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Autore: Malitia    30/07/2010    2 recensioni
Vicky è una comune sedicenne americana, con i suoi lati bui e quelli allegri. La sua vita scorre lineare e monotona fin quando un giorno, l'arrivo di un nuovo compagno un po' particolare le stravolge la vita. Che cosa nasconderà il misterioso Andrew? Perché quelle orecchie a punta e quella perspicacia un po' troppo invadente? Soprattutto, perché è così dannatamente bello da sembrare stravolgere la mente di Vicky? E se ci fosse dietro qualcosa di.. soprannaturale?
- Andrew, glielo devi dire, stasera stessa. Hai aspettato anche troppo. E non cambia niente che tu sia innamorato di lei. Perché lo capirebbe anche un orbo che sei innamorato-. - Ma è pericoloso…- - Andrew, è il suo destino! Non ti saresti curato del pericolo se…-. A questo punto mi ero fermata ad ascoltare, se qualcuno parla di te è legittimo fermarsi a sentire. Non è origliare. Ma cosa stavano dicendo? Destino? Pericolo? - I Dokkalfar potrebbero cercare di rapirla! Ci hai mai pensato?- Rapire me? E perché? Ma sono matti? Sento Andrew sospirare. - Le parlerò-.
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Inviti CAPITOLO 3 

Inviti 

Il giorno dopo non ho nessuna voglia di rompere la sveglia. Mi alzo saltellando a destra e a manca e mi trucco con più cura del solito. 
Mangio con tutta tranquillità e persino i miei genitori si meravigliano che non sia nervosa come al solito. 
- Ieri Vicky ha ricevuto una telefonata- dice maliziosa la mamma. 
-Sul serio? E da chi?- chiede papà poco interessato. 
Indirizzo un’occhiataccia alla mamma e rispondo con noncuranza. 
- Era solo il mio nuovo compagno di classe. Voleva essere aiutato per un esercizio che non aveva capito- mento. 
- E’ venuto ad abitare con i genitori nella casa di fronte. La numero 93!- esordisce la mamma.
- Davvero? La numero 93?-. Papà non è per niente impressionato e continua a sorseggiare il suo caffé. 
- Si, caro, la numero 93- 
- Non solo con i genitori. Ha anche una sorellina di dieci anni- spiego. 
- Se solo fosse stata più grande avreste potuto stringere amicizia- dice la mamma sognante. 
Amicizia? E da quando io stringo amicizia? 
- Mamma devo andare, è tardi-. 
- Buona scuola, tesoro- 
- Ciao pa’-. 
Prendo lo zaino e scappo via facendo di corsa le scale. 
Respiro l’aria fresca dell’autunno, il sole nascosto, le fogli secche per terra che scricchiolano quando le pesti. 
Si, è decisamente la mia stagione preferita! Guardo la casa di Andrew e mi sfugge un sorriso. 
“E’ davvero bella!”. Ha una veranda, le pareti azzurre e i cornicioni bianchi. E’ su due piani, ha una mansarda e probabilmente anche una cantina. 
- E’ davvero figo- dico. “Ma non stavamo parlando della casa?”. Uff, ma chi prendo in giro? Magari lo vedo uscire… 
L’autobus mi sfreccia davanti, diretto alla fermata. Non posso perderlo anche oggi! Comincio a correre cercando di tenere testa all’autobus, ma una BMW nera accosta e suona il clacson. Andrew esce dall’ auto regalandomi un gran sorriso. 
- Buongiorno, Vicky. Come stai questa mattina?- 
- Benissimo, grazie-. 
In realtà sono raggiante. Mi rabbuio un poco quando vedo l’autobus che fugge via anche oggi. 
- Cioè, stavo benissimo fino a poco fa-. Lui invece è contento come sempre. 
- Scusami, è colpa mia. Sono tenuto a darti un passaggio-. 
- Non sei tenuto. Sarei dovuta scendere di casa prima.- 
- hai ragione. Troverai sicuramente un modo per arrivare a scuola. Magari ti vedrò alla seconda ora. O forse oggi non ti vedrò affatto-. 
Sta per salire in macchina, ma io lo fermo in tempo: 
- Aspetta-. 
Andrew alza lo sguardo su di me. 
- Si?- 
- Forse è meglio che venga con te. Stevensen non mi perdonerà una seconda volta-. 
Fa un grande sorriso e mi apre la portiera dell’auto. 
- Prego-. 
Sono colpita da un pensiero tanto gentile. Salgo in macchina un po’ imbarazzata e lui si mette al volante. 
Passiamo gli incroci e i semafori senza proferire parola. 
Io guardo fuori dal finestrino, pensando a mille argomenti di conversazione senza trovarne uno adatto. 
- Ti piace San Francisco?- chiedo alla fine. 
- Non ho ancora visto molto di questa città. A parte la scuola, l’aeroporto e casa mia-. 
Faccio segno di si con la testa, ma non so cos’altro dire. Che deve fare una ragazza quando si trova con un tipo del genere, in una macchina lussuosa, senza aver niente da dire? 
Scommetto che Alyssa saprebbe perfettamente cosa fare. 
Scommetto che gli sarebbe già saltata addosso. 
Rido all’immagine di Alyssa con lo sguardo di un’affamata, sopra Andrew, che, spaventato, cerca di divincolarsi. Lui se ne accorge, ma non si volta. Deve avermi preso per una pazza che ride da sola. Non ha tutti i torti… 
- A cosa pensi?- mi domanda. 
- A niente. E’ proprio una bella giornata, oggi-. 
- Ma non c’è neanche l’ombra del sole!- 
- Non ci deve essere per forza il sole per avere una bella giornata-. 
Stavolta si gira per guardarmi. 
- Ti piace l’autunno?- 
- Sì- 
- Più della primavera e dell’estate?- 
- Si. E’ una cosa strana?-. 
Rimane due secondi in silenzio. Forse pensa che sia io quella strana. 
- No. Ma alla maggior parte delle persone piace la bella stagione- 
- Io non sono la maggior parte delle persone. Sono…io-. 
Ci fermiamo al semaforo rosso e lui si volta. Io continuo a guardare dritto, ma sento il suo sguardo incollato su di me. 
Ma mi sta facendo una radiografia?Non posso sopportare che mi fissi in questa maniera. Non è buona educazione! Gente, questa è indiscrezione bella e buona! Mi faccio coraggio e lo guardo, cercando di non posare gli occhi sui suoi. 
Lui sorride ancora (Dio, ma quante volte al giorno sorride?) e fa l’ultima cosa che mi sarei mai aspettata. No, on mi bacia, non pensate questo. Sarei morta in seguito ad un attacco cardiaco se l’avesse fatto sul serio! E l’eroina di un racconto non può morire, giusto? Almeno, non può farlo dopo soli 3 capitoli. 
Andrew mi prende una ciocca di capelli neri e se la rigira tra le dita. Sono a dir poco stupefatta. 
Insomma, chi si sarebbe mai sognato di giocare con i miei capelli? 
- Hanno un buon profumo-. Un buon profumo? Cosa? I capelli? Mi prende in giro? Io lo sento appena se li accosto al naso! 
- Cosa?- non può parlare dei capelli… 
- I tuoi capelli. Sanno di…penso sia gelsomino-. Lo guardo esterrefatta. Il mio shampoo è proprio al gelsomino!E’ più probabile che si sia infiltrato nel bagno di casa mia e l’abbia visto! Magari è andata proprio così… 
- Scusa, ma come l’hai capito?- 
- Fanno odore di gelsomino. Quindi presumo sia gelsomino-. Ride e preme l’acceleratore, al cambio di colore del semaforo. 
- Non intendevo questo. Ho lavato i capelli tre giorni fa e il profumo del gelsomino non si sente più, a meno che non li infili dritto su per le narici. Come hai fatto a capire che era gelsomino, se ti sei appena avvicinato?- 
- Oh, questa notte mi sono infiltrato nel bagno di casa tua e ho visto lo shampoo al gelsomino.-
Mi volto di scatto guardandolo come se fosse esattamente quello che sto cominciando a pensare che sia: una spia dell’FBI! 
- Non ti turbare, sto scherzando-. 
Per me non scherza affatto. Devo ricordarmi di sbarrare le finestre di casa e far blindare la porta. 
- Ho un olfatto molto sviluppato- 
- Un olfatto da segugio, direi- 
Lui ride e io non posso fare altro che guardarlo, ebbra della sua bellezza.

- Oggi è venerdì- dice. 
- Sì- 
- Quindi domani non c’è scuola- 
- No- 
- Ti andrebbe di farmi fare un giro per San Francisco? Per farmi conoscere la città-. 
Sbaglio o mi sta chiedendo di uscire? Mi sta chiedendo di uscire, vero? L’avete sentito tutti, no? Ha detto “ ti andrebbe di farmi fare un giro per San Francisco”. Analizziamo la frase: innanzitutto è una domanda, quindi sono libera di rispondere si o no . “Fare un giro” non include per forza noi due soli. O forse si? Oddio. Sto andando in iperventilazione. Ho bisogno d’aria. Apro in fretta il finestrino dell’auto. 
- Ti senti bene?- mi chiede preoccupato. 
- Sì. Magnificamente-. 
Esco la testa dal finestrino per immagazzinare più ossigeno possibile. Okay, Vicky, respira. Non è niente. E’ solo un invito! Che sarà mai? Sono io che esagero la cosa. Sicuramente vorrà portare qualcun altro con lui. Magari la sorellina! Avrò frainteso… 
Andrew posteggia nel parcheggio della scuola e io scendo con più premura del dovuto. 
Alyssa, che è appena arrivata, mi viene accanto. 
- Vicky, ma che diavolo ci fai nella macchina di Andrew insieme ad Andrew?-. 
Non ho il tempo di rispondere che l'oggetto delle sue chiacchiere si avvicina e sfodera un sorriso. 
- Ciao. Tu sei Alyssa?-. 
Alyssa approfitta dell’occasione e getta i capelli dietro le spalle . 
- Esatto. E tu devi essere Andrew-. E’ incredibilmente calma. Sembra quasi che non gliene importi niente, ma sono sicura che stia facendo finta. In realtà è eccitata come una bambina. Ricordo la mia reazione di ieri e invidio l’autocontrollo di Alyssa. 
- Andrew viene da Los Angeles e si è trasferito qui per via del lavoro del padre- dico io, tanto per non essere dimenticata da quei due. C’è silenzio. Nessuno dice niente. Che faccio? 
- Andrew mi aveva giusto proposto di andare a fare un giro per la città. Per fargliela vedere-.
Mi mordo la lingua pentendomi subito di quello che ho detto. E se fosse stato davvero un appuntamento?
Finalmente Alyssa si scioglie. 
- Davvero?- le compare un sorriso trentadue denti sulla faccia. - Allora vengo anch’io-. 
Andrew mi guarda ma ha un espressione illeggibile. Vorrei tanto sapere cosa gli passa per la testa. Non sarà stato sul serio un appuntamento? Ma no, non può essere. Sono io la scema che crede che un ragazzo la inviti a uscire solo perché lui le dice: “ti andrebbe di fare un giro”. Mi sono montata la testa…e poi ci conosciamo da appena due giorni! Inoltre è più probabile che lo chieda ad un tipo come Alyssa che a me. E’ così!Tutto okay…non ho combinato nessun danno. 
- Va bene- dice Andrew. 
- San Francisco ti piacerà. Ci sono un sacco di cose da vedere- 
- Ne sono sicuro-. Andrew è affabile, ma mi dà l’impressione di essere distaccato. 
- Forse è meglio che entriamo, prima che suoni la campanella-, propongo. 
- Si, hai ragione- Alyssa mi prende allegra sottobraccio e ci avviamo verso l’entrata della scuola, mentre Andrew ci segue. I corridoi sono pieni di ragazzi che gironzolano qua e là, parlano ed entrano in classe. Molte ragazze si fermano a parlottare al nostro passaggio. Deve essere tutto merito di Andrew che, nel frattempo, ha avviato una conversazione piuttosto superficiale con Alyssa, che non ho idea da dove sia saltata fuori. Sentiamo suonare la campana quando già siamo arrivati in classe. Alyssa va avanti a parlare con alcune compagne di classe (che sono rimaste piuttosto impressionate vedendoci tutti e tre insieme) e io sto per raggiungere il mio banco, ma Andrew mi ferma e mi sussurra vicino l’orecchio: 
- Quella gita per San Francisco era un appuntamento. Ma forse due giorni sono troppo pochi-. 
Avete presente una coltellata al cuore? Deve essere simile a quello che sto provando io. Rimango là di sasso, a fissare il vuoto, mentre il mio cervello elabora le informazioni. Non avevo capito male… “ Stupida stupida stupida. Perché non impari a tenere la boccaccia chiusa?” non posso fare a meno di ammonirmi. Mi capita un’occasione del genere e io che faccio? La getto al vento! Mi strangolerei, se potessi. Ma d’altra parte…oh mio Dio…mi aveva chiesto di uscire! Cioè, io e lui, da soli, per San Francisco, un pomeriggio con lui che sorride, e mi fa tremare le ginocchia e…un appuntamento! Come mi vesto? “Ma no, scema, ormai hai rovinato tutto! Pensaci due volte prima di cercare di attirare l’attenzione…”. 
- Ehy, statua di sale!- Alyssa mi batte un colpo sulle spalle. - Mi dici che facevi nell’auto di Andrew?- 
- Ehm…io…è il mio nuovo vicino di casa. L’ho incontrato stamattina e mi ha dato un passaggio-. 
- Vicino di casa? Sai quanti incontri “casuali” puoi fare con un tizio così che ti abita accanto?- 
In che punto vuole andare a parare? 
- Caaara Vicky, noi siamo amiche, giusto?- 
Siamo amiche? Giuro che non lo sapevo! Non l’ho mai considerata un’amica! Il nostro non è certo un rapporto pucci-pucci baci-baci… Ops, sento puzza di bruciato. Alyssa mi guarda con una strana luce negli occhi. Mi fa quasi paura. Ah, già. Forse aspetta una risposta. 
- Eh…si…certo! Che domande!- 
- Appunto! Ti ho mai invitato a casa mia?- 
- No, mai- dico con sicurezza. 
- Lo dovrò fare, un giorno di questi-. 
Il professor Stevensen ci augura il buongiorno (quanto è sarcastico, quest’uomo!) e, senza pietà, annuncia il nome dello sventurato del giorno: 
- Signor James, venga alla cattedra-. 
Karl si guarda intorno, confuso. 
- Ma professore, mi ha interrogato l’altro ieri!- 
- Dunque? Vuol forse insinuare che io non ho più il POTERE di interrogare chi voglio? O forse devo dedurre che lei è impreparato?- 
- No, no, non voglio dire questo- 
- Allora è impreparato?-. La mano di Stevensen che impugna la penna rossa è pericolosamente vicina alla pagina dei voti dell’interrogato, fremente nell’imprimere un 2. 
- No, professore, vengo subito-. 
Karl si avvia verso la cattedra, ma ha una faccia da funerale.. 
- Mi illustri, signor James, la dottrina Shakespiriana in merito all’insorgenza della vendetta e al tema della follia che ritrova ampio spazio nella tragedia dell’ “Amleto”-. 
- Che?- .
Karl James non sa rispondere. Il suo destino è irrimediabilmente segnato.

- Vicky, cosa fai questo pomeriggio?- mi chiede Alyssa alla fine delle lezioni. 
Non vorrà chiedermi di uscire con lei? Sono circa tre anni che ci conosciamo, e non mi ha mai detto niente. E ora, tutto ad un tratto, vorrebbe chiedermi di passare il pomeriggio insieme. Mi sa tanto che c’entri qualcosa Andrew. 
- Dovrei andare a trovare le mie cugine. E’ tanto che non le vedo e mi sono molto affezionate!- mento spudoratamente, ma pare che lei non se ne accorga. Si è rabbuiata. 
- Volevo chiederti se ti andava di fare un po’ di shopping. Sarà per la prossima volta-. 
- Sì, facciamo un’altra volta-. 
- A che ora , per domani?- 
- Alle 9 e mezza, all’entrata del parco-.
- Okay. Ci vediamo. Baci-. 
Alyssa si allontana frettolosamente, e io resto a guardarla. 
“Avrei anche potuto accettare. Ma ormai è cosa fatta”. 
Un colpo di tosse mi costringe a voltarmi. 
- Cugine?-. Andrew sembra molto divertito. Forse ha capito che era una bugia. 
- Si, cugine. Qualche problema?- dico,indifferente. 
- Oh, no . Nessun problema- 
- Bene- dico. 
- Bene- ripete lui. 
- Allora ci vediamo domani-. Mi volto e con fare dignitoso attraverso l’aula per uscire. Peccato che non veda il banco che mi sta proprio sotto agli occhi e ci sbatta la gamba facendolo cadere. Ma non finisce qui. Sotto la mia incredulità, il banco cade addosso a quello che gli sta davanti, che a sua volta sbatte su quello avanti, provocando un effetto domino. Tutta la fila centrale, alla fine, sedie comprese, non è più in piedi. I ragazzi che sono ancora in classe si rotolano dalle risate, mentre io, rossa come un peperone, cerco di rimettere a posto il danno, senza osare guardare Andrew. 
Solo quando in classe non c’è più nessuno mi accorgo che lui ha fatto metà del lavoro. Alzo gli occhi e lo vedo sistemare l’ultima sedia. 
- Grazie, ma non c’era bisogno che ti trattenessi-. Non voglio guardarlo. Non voglio che si accorga che sono arrossita di nuovo. Così guardo in basso un punto indefinito del pavimento, senza alzare la testa. 
- In realtà speravo di darti uno strappo-. 
Un altro? Il terzo in due giorni? Ma no, non esiste proprio! Insomma, non crederà mica che io sia sempre disponibile e gli cada ai piedi ad ogni suo cenno? Nossignore! 
- No, grazie, Andrew. Prendo l’autobus- rispondo, cercando di essere il più gentile possibile. Giro sui tacchi, ma lui mi viene dietro. 
- Dai, Vicky, non sei certo un peso. E’ la stessa strada!-. 
- No, credimi. Non ti devi disturbare-. Apro la porta della classe, ma lui mi è alle calcagna. 
- Ti assicuro che non mi disturbi affatto. Fermati un attimo-. 
Arresto la mia corsa e stavolta lo guardo. 
- Vicky, mi farebbe veramente veramente felice se tu mi permettessi di portarti a casa-. 
Mi sta guardando implorante. I suoi occhi blu dicono “ti prego, dimmi di sì”. Ma io non posso cedere così facilmente! Insomma, non posso accettare solo perché mi supplica con quegli occhi che in questo momento sembra che brucino, in contrasto con il loro colore. “No, non ti fare distrarre. Devi mettere bene in chiaro la situazione”. 
- No, Andrew, ti sono riconoscente, ma preferisco andare da sola-. 
Poverino. Sembra che lo abbia ucciso. Mi guarda con una tristezza indescrivibile, mentre dice: 
- Va bene, Vicky, come vuoi. Sei troppo cocciuta-. Mi rendo conto di essere riuscita a cancellare il sorriso dalle sue labbra. Non pensavo di avere un potere del genere su di lui. Mi sta facendo sentire in colpa. 
- Oh, non guardarmi con quella faccia da cane bastonato-. 
Mi alzo in punta di piedi per dargli un bacio veloce sulla guancia e lo vedo appena sorridere,prima che possa dire qualcos’altro, scappo via. 
“Accidenti, ora dovrò fare a gara con l’autobus per cercare di prenderlo. Però ho fatto bene a dirgli di no…”




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Angolo autrice:
@Ladronero: Ricordo che quando scrissi quel pezzo utilizzai le parole "Sogni d'oro" appunto perché pensavo anche io la stessa cosa...
"
Mi ha dato l'impressione che lui e Viky si conoscessero da tempo, forse lei non ricorda..." : Fuocherello!! xD però non posso dire niente, è una cosa che si saprà molto più in là =P
  
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