Salve a tutti, prima di lasciarvi alla lettura del capitolo,
vorrei fare una piccola osservazione.
Ho visto che un po’ di persone hanno letto il primo capitolo
ma con mio rammarico, solo una ha commentato. Non vi piace la storia? E’ così orribile?
Davvero preferisco che me lo diciate che leggere il numero 0 sulle recensioni.
Spero che questo abbia più successo.
Buona lettura.
Rispondendo a Dindy80
Grazie per i complimenti! No no, come avrai capito dalla mia nota, preferisco di gran
lunga che i commenti vengano lasciati qui. E’ davvero avvilente vedere che le
storie non hanno recensioni…
Spero che anche questo possa
piacerti! Un bacione e grazie di cuore per la recensione ^_^.
Amalia.
Capitolo 2
Eravamo in coda da più di un’ora e la gente non faceva che spingere. Non capivo
il perché di tutto quel caos, tanto saremmo comunque entrati tutti.
«Che villani». Commentò papà, indispettito.
Sorrisi, per quanto mi riguardava, erano solo impazienti di entrare.
Forse era causa della mia visione del mondo, sapevo che esistevano persone e
cose cattive, ma ero anche a conoscenza del fatto, che se volevo vivere bene
dovevo essere in grado di sorridere sinceramente a chiunque, mostrando
gentilezza ed educazione.
«Ehi Luna!». Mi voltai, per vedere chi mi aveva chiamato ed alle mie spalle,
notai Ronald Weasley con tutta la sua famiglia.
«Ciao Ron, signori Weasley». Salutai, accompagnando le mie parole con un cenno
della mano.
Erano persone adorabili, come del resto, quasi tutte quelle che conoscevo.
«Avanti, avanti! Non perdete tempo!». Un signore barbuto ci incitò ad entrare,
finalmente, nel salone.
Poggiammo le scope e percorremmo i pochi gradini che ci dividevano
dall’entrata. Ero eccitata, non vedevo l’ora di entrare.
«Buon pomeriggio e buona visita». Ci augurò una signorina molto carina e
cortese, strappandoci i biglietti.
Rimasi incantata da tanta meraviglia. Le mura cambiavano colore ad
intermittenza, prima bianche, poi gialle, verdi ed ancora rosse, viola e nere.
Era pieno di gente che chiacchierava e guardava delle mappe per orientarsi
all’interno della mostra, i quadri erano animati ed i personaggi, assumevano
una propria realtà.
«Luna cara, ci vediamo qui alla chiusura, così entrambi saremo liberi di
visitarlo come preferiamo» Mi salutò papà, dandomi un bacio sulla guancia.
Asserii, seguendo poco le sue parole.
Presi una mappa dell’espositore ed iniziai a guardarla, quando l’aprii, vidi
che le linee che rappresentavano i muri di divisione, cambiavano colore proprio
come quelli reali, e di lato, c’erano scritti tutti i nomi delle opere e dei
loro autori.
Alla fine, decisi che andare ad istinto era la cosa migliore. Sorridevo a tutti
quelli che mi passavano accanto e mi guardavo attorno meravigliata da ogni
colore e da ogni disegno.
Una donna che stendeva i panni, un papà che incartava con la bacchetta magica i
doni natalizi, gli Elfi, impegnati a preparare i banchetti.
Sembravano scene di vita quotidiana, nulla di particolare se non nelle tecniche
di pittura.
Non mi soffermai su nessun quadro in particolare ed in poche ore, fui al
penultimo corridoio, mi metteva gioia stare in mezzo a tutta quella gente
felice, sorridente e questo, mi bastava.
Ad un certo punto, posai lo sguardo su un quadro, l’unico che era riuscito a
catturarmi in quel modo.
Mi avvicinai, per osservarne i particolari da vicino. Rappresentava due draghi,
una femmina, con le squame rosate ed un maschio, color arancio molto accesso.
Il primo, aveva il corpo che si dissolveva in petali di rosa rossa, mentre il
secondo li raccoglieva disperatamente, ma questi, volavano via, scivolandogli
dalle zampe e poi, tutto iniziava da capo. Il drago femmina intero, che
sembrava fuggire dal maschio, prima di tramutare tutto il suo essere in petali
di fiori che esso cercava di raccogliere.
Sembrava così realistico che mi venne quasi voglia di toccarlo. Lessi il nome
dell’autore, ma in basso, sulla sinistra, c’erano solo due iniziali scritte in
calligrafia elegante e pesante. C.W.
«Ciao!». Una voce alle mie spalle, mi fece sussultare.
Mi portai una mano sul cuore, mi ero fatta così prendere da quel quadro, da
isolarmi completamente da ciò che mi circondava.
«Scusa non volevo farti spaventare. Sono Charlie Weasley, il fratello di Ron,
tu se non sbaglio sei Luna Lovegood, mio fratello mi ha parlato di te».
Aggiunse, porgendomi la mano.
La strinsi sorridendogli, anche se non mi avesse detto chi era, l’avrei
probabilmente riconosciuto.
Aveva capelli rossi lunghi, raccolti in una coda e gli occhi erano chiari,
incastrati in un viso dalla pelle pallida e lentigginosa.
«Piacere di conoscerti Charlie. Sei tu l’autore del quadro?». Chiesi, provando
a collegare le iniziali al suo nome.
«Sì, sono io». Rispose sorridendo.
«E’ bellissimo, il più espressivo che io abbia visto fino ad ora». Mi
complimentai, esponendogli i miei pensieri.
«Grazie». Arrossì, facendomi ritrovare nei suoi tratti, quelli di Ron.
Tornai ad osservare il disegno, chiedendomi se dietro ad esso, ci fosse qualche
significato.
«Oh, giacché tu sei l’autore, forse puoi soddisfare una mia curiosità». Mi rivolsi
a Charlie, accorgendomi solo in quel momento, che avrei potuto chiedere a lui.
«Certo». Allargò le braccia, come ad invitarmi ad esporre la mia domanda.
«Mi chiedevo a che cosa ti fossi ispirato, nel disegnare questo quadro e che
significato ha». Domandai, sfiorandone i bordi della cornice con i
polpastrelli.
«Facile! Alla leggenda di Apollo e Dafne, non la conosci?». Chiese, poggiandosi
sul muro ed incrociando le braccia.
Scossi la testa. «No».
«Dafne era la figlia e sacerdotessa di Gea,
Tacqui, aspettando che continuasse, che mi raccontasse la fine, ma non aggiunse
altro.
«E poi?». L’esortai allora, impaziente di sapere.
«E poi… se domani ritornerai qui da me, ti racconterò la fine della storia ed
il nesso logico che ha con il mio quadro. Non dovrai ripagare l’entrata, entri
come mia ospite». Rispose, sfoderando un sorriso a trentasei denti.
Chinai il capo di lato, non capendo quel suo strano comportamento, ma
rassegnandomi a dover aspettare altre ventiquattro ora per conoscere la fine di
quella storia e l’origine del quadro.
«Okay. Allora ci vediamo domani». Sentenziai alla fine, allontanandomi da lui.
Diedi ancora un’occhiata veloce all’ultimo corridoio, prima che annunciassero
che l’Exposed fantasy era in chiusura.
Incontrai papà all’entrata, assieme ai signori Weasley.
«Eccoti!». Esclamò, abbracciandomi.
«Scusa papà, sono rimasta colpita dal quadro di Charlie Weasley, mi ha
raccontato la storia o meglio, parte della storia. Tornerò domani, per farmi
raccontare il resto. Mi ha detto di non preoccuparmi, che entrerò come sua
ospite». Spiegai, tranquillamente.
«Oh bene! Quindi ci vedremo anche domandi?». Domandò la mamma di Ron.
«Certo». Risposi carezzevole.
«Allora a domani Luna».
«Ciao Ron».
Ci salutammo ed ognuno, si diresse verso i propri alloggi, sulla scopa data in
dotazione dal museo. Fuori era calato il buio e trovare il castello fu un po’
complicato.
Per fortuna incontrammo altri maghi diretti lì, che ci fecero strada fin sulla
cima del monte di Transilvania.
Il castello era immenso e pullulava di pipistrelli. Era molto altro ed ogni
tetto terminava a punta.
Prima di entrare, tutti, bevemmo la pozione, per evitare spiacevoli incidenti.
«Benvenuti nella mia dimora. Io sono il padrone della tenuta, il conte
Dracula». Un signore alto, dalla pelle diafana ed i capelli lunghi e neri ci
accolse all’entrata.
«Seguite le mie cameriere, vi mostreranno i vostri alloggi e vi porteranno del
cibo nelle vostre stanze». Aggiunse, prima di mutare la sua forma in
pipistrello e volare via.
Tutto di quel posto era macabro e spoglio e anch’io, che vedevo del buono in tutto,
notai che tra quelle mura, c’era poco da cercare.
La serata passò tranquilla, poco prima di dormire, impegnai la mia mente con
qualche libro d’incantesimi che mi ero portata dietro, ma prima ancora che
potessi accorgermene, il buio mi portò via con sé, facendomi scivolare nella
dolce incoscienza del sonno.
Il mattino arrivò presto, ma se non fosse stato per papà, avrei pensato che
fosse ancora notte.
Le spesse tende rosse erano tirate, per impedire ad ogni singolo raggio di luce
di entrare nella stanza e presto scoprii, in tutto il castello.
Certo, dovevo immaginarmelo, d'altronde ci trovavamo nella casa di Dracula.
Dopo colazione, uscii per andare ad incontrarmi con Charlie Weasley e sentire
finalmente la fine della storia.
«Io vado a fare qualche escursione. So che da queste parti crescono le
Drillicus Asformer. Si dice che siano piante in grado di trasformare un babbano
in vampiro». Disse papà, prima di salutarmi.
Durante tutto il tragitto in scopa, non potei fare a meno di pensare a quale
potesse essere la continuazione della leggenda.
Non avevo mai amato in vita mia, eppure la vicenda di Dafne ed Apollo
m’incuriosiva.
Arrivai di buon ora, entrando nel museo e dirigendomi direttamente nel
penultimo corridoio.
Non c’era la stessa quantità di gente che avevo visto il giorno prima, ma forse
era troppo presto perché le altre famiglie arrivassero.
«Ciao Luna!». Mi salutò un Charlie raggiante e sorridente.
«Ciao!». Risposi, con altrettanta allegria.
«Sei venuta davvero». Osservò, arrossendo nuovamente.
«Certo, non potevo perdermi la fine della storia tra Apollo e Dafne». Sorrisi,
impaziente che iniziasse a raccontarmi.
Si mise davanti al suo quadro e, proprio come il giorno prima, riprese a
raccontare.
«Allora, siamo rimasti a Dafne che vede Apollo ma anzi che corrergli incontro
come lui si aspettava, fugge terrorizzata. Scappò tra i boschi ed accortasi che
la sua corsa era vana, in quanto Apollo la incalzava sempre più da vicino,
invocò
Era una storia piuttosto triste, Eros non era stato propriamente gentile con
questi due innamorati ma Apollo, se l’era anche cercata.
«Che storia triste», commentai, lisciandomi i capelli setosi.
Riflettei un attimo, prima di rivolgergli nuovamente la parola.
«Quindi il tuo quadro rappresenta loro, ma i soggetti sono draghi e la femmina,
si trasforma in petali di rosa anzi che in albero?». Chiesi, arrivando a questa
conclusione.
«Esattamente». Rispose fiero.
Annuii sorridendo. Aveva avuto senz’altro una buona idea.
In quel momento, accidentalmente, mi cadde di mano il tesserino che mi avevano
dato all’esterno ed entrambi ci piegammo per raccoglierlo.
In quel semplice gesto, le nostre mani si sfiorarono e provai una strana
sensazione, ritrassi la mia immediatamente, come scottata.
Lui mi fissò in modo strano, porgendomi il pezzo di plastica.
«Che- Che c’è?». Chiesi balbettando.
Lui abbassò il capo scotendo la testa, sembrava afflitto, indeciso, quando lo
rialzò, puntando i suoi occhi chiari nei miei, un fremito mi percorse la
schiena.
«Luna ti sembrerò affrettato forse ma… Mi piaci e credimi, anche se ha
dell’incredibile, mi sono innamorato di te. Lo so che ci siamo visti appena
mezz’ora in tutto ma… Quando sto con te mi sento strano, diverso». Quando
rispose alla mia domanda, mi maledii per averla fatta.
Mi sentivo spaesata, una sgradevole sensazione mi attanagliava lo stomaco, la
testa mi girava fastidiosamente, le mani cominciarono a sudare e un’imminente
voglia di fuggire da quel posto avvolse ogni parte del mio corpo.
«Forse è meglio che io vada». Sussurrai arretrando.
«No Luna aspetta, non volevo spaventarti…». Allungò una mano per afferrarmi ma
fulminea mi ritrassi scappando a gambe levate.
Raccolsi la scopa e volai via, con tutta la velocità che mi permetteva di
raggiungere quel mezzo.
Arrivai al castello e senza guardare in faccia nessuno, corsi su nella mia
stanza, in preda ad una confusione tale da annebbiarmi i sensi.
Salendo le scale di corsa, urtai contro una ragazza dai capelli rossi che mi
guardò in modo strano, sorridendomi, quasi soddisfatta.
«Ti stavo aspettando Luna… Sono Vaiolet e sono la soluzione di tutti i tuoi
problemi».