Letter from my Cousin
Autunno. Primo
settembre. Nove e mezza. Dovrei essere a prepararmi per l’ultimo anno ad Hogwarts,
dovrei essere a fare colazione con i miei genitori e i miei fratelli a casa
mia. Ma non è così. Mi trovo davanti alla finestra di camera mia a Grimmauld Place, mentre non
faccio altro che pensare al fatto di voler partire per la scuola di magia e
stregoneria con Hugo. Sarebbe l’unica cosa che realmente vorrei: che non fosse
successo niente; che non stessi aspettando un figlio e non avessi litigato con
mio padre. E’ inutile, questo pensiero non riesce a uscire dalla mia testa. Più
provo a farlo, più esso mi torna in mente, facendomi stare in colpa. Quando
ripenso allo sguardo deluso di mio padre quando gli ho detto tutto, mi sento
male. Il fatto che lui sia arrabbiato con Ted, e di conseguenza con me dato che
l’ho seguito fino a qui, mi fa stare realmente male. Poi cosa dovrei fare?
Rimanere qui, a Grimmauld Place?
O provare a tornare a casa dai miei genitori? O partire per Hogwarts? L’ultima
opzione è esclusa per causa gravidanza. E pensare che tra sei mesi sarò mamma.
Io, mamma. Non lo avrei mai pensato, o almeno non avevo mai pensato di
diventarlo così presto e per di più con il figlio di Ted.
Sospiro,
guardando la pioggia che cade e che si infrange sul vetro della finestra.
Almeno ho Ted. L’unica cosa positiva di tutta la faccenda. Per fortuna mi starà
accanto. Naturalmente come amico, niente di più. Non mi sto facendo stupide
illusioni sul fatto che con questo bambino ci potrà essere qualcosa tra noi...
d’accordo, mi sto illudendo.
“Cosa ci fai
qui tutta sola? E triste soprattutto?” mi chiede una voce alle mie spalle. Il
mio sguardo rimane impassibile sui goccioloni che cadono dal cielo, facendomi
ricordare quel pomeriggio che avevo corso sotto la pioggia per rivelare a Ted
del bambino. Beh, la giornata non si era conclusa nel migliore dei modi, visto
che ero finita all’ospedale.
“Penso... e tu cosa
ci fai sveglio a quest’ora vista la tua pigrizia?” gli risposi, voltandomi a
guardarlo e perdendomi dentro i suoi meravigliosi occhi castano ombrato. Dovrei
smettere di pensare, “mi dispiace, Teddy...” dico, cambiando discorso, senza
quasi accorgermene.
“E di cosa?” mi
chiede, sedendosi accanto a me e guardandomi interrogativo.
“Di essere
rimasta incinta... ho rovinato tutto: la possibilità di partire oggi per Hogwarts
per il mio ultimo anno, il rapporto con papà, la tua relazione con Vic...”
marco l’ultima frase, pentendomene veramente. E’ da quando ho scoperto di
essere rimasta incinta che mi sento in colpa per essere stata io il motivo
della loro rottura, “è che non riesco a perdonarmi per aver rovinato la tua
vita, oltre che la mia, naturalmente...”.
“Non puoi
continuare a darti la colpa per tutto. Non puoi andare avanti così, Lily.
Quello che è successo è successo, non ci si può riporre rimedio. E non devi
continuare a sentirti in colpa per la rottura tra me e Vic” mi risponde,
guardandomi degli occhi, “non mi hai rovinato la vita Lils, l’hai solo resa
diversa da quello che mi aspettavo che succedesse. Ho sempre pensato che avrei
passato tutta la mia vita con Victoire, che ci saremmo sposati e avremmo messo
su famiglia. Ne sono sempre stato convinto forse perché lei è stata la mia
fidanzata sin da quando ho memoria, forse perché la consideravo una persona
talmente importante per me che non credevo sarebbe finita così”.
“Tu ami Vic...”
dico, leggendo nei suoi occhi quanto ancora lui tiene a lei, “e io ho rovinato
tutto. Mi sento davvero in colpa, Teddy. Voi vi amate e io mi sono messa in
mezzo. Ed è per questo che voglio che tu sia felice Ted, puoi rendere la tua
vita come l’avevi sempre immaginata. Puoi sposare Vic e farti una famiglia con
lei, l’unica cosa importante è che tu stia accanto anche a me e a nostro
figlio. Non voglio obbligarti a non vivere la vita che avevi sempre desiderato”
ammetto, abbassando lo sguardo e osservando quanto le mie mani stiano tremando
e quanto le lacrime pungano con rabbia ai bordi dei miei occhi.
“Lily...
guardami” mi dice, facendomi alzare lo sguardo su di lui, “io ho amato Vic,
devo ammetterlo, io l’ho amata davvero, come poche volte si riesce ad amare una
persona. Lei è stata una delle persone più importanti della mia vita e resterà
tale, ma, dopo la notizia del bambino e tutto il resto, il mio sentimento per
Vic ha iniziato a cambiare. All’inizio non capivo cosa volesse dire, infatti
ero talmente confuso che ti ho anche abbandonata, e devo dire che quella sberla
me la sono proprio meritata. Poi ho avuto il tempo di riflettere, di pensarci
sopra. Quegli interminabili giorni nei quali sono riuscito a capire che quello
che provavo per Victoire non era lo stesso sentimento che avevo provato per lei
fino ad allora. E lì ho capito di amare nostro figlio, Lils. In quel momento,
l’unica cosa che volevo era quella di starti accanto e di prendermi cura di mio
figlio accanto a te. Ed è quello che farò, manterrò la promessa che ti ho
fatto: sarò sempre con te, ti aiuterò e ti starò accanto. Vi starò
accanto”.
Lo guardo,
quasi meravigliata dalle sue belle parole. Non ho più paura, in questo momento,
non sono né impaurita né insicura di me stessa, “ti prometto che non ritirerò
mai più fuori questo argomento” dico, cercando di abbozzare un lieve sorriso e
stringendomi a lui. Sento le sue braccia intorno a me e il suo profumo
inebriarmi le narici.
“Um, Ted...” sussurro, sciogliendo l’abbraccio, ma sentendo
il suo braccio ancora intorno alla mia vita. Prendo una piccola foto che avevo
lasciato accanto a me e gliela porgo. Vedo un sorriso aprirsi sulle sue labbra.
“E’... è
l’ecografia?” mi chiede, prendendo la foto dalla mia mano e osservandola
attentamente, mentre continua a stringermi a sé.
“Si, ieri sono
stata al San Mungo” gli rispondo, poggiando la testa su una sua spalla e
osservando nostro figlio, “so che non si vede molto, ma è nostro figlio”.
“Sai se è
maschio o femmina?” mi chiede, alzando lo sguardo su di me.
“Non l’ho voluto
sapere. Voglio che sia una sorpresa” gli rispondo, vedendolo portare nuovamente
il suo sguardo sulla foto, “puoi tenerla”.
“Grazie...” mi
sussurra, baciandomi i capelli e continuando a stringermi a sé, senza togliere
neanche per un istante gli occhi dall’immagine di nostro figlio.
“Il fatto è che
in questo periodo non ho proprio niente da fare, mi annoio a morte e l’unica
cosa che mi resta da fare è pensare e darmi la colpa per tutto quello che sta
succedendo. Devo pensare meno...” dico, lasciando la mia testa appoggiata sulla
sua spalla, “poi ancora il pensiero di mio padre... mi sento davvero in colpa,
Teddy”.
“Devi calmarti,
Lily. Te l’ho già detto: le cose si sistemeranno, tutto andrà per il verso
giusto. Devi stare tranquilla, d’accordo?” mi chiede, voltandosi verso di me e
guardandomi negli occhi.
“D’accordo...”
ripeto, non tanto convinta di riuscire realmente a farlo.
“Me lo
prometti?”.
“Te lo
prometto”.
“In quanto ad Hogwarts,
penso di essere la persona adatta per darti delle lezioni, almeno per quello
che riguarda difesa contro le arti oscure...” mi dice, non staccando gli occhi
da me, neanche per un momento.
“Come sei
modesto!” esclamo, alzandomi e camminando verso la porta, “grazie, Teddy” gli
dico, prima di uscire da camera mia.
“E di cosa, Lils?”
mi chiede, seguendomi.
“Di tutto” gli
rispondo, sorridendo e guardando divertita i suoi capelli diventare un rosso
acceso.
Mi volto, con
le guance lievemente arrossate, e noto una lettera entrare dal buco della posta
e cadere davanti alla porta. Senza dire niente, corro verso essa e prendo la
lettera in mano, osservando che il nome presente sopra non è il mio, ma quello
di Ted. Volto la busta e noto il nome del mittente: Victoire Weasley. Il mio
sorriso si spegne e mi volto a guardare Ted, porgendogli la lettera, nonostante
la mia innata curiosità. Si avvicina a me e afferra la busta in una mano,
cingendosi a togliere la ceralacca. Rimango ad osservarlo in silenzio,
aspettando una sua sola parola. Lo vedo leggere la lettera e le sue
sopracciglia incurvarsi sempre di più ad ogni parola. Non riesco a capire come
abbia fatto a mandarci una lettera qui a Grimmauld Place, ma, in questo momento, non è il quesito più
importante. Vedo il suo sguardo allibito, quasi dispiaciuto, puntato su di me,
non appena finisce di leggere.
“Cosa... cosa
dice?” mi faccio coraggio, cercando di rompere il silenzio imbarazzante e
cercando di capire veramente cosa stia succedendo, “cosa vuole Vic? Ted
rispondimi, dì qualcosa”.
“Devo andare,
Lily. Ci vediamo a pranzo...” mi dice, materializzandosi non so dove.
Fortunatamente - o sfortunatamente, dipende dai punti di vista -, prima di
sparire, la lettera gli cade da una mano, facendola cadere sul pavimento.
La notizia deve
averlo shoccato molto, visto la reazione che ha avuto. Non so se ho il coraggio
di leggere quello che c’è scritto: sicuramente è un’altra brutta notizia. Molto
lentamente e con il cuore che ho paura mi esca dal petto, raccolgo la lettera e
mi siedo su una sedia nella sala da pranzo. Faccio passare il pezzo di carta da
una mano all’altra, peggio di quando non sapevo se guardare il test di
gravidanza che mi ha cambiato la vita. Finalmente mi decido e apro la lettera,
riuscendo a scorgere la rotonda e lieve calligrafia di Vic.
Caro Ted,
non ti devi
stupire del fatto che la mia lettera è riuscita ad arrivarti a Grimmauld Place: ti conosco Teddy
e so che quando non sai dove andare, quello è il tuo rifugio, il posto dove
nasconderti. Ma non è questo il punto. So che sei scappato con Lily e il vostro
bambino, ma il fatto è che, come lei ha bisogno di te, anche io ne ho. Non so
se hai capito quello che voglio dirti, ma, in poche parole, mi trovo nella
situazione di Lily, anche io sono incinta. E tu sei il padre. So che
probabilmente sarà una doccia fredda per te, ma volevo dirtelo il prima
possibile e ho pensato di scriverti. Nel caso ti interessasse, sono di due
mesi.
Con molto
affetto,
la tua Victoire
Lascio cadere
la lettera a terra, sconvolta da quello che ho appena letto. Ormai le lacrime,
che ero riuscita a non piangere nei giorni scorsi, mi rigano il volto. Mi metto
la testa tra le mani, sentendo di non riuscire ad andare avanti, non dopo
questa notizia. Perché? Non è già grave il fatto che stia aspettando un bambino
a diciassette anni, che abbia litigato con mio padre e che sia dovuta scappare
di casa?! Non bastava tutto questo?! Anche la gravidanza di Vic! Non potrebbe
andare peggio di così, proprio non potrebbe. Tutto stava andando bene, stavo
riuscendo ad andare avanti con l’aiuto di Ted, riuscivo ad essere più sicura di
me stessa grazie a lui, ma ora... cosa dovrei fare adesso? Cosa diavolo dovrei
fare?
Raccolgo la
lettera e la strappo, prima di correre in camera mia e di iniziare a piangere
con la testa immersa nel cuscino. Ci sarà sempre Vic, lo so. Sempre lei
attorno, sempre lei a rovinare tutto, sempre lei padrona del cuore di Ted. Cosa
devo fare ora? Rimanere qui a piangere? Tornare a casa? Andare da Rose? Cercare
conforto in Al e Jay? Cosa? Aspettare Ted e prendere in piena faccia la notizia
che lui ha Vic e che non può aiutarmi e non può mantenere la promessa fattami?
Andare da lui e Vic e partecipare attivamente alla conversazione? La verità è
che vorrei andare via, scappare da tutto e da tutti. In questo momento è l’unica
cosa che vorrei fare.
Vorrei riuscire
ad essere felice. Cosa ho fatto di male per meritarmi questo? Rimanere incinta,
forse? Rimanere incinta del figlioccio di mio padre, tra l’altro fidanzato con
mia cugina, di dieci anni più grande di me e sicuramente il ragazzo sbagliato?
Questa è la mia colpa? Essere rimasta incinta di un bambino che ora amo con
tutta me stessa e del quale non potrei mai farne a meno? Essere rimasta incinta
del bambino che all’inizio avevo considerato come un errore e che adesso è la
persona più importante di tutta la mia vita? Essere rimasta incinta di un
bambino che mi amerà? Che sarà davvero capace di amarmi, dato che sarò sua
madre? Questa è la mia stupidissima colpa?!
Mi volto a
pancia in su, con le lacrime che continuano a rigarmi il viso e portandomi le
mani alla pancia, cercando conforto nel mio bambino. Spero che almeno lui
riesca a smettere di farmi piangere, riesca a rendermi felice, riesca a darmi
una nuova ragione per andare avanti. Beh, lui - o, lei - sarà la mi nuova
ragione, il mio bambino. Forse per la mancanza di sonno, o forse per la
stanchezza di ricevere brutte notizie, mi assopisco tra le lacrime, facendomi
ricordare che era l’unica cosa che riuscivo a fare un mese fa.