La proposta
Il cuore gli era direttamente saltato in gola mentre le scaglie si erano rizzate come aculei per lo spavento e la sorpresa.
Avanti a lui un imbarazzante cratere di roccia liquefatta sembrava deriderlo con i suoi rivoli infuocati che colavano sfrigolanti verso il terreno.
Malefor gettò subito via il misterioso marchingegno che stava esaminando: aveva scoperto la sua natura… fortunatamente non lo stava puntando contro se stesso quando aveva premuto il grilletto, o si sarebbe beccato in pieno la devastazione di un soffio di drago al vertice del suo potere.
L’antico drago viola guardò con un pizzico di suggestione l’oggetto magico che aveva scagliato lontano da lui, chiedendosi come mai un manufatto così devastante fosse assai difficoltoso da maneggiare, visto che continuava a sfuggirgli dagli artigli ogni volta che aveva tentato di brandirlo.
“Solamente una
scimmia potrebbe gestire comodamente una cosa del genere…”
Ma, in fin dei conti, la proprietaria dell’oggetto magico aveva grinfie simili alle mani di una scimmia! Con tanto di pollice opponibile, solo che erano ricoperte di scaglie ed armate di artigli del tutto degni di un drago.
Il Maestro delle Ombre aveva trascorso gli ultimi giorni curiosando sul conto della nuova venuta che nonostante gli incantesimi di guarigione continuava a giacere in uno stato di incoscienza.
Non che questo lo avesse distolto dai suoi turpi sogni di devastazione: le indagini erano quasi interamente volte a comprendere il modo migliore di servirsi della dragonessa per prorogare la sua causa.
Era certo che avrebbe collaborato di sua spontanea volontà… d'altronde era anche lei un drago viola, esponente di una stirpe destinata a scatenare il Distruttore affinché la purificazione del mondo possa avvenire tra le fiamme e il caos.
Era logico che anche lei la pensasse in questa maniera, ma se così non fosse stato, cosa di cui dubitava parecchio, avrebbe sempre potuto prendere il controllo della sua anima.
Tutto sarebbe andato per il meglio.
Pharnasius stava riprendendo gradualmente coscienza di sé e la cosa non le piaceva per niente!
Sapeva che presto avrebbe riavvertito l’insopportabile dolore al torace e all’ala che le sarebbe rimbalzato nel cranio, ma le sue cupe prospettive non si avverarono.
Quando infine riprese il controllo del proprio corpo, Pharnasius si ritrovò ad abitare in una macchina efficiente ed in ottimo stato, invece che nel catorcio in cui l’impatto dell’astronave l’aveva ridotta.
Ad accogliere il suo ritorno tra i vivi furono gli stessi occhi felini che l’avevano accompagnata nell’oscurità.
Un altro drago le sedeva al fianco e questo l’avrebbe assai rassicurata se soltanto il suo aspetto non fosse così inquietante.
Era vecchio di secoli, non vi erano dubbi, eppure non aveva nulla che indicasse il declino fisico che ghermiva i draghi della sua età.
Al contrario degli Anziani che tenevano in mano le redini del suo mondo, il corpo del vetusto drago era dritto e possente come quello di un guerriero ben addestrato di età matura.
Un numero esagerato di spine ne adornavano la figura come una terribile corazza, mentre degli artigli spropositati ne armavano le dita: Pharnasius non ne aveva mai visti di così lunghi!
Quando lui parlò, dandole un distaccato benvenuto, la sua voce cavernosa le provocò dei fastidiosi brividi lungo la schiena.
Quel tizio era il secondo drago viola che la guerriera avesse mai incontrato, e anche in questa occasione avvertiva un senso di disagio attanagliarle lo stomaco con una morsa glaciale.
Per l’ennesima volta sentì in lei qualche cosa di sbagliato, e si rattristò di condividere il colore delle scaglie con esseri tanto sgradevoli.
Nascondendo a malapena l’espressione di disgusto che le si era dipinta sul muso, Pharnasius si mise a sedere con movimenti cauti che man mano riacquistavano la loro abituale scioltezza quando nessuna fitta di dolore la raggiunse.
- Ho forse dormito per mesi? Credo proprio di sì, o le mie ferite non sarebbero completamente guarite…-
- Tre giorni …
ho eseguito su di te degli incantesimi di guarigione-
Incantesimi di
guarigione?
Ovvio che stesse
scherzando; molto probabilmente la medicina dei
draghi di quel pianeta era assai più avanzata di quella del suo.
Apprezzò il
tono serio e composto con cui aveva pronunciato la
piccola burla: quello strano tizio, dall’aspetto di un serial
killer appena
fuggito da un manicomio criminale, possedeva dopotutto un sottile senso
dell’umorismo che subito lo riscattò agli occhi di
Pharnasius.
La dragonessa viola
decise dunque di stare al gioco: che strano
modo di presentarsi!
- Quindi, a rigor di
logica, il fatto che io possa parlare la tua
lingua con disinvoltura è merito di un’altra tua magia,
no?-
- Esattamente-
Il che sarebbe
dovuto equivalere ad dire che un software di
agevolazione linguistica le era stato
sparato dentro il cervello mentre lei era incosciente … Menomale
la tecnologia
di questo lontano pianeta non aveva nulla da invidiare a quella della
sua
gente.
-Senti…-
-Pharnasius-
-… Pharnasius
…
toglimi una curiosità, c’è uno spirito che alberga
nel costrutto metallico dal
quale sei uscita? E’ lui che ti ha portata qui? Sai ho provato ad
avvicinarmi
ed una specie di manta mi è apparsa davanti minacciando di
fulminarmi se solo
avessi provato a sfiorare le lamiere-
Con enorme sorpresa
di Malefor, la misteriosa dragonessa scoppiò
in una fragorosa risata che gli urtò non poco i nervi: cosa
aveva detto di
tanto esilarante?
Dal canto suo
Pharnasius si stava accorgendo che la finzione
fantastica del suo interlocutore si stava facendo troppo ardita e
criptica per
essere agevolmente interpretata, così decise di porre fine al
gioco riportando
la conversazione sul piano reale.
-Non dar retta al
mio sistema operativo, al contrario di quel che
dice, nessun antifurto è stato mai istallato sulla mia
astronave, quindi
potrete procedere senza problemi alla sua riparazione … è
molto gentile da
parte vostra soccorrermi e rimettermi a nuovo la nave, grazie!-
Pharnasius si
accorse con uno sguardo che il corpulento drago
viola non aveva capito un bel niente di ciò che aveva detto.
-Sistema
operativo? Astronavi? Non ho mai sentito parlare di sortilegi del
genere-
Se i draghi avessero
potuto sbiancare, Pharnasius sarebbe divenuta
lilla quando si accorse che l’altro non stava scherzando e che
mai aveva
apparecchiato una giocosa finzione fin dall’inizio della loro
conversazione.
Ora si rendeva conto
del grave equivoco in cui era incappata: i
draghi di quel pianeta non capivano un bel niente di tecnologia ma
erano
solamente un branco di superstiziosi che si aggrappavano ad eventuali
rituali
folkloristici da loro chiamati “magia”.
In quel momento
Pharnasius realizzò di essere veramente
imprigionata in quella minuscola porzione del cosmo.
Si sentì
mancare, tuttavia quei tremendi attimi di panico la
indussero a saltare come una molla sulle quattro zampe per gettare una
frenetica occhiata agli immensi spazi della caverna in cui si trovava.
Poco più in
là trovò quel che restava della navicella.
Ora che la
necessità di salvarsi le scaglie non le comandava più
cosa notare oppure scartare, la guerriera poteva rendersi pienamente
conto
dell’enormità della catastrofe.
La nave somigliava
ad un misto di spezzatino di pecora e coratella
condito con strisce di vecchia pellicola cinematografica bruciacchiata.
La cosa
l’avrebbe divertita non avesse costituito lo spettacolo
più tragico a cui avesse mai assistito.
Il quadro venne poi
completato dalla comparsa di Belta: la manta
olografica la stava trafiggendo con uno sguardo a metà tra il
biasimo, il
rimprovero e la derisione
-Qual’è la tua soluzione
miracolosa, genio?-
Non era il momento
giusto per pronunciare parola di sorta tanto
che la risposta di Pharnasius consistette in un minaccioso ringhio che
trasformò il suo muso sinuoso in un terrificante arsenale di
zanne affilate; ma
Belta era di già troppo distrutta per lasciarsi intimidire da
ciò.
-Prima di
tutto, verrai con me-
Riuscì infine
a sibilare Pharnasiusa denti stretti, una volta che
era riuscita a calmarsi abbastanza da non distruggere quel poco di sano
che era
rimasto.
A parte una pistola,
che non tardò ad individuare sul terreno,
gettata là in malo modo, i resto del suo equipaggiamento era
ancora al suo
posto lungo le cinghie dei foderi da lei indossati.
La dragonessa
sganciò un piccolo oggetto semisferico che pose alla
sommità del dispositivo che conteneva il “cervello”
di Belta.
Qualche cosa stava
avvenendo… Malefor poteva avvertire l’aria
farsi leggermente frizzante ed gli innumerevoli percorsi della magia
ondeggiare
per un istante.
Il procedimento di
trasferimento dei dati era invisibile agli
occhi di Pharnasius, eppure Malefor poteva chiaramente individuarne il
flusso
di energia dispiegarsi come un’onda di particelle luminose.
Il vecchio drago ne
annusò il particolare odore, cercando di
identificare quel tipo ignoto di magia.
La sua mente
tornò ai tempi della sua giovinezza, trascorsa tra le
mura del Tempio a coltivare quei formidabili talenti che la sua razza
aveva in
dono.
Ricordava le ore
trascorse nel tentativo di dominare l’energia
degli elementi che gli scorrevano nel sangue, guidato
dall’esperta tutela dei
Guardiani di quel tempo remoto.
L’elettricità!
Non poteva essere che la potenza del fulmine ciò
che infondeva vita allo spirito del costrutto o
“astronave”, come la chiamava quell’improbabile
dragonessa viola.
Poteva avvertire dei
picchi e delle depressioni nella tensione,
come ogni tal volta che evocava la sua arma a soffio elettrica; ma in
questa
occasione la velocità del loro susseguirsi era impressionante,
praticamente
inafferrabile!
Indignato, Malefor
serrò gli occhi costringendosi ad una maggiore
concentrazione.
Afferrò e
perse più volte la risacca di quelle onde d’energia,
prima di riuscire a stabilizzare un contatto saldo che lo
catapultò nella mente
di Belta, o meglio, in ciò che realmente era.
Malefor non era per
nulla preparato a sfiorare la coscienza di una
creatura priva di vita, a scoprire di punto in bianco l’esistenza
delle
macchine e del loro mondo di circuiti.
Boccheggiando si
ritirò immediatamente da quel contatto.
-Ehi! Cosa ti prende?!-
Malefor si riscosse da quella
valanga di emozioni, quel tanto per avvertire ogni fibre del suo corpo
pronta a
scattare, mentre i suoi artigli erano affondati nella roccia,
frantumandola.
Tremava e le sue pupille
allungate si erano dilatate; riuscì comunque a riprendere il
controllo della
situazione, rimproverandosi mentalmente di aver manifestato un momento
di
debolezza di fronte alla sua potenziale servitrice.
-Per il caos e
l’oscurità! Cos’è quella dannata roba?!-
La manta si era nuovamente
materializzata al fianco della guerriera, fluttuando attorno alla sua
testa
cornuta con fare indispettito.
-Ma quale roba e roba?! Mi
chiamo
Belta, bello! E sono il cervello della nave.. una potenza di calcolo
come la
mia te la sogneresti la notte, quindi mostra un po’ di rispetto cavernicolo!-
-Calmati pesciolino, come
pretendi che possa mai comprendere cosa sei? Cerca di non strapazzarlo
più di
quanto non abbiamo già fatto, ok?-
L’ologramma non si mostrò
per nulla soddisfatto della risposta, diede ancora un paio di colpi di
pinna e
poi si dissolse nel nulla, tutto sotto gli sconcertati occhi di Malefor.
Il Maestro delle Ombre
avrebbe voluto impossessarsi subito della mente di Pharnasius, ma
ciò che aveva
scoperto con Belta lo aveva messo in allarme.
E se la dragonessa viola
si fosse rivelata un qualche cosa simile alla manta? Avrebbe mai potuto
accettare una realtà talmente inconcepibile?
Francamente ne dubitava.
Era chiaro che doveva
trovare un modo alternativo per assicurarsi la sua completa obbedienza,
e cosa
sarebbe più appropriato di un ricatto?
-Dimmi
Pharnasius, a quanto pare non sai come andartene da questo
mondo, giusto?-
-Esattamente-
Gli rispose lei esalando
un sospiro di stanchezza.
-… ma cosa importa ormai…
non vedo come la tua gente possa essere di una qualche
utilità…-
Malefor si lasciò sfuggire
un ghigno divertito, che molto somigliava all’espressione
soddisfatta di una
volpe in un pollaio.
Pharnasius fece
involontariamente un passo indietro, non le piaceva la compagnia di
quel tizio:
la spaventava.
-Forse
quei pivelli dei miei simili no, ma io sono perfettamente in grado di
comandare
lo spazio ed il tempo… credo di poterti ricondurre dove
desideri, sai …-
Pharanasius si lasciò
andare in una sonora risata di biasimo.
-E come penseresti di
fare? Accenderesti qualche candela e danzeresti ricoperto di pittura e
piume?-
Questa volta fu lui a
ridere.
-Mettimi
subito alla prova, straniera. Forza, afferra la mia zampa
e vedrai.-
Con un movimento fluido,
l’antico drago le porse le grinfie, mentre osservava divertito la
guerriera che
le porgeva riluttante la mano artigliata.
Malefor le serrò il polso
in una presa ferrea attirandola a sé con uno strattone …
e di punto in bianco
accadde l’impossibile.
Pharnasius venne accecata
dall’oscurità che si era fatta tangente e pesante come
l’umidità di una palude.
Per pochi attimi si sentì
precipitare, senza avere la rassicurante certezza di poter frenare la
caduta
spalancando le sue bizzarre ali da aliena.
Poi la sgradevole
sensazione cessò.
Avvertì qualche cosa di
morbido e frusciante sotto le zampe, mentre una gamma infinita di nuovi
e
freschi odori le invase le narici.
Sentiva sulle scaglie i
tiepidi raggi di un sole benevolo e carezzevole, assai diverso dalla
stella
spietata che fustigava i deserti del suo pianeta natale,
Ovunque spirava una lieve
brezza che le portava il canto degli uccelli ed il gaio gorgogliare di
un
ruscello.
Invitata da quella
esplosione di nuove sensazioni, Pharnasius aprì i neri occhi e
la bellezza di
ciò che vide la commosse.
Si trovava in una verde
vallata, assai distante dal territorio vulcanico nel quale si erano
trovati
solo un attimo prima!
Accanto a lei l’antico
drago viola ignorava il paesaggio, da lui giudicato meschino e
deplorevole, per
lanciarle sguardi di trionfo.
-Allora?
Che te ne pare?-
-Ma è magnifico!-
Malefor ridacchiò tra sé
prima di accorgersi con costernazione che Pharnasius non si stava per
niente
riferendo alle sue doti magiche ma alle bellezze naturali di cui poteva
godere
per la prima volta nella sua vita.
Il vecchio drago avvertì
una bruciante delusione farsi avanti avvolta dalla sensazione di essere
stato
in qualche modo tradito: contava di aver trovato un altro drago viola a
modo
che rendesse manifesto il suo disprezzo per l’esplosione di vita
insita nella
Valle di Avalar, invece aveva accanto un altro esemplare della sua
razza dal
cervello flippato, che fissava le verdi cime dei tigli con la gioia, lo
stupore
e la curiosità di un cucciolo appena uscito dall’uovo!
Pharnasius sembrava un
essere silvano, una ninfa dei boschi, mentre in preda al suo puerile
entusiasmo
faceva ondeggiare il suo corpo snello in sintonia con le fronde degli
alberi,
ipnotizzata dai mutevoli giochi di luci ed ombra che facevano
somigliare le
tenere foglie a rubini.
-Cosa sono questi
giganti?-
-
Alberi … che domande!-
Malefor quasi ringhiò la
risposta: ciò a cui stava assistendo lo disgustava, era contro
la natura dei
draghi viola!
Dal canto suo, la
guerriera non era dello stato d’animo giusto per notare la
freddezza ed il
disprezzo dell’altro.
Ripetendo il nuovo
vocabolo più volte, quasi con distrazione, lasciò vagare
lo sguardo al cielo
dall’improbabile indaco, macchiato da masse di gigantesche di non
so che cosa
simile al poliuretano espanso verniciato di bianco e grigio scuro, che
correvano all’impazzata, coprendo sempre di più quel sole
gentile.
-È tutto così
deliziosamente differente dal pianeta da cui provengo…-
Commentò con un sospiro
soddisfatto, rivolgendo per la prima volta la sua attenzione a Malefor.
Parte della sua allegria
si dissolse quando si ritrovò accanto una fredda statua di
marmo, che la
guardava accigliata.
Per Pharnasius ciò era
troppo insensato ed una mancanza di sentimento nei confronti di un
luogo così
splendido non poteva restare impunita.
Parte della cucciola che
giocava arrampicandosi tra i tralicci della stazione di lancio,
combinando
marachelle e burle ai poveri meccanici, riaffiorò, scacciando la
compostezza
marziale che aveva acquisito in anni di addestramento, lotte e
preoccupazioni.
Decise che era giunto il
momento di fare un bello scherzetto a quel bisbetico e burbero vecchio.
Il fatto che si trovassero
sul crinale di una collina giocò a suo vantaggio.
-Sei mai stato rinchiuso
dentro una centrifuga?-
-
Eeee!?-
-Ottimo! Perché non
provare?-
Senza lasciare il tempo a
Malefor di raccapezzare un bel niente di ciò che stesse
avvenendo, Pharnasius
si gettò su di lui con rapida agilità facendolo piombare
sull’erba della
collina per poi assestargli un bello spintone con la coda che lo fece
rotolare
lungo la discesa.
-Difficile uscire dal
cestello della lavatrice, vero?!-
La dragonessa rimase per
un po’ ad osservare il drago viola che man mano si tramutava in
una trottola di
scaglie ed erba sempre più indistinta, prima di gettarsi anche
lei sul manto
erboso per rotolare a sua volta.
Malefor era letteralmente
allibito.
Cercava in tutti i modi di
frenare la discesa puntellando le zampe lungo il crinale, ma senza
successo
mentre le sue proteste venivano soffocati dai folti ciuffi d’erba
che gli
sferzavano continuamente sul muso e le gioiose risate della
dannatissima dragonessa
gli colmavano le orecchie.
Avrebbe potuto ricorrere
alla magia, se solo la situazione in cui si era cacciato non gli
impedisse di
concentrarsi a sufficienza per richiamare il suo oscuro potere.
Poi cielo e terra
tornarono pian piano al loro posto abituale, mentre il Maestro delle
Ombre si
ritrovava a giacere supino sull’erba.
Subito si alzò,
rabbrividendo come se si fosse ritrovato disteso in una fossa di
scorpioni
velenosi, mentre la testa gli girava a tal punto che sentiva la bile
risalirgli
dallo stomaco.
Era tremendamente
arrabbiato, furioso oltremodo! Come aveva potuto osare quella mocciosa
burlarsi
di lui in tal maniera?!
Con centinaia di saette
oscure che gli danzavano attorno alle zanne snudate, l’antico
drago scrutò la
sommità della collina per scatenare la sua furia contro
Pharnasius.
Era così intento ad
osservare il declivio con occhi iniettati di sangue che non si accorse
che il
suo bersaglio gli stava letteralmente piombando addosso, rotolando come
una
botte incontrollata.
Lo sgambetto lo fece
piombare nuovamente al suolo come un sacco di patate, ma questa volta
fu la
stessa Pharnasius ad attutirne la caduta con il proprio corpo.
-Ahi! Cavolo se sei
pesante!-
Facendo forza con gli arti
anteriori, la dragonessa si liberò dalla mole dell’altro.
Malefor restò sorpreso
dalla forza di quella pazza furiosa, che con tanta facilità lo
aveva scostato
di lato.
Avrebbe voluto
trasformarla in una chiazza fumante nell’erba, ma
quell’occasionale
dimostrazione di potenza lo indusse a ragionare e a tornare sui suoi
passi.
Dannazione! Pharnasius gli
serviva! Questo significava che avrebbe dovuto sopportare le sue
stranezze; ma
una volta raggiunto il suo scopo, giurò
sull’oscurità stessa che le avrebbe
fatto pagare ogni cosa, con gli interessi!
Quasi rispondendo ai suoi
turpi pensieri, il cielo si ricoprì del tutto di nubi
temporalesche mentre un
tremendo boato riecheggiò nella valle.
-Cos’è stato?-
-Un tuono,
credo si stia per scatenare un temporale, penso sia
meglio parlare di affari sotto quella cengia di roccia…-
Una gocciolina colpì
Pharnasius sul muso, subito seguita dalla sue sorelle che pian piano
circondarono la dragonessa, carezzandole le scaglie con il loro tocco
rinfrescante.
-Mha, guarda che roba!
L’acqua scende dal cielo come se sgocciolasse da un tubo che
perde!-
L’unica acqua che
Pharnasius avesse mai visto scorreva in tumultuosi ed oscuri fiumi
sotterranei
che venivano convogliati nelle tubature dell’acquedotto… mai quel liquido insapore aveva assunto
quell’aspetto gaio e giocoso.
-Perché mai dovremmo
ripararci? A me non sembra una cosa sgradevole!-
Non fece in tempo a finire
la frase che un altro rombo coprì le sue parole, trasformando
all’istante
quella innocua pioggerellina in una vera e propria cascata di acqua che
la
bagnò tutta fino al midollo.
Trovando quell’inferno
d’acqua tutt’altro che piacevole, Pharnasius corse
precipitosamente verso il
riparo mentre Malefor la osservava scuotendo incredulo la testa cornuta
di
fronte a tanta ingenuità.
Pharnasius si scosse tutta
come un cane per liberarsi dall’acqua che le era rimasta
intrappolata tra le
fessure delle scaglie violacee.
-Wow! Questa proprio non
me la sarei mai aspettata…-
Rimase per un po’ ad
osservare tutto quello sfavillare di verdi ed oro che si era ora
tramutato in
una fosca chiazza di colori scuri, resi traslucidi
dall’acquazzone, mentre
scariche d’energia folgoravano a tratti il paesaggio con candida
luce.
La dragonessa adulta
riuscì infine a riporre in un angolo la cucciola che si era
appena scatenata,
per ponderare la situazione con pacata logica.
Una domanda le folgorò la
mente.
-Alt! C’è qualche cosa che
non va…-
Malefor si ritrovò per
l’ennesima volta le scuri iridi della dragonessa piantate nelle
proprie, ma
questa volta non vi era racchiusa la spensierata allegria di poco fa ma
un
sospetto pesante come il piombo.
Comprese che in quel
momento aveva a che fare con un drago adulto e non più con una
pargoletta troppo
cresciuta.
La cosa lo sollevò
parecchio.
-Ci trovavamo all’interno
di un vulcano… come hai fatto a catapultarci qui in uno scocco
di coda?-
-
Teletrasporto… è un incantesimo minore che chiunque
può
effettuare con un po’ di pratica-
- Stai mentendo, la magia
non esiste! Forza, svuota il sacco!-
-Ma
non ti sto affatto mentendo…-
Malefor pronunciò queste
parole trattenendo a stento una risata: quella tizia non finiva mai di
stupirlo, sembrava proprio che le si dovesse insegnare ogni cosa.
Lei gli rispose con un
ringhio sommesso, spalancando le ali con fare sospettoso.
Il vecchio drago anziano
rispose arricciando le labbra in modo da lasciare intravedere le zanne
aguzze
dove una miriade di scariche di energia stavano danzando, pronte a
colpire.
Lasciò sospeso tra di loro
quel cupo gesto di ammonimento mentre si accingeva a fornire
l’ennesima
dimostrazione di ciò che la sua magia potesse compiere.
L’improvvisa scomparsa di
Malefor prese Pharnasius di sorpresa.
Il drago si era dissolto
nel nulla da un momento all’altro, come se una gomma da
cancellare fosse
passata su un disegno a matita, per poi riapparire sul soffitto della
cengia,
aggrappandosi con gli artigli alle sporgenze della roccia come un
immenso
pipistrello.
La dragonessa viola rimase
di stucco, tanto era la sua incredulità che provò timore
quando Malefor saltò
agilmente verso il terreno per avvicinarsi a lei sempre di più.
Ad ogni passo, Pharnasius
indietreggiava fino a ritrovarsi appiattita contro la parete rocciosa.
Ci doveva pur essere una
spiegazione logica a quel che aveva assistito, non poteva
essere altrimenti,
non poteva assolutamente trattarsi di magia! Ammetterlo sarebbe per lei
equivalso a mettere in discussione le convinzioni di una vita, a
rinnegare il
proprio modo di vedere la realtà per uno nuovo a lei
completamente alieno: privo
di senso!
Malefor sorrise tra se,
costatando di aver finalmente giocato la carta giusta.
-Ti
condurrò dove tu vorrai, prima però dovrai svolgere un
lavoretto per me…-