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Autore: virgily    30/07/2010    1 recensioni
-come mai ti trovi qui?- -onestamente sono ricoverata da un bel po… credo un mese. Ho una malattia al cuore e quindi devo stare costantemente sotto osservazione, la mia mamma quando puo’ viene qui e mi da lezioni casalinghe, affinche’ non rimanga indietro. La mia chitarra e’ la mia unica amica-
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Yu
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Mi aggomitolai su me stesso portando le ginocchia al mento mentre ero in preda a una crisi isterica, lasciandomi marcare il viso da lacrime molto amare mentre  in testa tutto quello che riuscivo a visualizzare erano le lacrime della rossa che disperata soffriva come un cane mentre Amelie rideva di gusto. Un mostro. Sono stato un mostro, ho preferito concedermi come una escort a una donna frivola, vuota quando al mio fianco un piccolo angioletto vegliava su di me con il suo sorriso e la sua dolcezza. Sentii la porta chiudersi e dei passettini veloci avvicinarmisi, al che mi strinsi ancora di piu’ temendo per la prima volta la “lavata di testa” che si accingeva a farmi, ero agitato, angosciato e stranamente impaurito e tremante; il nervoso non mi faceva un buon effetto,

-Yu?- domando’ il biondino inginocchiandosi davanti a me cercando il mio sguardo che nascondevo sotto la coltre di capelli corvini,

-Yu dai vogliamo parlarne?- sussurro’ dolcemente discostando le folte ciocche mesciate raccogliendo con un dito le lacrime che colavano dai miei occhi per poi andarsi a gettare sul bracciolo del divano nero in pelle;

-Kris d-dimmi solo una cosa...- sussurrai asciugandomi con la manica della camicia nera in cotone gli occhi,

-dimmi...-

-h-ha pianto? Ti scongiuro dimmi se l’hai sentita piangere...- risposi incrociando per la prima volta i miei occhi con quelli del mio bassista che non esitavano a mantenere il nostro contatto fisso, anche se quello che stava per dirmi mi avrebbe fatto morire dentro;

-si Yu. Ha pianto parecchio-

-lo sapevo...- soffiai lasicandomi percorrere da un’altra lacrima,

-sono un mostro!-

-non e’ vero! Sei soltanto uno stupido, egocentrico, vanitoso e menefreghista. Ma sfortunatamente per me sei troppo amato per essere odiato e ritenuto un mostro- rispose sorridendomi appena sfiorandomi la guancia,

-che vorresti dire?-

-domani svegliati presto, comprale dei fiori a valle a fare la lezione di chitarra piu’ bella della sua vita. Ti perdonera’ anche soltanto vedendoti entrare-

-e tu che ne sai?- domandai schizzando seduto,

-lo so e basta- rispose abbracciandomi,

-Kiro? Grazie- sussurrai lasicandomi stringere forte dal mio bassista,

-figurati Yu. Gli amici servono a questo-.

 

Il mattino seguente, come promesso mi alzai molto prima degli altri e andai dal fioraio pressoche’ il piu’ costoso di tutta Berlino; ma dopotutto non avrei badato a spese per Virgily, e guidai fino all’ospedale. Erano appena le 8:00  di mattina e il cielo era lievemente coperto da uno strato di nuvole grigiastre; tipica giornata malinconica insomma. Parcheggiai un uno dei posti riservati al personale e afferrai la chitarra portando tra le mani il mazzo di rose rosse come i suoi capelli e profumate come il suo piacevolissimo odore. Entrai all’ingresso dell’istituto attraversando i lunghi corridoi bianchi guardandomi intorno, volevo evitare il piu’ possibile l’infermiera che rappresentava il mio sbaglio piu’ grande. Ironia della sorte la mora era appena uscita dallo studio medico del primario, e come il suo sguardo si punto’ si di me non pote’ evitare di venirmi incontro ereggendo uno sguardo fiero e un portamento tipico da modella: gambe dritte, pancia in dentro, petto in fuori con molteplici ancheggiate stuzzicanti. Tuttavia quella mattina il mio ego sembrava morto e sepolto, percio’ quel trionfo di seduzione ai miei occhi non appari’ niente piu’ che un tentativo squallido di portarmi a letto;

-non ti facevo cosi’ mattiniero dolcezza- sussurro’ maliziosamente allungandosi sulle punte dei piedi per baciarmi le labbra; un brivido mi percorse tutta la colonna vertebrale, cosi’ forte che mi discostai da lei lasciandola piu’ che interdetta,

-c’e’ qualcosa che non va?-

-Amelie senti...-

-ma che belle rose! Sono per me?- domando’ immediatamente cambiando discorso tentando di strapparmi di mano il mazzetto che con tanta cura il fiorista aveva infiocchettato con un nastrino argentato. In modo tutt’altro che cortese indietreggiai affinche’ le sue mani avide e macchiate dalla malizia le contagiassero,

-no, non sono per te. Sono per Virgily- risposi freddo fissandola dritta negli occhi, lasciandola quasi stupefatta,

-oh, beh... capisco-

-no, non credo che tu abbia ben compreso. Amelie ci siamo divertiti okey? Adesso pero’ basta. Non mi piace assumere questo tono ma mi ci hai portato tu, percio’ smettila di provocarmi e di dare fastidio a Virgily- risposi sbuffando quando le fiamme usciriono dai suoi occhi e le saette elettrizzarono i suoi capelli corvini,

-ti piace la ragazzina vero? Beh per conto mio puoi fare come ti pare. Mi piaceva soltanto divertirmi con te nulla di piu’; vai pero’. Corri dalla malaticcia. Ma ricordati che il mio corpo  non lo toccherai piu’- rispose vaneggiandosi la mora mentre assumeva una posa sexy tentando di farmi pentire della mia scelta, tuttavia era riuscita soltanto a mettersi in ridicolo, provocando una mia fragorosa risata;

-tranquilla, corpi come i tuoi ne ho visti tanti- risposi oltrepassandola lasciandola offesa e indignata mentre sculettando si avviava a passo svelto e adirato verso il reparto di terapia intensiva. Scossi la testa cercando di trattenermi nel scoppiare a ridere nuovamente mentre a passo moderato raggiungevo la stanza 369. Pochi secondi e mi ritrovai davanti la porticina bianca, una targhettina ove vi era indicato il suo numero stava appesa all’apice; mi tremo’ la mano al solo contatto con la maniglia: “mi perdonera'? Sara' contenta?” pensai sentendo il vuoto piu’ totale attorno a me; per un momento tutto il frastuono della gente in corridoio sembrava svanito, il tempo si era quasi fermato. Inspirai profondamente accogliendo tutta l’aria che mi era concesso contenere nei polmoni per poi rigettarla altrettanto lentamente. Presi coraggio e bussai alla porta; nessuna risposta. Attesi qualche istante ma bussai una seconda volta; nessuna risposta. Stranito dalla insolita situazione allora entrai piano; cercando il meno possibile di fare rumore: la camera in penombra accoglieva la fanciulla che giaceva sulla sua spoglia candida, gli occhi chiusi e un’espressione serena erano dipinti sul suo viso; i capelli le ondeggiavano sulle spalle mentere le braccia stavano distese lungo il corpo, e sulla destra una flebo le trapassava la carne facendovi sgorgare lo strano liquido che pendeva dalla sacca sovrastante. Mi poggiai sullo sgabbello a guardarla dormire, lasciando i fiori sul suo comodino. Mi allungai di poco, quel tanto che bastava per poterle tenere una mano fra le mie; la sua pelle cosi’ fredda acquistava man mano calore a contatto con la mia. Rimasi imbambolato dalla sua vulnerabilita’, appariva cosi’ piccola, indifesa... la purezza fatta persona. Con gusto studiai ogni piccolo particolare del suo viso: il nasino piccolo, un neo sul mento, le ciglia ben separate tra loro; ascoltai con ogni cura il suono dei suoi respiri, e osservai incuriosito la strana espressione che stava assumendo. La rossa scosse appena la testa facendo un lieve lamento storcendo il sorriso; le sue labbra si disciusero e sussurro il mio nome;

-sono qui piccola. Accanto a te- risposi alzandomi dal seggiolino per poi ripoggiarmi sulla sponda del suo letto, intreciando le mie dita con le sue;

-Y-Yu. N-no, non andare via. – rispose con un tono leggermente piu’ forte di un sussurro’ mentre voltava la testa di scatto dall’altro lato del cuscino,

-Virgily sono qui. Accanto a te. Stavolta non ti lascio- cominciai accucciandomi lievemente avvicinando il mio volto al suo, accarezzando le sue goti con il mio respiro morbido e vellutato. Un lieve mugugno improvvisamente ruppe il nostro silenzio, e i suoi occhi cominciarono ad asprirsi: le sue iridi azzurre s’incrociarono con le mie che erano a un passo dalle sue. Per qualche istante rimase impassibile, doveva ancora collegare bene la mente al corpo; pochi secondi dopo notai un leggero rossore invaderle le guance mentre le sue labbra cominciavano a tremare,

-Y-Yu! Hem... b-buon giorno- rispose sollevandosi per poggiarsi sullo schienale abbassando lo sguardo a guardarsi i piedini che cominciarono a sfregarsi da sotto le coperte,

-buon giorno a te- risposi con un sorriso tornando seduto al mio seggiolo. Gli occhi della giovane tornarno su di me, per poi dirigersi sulle rose addossate al comodino,

-sono per me?- domando stupendosi del gesto che le avevo porso,

-si- risposi passandogliele. La rossa se le porto’ al viso annusandole attentamente, rimanendo anche lei estasiata dal loro dolce profumo,

-sono bellissime. Grazie- rispose lasciandole sulle sue gambe sporgendo le braccia in avanti nella mia direzione; senza esitazione allora mi lasciai stringere dalle sue braccia immergendo il visto tra i suoi capelli mentre le mie mani le stringevano la schiena per potere il suo corpicino al mio petto. Mi discostai appena per fissarla nuovamente nelle sue iridi mentre le mie mani si innoltravano tra i suoi capelli massaggiandoli dolcemente; estasiato le sorrisi facendo cadere lo sguardo sulle sue labbra, sul suo collo e sul suo braccio da dove sporgeva l’ago della flebo,

- e questa?- domandai indicandogli il tubicino,

- Yu ecco, i-ieri tu non sei venuto e io... mi sono rifiutata di mangiare. Il medico allora ha deciso di nutrirmi per via venerea- sussurro’ piano abbassando lo sguardo mortificata. Lievemente un singhiozzo s’intrufolo sulle sue labbra, e una lacrima solitaria gli solcava la guancia,

-Virgily- sussurai il suo nome sfoderando tutta la dolcezza che sentivo nel cuore stringendogli la mano nella mia ancora piu’ forte; a quella presa la rossa alzo’ il capo mostrandomi i suoi occhi contronati di lacrime che le macchiavano la pelle di porcellana;

-vieni qui...- sussurrai accogliendola nuovamente tra le mie braccia,

-m-mi dispiace- sussurro’ appena portando le labbra al mio orecchio, provocandomi un lieve tremore,

-hey piccola! Non devi scusarti. Ma perche’ non volevi mangiare?-

-perche’ tu non c’eri. E’ strano ma quando non ti vedo non riesco a fare nulla, non voglio fare nulla. E tu perche’ non sei venuto?- domando’ lasciandomi impietrito; mi lasciai andare sulla seggiola pensando a cosa potevo dirle per non ferirla ulteriormente anche se tutto sembrava giocarmi a sfavore; “non posso dirgli che non mi sono svegliato perche’ ero stanchissimo dalla uscita con la sua infermiera!” pensai mentre lo sguardo della rossa si spense nuovamente e il il suo sorriso s’incurvasse verso il basso;

-sei stato tutta la notte con Amelie ed eri stanco vero?- domando’ abbozzando un sorriso amaro lasciandomi di stucco, sembrava quasi che mi leggesse nel pensiero;

-si- risposi secco abbassando a mia volta il capo, la vergogna mi stava letteralmente affogando,

-beh, dopotutto cosa potresti desiderare da una come me?- domando’ la giovane sibilando appena colpendomi al petto come una stilettata al cuore.

  
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