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Autore: Amalia89    31/07/2010    1 recensioni
Una Luna persa come sempre nella semplicità e nella purezza dei suoi pensieri, conoscerà per la prima volta l’amore, un sentimento che le farà così paura, da mutare la sua natura ed il suo destino per sempre.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Luna Lovegood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti, prima di lasciarvi alla lettura del capitolo, vorrei fare una piccola osservazione

Salve a tutti, prima di lasciarvi alla lettura del capitolo, vorrei fare una piccola osservazione.

Ho visto che un po’ di persone hanno letto il primo capitolo ma con mio rammarico, solo una ha commentato. Non vi piace la storia? E’ così orribile? Davvero preferisco che me lo diciate che leggere il numero 0 sulle recensioni. Spero che questo abbia più successo.

Buona lettura.

 

Rispondendo a Dindy80

 

Grazie per i complimenti! No no, come avrai capito dalla mia nota, preferisco di gran lunga che i commenti vengano lasciati qui. E’ davvero avvilente vedere che le storie non hanno recensioni…

Spero che anche questo possa piacerti! Un bacione e grazie di cuore per la recensione ^_^.

Amalia.

 

 

 

Capitolo 2




Eravamo in coda da più di un’ora e la gente non faceva che spingere. Non capivo il perché di tutto quel caos, tanto saremmo comunque entrati tutti.
«Che villani». Commentò papà, indispettito.
Sorrisi, per quanto mi riguardava, erano solo impazienti di entrare.
Forse era causa della mia visione del mondo, sapevo che esistevano persone e cose cattive, ma ero anche a conoscenza del fatto, che se volevo vivere bene dovevo essere in grado di sorridere sinceramente a chiunque, mostrando gentilezza ed educazione.
«Ehi Luna!». Mi voltai, per vedere chi mi aveva chiamato ed alle mie spalle, notai Ronald Weasley con tutta la sua famiglia.
«Ciao Ron, signori Weasley». Salutai, accompagnando le mie parole con un cenno della mano.
Erano persone adorabili, come del resto, quasi tutte quelle che conoscevo.
«Avanti, avanti! Non perdete tempo!». Un signore barbuto ci incitò ad entrare, finalmente, nel salone.
Poggiammo le scope e percorremmo i pochi gradini che ci dividevano dall’entrata. Ero eccitata, non vedevo l’ora di entrare.
«Buon pomeriggio e buona visita». Ci augurò una signorina molto carina e cortese, strappandoci i biglietti.
Rimasi incantata da tanta meraviglia. Le mura cambiavano colore ad intermittenza, prima bianche, poi gialle, verdi ed ancora rosse, viola e nere.
Era pieno di gente che chiacchierava e guardava delle mappe per orientarsi all’interno della mostra, i quadri erano animati ed i personaggi, assumevano una propria realtà.
«Luna cara, ci vediamo qui alla chiusura, così entrambi saremo liberi di visitarlo come preferiamo» Mi salutò papà, dandomi un bacio sulla guancia.
Asserii, seguendo poco le sue parole.
Presi una mappa dell’espositore ed iniziai a guardarla, quando l’aprii, vidi che le linee che rappresentavano i muri di divisione, cambiavano colore proprio come quelli reali, e di lato, c’erano scritti tutti i nomi delle opere e dei loro autori.
Alla fine, decisi che andare ad istinto era la cosa migliore. Sorridevo a tutti quelli che mi passavano accanto e mi guardavo attorno meravigliata da ogni colore e da ogni disegno.
Una donna che stendeva i panni, un papà che incartava con la bacchetta magica i doni natalizi, gli Elfi, impegnati a preparare i banchetti.
Sembravano scene di vita quotidiana, nulla di particolare se non nelle tecniche di pittura.
Non mi soffermai su nessun quadro in particolare ed in poche ore, fui al penultimo corridoio, mi metteva gioia stare in mezzo a tutta quella gente felice, sorridente e questo, mi bastava.
Ad un certo punto, posai lo sguardo su un quadro, l’unico che era riuscito a catturarmi in quel modo.
Mi avvicinai, per osservarne i particolari da vicino. Rappresentava due draghi, una femmina, con le squame rosate ed un maschio, color arancio molto accesso.
Il primo, aveva il corpo che si dissolveva in petali di rosa rossa, mentre il secondo li raccoglieva disperatamente, ma questi, volavano via, scivolandogli dalle zampe e poi, tutto iniziava da capo. Il drago femmina intero, che sembrava fuggire dal maschio, prima di tramutare tutto il suo essere in petali di fiori che esso cercava di raccogliere.
Sembrava così realistico che mi venne quasi voglia di toccarlo. Lessi il nome dell’autore, ma in basso, sulla sinistra, c’erano solo due iniziali scritte in calligrafia elegante e pesante. C.W.
«Ciao!». Una voce alle mie spalle, mi fece sussultare.
Mi portai una mano sul cuore, mi ero fatta così prendere da quel quadro, da isolarmi completamente da ciò che mi circondava.
«Scusa non volevo farti spaventare. Sono Charlie Weasley, il fratello di Ron, tu se non sbaglio sei Luna Lovegood, mio fratello mi ha parlato di te». Aggiunse, porgendomi la mano.
La strinsi sorridendogli, anche se non mi avesse detto chi era, l’avrei probabilmente riconosciuto.
Aveva capelli rossi lunghi, raccolti in una coda e gli occhi erano chiari, incastrati in un viso dalla pelle pallida e lentigginosa.
«Piacere di conoscerti Charlie. Sei tu l’autore del quadro?». Chiesi, provando a collegare le iniziali al suo nome.
«Sì, sono io». Rispose sorridendo.
«E’ bellissimo, il più espressivo che io abbia visto fino ad ora». Mi complimentai, esponendogli i miei pensieri.
«Grazie». Arrossì, facendomi ritrovare nei suoi tratti, quelli di Ron.
Tornai ad osservare il disegno, chiedendomi se dietro ad esso, ci fosse qualche significato.
«Oh, giacché tu sei l’autore, forse puoi soddisfare una mia curiosità». Mi rivolsi a Charlie, accorgendomi solo in quel momento, che avrei potuto chiedere a lui.
«Certo». Allargò le braccia, come ad invitarmi ad esporre la mia domanda.
«Mi chiedevo a che cosa ti fossi ispirato, nel disegnare questo quadro e che significato ha». Domandai, sfiorandone i bordi della cornice con i polpastrelli.
«Facile! Alla leggenda di Apollo e Dafne, non la conosci?». Chiese, poggiandosi sul muro ed incrociando le braccia.
Scossi la testa. «No».
«Dafne era la figlia e sacerdotessa di Gea, la Madre Terra e del fiume Peneo. Era una giovane ninfa che viveva serena passando il suo tempo a deliziarsi della quiete dei boschi e del piacere della caccia la cui vita fu stravolta a causa del capriccio di due divinità: Apollo ed Eros. Si racconta infatti che un giorno Apollo, fiero di aver ucciso a colpi di freccia il gigantesco serpente Pitone alla tenera età di quattro giorni, incontrò Eros che era intendo a forgiare un nuovo arco e si burlò di lui, del fatto che non avesse mai compiuto delle azioni degne di gloria. Il Dio dell’amore, profondamente ferito dalle parole di Apollo, volò in cima al monte Parnaso e lì preparò la sua vendetta: prese due frecce, una spuntata e di piombo, destinata a respingere l'amore, che lanciò nel cuore di Dafne ed un'altra ben acuminata e dorata, destinata a far nascere la passione, che scagliò con violenza nel cuore di Apollo. Da quel giorno Apollo iniziò a vagare disperatamente per i boschi alla ricerca della ninfa, perché era talmente grande la passione che ardeva nel suo cuore che ogni minuto lontano da lei era una tremenda sofferenza. Alla fine riuscì a trovarla ma Dafne appena lo vide, scappò impaurita e a nulla valsero le suppliche del Dio che gridava il suo amore e le sue origini divine per cercare di impressionare la giovane fanciulla». Parlava tranquillamente, come se quella stessa storia, l’avesse vissuta lui. Io avevo ascoltato piena d’interesse e fascino nei confronti di quella leggenda che non conoscevo.
Tacqui, aspettando che continuasse, che mi raccontasse la fine, ma non aggiunse altro.
«E poi?». L’esortai allora, impaziente di sapere.
«E poi… se domani ritornerai qui da me, ti racconterò la fine della storia ed il nesso logico che ha con il mio quadro. Non dovrai ripagare l’entrata, entri come mia ospite». Rispose, sfoderando un sorriso a trentasei denti.
Chinai il capo di lato, non capendo quel suo strano comportamento, ma rassegnandomi a dover aspettare altre ventiquattro ora per conoscere la fine di quella storia e l’origine del quadro.
«Okay. Allora ci vediamo domani». Sentenziai alla fine, allontanandomi da lui.
Diedi ancora un’occhiata veloce all’ultimo corridoio, prima che annunciassero che l’Exposed fantasy era in chiusura.
Incontrai papà all’entrata, assieme ai signori Weasley.
«Eccoti!». Esclamò, abbracciandomi.
«Scusa papà, sono rimasta colpita dal quadro di Charlie Weasley, mi ha raccontato la storia o meglio, parte della storia. Tornerò domani, per farmi raccontare il resto. Mi ha detto di non preoccuparmi, che entrerò come sua ospite». Spiegai, tranquillamente.
«Oh bene! Quindi ci vedremo anche domandi?». Domandò la mamma di Ron.
«Certo». Risposi carezzevole.
«Allora a domani Luna».
«Ciao Ron».
Ci salutammo ed ognuno, si diresse verso i propri alloggi, sulla scopa data in dotazione dal museo. Fuori era calato il buio e trovare il castello fu un po’ complicato.
Per fortuna incontrammo altri maghi diretti lì, che ci fecero strada fin sulla cima del monte di Transilvania.
Il castello era immenso e pullulava di pipistrelli. Era molto altro ed ogni tetto terminava a punta.
Prima di entrare, tutti, bevemmo la pozione, per evitare spiacevoli incidenti.
«Benvenuti nella mia dimora. Io sono il padrone della tenuta, il conte Dracula». Un signore alto, dalla pelle diafana ed i capelli lunghi e neri ci accolse all’entrata.
«Seguite le mie cameriere, vi mostreranno i vostri alloggi e vi porteranno del cibo nelle vostre stanze». Aggiunse, prima di mutare la sua forma in pipistrello e volare via.
Tutto di quel posto era macabro e spoglio e anch’io, che vedevo del buono in tutto, notai che tra quelle mura, c’era poco da cercare.
La serata passò tranquilla, poco prima di dormire, impegnai la mia mente con qualche libro d’incantesimi che mi ero portata dietro, ma prima ancora che potessi accorgermene, il buio mi portò via con sé, facendomi scivolare nella dolce incoscienza del sonno.

Il mattino arrivò presto, ma se non fosse stato per papà, avrei pensato che fosse ancora notte.
Le spesse tende rosse erano tirate, per impedire ad ogni singolo raggio di luce di entrare nella stanza e presto scoprii, in tutto il castello.
Certo, dovevo immaginarmelo, d'altronde ci trovavamo nella casa di Dracula.
Dopo colazione, uscii per andare ad incontrarmi con Charlie Weasley e sentire finalmente la fine della storia.
«Io vado a fare qualche escursione. So che da queste parti crescono le Drillicus Asformer. Si dice che siano piante in grado di trasformare un babbano in vampiro». Disse papà, prima di salutarmi.
Durante tutto il tragitto in scopa, non potei fare a meno di pensare a quale potesse essere la continuazione della leggenda.
Non avevo mai amato in vita mia, eppure la vicenda di Dafne ed Apollo m’incuriosiva.
Arrivai di buon ora, entrando nel museo e dirigendomi direttamente nel penultimo corridoio.
Non c’era la stessa quantità di gente che avevo visto il giorno prima, ma forse era troppo presto perché le altre famiglie arrivassero.
«Ciao Luna!». Mi salutò un Charlie raggiante e sorridente.
«Ciao!». Risposi, con altrettanta allegria.
«Sei venuta davvero». Osservò, arrossendo nuovamente.
«Certo, non potevo perdermi la fine della storia tra Apollo e Dafne». Sorrisi, impaziente che iniziasse a raccontarmi.
Si mise davanti al suo quadro e, proprio come il giorno prima, riprese a raccontare.
«Allora, siamo rimasti a Dafne che vede Apollo ma anzi che corrergli incontro come lui si aspettava, fugge terrorizzata. Scappò tra i boschi ed accortasi che la sua corsa era vana, in quanto Apollo la incalzava sempre più da vicino, invocò la Madre Terra di aiutarla e questa, impietosita dalle richieste della figlia, iniziò a rallentare la sua corsa fino a fermarla e contemporaneamente a trasformare il suo corpo: i suoi capelli si mutarono in rami ricchi di foglie; le sue braccia si sollevarono verso il cielo diventando flessibili rami; il suo corpo sinuoso si ricoprì di tenera corteccia; i suoi delicati piedi si tramutarono in robuste radici ed il suo delicato volto svaniva tra le fronde dell'albero. La trasformazione era avvenuta sotto gli occhi di Apollo che disperato, abbracciava il tronco nella speranza di riuscire a ritrovare la dolce Dafne. Abbracciò l’albero, baciandolo ed accarezzandone ogni singolo ramo, ma esso sembrava ribellarsi a quelle attenzioni. Allora il Dio deluso disse :"Poiché tu non puoi essere mia sposa, sarai almeno l'albero mio: di te sempre, o lauro, saranno ornati i miei capelli, la mia cetra, la mia faretra"». L’ultima frase la recitò con una mano sul cuore e l’altra verso l’alto, fissando il vuoto.
Era una storia piuttosto triste, Eros non era stato propriamente gentile con questi due innamorati ma Apollo, se l’era anche cercata.
«Che storia triste», commentai, lisciandomi i capelli setosi.
Riflettei un attimo, prima di rivolgergli nuovamente la parola.
«Quindi il tuo quadro rappresenta loro, ma i soggetti sono draghi e la femmina, si trasforma in petali di rosa anzi che in albero?». Chiesi, arrivando a questa conclusione.
«Esattamente». Rispose fiero.
Annuii sorridendo. Aveva avuto senz’altro una buona idea.
In quel momento, accidentalmente, mi cadde di mano il tesserino che mi avevano dato all’esterno ed entrambi ci piegammo per raccoglierlo.
In quel semplice gesto, le nostre mani si sfiorarono e provai una strana sensazione, ritrassi la mia immediatamente, come scottata.
Lui mi fissò in modo strano, porgendomi il pezzo di plastica.
«Che- Che c’è?». Chiesi balbettando.
Lui abbassò il capo scotendo la testa, sembrava afflitto, indeciso, quando lo rialzò, puntando i suoi occhi chiari nei miei, un fremito mi percorse la schiena.
«Luna ti sembrerò affrettato forse ma… Mi piaci e credimi, anche se ha dell’incredibile, mi sono innamorato di te. Lo so che ci siamo visti appena mezz’ora in tutto ma… Quando sto con te mi sento strano, diverso». Quando rispose alla mia domanda, mi maledii per averla fatta.
Mi sentivo spaesata, una sgradevole sensazione mi attanagliava lo stomaco, la testa mi girava fastidiosamente, le mani cominciarono a sudare e un’imminente voglia di fuggire da quel posto avvolse ogni parte del mio corpo.
«Forse è meglio che io vada». Sussurrai arretrando.
«No Luna aspetta, non volevo spaventarti…». Allungò una mano per afferrarmi ma fulminea mi ritrassi scappando a gambe levate.
Raccolsi la scopa e volai via, con tutta la velocità che mi permetteva di raggiungere quel mezzo.
Arrivai al castello e senza guardare in faccia nessuno, corsi su nella mia stanza, in preda ad una confusione tale da annebbiarmi i sensi.
Salendo le scale di corsa, urtai contro una ragazza dai capelli rossi che mi guardò in modo strano, sorridendomi, quasi soddisfatta.
«Ti stavo aspettando Luna… Sono Vaiolet e sono la soluzione di tutti i tuoi problemi».

  
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