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Autore: Litha    29/07/2010    0 recensioni
“L’acqua che ho tenuto tra le mani in tutto questo tempo sta diventando troppo movimentata, esce dai buchetti tra le dita, fino a quando non rimarrà altro che una mano bagnata, con delle gocce che si asciugheranno presto al sole. Ho perso tutti i miei ponti, e sono stanca, distrutta da non so nemmeno cosa, per ricostruirne di nuovi.” La frase che più di tutte mi aveva colpita. Ecco, mi sentivo allo stesso modo. Ma in cuor mio sapevo che avrei dovuto ricostruire nuovi ponti. Per me, ma soprattutto per lei.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mancava meno di una settimana a quei benedetti esami di riparazione, ma purtroppo mia sorella non ne avrebbe preso parte, non avrebbe potuto rimediare i suoi pessimi voti, non ora.

Una distrazione, un semplice errore. Mia sorella non era più con me, non mi avrebbe più potuta rassicurare, consolare, o solamente insultare la mia timidezza. Lei che era presente sempre, anche mentre mi sfuriavo con il cuscino, quando litigavo con i miei nonni, lei era lì, pronta ad ascoltare senza giudicare. Ma ora, mi sentivo persa. Lei costretta a stare sdraiata su di un letto ospedaliero, senza sapere che succede intorno, senza aprire gli occhi. Bloccata in un sonno continuo. I dottori avevano detto che si sarebbe ripresa, sapevo che non se ne sarebbe andata, troppe cose la legavano qui. Lei era forte e determinata. E non avrebbe mai lasciato sole le sue sorelle. Mai.

La andavo a trovare tutti i giorni, parlavo senza aspettare una risposta, senza versare una lacrima, come faceva mamma quando la vedeva. No , non piangevo. Sapevo cosa mi avrebbe detto, mi avrebbe ripreso per la mia debolezza. E non volevo essere debole. No, non più.

Sdraiata sul suo letto pensavo e ripensavo. Cosa avrei fatto ora? Non lo sapevo nemmeno io.

Presi il computer e andai sulla sua cartella. Lessi i sui scritti, mai finiti.

Scriveva su tutto. Sulla sua vita, sui suoi sogni. E per la prima volta sperai riuscisse ad esaudirli.

Passai più di tre ore a leggere le storie incompiute. Aveva finito forse qualche one shot, ma erano talmente tanti racconti che non mi accorsi nemmeno.

Lessi e rilessi. Fino a quando non trovai la biografia che stavamo scrivendo insieme. Aprì la pagina, sicura che non avrei ritrovato il sorriso ,leggendo.

L’acqua che ho tenuto tra le mani in tutto questo tempo sta diventando troppo movimentata, esce dai buchetti tra le dita, fino a quando non rimarrà altro che una mano bagnata, con delle gocce che si asciugheranno presto al sole. Ho perso tutti i miei ponti, e sono stanca, distrutta da non so nemmeno cosa, per ricostruirne di nuovi.

La frase che più di tutte mi aveva colpita. Ecco, mi sentivo allo stesso modo. Ma in cuor mio sapevo che avrei dovuto ricostruire nuovi ponti. Per me, ma soprattutto per lei.

 

                  -Kristy! Sveglia! Devi andare a scuola- eccolo, il giorno che avrei evitato volentieri arrivasse.

Il primo giorno di scuola. In più non avevo nemmeno i compagni dell’anno scorso. E no, ero stata bocciata. Fan culo.

-arrivo- sbuffai tirando indietro le coperte che mi avvolgevano e mi facevano sentire quello stato di tepore  e riposo.

Andai in bagno, cercando di rimanere sveglia e sopprimendo i continui sbadigli. Guardandomi allo specchio mi accorsi di quanto sembravo distrutta. Ero un mostro. Le occhiaie diventavano violacee, le labbra erano secche e screpolate, e la pelle giallastra sembrava malaticcia.

Lavai il viso e i denti. E mi ridiressi in camera.

Sedetti sullo sgabello di Lisa, dove era solita truccarsi la mattina. E presi i suoi trucchi. Non avevo deciso cosa fare fino a quando non accesi il piccolo lampadario.

Correttore fondotinta e tanto nero sugli occhi. Mi pettinai con una coda, raccogliendo la frangia in una bombatura. Lucidalabbra ed ero pronta.

Decisi di andare a scuola a piedi. Camminare mi faceva bene, anche nei giorni nuvolosi e umidi come questi, mi aiutava a pensare, e pensando non faticavo ad arrivare a scuola in orario. Andai all’entrata, e vidi le mie ex compagne di classe che parlavano animatamente. Non mi riconobbero per mia fortuna. Quindi sgusciai fino al portone senza essere riconosciuta da nessuno. Molti mi guardavano, certi cercavano di capire chi fossi, stupita da tanta attenzione e dal fatto che non arrossì, alzai lo sguardo e i miei occhi incrociarono delle irridi azzurre, due occhi enormi mi fissavano interessati. All’inizio rimasi positivamente sorpresa, poi ripensai a tutto quello che avevo passato e un moto di disgusto si fece sentire nel mio stomaco. Quel ragazzo era di bell’aspetto, occhi celesti come il cielo, e capelli biondo cenere, la carnagione era abbronzata, e vestiva con una maglietta nera e jeans lunghi. Mi guardava come se stesse aspettando chissà che, e dopo si voltò deluso.

La campanella suonò e riprendendomi dai miei pensieri, entrai senza esitazione.

-scusi, la seconda M?- domandai alla segretaria dell’istituto, lei mi sorrise e mi indicò la classe, le informazioni che mi diede erano semplici, anche perché conoscevo la scuola relativamente bene ma il suo accento mediterraneo resero il compito alquanto audace.

Entrai nella classe senza troppe cerimonie, e andai a prendere il banco in fondo all’aula. Era un banco rovinato ed anonimo, perfetto.

Mi guardarono tutti, sembravano imbambolati, come dei bambini che guardano il giocattolo nuovo ma che non possono toccarlo per paura che si rompa. Ecco la mia sensazione era quella, io ero il giocattolo, fragile e delicato. Una sola parola rivoltami mi avrebbe fatto avvampare e tirare giù la testa. Ma poi ricordai le parole del testo di mia sorella.

“Se la timidezza è un tuo difetto, basta combatterla.

Forse troverai che nei tuoi pregi c’è anche l’audacia!”

-ciao, io sono Silvia, tu sei nuova?- domandò al mio indirizzo una ragazzina dai capelli neri corvini, raccolti in una coda di cavallo, due occhi marroni e un boschetto della felicità sopra di essi. Ovvero due enormi sopraciglia.

-no, sono stata bocciata, ero della seconda M dell’anno scorso- dissi e mi stupì del tono incolore che usciva dalla mia bocca. Le mie corde vocali non avevano mai usato un tono simile, era strano.

La ragazzina si guardò in giro, e con voce mielosa riportò la mia attenzione su di sé.

-quindi tu vai male a scuola?- chiese trattenendo una risatina, una risatina che avrei volentieri fatto tacere con un pugno.

Purtroppo i miei piani vennero rovinati dall’entrata del professore. Il professore di matematica, Stefano Rioni. Un uomo sulla quarantina, capelli neri e occhi del medesimo colore. Un uomo che detta con tutta sincerità farei sparire dalla faccia della terra.

-bene ragazzi, seduti- disse con la sua r moscia, naturalmente nessuno lo ascoltò, e lui timidamente ripeté più volte.

Dopo ben dieci minuti i ragazzi si sedettero ai loro posti. Lui andò alla cattedra e iniziò a fare l’appello. Era impensabile come quell’uomo balbettasse anche mentre diceva venti nomi, di alunni che probabilmente non si sarebbe ricordato nemmeno.

-ragazzi abbiamo nuovi compagni, forza, Kristine e Jason alla cattedra- chiamò me e un altro ragazzo.

Mi alzai di malavoglia, non avevo voglia di avere tutti gli occhi puntati su di me.

Mi stupì nel notare che il presunto Jason era il ragazzo biondo di poco prima, mi fissò di nuovo intensamente e io ricambiai lo sguardo a testa alta.

-bene, Jason vuoi presentarti tu?- chiese il professore, balbettando solo sull’ultima sillaba.

- d’accordo, mi chiamo Jason Aire, ho appena compiuto tredici anni, vengo dall’America precisamente da Brooklyn. Mi sono trasferito in Italia per problemi famigliari, e ora vivo qui da due mesi. Sono un anno più grande perché sono stato bocciato in prima media. Spero di trovarmi bene qui- il ragazzo era sicuro di sé, sapeva esattamente cosa dire e teneva la testa alta in ogni occasione ci avrei messo la mano sul fuoco.

-bene, invece ragazzi lei è Kristine..- bloccai il professore con la mano, lanciando uno sguardo molto, ma molto truce.

Poi finsi un colpo di tosse per attirare l’attenzione verso di me.

-grazie professore, ma penso di potermi presentare da sola-.





*** Spazio Autrice ***
Ciao a tutti! Spero che il primo capitolo sia stato interessante...
Questa è una storia che ho in mente da tempo... fatemi sapere se devo continuare a pubblicare i capitoli ...
Spero che sia di vostro gradimento e se potete (me che supplica in ginocchio) lasciate una recensione... Per Favore...:'(
Apparte questo ditemi se vi piace o no =)
Un bacio Litha
  
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