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Autore: Litha    31/07/2010    0 recensioni
“L’acqua che ho tenuto tra le mani in tutto questo tempo sta diventando troppo movimentata, esce dai buchetti tra le dita, fino a quando non rimarrà altro che una mano bagnata, con delle gocce che si asciugheranno presto al sole. Ho perso tutti i miei ponti, e sono stanca, distrutta da non so nemmeno cosa, per ricostruirne di nuovi.” La frase che più di tutte mi aveva colpita. Ecco, mi sentivo allo stesso modo. Ma in cuor mio sapevo che avrei dovuto ricostruire nuovi ponti. Per me, ma soprattutto per lei.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non potevo credere alle mie orecchie. Eppure quella frase l’avevo detta io. Io che fino a qualche mese fa abbassavo lo sguardo se qualcuno mi rivolgeva una qualsiasi domanda, io che avevo il timore di questo giorno e ne parlavo la notte con Lisa.

“Sbattitene! Insomma non vorrai farti mettere i piedi in testa no?

Quel giorno dovrai essere sicura di te! Essere capace di far tacere anche un professore!”

Ecco cosa mi ripeteva mia sorella ogni volta che parlavo dell’inizio della scuola, mi incoraggiava a non temere nulla. E senza volerlo avevo esaudito uno dei suoi desideri.

-ehm, d’accordo allora signorina Allen si presenti pure- disse balbettando in tutta la frase. L’avevo lasciato di stucco glielo si leggeva negli occhi.

-grazie, allora mi chiamo Kristine, ho tredici anni, e si, sono stata bocciata, frequentavo la seconda M l’anno scorso, ero un tipo abbastanza solitario e timido, vi basti tenere a mente il verbo al passato- e dicendo ciò andai a sedermi, lasciando il professore ancora scosso. Si, ora mi sentivo veramente tanto realizzata.

La prima ora passò velocemente, così come la seconda e la terza. Tre ore ininterrotte di Rioni. Come avrebbe detto mia sorella da spararsi siringe di insulina. E impasticcarsi di valeriana.

I problemi sorsero all’intervallo.

Tranquillamente stavo seduta al banco, a pensare quanto fosse noiosa la vita, non avevo intenzione di alzarmi e buttarmi nella mischia di corpi ammassati che chiamano intervallo, preferivo di gran lunga la solitudine della classe quasi vuota.

Poi sentì una voce chiamarmi e con rammarico mi girai, lasciando perdere la contemplazione delle piante del giardino.

-ciao, tu sei Kristine giusto?- un gruppo di ragazzi che avevo scorso nella classe prima mi si avvicinò sorridente, feci cenno di sì con la testa.

-ci chiedevamo se per caso... beh... se magari... volevi venire in giro con noi oggi pomeriggio- mi domandò uno del gruppo. Ma da quando i ragazzi balbettano quando mi parlano? Di solito quella ero io...

-mi dispiace ma sono impegnata.. sarà per un’altra volta- tagliai corto tornando a guardare il giardino.

Sentì degli urli isterici e qualcuno che diceva”avete visto quanto è carina?”.

Tutti uguali, superficiali e noiosi.

I dieci minuti concessi per l’intervallo terminarono velocemente. E speravo che quella giornata non mi avrebbe più riservato sorprese.

-ragazzi, i vostri professori sono impegnati, quindi ora ci sono io- una voce che avevo conosciuto e odiato, ma soprattutto odiato.

Voltai lo sguardo riducendo gli occhi a due fessure. La professoressa Diana. Dentro di me un moto di vomito si fece largo. Io non la tolleravo quella donna. Troppo saccente, troppo perfetta e troppo stupida.

-Kristine, sono felice di rivederti, come stai?- domandò nella mia direzione. Si aspettava chissà cosa. Forse che avrei abbassato la testa sentendo i suoi insulti in silenzio.

- salve professoressa, io tutto bene, lei?- domandai con voce ferma e sicura e forse anche fredda.

Rimase di sasso. Sorrisi tra me e me, ero cambiata e dovevano ancora accorgersi di quanto.

-vedo che sei cresciuta, studierai quest’anno? Sai non vorrei doverti aiutare troppo, insomma io mi sono diplomata e queste cose le so a memoria, mi annoierei a rispiegarle- cercava di mettermi in difficoltà. Ma no, non gli avrei fatto vincere questa battaglia.

-ma professoressa, così mi delude- dissi sorridendo. O meglio ghignando.

-in che senso?- chiese lei scettica e furibonda.

“Sai, gli stupidi non sono quelli che non sanno.

Ma sono quelli che presumono di sapere!”

Altra pillola di saggezza di Lisa. Questa frase me l’aveva detta durante una storica litigata.

-sa, professoressa, mi hanno detto di prendere per stupidi quelli che presumono di conoscere tutto, e di prendere seriamente chi non pretende e vuole imparare- lo dissi calcando bene la parola stupidi. Oh si. Gliel’avevo messo in culo!

I suoi occhi si chiusero in due fessure, mentre due luci nelle pupille mi fecero capire quanto a fondo avevo colpito.

Dentro di esultai, risi, ballai addirittura la danza della vittoria. Non mi ero mai sentita così bene.

Dietro la professoressa Diana, vedevo i miei ormai, compagni di classe fissare la scena sconvolti, mi misi a ridere più forte dentro, non era mai capitato che qualcuno mi fissasse e che io non abbassassi lo sguardo intimidita. Stavo bene, come non lo ero mai stata.

Tornai a guardare la professoressa, che non parlava, semplicemente mi lanciava sguardi carichi d’odio. Mentre io la fissavo nelle pupille senza avere paura, senza rimpianti per quello che avevo detto.

-bene, dato che si comporta così che ne dice di venire a sedersi in prima fila? Vicino al signorino Aire- non era una domanda, infatti mi prese la borsa e me la mise nel banco vicino a quello del biondo, senza esitazioni mi alzai dalla sedia, e tenendo la testa alta, andai in prima fila, dove il biondo mi squadrava da capo a piedi.

Mi sedetti, in un movimento preciso ed atletico. Poi tornai a guardare la professoressa, che sorrideva malignamente, o meglio ghignava sadica.

-oh, grazie qui vedo molto meglio!- dissi fingendomi felice. La ballata della vittoria continuava nella mia testa. E il ghigno che avevo stampato in faccia mostrava ciò che stava succedendo. Mi sentivo potente ed indistruttibile, insomma una sensazione mai provata.

Mi voltai a guardare il mio compagno di banco, lo vidi assorto a leggere qualcosa. La curiosità di sapere cosa leggesse, era forte, ma non avrei ceduto. In effetti  non mi doveva importare niente. Io nemmeno lo conoscevo.

Lui mi beccò a guardarlo,e contro ogni mia aspettativa sorrise. Era un sorriso diverso da quelli che avevo visto sul volto dei miei ex compagni di scuola, questo era un sorriso caldo e sincero. Mi chiesi come mai, nemmeno lo conoscevo, perché mi regalava quel sorriso così bello?

La mia faccia doveva essere di stupore, perché anche la sua divenne perplessa. Io guardavo lui, mentre lui guardava me.

Quel momento di silenzio imbarazzante fu interrotto da lui, che riprendendo il sorriso iniziò a parlare.

-piacere, io sono Jason, tu Kristine?- domandò retoricamente. Annui, parlare non sarebbe servito. Sapeva benissimo chi ero, e allora perché dare fiato alla bocca inutilmente?

-sei una tipa scontrosa sai?- chiese sempre retoricamente. Continuava a farsi domande delle quali anche uno stupido avrebbe capito le risposte.

-sono gli altri che mi ci hanno fatto diventare- dissi, rispondendo di malavoglia. Non avevo voglia di parlare. Volevo solo che quella mattina finisse in fretta. Molto in fretta.

Iniziò a parlare, di cose che sinceramente ritenevo futili, ma lui non si scoraggiava dalla mai faccia perplessa continuava imperterrito a parlare. Parlare e parlare.

Pensai che il suo cervello girasse solo sul calcio dopo che in venti minuti mi aveva raccontato filo per segno la finale della scorsa settimana. Inutile era dire che io il calcio non l’avevo mai capito. Vedere questi tipi super pagati correre in calzoncini dietro un pallone non era la prospettiva migliore che avevo. Avevo iniziato a seguire il calcio per avvicinarmi ad un ragazzo, ma quando avevo capito che lui nemmeno calcolava la mia esistenza avevo deciso di lasciar perdere. E mi ero concentrata su cose stupidissime, come ad esempio, vecchie commedie famigliari, che mi avevano traviato, facendomi perdere il contatto con il mondo esterno.

Quel pensiero mi passo veloce nella testa. Come ero stata stupida a credere di poter interessare ad un ragazzo popolare e pieno di amici. Una bambina. Mi ero comportata da bambina.

Quando lo dissi a Lisa, lei si mise a ridere. E continuò per un bel po’. Poi aveva deciso di aiutarmi, ripetendomi più volte che sarei stata  bellissima se mi fossi curata di più. Cercando di togliere quei brufoli che mi deturpavano il viso fino a due mesi fa.

Ora la mia pelle era curata e perfetta. Certo un po’ giallastra a causa della preoccupazione e della pressione delle ultime settimane. Ma comunque liscia e senza imperfezioni.

-scommetto che il calcio non ti interessa- sospirò infine lui, riportandomi sulla terra. Ecco, mi ero persa di nuovo nei miei pensieri.

-già, non ne trovo l’utilità- risposi annuendo impercettibilmente.

Mi sorrise e poi con un sospiro molto più profondo del precedente prese parola.

-vedi, il calcio di per se non ha alcuna utilità, hai ragione. Ma è un modo come un altro per sfogarsi, uno sport divertente- disse serio -anche se si è super pagati- l’ultima frase la disse ironicamente. Non riuscì a trattenere un sorrisino.

-allora sa ridere!- mi prese in giro scompigliandomi i capelli, stava già prendendo troppa confidenza, ma ripensando agli altri compagni di classe lui era il più simpatico, senza dubbio.


Ciao a tutti! spero che questo capitolo vi sia piaciuto !
Un bacio!
Litha
  
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