Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Ricorda la storia  |      
Autore: Ulissae    31/07/2010    2 recensioni
Fanfiction partecipante all'iniziativa "2010: a year togheter", indetta dal C.o.S.
[Pre-rivoluzione americana]
Alfred F. Jones non era un tipo facilmente influenzabile; affatto.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Angolo autrice: sono in Inghilterra. Ieri sera mi sentivo bllea (si', e' uno stato d'animo!) e avevo voglia di sfogare un po' di frustrazione, cosi' ho buttato giu' questa piccolezza.
Mi scuso se nelle note non son opresenti gli accenti o se nella storia saranno presenti piccoli errori di battitura, sono stanchissima e seppur avendola riletta molto spesso il mio cervello mi gioca brutti scherzi.
E' ambientata prima della rivoluzione americana, diciamo che questo e' il preciso istante in cui Alfred capisce che Arthur potrebbe non tenere piu' a lui.
E in tutto cio' Francia ci mette lo zampino, come mai? Diciamo che sta a significare l'aiuto che le truppe francesi diedero agli americani, per ottenere anche loro un pochino di spazio in piu' nel mondo.
Piccole note:
-Francia e' vicino di Alfred in quanto le colonie al sud (es. New Orleans) sono state di principio francesi.
-Francia ha un bastone da passeggio ornato con l'avorio in riferimento ai possedimenti francesi in Africa.
-Come mai il the? Tutti sapranno che la rivoluzione americana e' iniziata con l'affondamento di una barca da the, e i motivi della rivoluzione sono stati soprattutto le pesanti tasse e la trasfomrazione effettiva delle colonie in semplici "produttori di materie prime". Fonte
Credo sia tutto :)
La fanfiction partecipa all'iniziativa 2010: a year togheter indetta dal Collection of starlight, con il prompt154. « Rispondimi, se ci riesci. »


Do you want a cup of tea?


Alfred F. Jones non era un tipo facilmente influenzabile; affatto.
Sin da piccolo aveva precise idee e quelle idee gli stavano in testa così a lungo e così aggrappate alla sua mente, che alla fine finiva sempre per trasformarle in atti.
Alfred F. Jones, allo stesso tempo, era un tipo molto cordiale; considerava casa sua una piccola taverna  –ah! Quante sgridate Inghilterra gli aveva fatto “Questa casa non è un porto. Non possono entrare cani e porci”-
Così accoglieva tutti indiscriminatamente, organizzando dei piccoli tea party, dove poteva dar sfoggio di quelle buone maniere che Arthur gli aveva insegnato (certo, mancava ancora di bon ton, ma era a buon punto).
Quel pomeriggio rimase sorpreso dal vedere Francis sulla porta di casa, intento a sistemarsi il fazzoletto bianco sulla piccola superficie di ottone lucido. Francia si voltò e con amabile sguardo si chinò a guardare un po' meglio il proprietario di casa.
America fece lo stesso, puntando gli occhi in alto e non staccandoli neanche per un attimo da quelli del suo strambo e piuttosto inusuale vicino: seppure Monsieur Bonnefoy vivesse a pochi passi da lui non veniva mai a fargli visita; ancora si ricordava di quando, negli anni passati, veniva spesso a parlare con Arthur e si ricordava ancor meglio le sopracciglia nere di quest’ulltimo aggrottarsi e gli insulti uscire come un fiume in piena da quelle labbra sempre garbate.
Francis stava di fronte e lui e lo scrutava con occhi maliziosi. Appariva come uno di quei cattivi da palcoscenico che spesso Inghilterra gli aveva fatto vedere, quelli che ghignano come se stessero soffrendo.
 «France, what do you want?» chiese, spostandosi un poco e facendolo entrare –sembrava impaziente. Non appena fu dentro si studiò attorno e trattenne piccole smorfiette di disgrusto: per quanto Angelterre provasse a imitarlo rimaneva sempre un pacchiano provincialotto.
«Mon cher, sono veramente felice di vederti!» esclamò, voltandosi di scatto e inchiodandolo con gli occhi azzurri e penetranti. Alfred trattenne un brivido, non lo aveva visto mai così determinato, ogni traccia di frivolezza era sparita e anche i suoi gesti erano diventati tutto d’un colpo freddi e precisi.
«Sei cresciuto molto dall’ultima volta che ti ho visto» continuò, passando una mano scherzosamente sulla testa di America. Questi si ritirò, facendo un passo indietro e balbettando a disagio: «France, you should go away, now.  Sai che Arthur si arrabbierà»
Già la voce di Inghilterra gli risounava nelle orecchie: tuoni e tempeste!
Francis scoppiò a ridere, con la grazie che si addiceva alla sua figura, si mise a sedere pesantemente su una magnifica poltroncina di calicò e rise: «e le buone maniere? Su, Alfred, non essere come quel borioso di tuo fratello! Sono venuto a farti visita, mi hanno detto che eri tutto solo... ad annoiarti, tra sequoie e questa...» si voltò verso la finestra, con espressione contrariata e disgustata «simpatica natura»
America si morse un labbro,  in difficoltà, poi sospirò pesantemente e mormorò: «Excuse me, Frence. Solo che sai che Arthur ultimamente è molto teso, non vorrei contrariarlo ulteriormente»
Si sedette accanto a lui, sorridendo cortesemente.
A Francis non sfuggirono i pantaloni rattoppati appena sotto il ginocchio, il piccolo buco sulla calza, all’altezza del polpaccio destro né il fango sulle scarpe; con una più attenta analisi poté notare anche i mobili leggermente tarlati, le tende strappate sul fondo e una leggera e strana sciatteria che era dovuta non tanto a cattivo gusto quanto a una vera mancanza di fondi.
Aveva sentito di quei litigi tra i fratelli, che finivano sempre con dei tagli da parte di Arthur sui fondi di Alfred.
«Sono assetato» annunciò, come se la cosa avrebbe dovuto far smuovere il mondo. Notando che America non si muoveva sospirò. «Hai qualcosa da offrirmi, petit Alfred
Questi, imbarazzato, si alzò; non voleva assolutamente fare brutta figura, chissà cosa si sarebbe poi detto di lui nel continente! Già Arthur andava a dire a destra e a manca che stava diventando incontrollabile e intrattabile!
«Vado... a prendere un po’ di the, vuoi?»
Francis annuì, soddisfatto della proposta e aspettò pazientemente che il suo ospite tornasse, rigirandosi tra le mani un vecchio libro polveroso.
Intanto, in cucina, Alfred guardava sconsolato la piccola scatolina di latta nel quale mantenava il the, che ormai era vuota. Tutta colpa di suo fratello, si disse. Continuava a chiedergliene a bizzeffe! Anzi, lo pretendeva!
E dentro il corpo di America si iniziò a creare un turbine di rabbia, frustrazione e orgoglio ferito. Francis aveva iniziato a canticchiare, come per trattenere la scocciatura.
Aveva un ospite e non poteva servirlo. Un uomo, in casa sua, non avrebbe ricevuto una giusta accogilenza.
Di nuovo la rabbia gli montava in petto, e iniziò a respirare più velocemente. Strinse tra le mani il metallo freddo e cercò di calmarsi; chiuse gli occhi e inspirò a fondo.
Non si accorse del ticchettio ritmico provocato dai tacchi di Francia, né del suo mellifluo sorriso, che lo raggiunse dalle spalle.
«Oh, Alféd, cosa succede?» domandò con aria innocente, posando una mano sulla spalla del più giovane. Questo chiuse istintivamente il barattolo, riposandolo e asciugandosi una lacrima leggera di rabbia.
«Nothing, Francis. Ho finito il the, ti spiace se ti offro solo dell’acqua?»
Il sorriso di Francia si allargò, annuì come a dirgli che per lui andava bene e lo seguì di fuori fino al pozzo.
Lì l’osservò tirare su la carriola con lena, deciso e preciso. Ogni gesto pieno di energia e di spirito. Francis, per un attimò, ammirò qualcuno all’infuori di sé.
«Mi chiedo perché un ragazzo così in gamba ed indipendente come te debba essere trattato in un tale modo!» cinguettò, posandosi con i gomiti sul bordo e osservando i capelli d’oro di Alfred.
Alfed tirò su la testa e lo fissò a lungo. Non sapeva cosa stava succedendo.
«Insomma, se tu fossi mio fratello io ti darei il mio the, di sicuro non lo userei tutto per degli stupidi festini in patria, no?» continuò, sfiorando il bastone da passeggio dal manico di avorio.
«Inghilterra non fa festini con il mio the!» protestò l’altro, eppure, sapeva bene che era impossibile che Arthur consumasse tutto quel the da solo.
Francis alzò un sopracciglio e sorrise, angelico: «petit cher, quanto sei ingenuo. Arthur é solo uno schiavista, Alfréd.  Su, quanto ci hai messo a raccogliere quel the, eh? Un anno, due anni? Quanto lavoro, quanto sudore?
E quanto ne hai bevuto? Quanto ne hai assaporato? Quanto ne hai potuto condividere? Quante volte hai potuto offrirlo e dire: guarda! Questo è il mio lavoro?»
Concluse la piccola arringa ritirandosi e guardandolo con un sorrisetto serafico.
«Non è vero» provò a protestare, sapendo benissimo pure lui di quanto fosse vero tutto ciò.
«Rispondimi, Alfred, se ci riesci. Ti ho fatto una domanda.»
Il ragazzo abbassò la testa, un fremito di rabbia e frustrazione a percorrergli la schiena. Si morse le labbra e non appena alzò di nuovo la testa non trovò più Francis. Nell’aria aleggiava solo un vago profumo di rose e il tanfo di una delusione che andava marcendo, giorno dopo giorno.


Angolo autrice:
In questi giorni ho l'America che mi sta inghiottendo.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Ulissae