’irritazione con sé stesso per aver messo a nudo il fatto che, nonostante dicesse il contrario, era contento di lavorare accanto a Sakuragi…

- …anche se non lo ammetteresti mai, neppure sotto tortura…- Leyla gli sorrise, completando il suo pensiero e Rukawa sbuffò per nascondere il mezzo sorriso che gli era salito alle labbra, dannazione.. a volte si dimenticava delle capacità di quella donna. – e poi mi dovrai spiegare come mai, se riesci a controllarlo così bene, hai ceduto a una sua richiesta così sciocca come quella di catalogare lo stesso quelle pietre...

Kaede deglutì, doveva aspettarselo che Leyla non gli avrebbe fatto passare liscia quella situazione. Cercando di sfuggire al suo sguardo indagatore, si preparò alla mezz’ora più lunga della sua vita...

 

 

   
 
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