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Autore: Lover    31/07/2010    1 recensioni
Leggendo alcune fanfiction su Carlisle, mi sono resa conto di come si sia sempre tentato di fare delle ipotesi sul suo passato. Ho notato anche che sono poche nella nostra amata lingua, perciò ho deciso di approfittare. Questa fanfiction tratta la storia di Carlisle prima e dopo Edward, piccoli problemi di cuore compresi! Prevalentemente yaoi, shounenai, slash, insomma omosessuale!
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash, Yaoi | Personaggi: Carlisle Cullen, Edward Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un incontro

 

Carlisle giunse a Siena verso la metà del diciottesimo secolo. La prima cosa che decise di fare, ancora prima di cercare alloggio, fu iscriversi all'università. Scelse tre facoltà diverse: scienze, per placare la sua fame di conoscenza; musica, per affinare il suo spirito romantico; chirurgia, per portare avanti il progetto che gli avrebbe salvato la vita. Forse.

Le materie erano molte, i professori che lo accolsero tentarono di dissuaderlo da una scelta simile. Quando lui si rifiutò di rinunciare ad una sola delle materie prescelte, lo osservarono con sospetto. Evidentemente pensavano di trovarsi di fronte un viziatello, un patetico indeciso o peggio un nullafacente che collezionava le facoltà come le ragazze di fronte a casa.

Si sarebbero dovuti ricredere. Con i soldi che si era portato dalla Gran Bretagna, riuscì ad acquistare quasi tutti i libri per scienze e chirurgia; per il resto, dovette cercare un lavoro che gli desse una certezza finanziaria ed una base economica su cui costruire il suo futuro. Con sua sorpresa, trovò una casa ed un lavoro nello stesso giorno: il signor Tancredi Pace, un simpatico cinquantenne dall'aria vivace e furba, aveva una madre da accudire ed una soffitta da affittare. Si accordò con Carlisle che avrebbe badato alla madre di giorno, studiando poi di notte. Per tale compito avrebbe avuto vitto ed alloggio gratuiti, oltre ad un piccolo stipendio che gli avrebbe consentito di terminare le compere delle attrezzature. Non approfittò mai della gentilezza casalinga che si respirava nella cucina dei Pace, ma in compenso beneficiò e non poco dell'abilità di sarta della signora Gaetana. La donna, sui settant'anni e non più, viveva per soffrire di due cose: la morte del marito ed il figlio ancora scapolo. L'arrivo di Carlisle sembrò portarle felicità, la considerò per sempre il primo essere umano che gli diede l'onore di entrare nel suo cuore. Nei lunghi pomeriggi passati a chiacchierare con lei, ritrovò finalmente quella qualità che caratterizzava il cognome: la pace.

La notte il vampiro studiava. Seguire le lezioni per lui era difficile, visto che la maggior parte dell'anno Siena si deliziava in un piacevole bagno di sole, ma non ebbe mai difficoltà a recuperare. Il tempo per studiare non gli mancava di certo, d'altronde. L'unica pecca di quella sua vita solitaria era appunto questa: la solitudine. Dopo un mese passato nella nuova città ancora non conosceva nessuno che fosse al di fuori della signora e del signor Pace. L'occasione per uscire gli si presentò sotto spoglie inaspettate.

Visti i suoi progressi ed i risultati ottenuti, gli fu proposto di diventare aiuto professore. Il suo compito sarebbe stato semplice, avrebbe consistito nell'aiutare i professori durante le lezioni e nell'effettuare sessioni private di studio con i compagni in difficoltà. Non sapeva se accettare, comunque, perché farlo significava dover prendere parte a tutte le lezioni. Persino nei giorni di sole, durante i quali la sua pelle avrebbe brillato così tanto da abbagliare gli altri docenti e studenti.

Ad aiutarlo a risolvere tutti i suoi problemi, proprio quando stava per arrendersi, fu un'inaspettata conversazione con Gaetana. Stavano seduti uno di fronte all'altra, accanto alla piccola finestra del soggiorno, e la donna gli stava arrangiando un completo di fustagno. Era di un insolito buon umore, addirittura canticchiava mentre le mani rugose scorrevano sulla stoffa intrecciando fili color castagna, e questo lo aiutò a ritrovare un po' di serenità nella tribolata mattina che aveva trascorso.

-Sei silenzioso, oggi, ragazzo. C'è qualche problema, forse?-

Quando Carlisle sollevò lo sguardo, si trovò gli occhi dell'anziana che lo fissavano. Sussultò, per la profondità che lesse nelle iridi opache di cataratta, e sorrise.

-No, signora, tutto bene.-

La donna borbottò una lamentela che, nonostante l'udito fine, gli risultò incomprensibile. Aveva ancora dei problemi con l'italiano regionale, il dialetto toscano soprattutto lo faceva impazzire.

-Mi pensi davvero così vecchia e rimbambita, giovanotto?- lo rimproverò.

-Non mi permetterei mai, signora...- cercò di riparare, preoccupato di averle arrecato offesa.

-E piantala di chiamarmi signora. Chiamami come ti pare, anche nonna, ma basta con le formalità: sembri venuto da uno di quei romanzetti che leggono le fidanzate di mio figlio.-

Sorrise, il vampiro, cercando di trattenere una risata.

-Va bene, Gaetana. Perdonatemi se vi ho, in qualche modo, offeso.-

L'anziana donna fece un gesto con la mano, a congedare bruscamente le sue inutili scuse, poi riprese:-Sai, Carlisle, ho vissuto parecchi anni più di te e so quando una persona ha un problema.-

Dovette trattenersi ancora per non ridere, pensando che aveva già vissuto cinquantacinque anni più della signora Pace.

-Si, effettivamente c'è qualcosa che mi turba.- confessò, alla fine, per farla contenta.

-E sarebbe? Hai problemi con la scuola?-

La donna alzò le braccia al cielo, poi si voltò e mandò una silenziosa preghiera latina alla Madonna sopra il comò.

-Studi così tanto, povero caro, e dormi poco. Ma come fai, come fai?-

-Sto bene, Gaetana, non è per quello che mi preoccupo. Il problema ha a che vedere con l'università, ma lo studio non c'entra nulla.-

-Mangi troppo poco, ecco che cos'è! Sei debole, pallido come il latte e così magro come un chiodo... Ma come fai, come si può fare a vivere così?-

Carlisle si sentì sciogliere, di fronte alle attenzioni amorevoli che la donna gli prodigava. Erano anni che nessuno si prendeva cura di lui con l'affetto di una madre.

-No, il problema è che mi hanno offerto di divenire aiuto professore. Sarebbe importante per me, mi consentirebbe di conoscere qualche nuovo compagno.-

-E quindi? Dov'è il problema?-

Carlisle lasciò che il suo corpo si rilassasse contro la poltrona e si fissò la punta delle scarpe.

-Il punto è che dovrei andare al polo universitario tutti i giorni, frequentare ogni lezione e per alcuni motivi non mi è possibile.-

Gaetana agitò un dito in aria, un indice severamente alzato, e prese a rimproverarlo ancora.

-Il tuo problema è che non vuoi, ecco cos'è! Tu non vuoi trovare una soluzione al tuo problema, perché se ci pensi sono certa che non è nulla di così impossibile.-

Si chinò verso di lui, appoggiandogli una carezza sulla coscia.

-Un giovane ragazzo così vivace ed intelligente non può avere problemi. Nessuno insormontabile, almeno.-

Si ritirò. Carlisle si preoccupò che si fosse accorta di quanto era freddo il suo corpo, nonostante la temperatura della stanza fosse mantenuta tiepida da un caminetto acceso.

Si alzò, andò a gettare legno nel fuoco e lasciò che le sue iridi si scaldassero alla vista delle fiamme che danzavano allegre.

-Sei timido, ecco qual è il problema.- mormorò la donna. Il suo cuore batteva piano, mentre l'arrabbiatura cedeva il passo ad una sorta di piacevole sonnolenza. -Non riuscirai mai a farti degli amici finché avrai paura della tua stessa ombra.-

-Soltanto quella mi spaventa.- mormorò Carlisle, sentendosi invadere da un'improvvisa malinconia.

-Come?-

Sorrise, il vampiro, e cambiò discorso:-Dovete essere molto stanca, Gaetana. Coraggio, vi porto a schiacciare un pisolino.-

La donna posò di malavoglia i pantaloni ai quali stava lavorando con tanta paziente costanza, e si lasciò sollevare delicatamente dalle sue braccia. Era leggera come una bambina, per lui, che così la portò nella sua camera al piano superiore per depositarla sul letto. Le rimboccò le coperte e lei gli sorrise.

-Sei un così caro ragazzo.- gli sussurrò, prima di chiudere gli occhi. -Troverai di certo qualcuno disposto ad amarti per ciò che sei.-

Storse la bocca, il biondo giovane, e la baciò sulla fronte. Sentì il sangue scorrere dentro le vene sotto le sue labbra, si spaventò e si ritirò in tutta fretta per il timore di compiere qualche gesto di cui avrebbe finito per pentirsi. Fare del male a quel piccolo fagotto di ossa e lacrime l'avrebbe ucciso una volta per tutte: certe sue caratteristiche necessitavano di un autocontrollo maggiore, se voleva utilizzarle un giorno per salvare persone come lei.

Una volta giunto al piano di sotto, immerso nel silenzio della casa appena smorzato dal respiro dell'unico altro occupante, momentaneamente assopito, e dai rumori provenienti dalla strada poco lontana, Carlisle rifletté. Gaetana aveva ragione, doveva smettere di avere paura di quello che era e per questo negarsi al mondo. Avrebbe accettato quel ruolo, avrebbe finalmente preso parte alla vita del campus cercando di socializzare un po'. Non doveva dimenticare chi era, o cos'era, ma non per questo doveva negarsi di vivere.

Vivere era l'unica altra cosa che gli rimaneva, dopo il suo progetto. Rinunciare ad una significava compromettere la riuscita dell'altro.

Si trovò così, qualche giorno più tardi, ad affiancare il suo professore di biologia in una lezione ufficiale. Vedere tanta gente tutta insieme lo intimidì, di primo acchito, e per questo si sorprese a dover dare merito alle accuse di Gaetana: era vero, a furia di avere paura di sé e delle sue reazioni aveva finito per aver timore degli altri.

Col passare dei giorni, però, diventò sempre più a suo agio con gli sguardi delle persone e le loro domande. Trovò anche una soluzione per le giornate soleggiate, che consisteva nel coprirsi completamente finché era per strada ed indossare camice con relativi guanti e mascherina quando era in laboratorio. Avrebbe funzionato, visto che nessuno avrebbe potuto sospettare del suo essere freddoloso o ligio al dovere.

Mentre i suoi progressi in campo scolastico, però, andavano di pari passo con l'aumento delle amicizie, Carlisle iniziò a soffrire di un'altra specialissima forma di tormento. Il non potersi rivelare a nessuno, il dover rimanere nascosto sempre agli occhi degli altri lo faceva soffrire come nient'altro. Era più evidente la distanza che lo separava dagli altri uomini, quando stava in gruppo: anche se parlava, scherzava ed a volte rideva con loro, si sentiva sempre lontano dal loro mondo. Avrebbe voluto prendervi parte, avrebbe voluto sentirsi come uno di loro ed esserlo magari, ma non gli era consentito. Non poteva lasciarsi andare, motivo per cui chiunque lo considerava simpatico ma non pensava a lui come un amico intimo. Figuriamoci un amante!

Carlisle iniziò a passare i suoi pomeriggi in casa, chiuso nella soffitta fra libri e mantelli gettati alla rinfusa. Riproduceva la musica dei compositori che adorava e si struggeva al pensiero dell'amore. L'amore ideale, quello dolce e passionale, che ti pervade l'anima e ti uccide di dolore quando finisce. Durante le lunghe notti passate a studiare, spesso alzava lo sguardo dal libro e lasciava che le sue iridi color caramello si perdessero fra le stelle lontane. Lasciava che diventassero loro compagne, mentre portavano a passeggio i suoi più grandi ed amletici dubbi. Avrebbe mai provato anche lui un amore così unico? Così forte da spingerlo a comporre sonetti con le dita sul corpo di chi gli aveva rubato il cuore, così unico da creare una melodia che si sprigionasse dalle sue labbra pallide? Soprattutto, uno come lui poteva amare? Amare chi, poi? Un umano, era praticamente fuori discussione. Se soltanto avesse provato a rivelarsi a qualcuno per quello che era, sarebbe finita molto male. Allora, un altro vampiro. Il problema era che di vampiri lui non ne aveva ancora visti. Non credeva di essere l'unico al mondo, ma gli altri se c'erano facevano di tutto per nascondersi e giocare a farglielo pensare.

Intanto, con tutte queste domande, si sentiva sempre più solo e confuso. Passava le notti studiando e stringendo a sé la speranza che, se si fosse comportato bene, prima o poi sarebbe stato ricompensato. Aveva Fede, la croce del padre appesa sopra la sua scrivania glielo ricordava ogni giorno. Era uno degli ultimi regali che il pastore era riuscito a concedergli, la Fede.

E fu così che, due o forse tre mesi prima la conclusione dell'anno scolastico, le sue speranze trovarono conferma. Si stava preparando ai suoi ultimi esami, seduto nella grande biblioteca della scuola. Era tardi, erano le otto passate, e di certo Gaetana doveva essere preoccupata per la sua assenza. Carlisle però non riusciva ad alzarsi dalla sedia di legno, non riusciva a prendere i libri e tornare a casa. Voleva starsene lì, a godersi il buio che filtrava dalle ampie vetrate ed il silenzio che arrecava con sé. Invece di leggere un altro capitolo di uno dei libri che aveva davanti, aperti ed abbandonati a sé stessi, si era perso a vagare assieme ai granelli di polvere che fluttuavano nell'aria. Leggeri, dorati, colpiti dalla luce della lampada da tavolo che aveva acceso, milioni di gemme si muovevano nella biblioteca deserta sollevandosi da tomi antiquati e dai tavoli di legno di ciliegio. Era uno spettacolo bellissimo, gli ricordavano tanto i suoi desideri ed i suoi pensieri che si muovevano danzando all'interno della sua mente vuota.

La luna colpì la sua mano, abbandonata sopra alcune pagine, e la accese di un debole sfavillio. Era meno forte dell'iridescenza provocata dai caldi raggi solari, ma altrettanto insolita ed originale. Mentre osservava affascinato quella curiosa danza adamantina sulle sue dita, un rumore andò ad infrangere l'idillio che aveva assaporato fino a quel momento. Si chiese chi potesse essere, a quell'ora: pensò ad un inserviente, o ad un professore che poteva aver scordato del materiale per la lezione del giorno. Tenne la testa china, fingendo di leggere, mentre nascondeva la mano per evitare che potesse essere notato lo strano fenomeno della sua epidermide brillante. Attese che un battito, un passo o lo scorrere del sangue dentro vene ed arterie gli rivelasse la presenza dell'indesiderato ospite.

Nulla.

Sollevò lo sguardo, sorpreso. Non poteva essersi sbagliato, aveva sentito quel rumore. Era stata una porta che si era aperta e poi chiusa, molto velocemente. Forse troppo velocemente...

Prima di vederli, sentì il loro profumo. Un profumo fresco, che ricordava tanto l'essenza emanata da un pino coperto di neve. Gli ferì le narici, perché non era abituato ad essenze così intensi.

E poi li vide, a circa cinquanta metri da lui. In tre, ma non uomini. Il fiato gli si mozzò in gola, come decapitato da una ghigliottina, quando l'intuizione divenne pensiero e si fece strada fino alla sua mente: vampiri.

Note dell'autrice

 

Ciao a tutti! Ho cercato di essere il più puntuale possibile, spero che apprezziate il secondo capitolo come il primo, intanto grazie a tutti quelli che l'hanno letto, a coloro che hanno aggiunto la storia fra le preferite, le seguite e le ricordate e quelli che mi considerano ancora la loro autrice preferita!


kakashina97100 - sono contenta che ti piaccia la mia fanfic! sto cercando di descrivere come carlisle si sia sentito nel vivere il mondo da vampiro e non è facile, perciò sono sempre grata a chi mi offre il proprio supporto recensendo ed apprezzando!

CondroitinSolfato - si, è una pena ed una vergogna entrare negli altri siti in lingua inglese e vedere centinaia di yaoi con edward e carlisle e poi arrivare qui e trovarne una! Però siamo i migliori (megalomania terminale)! spero che ti piaccia e che continuerai a farmi sapere la tua opinione, vorrei meritare il tuo posto nelle tue preferite.

  
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