Non potevo credere alle mie
orecchie. Eppure
quella frase l’avevo detta io. Io che fino a qualche mese fa
abbassavo lo sguardo
se qualcuno mi rivolgeva una qualsiasi domanda, io che avevo il timore
di
questo giorno e ne parlavo la notte con Lisa.
“Sbattitene!
Insomma non vorrai farti mettere i piedi in testa no?
Quel
giorno
dovrai essere sicura di te! Essere capace di far tacere anche un
professore!”
Ecco cosa mi ripeteva mia sorella
ogni volta che
parlavo dell’inizio della scuola, mi incoraggiava a non
temere nulla. E senza
volerlo avevo esaudito uno dei suoi desideri.
-ehm, d’accordo allora
signorina Allen si presenti
pure- disse balbettando in tutta la frase. L’avevo lasciato
di stucco glielo si
leggeva negli occhi.
-grazie, allora mi chiamo Kristine,
ho tredici
anni, e si, sono stata bocciata, frequentavo la seconda M
l’anno scorso, ero un
tipo abbastanza solitario e timido, vi basti tenere a mente il verbo al
passato- e dicendo ciò andai a sedermi, lasciando il
professore ancora scosso.
Si, ora mi sentivo veramente tanto realizzata.
La prima ora passò
velocemente, così come la
seconda e la terza. Tre ore ininterrotte di Rioni. Come avrebbe detto
mia
sorella da spararsi siringe di insulina. E impasticcarsi di valeriana.
I problemi sorsero
all’intervallo.
Tranquillamente stavo seduta al
banco, a pensare
quanto fosse noiosa la vita, non avevo intenzione di alzarmi e buttarmi
nella
mischia di corpi ammassati che chiamano intervallo, preferivo di gran
lunga la
solitudine della classe quasi vuota.
Poi sentì una voce
chiamarmi e con rammarico mi
girai, lasciando perdere la contemplazione delle piante del giardino.
-ciao, tu sei Kristine giusto?- un
gruppo di
ragazzi che avevo scorso nella classe prima mi si avvicinò
sorridente, feci
cenno di sì con la testa.
-ci chiedevamo se per caso... beh...
se magari...
volevi venire in giro con noi oggi pomeriggio- mi domandò
uno del gruppo. Ma da
quando i ragazzi balbettano quando mi parlano? Di solito quella ero
io...
-mi dispiace ma sono impegnata..
sarà per un’altra
volta- tagliai corto tornando a guardare il giardino.
Sentì degli urli isterici
e qualcuno che
diceva”avete visto quanto è carina?”.
Tutti uguali, superficiali e noiosi.
I dieci minuti concessi per
l’intervallo
terminarono velocemente. E speravo che quella giornata non mi avrebbe
più
riservato sorprese.
-ragazzi, i vostri professori sono
impegnati,
quindi ora ci sono io- una voce che avevo conosciuto e odiato, ma
soprattutto
odiato.
Voltai lo sguardo riducendo gli
occhi a due
fessure. La professoressa Diana. Dentro di me un moto di vomito si fece
largo.
Io non la tolleravo quella donna. Troppo saccente, troppo perfetta e
troppo
stupida.
-Kristine, sono felice di rivederti,
come stai?-
domandò nella mia direzione. Si aspettava chissà
cosa. Forse che avrei
abbassato la testa sentendo i suoi insulti in silenzio.
- salve professoressa, io tutto
bene, lei?-
domandai con voce ferma e sicura e forse anche fredda.
Rimase di sasso. Sorrisi tra me e
me, ero cambiata
e dovevano ancora accorgersi di quanto.
-vedo che sei cresciuta, studierai
quest’anno? Sai
non vorrei doverti aiutare troppo, insomma io mi sono diplomata e
queste cose
le so a memoria, mi annoierei a rispiegarle- cercava di mettermi in
difficoltà.
Ma no, non gli avrei fatto vincere questa battaglia.
-ma professoressa, così
mi delude- dissi
sorridendo. O meglio ghignando.
-in che senso?- chiese lei scettica
e furibonda.
“Sai,
gli
stupidi non sono quelli che non sanno.
Ma sono
quelli che presumono di sapere!”
Altra pillola di saggezza di Lisa.
Questa frase me
l’aveva detta durante una storica litigata.
-sa, professoressa, mi hanno detto
di prendere per
stupidi quelli che presumono di conoscere tutto, e di prendere
seriamente chi
non pretende e vuole imparare- lo dissi calcando bene la parola
stupidi. Oh si.
Gliel’avevo messo in culo!
I suoi occhi si chiusero in due
fessure, mentre
due luci nelle pupille mi fecero capire quanto a fondo avevo colpito.
Dentro di esultai, risi, ballai
addirittura la
danza della vittoria. Non mi ero mai sentita così bene.
Dietro la professoressa Diana,
vedevo i miei
ormai, compagni di classe fissare la scena sconvolti, mi misi a ridere
più
forte dentro, non era mai capitato che qualcuno mi fissasse e che io
non
abbassassi lo sguardo intimidita. Stavo bene, come non lo ero mai stata.
Tornai a guardare la professoressa,
che non
parlava, semplicemente mi lanciava sguardi carichi d’odio.
Mentre io la fissavo
nelle pupille senza avere paura, senza rimpianti per quello che avevo
detto.
-bene, dato che si comporta
così che ne dice di
venire a sedersi in prima fila? Vicino al signorino Aire- non era una
domanda,
infatti mi prese la borsa e me la mise nel banco vicino a quello del
biondo,
senza esitazioni mi alzai dalla sedia, e tenendo la testa alta, andai
in prima
fila, dove il biondo mi squadrava da capo a piedi.
Mi sedetti, in un movimento preciso
ed atletico.
Poi tornai a guardare la professoressa, che sorrideva malignamente, o
meglio
ghignava sadica.
-oh, grazie qui vedo molto meglio!-
dissi
fingendomi felice. La ballata della vittoria continuava nella mia
testa. E il
ghigno che avevo stampato in faccia mostrava ciò che stava
succedendo. Mi
sentivo potente ed indistruttibile, insomma una sensazione mai provata.
Mi voltai a guardare il mio compagno
di banco, lo vidi
assorto a leggere qualcosa. La curiosità di sapere cosa
leggesse, era forte, ma
non avrei ceduto. In effetti non
mi
doveva importare niente. Io nemmeno lo conoscevo.
Lui mi beccò a
guardarlo,e contro ogni mia
aspettativa sorrise. Era un sorriso diverso da quelli che avevo visto
sul volto
dei miei ex compagni di scuola, questo era un sorriso caldo e sincero.
Mi
chiesi come mai, nemmeno lo conoscevo, perché mi regalava
quel sorriso così
bello?
La mia faccia doveva essere di
stupore, perché
anche la sua divenne perplessa. Io guardavo lui, mentre lui guardava
me.
Quel momento di silenzio
imbarazzante fu
interrotto da lui, che riprendendo il sorriso iniziò a
parlare.
-piacere, io sono Jason, tu
Kristine?- domandò
retoricamente. Annui, parlare non sarebbe servito. Sapeva benissimo chi
ero, e
allora perché dare fiato alla bocca inutilmente?
-sei una tipa scontrosa sai?- chiese
sempre
retoricamente. Continuava a farsi domande delle quali anche uno stupido
avrebbe
capito le risposte.
-sono gli altri che mi ci hanno
fatto diventare-
dissi, rispondendo di malavoglia. Non avevo voglia di parlare. Volevo
solo che
quella mattina finisse in fretta. Molto in fretta.
Iniziò a parlare, di cose
che sinceramente
ritenevo futili, ma lui non si scoraggiava dalla mai faccia perplessa
continuava imperterrito a parlare. Parlare e parlare.
Pensai che il suo cervello girasse
solo sul calcio
dopo che in venti minuti mi aveva raccontato filo per segno la finale
della
scorsa settimana. Inutile era dire che io il calcio non
l’avevo mai capito.
Vedere questi tipi super pagati correre in calzoncini dietro un pallone
non era
la prospettiva migliore che avevo. Avevo iniziato a seguire il calcio
per
avvicinarmi ad un ragazzo, ma quando avevo capito che lui nemmeno
calcolava la
mia esistenza avevo deciso di lasciar perdere. E mi ero concentrata su
cose
stupidissime, come ad esempio, vecchie commedie famigliari, che mi
avevano
traviato, facendomi perdere il contatto con il mondo esterno.
Quel pensiero mi passo veloce nella
testa. Come
ero stata stupida a credere di poter interessare ad un ragazzo popolare
e pieno
di amici. Una bambina. Mi ero comportata da bambina.
Quando lo dissi a Lisa, lei si mise
a ridere. E
continuò per un bel po’. Poi aveva deciso di
aiutarmi, ripetendomi più volte
che sarei stata bellissima
se mi fossi
curata di più. Cercando di togliere quei brufoli che mi
deturpavano il viso
fino a due mesi fa.
Ora la mia pelle era curata e
perfetta. Certo un
po’ giallastra a causa della preoccupazione e della pressione
delle ultime settimane.
Ma comunque liscia e senza imperfezioni.
-scommetto che il calcio non ti
interessa- sospirò
infine lui, riportandomi sulla terra. Ecco, mi ero persa di nuovo nei
miei
pensieri.
-già, non ne trovo
l’utilità- risposi annuendo
impercettibilmente.
Mi sorrise e poi con un sospiro
molto più profondo
del precedente prese parola.
-vedi, il calcio di per se non ha
alcuna utilità,
hai ragione. Ma è un modo come un altro per sfogarsi, uno
sport divertente-
disse serio -anche se si è super pagati- l’ultima
frase la disse ironicamente.
Non riuscì a trattenere un sorrisino.
-allora sa ridere!- mi prese in giro
scompigliandomi i capelli, stava già prendendo troppa
confidenza, ma ripensando
agli altri compagni di classe lui era il più simpatico,
senza dubbio.
Ciao a tutti! spero che questo capitolo vi sia piaciuto !
Un bacio!
Litha