Angel’s
Manhor, Angel islands San Francisco Bay
- Ah, ah! Ti ho battuto,
volpaccia!!
La voce squillante di Hanamichi Sakuragi risuonò per tutte
le stanze della grande casa, sede della Luna Foundation di San Francisco, stava
camminando, girato all’indietro, incurante di tutto quello che lo circondava,
dietro di lui, camminava pacatamente Kaede Rukawa, le mani sprofondate nelle
tasche e un’aria indolente dipinta sul viso, apparentemente del tutto sordo
alle sfide lanciate dal collega, ma in realtà ben desto e attento, a tutto ciò
che quella rumorosa testa rossa diceva e faceva. Ormai si era abituato al
vociare del compagno, così come Hanamichi si era rassegnato all’ impossibilità
di poter comunicare normalmente con il moro; entrambi rispettavano il reciproco
stile di vita dell’altro. Avevano raggiunto un equilibrio sottile, che si
spezzava qualche volta nelle loro solite liti, ma anche queste -tutto sommato-
facevano parte del loro equilibrio…E almeno provocavano una reazione da parte
di Kaede, che era abitualmente indolente a tutto e tutti.
Passarono di fronte agli innumerevoli uffici chiusi. Era
ancora molto presto, e la maggior parte dei ricercatori doveva ancora arrivare.
Loro stessi erano giunti da un paio d’ore, atterrando all’alba sul retro della
casa con l’elicottero della Fondazione. Il tempo di una rinfrescata e di una
colazione veloce, poi subito a rapporto da Leyla Mayfair, che li aveva accolti
al loro arrivo e aveva dato loro appuntamento nel suo ufficio, con un tono che
non ammetteva replica alcuna. Ed ora si trovavano lì, nel corridoio silenzioso,
fermi di fronte a una porta di legno scuro con un foglietto attaccato e la
scritta a penna “Capo… oggi sono di pessimo umore… brrrrr”.
Hanamichi sorrise, di sicuro questa era opera di Anne. Lei
era quella addetta ai rapporti con Leyla, era la sua assistente, la sua più
stretta collaboratrice, quella di cui Leyla si fidava ciecamente. E questo era
il suo modo di avvertire tutti che, se avevano brutte notizie, gliele avrebbero
dovute riferire con una certa accortezza. Chissà da quanto tempo, quel
foglietto era attaccato sotto alla targhetta in ottone con inciso il nome di
Leyla!!… probabilmente lo aveva attaccato mesi addietro, ma lo notavano solo
adesso, perché la porta dell’ufficio era chiusa. Leyla Mayfair era tranquilla,
pacata e gentile, ma le sue esplosioni di rabbia erano memorabili, soprattutto
quando le cose non andavano come lei si aspettava e, tutto sommato, la missione
appena conclusa non si era risolta secondo le direttive ricevute prima di
partire, si disse Hanamichi deglutendo leggermente, e come sempre, era in parte
sua responsabilità.
- Chissà cosa farà Leyla, appena se ne accorgerà?…
Domandò a voce alta, più per se stesso e non perché si
aspettasse una risposta dall’altro accanto a lui, che intanto lo aveva
raggiunto, sempre chiuso nel suo inaccessibile mutismo. Ma stranamente la volpe
artica lo degnò di una risposta.
- Non voglio saperlo…
Hanamichi si voltò a squadrarlo, quasi avesse avuto due teste
attaccate al collo. E quindi, inevitabile fu la sua risposta, un’occhiataccia
ben assestata, che lo fece voltare e ammutolire.
Bussarono alla porta. E appena ricevuta risposta,
entrarono nella zona riservata agli uffici di Leyla Mayfair e di Anne Amigon.
Due uffici separati solo da un’anticamera arredata con un attaccapanni e un
portaombrelli, per terra un morbido kilim delle sette dee molto prezioso, come
gli aveva spiegato una volta Anne, dopo che lui vi aveva accidentalmente
versato sopra la sua tazza di caffè...Anne si era occupata di far lavare il
tappeto durante l’assenza di Leyla, via per una conferenza a New York con
Kaede, il mese precedente, ma a lui pareva di scorgere sempre l’ombra di quella
macchia, sospirò pensando che non c’era verso che riuscisse a combinarne mai
una giusta...
Passando davanti al primo ufficio, Hanamichi notò con
stupore l’assenza di vita: era strano! Anne, solitamente, era impegnata alla
ricerca di file, notizie, e leggende sul computer,o sui libri enormi conservati
nella biblioteca in fondo al corridoio… Sapeva un’infinità di lingue e quindi
era in grado di leggere manufatti anche molto antichi, che –numerosi-
ingombravano ogni angolo del suo ufficio…Ma quella volta non era presente, non
c’era; con gran sollievo di Hanamichi, che le doveva ancora una cena, per una
scommessa persa…Dannazione! riusciva sempre a fregarlo, nonostante fosse un
Genio, tutte le volte ci cascava...
Entrarono nella grande stanza che ospitava l’ufficio di
Leyla, una camera spaziosa, con le pareti foderate da eleganti pannelli di
legno scuro e l’ampia vetrata sullo spettacolo della Baia di San Francisco.
Leyla era impegnata con una telefonata e, appena li vide sulla porta, fece loro
segno di entrare e sedersi.
Cosa che fecero, senza farselo ripetere due volte. Leyla
parlava a voce concitata, in una lingua che per Hanamichi era sconosciuta, e
alla fine sbatté il telefono con forza, segno –questo- che doveva essere molto
alterata. Prese diversi respiri profondi, per calmarsi e calmare i suoi poteri
e rialzò lo sguardo sui due giovani, come se non fosse successo nulla. Sorrise
loro e, con la più materna delle intonazioni, disse loro…
- Ben tornati, ragazzi…spero abbiate fatto un buon
viaggio! – li osservò piano, in silenzio, per alcuni minuti, studiando le loro
espressioni e reazioni. Rukawa nascose uno sbuffo, mentre si sedeva
accavallando le gambe, Hanamichi invece…Era troppo divertente vedere la gamma
di reazioni, che passavano sul viso mobile ed espressivo del giovane dai
capelli rossi. Lui avrebbe voluto riderle in faccia, si stava chiedendo se -per
caso- li stesse prendendo in giro. Avevano viaggiato 12 ore filate su una
bagnarola, poco ci mancava che cadesse a picco, e lui non sapeva neanche
nuotare! Per finire dove? In un paesino sperduto nel cuore dell’America
meridionale, pieno di zanzare grosse come topi. Ad analizzare delle pietre,
che, così diceva la leggenda, dovevano possedere proprietà curative, perché al
loro interno erano stati rinchiusi gli spiriti di alcuni vecchi guaritori Maya.
Tutte frottole! Erano solo quattro pietruzze messe una vicino all’altra, che
formavano un cerchio quasi perfetto…puzzavano, perché sopra ad esse venivano
appoggiati i cadaveri, nella speranza che venissero resuscitati…cosa che,
puntualmente, non avveniva; ma gli abitanti di quella landa continuavano a
portare in processione i cadaveri, e ce n’erano alcuni che viaggiavano per
settimane. Hanamichi era rabbrividito, di fronte a questa situazione.
Rukawa avrebbe voluto tirargliele in faccia quelle pietre:
tanta fatica, un viaggio durato giorni in mezzo alla foresta tropicale a
combattere con zanzare, sanguisughe e caldo, per poi ritrovarsi con nulla, tra
le mani. Di fronte alla rabbia mal celata del compagno, Hanamichi aveva
obiettato che non potevano sfatare così la leggenda di quelle povere
persone…così lo aveva implorato di catalogarle ugualmente, per finta. E
continuare a mantenere vivo in quella gente il sogno della loro leggenda. La
discussione che ne era seguita era stata il solito scambio di insulti…
“Do’aho!”
“Baka
Kitsune..”
Ma in fondo, Rukawa aveva accettato la richiesta di
Hanamichi…Catalogando le pietre e lasciando quel paesino con la propria
credenza: che quelle pietre, in fondo, possedessero un potere soprannaturale.
Lei, quando gli avevano comunicato la cosa dal telefono satellitare, non
l’aveva presa molto bene, dicendo che avrebbero dovuto limitarsi a specificare
che non possedevano nulla di miracoloso, invece di illuderli. Se quelle pietre
non avevano alcun potere, non era il caso di alimentare false speranze, che
poi, una volta crollate, avrebbero avuto conseguenze ancora peggiori. Era stata
tentata di rimandarli indietro, ma qualcosa l’aveva trattenuta e, quando aveva
riattaccato, non aveva potuto trattenere un sorriso compiaciuto, scotendo la
testa: Kaede che si lasciava intenerire, ma davvero…quella sì, che era una
novità sconcertante!!. L’integerrimo e scostante Kaede Rukawa, che cedeva ad
una supplica…e di Hanamichi, poi. Avrebbe pagato, per assistere a quella scena.
Anne le aveva fatto l’occhiolino dal suo ufficio, intuendo i suoi pensieri. Lei
continuava a sostenere la sua teoria, secondo la quale quei due avevano solo
bisogno di una spintarella, come la chiamava lei…
Quel pensiero le fece ricordare di colpo tutte le sue
preoccupazioni e tornò a dedicarsi al problema principale…Aprì il cassetto ed
estrasse una busta gialla, arrivata quella mattina con un corriere espresso da
Londra, posandola davanti a lei, sulla sua scrivania.
Diede un’occhiata sopra la spalla di Kaede, attraverso la
porta aperta: Anne non era ancora arrivata quella mattina e lei sapeva perché:
i resti di quella nevicata notturna li aveva trovati sul sentiero un paio di
mattine prima, mentre faceva jogging.
Aveva capito subito di chi si trattava: Dimitrij…e chi altri poteva essere in
grado di fare una cosa del genere: una nevicata in pieno luglio! Scosse la
testa. Sperava che non ci fossero ulteriori problemi, aveva dovuto combattere
tutta la mattina con il Consiglio degli Anziani, per farsi affidare quella
indagine. Piano piano, stava consumando gli appoggi che gli venivano dalla
posizione di prestigio che suo padre aveva avuto nel Consiglio, quando era
ancora in vita, ma non sarebbe andata avanti ancora per molto, sperava che, con
questa indagine, si sarebbero calmate un po’ le acque; e l’attenzione sulla sua
squadre si facesse più blanda. L’ultima cosa che voleva era che Anne ne
restasse coinvolta o peggio ancora ferita in qualche modo. Si passò una mano
sugli occhi, togliendosi gli occhiali. Aveva sperato che Anne fosse riuscita a dimenticare,
o quanto meno a convivere in pace con il suo passato, ma evidentemente non era
così. L’unica cosa che poteva fare lei, era impedire che si cacciasse nei
guai…Scosse la testa soffocando una risata amara, come poteva pensare che Anne
riuscisse a dimenticare il passato doloroso, se neppure lei riusciva a farlo
con il suo?...Percepì lo sguardo di Rukawa su di sé. Anche se se ne stava lì
seduto con la solita aria annoiata e l’espressione più inespressiva che gli
conosceva, Leyla sapeva che Rukawa avvertiva chiaramente il suo tormento
interiore, anche senza usare troppo i suoi poteri. La sfuriata per telefono
doveva essere stata esplicativa, anche se, probabilmente, non aveva capito una
sola parola del suo discorso con il Precepts della casa di Praga, ma c’era
qualcos’altro sotto e questo non poteva permettergli di leggerlo. Alzò lo
sguardo direttamente su di lui che, vistosi scoperto, si dedicò all’analisi
approfondita dell’orlo dei suoi pantaloni, senza perdere minimamente quella sua
aria impassibile. Reprimendo un sorriso, Leyla cominciò a parlare mostrando
loro delle foto, immagini di corpi senza vita, depositati per terra, disposti
l’uno a fianco all’altro ordinatamente. Apparentemente non avevano nulla, come
se la vita fosse stata levata a loro, senza che questi venissero toccati…
- Vorrei che andaste in questa casa… sono state registrate
attività strane..
Kaede si chiese cosa preoccupasse così tanto Leyla, non
era una missione come le altre, quella, lo percepiva chiaramente. E poi quella
telefonata, non aveva capito tutto, ma aveva intuito dal tono, che stava
subendo forti pressioni. Osservò quelle foto, cercò di concentrarsi sui volti
distesi e pacifici delle vittime, sembrava che non avessero subito una violenza
per essere privati della vita, come se si fossero sacrificati di propria
iniziativa, non riusciva a capire fino in fondo. Cosa centrava Anne in tutto
questo?...Era stato un lampo fugace nelle sensazioni di Leyla, ma la
preoccupazione per la sua fidata assistente era chiara: sarebbero bastate ad un
osservatore meno attento, le fuggevoli occhiate che Leyla lanciava all’ufficio
vuoto di Anne, dall’altra parte del corridoio...Dov’era? Da che lui lavorava
lì, Anne era sempre la prima ad arrivare e l’ultima ad andare via, come Leyla.
Era strano che non fosse davanti al suo computer...Sentiva che aveva a che fare
con quei cumuli di neve che aveva scorto nel vialetto laterale, mentre
rientravano in casa dopo essere atterrati con l’elicottero. Neve, in pieno
luglio. Ma chi (perché sicuramente era stata una qualche entità abbastanza
potente da comandare gli elementi atmosferici ) e soprattutto perché? E quale
legame -tutto questo- aveva con Anne?...Gli sarebbe bastato espandere il suo
potere giusto un minimo, ma Leyla se ne sarebbe immediatamente accorta e forse
non avrebbe gradito. E già era irritata per come si erano comportati durante la
missione in Sud America, non era il caso di aggiungere altri motivi alla sua
rabbia...Effettivamente, anche lui era lievemente irritato da quell’episodio.
Si era fatto convincere, aveva ceduto a una supplica di Hanamichi...Che diamine
gli stava succedendo? Il fatto era che non era riuscito a farne a meno, quando
lui lo aveva pregato di non infrangere le illusioni di quei selvaggi, con
quello sguardo...Già!! quello sguardo era il problema, il colore e il calore di
quegli occhi erano piantati a fuoco nel suo cervello, come un marchio che non
voleva saperne di essere cancellato:
“Guardami”
“guarda me!”
Urgenza, desiderio, bramosia...
La voce limpida di Leyla che spiegava come quell’episodio
si fosse ripetuto in altri luoghi, a distanza di tempo abbastanza regolare,
tanto da far pensare a un rituale o a qualcosa che nascondeva un disegno sotto,
lo fece tornare attento a quello che lo circondava…Diede un un’occhiata di sfuggita
ad Hanamichi che si stava sfregando contento le mani, l’una contro l’altra…E
Rukawa non poté far altro che alzare esasperato un sopracciglio, sicuramente
quell’idiota stava pensando di poter, finalmente, menare un po’ le mani. Un’
abitudine che aveva assunto da un loro caso recente, quando aveva avuto la
possibilità di parare le spalle a Rukawa, mettendo K.O. un energumeno che
cercava di attaccarlo di soppiatto…
Sospirò rumorosamente e gli tirò un calcio ben assestato
allo stinco…possibile che dovesse sempre dirgli tutto?
- Baka Kitsune!!…- reagì l’altro, massaggiandosi la tibia
dolorante e lanciando un’occhiata di fuoco verso Rukawa, che però non lo degnò
di uno sguardo, continuando a fissare le foto. C’ era qualcosa che gli
sfuggiva.
- Hanamichi! Fa silenzio, per favore!
Lo rimproverò Leyla, richiamandolo all’attenzione…
- Ma è lui che…- protestò, indicando Rukawa che alzò gli
occhi al cielo, chiedendosi con chi avesse mai litigato in qualche vita
passata, per meritare di dover lavorare con Hanamichi.
Sentirono la porta aprirsi alle loro spalle e un’affannata
Anne entrò nella stanza…
- Scusate il ritardo…Leyla…mi hanno detto che mi cercavi…
Leyla non rispose, annuì soltanto, indicandole le foto,.
Anne si avvicinò togliendosi la giacca, le ci volle solo un secondo per
realizzare cosa fossero. E persino Hanamichi si accorse del suo repentino
cambiamento…
Appena era entrata, si era alzato in piedi, pronto a
lasciarle il posto. Era pur sempre il suo referente…Anne lo aveva tirato fuori
più di una volta dai guai, senza che Leyla ne venisse a conoscenza, o che
Rukawa lo scoprisse. La cena che gli doveva, derivava proprio da una di queste
occasioni. A volte si svegliava nel cuore della notte, in preda al terrore che
loro scoprissero cosa era realmente successo al prezioso manufatto per la
mostra al Gugenheim, dato per disperso un paio di mesi prima e non ancora
ritrovato, solo lui e Anne sapevano che era stato polverizzato...e neppure
ricordava come e perché, probabilmente gli era caduto, mentre lo catalogava
prima di spedirlo. Già! Certo.. però un oggetto in terracotta, quando cade, va
in mille pezzi.. non si trasforma in un mucchietto di polvere. A dire la
verità, non ricordava molto di quello che era successo…solo che era
arrabbiato…Si era arrabbiato con Kaede; no, non con Kaede.. con quell’Akira
Sendo della casa di Londra. Era venuto in visita, per portare dei manufatti che
servivano per una conferenza di Leyla a Mosca, e per tutto il tempo non aveva
fatto altro che ronzare intorno a Kaede senza perdere occasione per lanciare
frecciatine nella sua direzione, e lui non lo sopportava: sempre sorridente,
niente sembrava smuoverlo da quella sorta di paresi facciale che si ritrovava.
Li aveva visti rientrare un pomeriggio e, dai loro discorsi, aveva saputo che
erano stati in città a giocare a basket (lui neppure sapeva che la Kitsune
sapesse giocare a basket e poi, Kaede con lui rifiutava sistematicamente di
andare da qualsiasi parte che non fosse per lavoro). La cosa lo aveva fatto
imbestialire e, mentre aiutava Anne a catalogare i reperti nelle casse che si
trovavano nei sotterranei, Sendoh era sceso per controllare, aveva detto lui,
ma Hanamichi era sicuro che fosse venuto per deriderlo, cosa che aveva fatto
puntualmente in un momento che Anne si era allontanata. Quando Anne era
rientrata, Hana aveva ormai talmente tanta rabbia in corpo che stava per
esplodere. Aveva desiderato di incenerire Sendoh, se solo lo avesse avuto tra
le mani. Ciò che ricordava era semplicemente che si era come riavuto da un
mancamento e il vaso, che prima aveva in mano, giaceva in terra in un
mucchietto di cenere fumante (questo qui costa un patrimonio alla fondazione ¬_¬NdL). Anne si era impegnata a
far sparire i resti inceneriti del vaso, coprendo la sua sparizione anche con
Leyla…ma per questo, gli era toccata la promessa di pagarle una cena alla
prossima occasione.
Kaede gli diede una gomitata, richiamando la sua
attenzione, scotendo la testa rassegnato, non lo disse, ma il “Do’hao” di rito
era chiaro nel suo sguardo…Hanamichi abbassò gli occhi, arrossendo.
Inutile: i pensieri che si stavano affollando nella sua
testa erano troppo frenetici, perché Leyla li potesse cogliere chiaramente…poté
solo fare un piccolo cenno del capo all’indirizzo di Rukawa e aspettare a
vedere la reazione. Il moro avanzò in direzione della ragazza, apparentemente
costei non se ne accorse, subito imitato da Sakuragi…Ovviamente questi non
sapeva quello che sarebbe successo, ma eseguiva lo stesso i movimenti
impartitigli dal collega. Era diventata un’abitudine, per lui, fare
questo…Anche se non lo avrebbe mai ammesso, si fidava ciecamente di quello che
diceva, o meglio pensava, Rukawa.
Improvvisamente la ragazza si riscosse, alzando lo sguardo
su Leyla e fissando i due che si erano messi tra lei e la porta.
- Questo cosa significa, Mayfair?! - disse Anne, il tono
freddo, impassibile, non lasciava trapelare i suoi veri sentimenti… Leyla
accusò il colpo, il veleno era chiaro nella voce. Gli spiaceva quella reazione,
da parte di quella che considerava quasi una sorella. Entrambe sapevano quello
che si celava sotto la sua tacita affermazione…E tutte e due sapevano che
questo avrebbe portato a delle dolorose ripercussioni per entrambe. In
qualunque modo si fosse risolta quella vicenda, il loro rapporto avrebbe subito
dei mutamenti.
- Anne… vorrei che capissi…- tentò Leyla.
- Cosa?
- Non posso permettere che tu lasci Angel Manhor.
- Spero tu stia scherzando, Mayfair!!
Ora la voce di Anne era quasi un sibilo… gli occhi stretti
a fessura, le mani strette a pugno. Lo sguardo basso e torvo, in direzione del
suo capo. Oramai, le altre due persone in stanza erano state completamente
dimenticate…ormai, solo i loro sguardi erano legati…ormai, solo i loro occhi
erano possibili da vedere…ormai, solo un pensiero correva nelle loro menti.
“Hai chiesto tu questa indagine?”
Leyla percepì il dolore e la delusione nelle parole di
Anne, si sentiva tradita, probabilmente.
“ho subito delle pressioni…comunque sì, l’ho chiesta
io.” non aveva immaginato che sarebbe stato facile, ma non aveva
preventivato che sarebbe stato così doloroso.
“ non starai pensando che possa essere in qualche modo
coinvolto!”
“ non penso nulla…devo indagare e tu lo sai..”
Anne non rispose, ma fissava con gli occhi stretti la
donna davanti a sé. Lo sapeva, sapeva che sarebbe accaduto, prima o poi,
accadeva sempre questo: era il prezzo da pagare per non essere chiaramente in
un mondo solo. Aveva creduto che la sua anima divisa avrebbe potuto, in qualche
modo, sopportare di camminare in bilico sul filo, quel sottile confine che
separava il suo essere umana dal fatto di essere cresciuta in un Clan di
Vampiri e di sentirsi parte di quella comunità più che in una società umana.
Per un po’ ci era riuscita, ed era stata una piacevole illusione, ma ora?…Ora,
era venuto il momento di pagare il prezzo e non era sicura di quelle che
sarebbero state le conseguenze per la sua vita. Strinse gli occhi, come a
volersi isolare dal mondo attorno a lei. Lo faceva spesso da bambina, quando
gli altri ragazzini del villaggio la chiamavano ‘Strigoij’, per via del suo
potere di leggere nella mente; i primi tempi della sua permanenza ad Angel’s
Manhor, quando le mancavano le aperte distese canadesi, dove aveva vissuto
quasi tutta la sua vita, da che aveva ricordi. Ed era una vita spensierata,
insieme a persone che l’avevano fatta sentire amata...quando l’avevano
allontanata, aveva sofferto molto, si era opposta con tutte le sue forze al
fatto di dover seguire Marcus Mayfair...ma la decisione del Master del Clan era
indiscutibile e lei si era dovuta rassegnare a seguire quell’uomo.
Sakuragi osservava la scena a fianco di Rukawa. Non
riusciva a capire molto. Certo, sapeva che Leyla e Anne stavano parlandosi
tramite i loro poteri telepatici, ma non riusciva ad individuare il problema, e
poi Anne, che di solito non perdeva occasione di tirare frecciatine a Rukawa, e
a scherzare su molte cose, era ora un blocco di ghiaccio… provava persino
freddo a guardarla da così distante. Sembrava quasi la Kitsune che aveva al
fianco. Già, la Kitsune…scacciò il principio di pensiero che si stava
formulando nella sua mente, doveva smetterla. Prima lo avrebbe fatto, meglio sarebbe stato e meno avrebbe
sofferto poi. Si volse comunque a guardare Rukawa fermo al suo fianco, le
braccia incrociate e lo sguardo fisso di fronte a sé. Un pensiero indisponente
si insinuò nel suo cervello, non c’era altro da dire: quella dannata Kitsune
era davvero bella…Da quanto lo pensava? Probabilmente da sempre, dalla prima
volta che lo aveva visto scendere dalle scale di Angel’s Manhor, così altero e
indifferente, chiuso nel suo silenzio…Era un pensiero irrazionale, qualcosa che
non poteva impedirsi di formulare e più il tempo passava, più si rendeva conto
che la cosa andava al di là della semplice constatazione oggettiva, ma implicava
qualcosa d’altro, qualcosa che si rifiutava di prendere anche solo in
considerazione.
Fermo a pochi metri da un confuso Hanamichi, Rukawa, dal
canto suo, coglieva i sentimenti delle due donne, sentiva le loro emozioni e
cercava di trarne maggiori informazioni, per capire cosa stesse succedendo. Non
che la cosa gli importasse, per carità, lui aveva abbastanza problemi a tenere
sotto controllo i suoi sentimenti personali, a fermarsi dal toccare quella
testa rossa, che ormai albergava in maniera fissa nei suoi pensieri, senza che
lui potesse opporsi. Anche in quel momento, sentiva il suo sguardo su di sé…ma
evitava di voltarsi come sempre, quando questo succedeva, e da quando erano
tornati dalla casa di Auteuil, capitava molto spesso. Ormai era quasi strano,
non sentire quegli occhi colmi di domande e dubbi che lo seguivano ovunque,
come un’ombra...La cosa strana era che la confusione di Hanamichi si rifletteva
anche su di lui, come il riflesso della luce di una candela davanti allo
specchio, e tutto questo non lo aiutava. Le sue percezioni, sempre chiare e
precise quando riguardavano qualcun altro, erano ora dannatamente confuse e
intricate...e non era dovuto solo al fatto che riguardavano lui stesso, per
quelle era sempre stato semplice leggerle e anche controllarle, ma erano quelle
derivanti dal sé stesso in relazione con Hanamichi che non riusciva a mettere a
fuoco o a definire. Il fatto era che, più cercava di analizzarle e di scomporle
per trovarvi un senso, più le snaturava, allontanandosi dal vero significato,
fino a perdersi in considerazioni vuote e inutili che servivano soltanto ad
aumentare la sua confusione. Per questo cercava di tenerlo a distanza…certo, la
cosa non era facile, visto che Leyla si ostinava a farli lavorare assieme.
Un lieve mutamento tra le due donne lo distolse da quei
ragionamenti, era un mutamento insignificante, che nessuno altro avrebbe
notato, ma tutto si comunicava a lui, anche senza che si fosse tolto i guanti
di pelle nera...
Leyla -lo sentiva- era amareggiata di questa situazione,
che aveva qualcosa a che fare con una conoscenza del passato di Anne…Le due
donne avevano finito di discutere e Anne uscì dalla stanza sbattendo la porta:
- Dannazione…– imprecò Leyla, lasciandosi ricadere sulla
sedia come se quella discussione l’avesse svuotata.
Hanamichi non sapeva che fare. Non aveva capito molto di
quello che stava succedendo, lanciò uno sguardo interrogativo a Rukawa, che
però non pareva affatto intenzionato a rispondergli: continuava a fissare
Leyla, con una luce di preoccupazione negli occhi. Si era più volte scoperto
geloso, in quei mesi, per quel rapporto un po’ speciale che legava Rukawa al
loro capo, ma perché mai, poi?, si era chiesto più volte. Era capitato spesso,
che lo avesse visto camminare nel giardino con lei che parlava e
straordinariamente lui rispondeva pure, mentre Hanamichi doveva ridursi a fare
sempre l’idiota, per riuscire ad attirare la sua attenzione, perché quegli
occhi si posassero su di lui, ma sempre con il rimprovero o quell’aria
scocciata, come quando si ha che fare con un bambino che combina solo guai:
quanto avrebbe dato, perché a volte lo guardasse con quella stessa dolcezza che
vi scorgeva mentre parlava con Leyla...Perché diamine, poi, aveva questo
bisogno di un riconoscimento da lui, da Kaede Rukawa, l’algida kitsune?!...Era
solo un collega! Per la precisione, quello che non lo sopportava, senza
sforzarsi troppo di nasconderlo, e a cui lui sarebbe saltato volentieri al
collo, perché lo ignorava negando la sua evidente genialità con la sua freddezza
e la sua aria di superiorità...Se era così, perché allora dava tutta questa
importanza alla sua opinione, e si sentiva così confuso solo perché era vicino
a lui? Perché? Erano mesi che non riusciva a liberarsi dal pensiero di lui,
sentiva il suo profumo che gli riempiva le narici come un qualcosa che era
parte di lui, ormai, anche quando Rukawa era lontano.
Leyla sospirò, attirando la loro attenzione:
- Ascoltate…ragazzi, andate in quella casa e cercate di
cavarne fuori la soluzione il prima possibile, qui la situazione è
critica…partirete tra meno di un un’ora…-
- destinazione? – azzardò a chiedere Hanamichi, vedendo
che Rukawa si limitava ad annuire.
- Rutenia.
- Che cosaaaaa??? – proruppe il rossino – un altro viaggio
impossibile? No, ma perché…
Kaede si volse verso di lui sollevando un sopraciglio, e
questo bastò perché il giovane azzittisse le sue proteste, chinando il capo:
- Sì, lo so…- sbuffò, anticipando ciò che gli sarebbe
stato detto. Tutte le volte che Leyla doveva dare delle direttive a Kaede, lo
mandava fuori dalla stanza con una scusa…- vado a preparare i miei bagagli.
Quando fu uscito, Leyla lo guardò sorridendo:
- Dopotutto, riesci a gestirlo bene…
- Hn… è un Do’hao…
- Se vuoi, ti affianco qualcun altro…- Leyla scoppiò in
una risata, quando lo vide spalancare gli occhi e cercare di trattenersi
dall’esprimere il disappunto che quella eventualità gli provocava- …sai, Kaede,
sono contenta che tu riesca ad avere un rapporto con qualcuno…
- Parlami della missione…- tagliò corto lui, cercando di
nascondere l’irritazione con sé stesso per aver messo a nudo il fatto che,
nonostante dicesse il contrario, era contento di lavorare accanto a Sakuragi…
- …anche se non lo ammetteresti mai, neppure sotto
tortura…- Leyla gli sorrise, completando il suo pensiero e Rukawa sbuffò per
nascondere il mezzo sorriso che gli era salito alle labbra, dannazione.. a
volte si dimenticava delle capacità di quella donna. – e poi mi dovrai spiegare
come mai, se riesci a controllarlo così bene, hai ceduto a una sua richiesta
così sciocca come quella di catalogare lo stesso quelle pietre...
Kaede deglutì, doveva aspettarselo che Leyla non gli
avrebbe fatto passare liscia quella situazione. Cercando di sfuggire al suo sguardo
indagatore, si preparò alla mezz’ora più lunga della sua vita...