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Autore: Drops of Jupiter    02/08/2010    1 recensioni
Charlotte era una ragazza come tante, prima che la sua vita prendesse una piega diversa: dopo la morte della madre il lavoro che ha non le basta più per tirare la fine del mese, ed è costretta a prostituirsi per riuscire a racimolare altro denaro. Ma la sua vita non sarà tutta rose e fiori, le prostitute hanno regole ben precise, una delle quali è fondamentale: è vietato innamorarsi dei propri clienti. Ce la farà Charlotte a rispettare queste regole?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A passo svelto Charlotte scese le scale del palazzo, scendendo in strada e lasciandosi alle spalle il minuscolo appartamento che condivideva con Danielle. Quella conversazione non era servita a null'altro che a farle salire il nervoso alle stelle. E generalmente era difficile che le saltassero i nervi, Charlotte era una ragazza piuttosto paziente.
Attraversò senza guardare in faccia nessuno gli Champs-Elysèes, e senza nemmeno rendersene conto arrivò a scorgere i profili luminosi di Notre Dame. Tuttavia evitò di passare per il sagrato: Danielle le aveva sempre insegnato che alle prostitute non è concesso entrare in chiesa. I sacerdoti e le suore sono convinte che siano possedute dal demonio e la loro presenza in un luogo santo non è ben voluta nemmeno da Dio, ovvero colui che può perdonare tutti, almeno finchè non sono capaci di pentirsi per quanto fatto in precedenza.
Si sedette sulle rive della Senna, lasciandosi cullare dal suono dell'acqua che scorreva qualche metro sotto di lei. Quando doveva pensare e aveva bisogno di star sola, quello era uno dei suoi posti preferiti.
"Un'offerta, per favore, ho fame..."
Un bambino biondo dagli occhi azzurri come il cielo le si era avvicinato e la stava osservando con la manina tesa in sua direzione. Charlotte lo guardò con compassione: in fondo non erano poi così diversi. Lei si vendeva per un tozzo di pane, lui cercava la compassione delle persone affinchè gli allungassero qualche moneta per comprarsi un pacchetto di patatine fritte.
"Tieni..." gli disse con un sorriso, dandogli quei pochi spiccioli che s'era portata a dietro. Quel giorno avrebbe saltato il pranzo, ma in fondo non le dispiaceva nemmeno poi tanto la prospettiva: quando poteva rendersi utile lo faceva più che volentieri.
"Grazie, sei buona" gli rispose il bambino, intascando le monete e sfoggiando un sorriso gentile. Charlotte ricambiò il sorriso prima di tornare a seguire con lo sguardo il battello carico di persone che solcava le acque del maestoso fiume. Sospirò malinconicamente, rendendosi conto che forse aveva esagerato qualche ora prima con Danielle. Eppure lei ne era certa, non era innamorata, non doveva essere innamorata di nessuno. E certamente non era il genere di ragazza che s'innamorava al primo incontro. Non le era mai successo, non poteva certamente iniziarle proprio ora. S'adagiò sull'erba umida di rugiada ad osservare le nuvole bianche che correvano nel cielo, sospirando per la seconda volta.

***

Danielle quella mattina non aveva nulla da fare. A Parigi di mercoledì, nel quartiere dove risiedevano le prostitute e la gentaglia del paese, c'era il mercato, così ne aveva approfittato per andare a fare un giro. Magari avrebbe trovato qualche abito nuovo da indossare coi suoi 'ospiti'. Ultimamente non aveva guadagnato molto e non s'era potuta permettere nulla di nuovo, nemmeno una minigonna di quelle non di marca.
"Madame Danielle Departou?"
Una voce maschile fece sussultare Danielle, la quale lasciò cadere nel cesto dei vestiti una camicetta colorata che aveva trovato nella mischia, che le rubò da sotto il naso una donna sulla trentina.
"Maledetta, che Dio ti maledica!" le sbraitò dietro, prima di voltarsi verso l'uomo che aveva parlato. Danielle lo guardò con sgomento: era Axel Vilestrain, il figlio dell'uomo che aveva organizzato la festa del sabato sera precedente.
"Monsieur Vilestrain, quale onore. Come mai nei bassifondi?" domandò Danielle, con la sua solita nonchalance. Danielle ormai aveva imparato a trattare tutti i clienti allo stesso modo, indipendentemente dal fatto che appartenessero a una classe sociale bassa, media o alta.
"Affari di lavoro per conto di mio padre" rispose questi evasivo, eludendo così la vera motivazione per cui si trovava lì.
"Madmoiselle Charlotte?" chiese poi.
"Charlotte è uscita senza dirmi dove sarebbe stata" rispose Danielle, evitando di dire che quella mattina avevano avuto una discussione e che quella discussione riguardava principalmente lo stesso Vilestrain.
"Comprendo. Le porga i miei ossequi" disse Vilestrain, inchinandosi davanti a Danielle e riprendendo poi il proprio cammino. Danielle lo osservò finchè non si disperse in mezzo alla folla del mercato, dopodichè tornò a chinarsi sul cesto di vestiti, sgomitando contro le altre donne al fine di riuscire ad accaparrarsi qualcosa di bello da portare a casa.

***

Lo stomaco di Charlotte cominciava a farsi sentire: quel giorno non aveva finito la colazione ed aveva ceduto i soldi del pranzo a un marmocchio mendicante. In più fino a sera non avrebbe avuto intenzione di tornare a casa e di dover fornire spiegazioni a Danielle sulla reazione che aveva avuto al mattina. Aveva deciso che sarebbe rincasata soltanto dopo mezzanotte, quando ormai era certa che Danielle fosse fuori a lavorare.
Si appoggiò ai gomiti e constatò che le rive della Senna cominciavano a brulicare di gente: turisti coi cestini da picnic e ragazzini con gli aquiloni che gridavano e giocavano a rincorrersi.
Ad osservare quelle scene immancabilmente le montava un senso di malinconia tremendo: era in quei momenti che si rendeva conto di come aveva bruciato la sua gioventù, vendendo sè stessa e la propria dignità.
Charlotte s'alzò, stropicciandosi prima di dare una sbattuta alla gonna che s'era sporcata di terra. Ancora umida di rugiada, s'incamminò verso il lungo viale che dal centro della città portava verso i quartieri periferici. La voglia di tornare a casa senza alcun accompagnatore era poca, se non addirittura inesistente: le viette laterali brulicavano di matti e di drogati che non si facevano scrupoli a violentare ogni singola ragazza che capitasse loro a tiro.
Non ci volle molto tempo perchè le sue paure prendessero vita: era ormai a pochissima strada da casa quando Charlotte s'imbatté in un gruppo di ragazzi dall'aria ben poco amichevole. Uno di questi la prese per il polso e l'attirò a sè, prima di metterla con le spalle contro il muro.
"Ciao bambola"
Charlotte cercò di dimenarsi e di assestare un calcio a quel ragazzino, ma i suoi sforzi furono vanificati dall'intervento di altri due ragazzi che la immobilizzarono definitivamente.
"Non fare la bambina cattiva, gioca con noi" disse uno di loro. Inevitabilmente a Charlotte scese una lacrima lungo la guancia, e un ragazzino di quelli presenti la indicò beffardamente, prendo a ridere e a schiamazzare sbeffeggiandola.
"Guardate, la barbie piange!!"
Ma quello più grande, molto probabilmente il capo, ordinò loro di tacere: il silenzio scese sovrano sul gruppo, e i ragazzi che tenevano immobile Charlotte la lasciarono andare. Charlotte cadde in ginocchio al suolo, sentendo il sangue delle ginocchia scorrere sotto di essere, mischiandosi all'asfalto.
"Tu sei la prostituta che c'era l'altra sera a casa Vilestrain, vero?"
charlotte non rispose. Non si sprecò nemmeno d'alzare lo sguardo sul ragazzo, che era sì e no grosso il doppio di lei e avrebbe potuto schiacciarla come una formica.
"Parla, puttana" le ordinò, assestandole un calcio nel fianco. Charlotte gemette, ma insistette nel suo silenzio cosmico. Il ragazzo, innervosito, le scagliò un altro calcio, accompagnando il gesto a risate molto simili ai latrati di un cane.
"Lasciatemi in pace" riuscì ad articolare Charlotte, con la voce spezzata dai calci che aveva preso. S'alzò in piedi, massaggiandosi il fianco.
"La puttana ci da degli ordini, che dolce" commentò sarcasticamente il capo gruppo, prendendola sotto il mento ed alzandole il viso in modo che lo guardasse negli occhi.
"Ora tu fai la brava e rispondi alle mie domande"
Charlotte deglutì ma non rispose nuovamente. Non diede alcun segno di vita, fissava senza espressione quel viso sfregiato, incurante di quello che avrebbe potuto succederle. Aveva iniziato a fare la prostituta da sette mesi e di botte ne aveva prese non poche. Non si sarebbe scandalizzata per così poco.
"Quanto chiedi, puttana?"
"Cinquanta euro"
Il tizio assestò un sonoro ceffone a Charlotte. La ragazza dovette piegare leggermente di lato la testa per assestare il colpo, ma non si scompose minimamente.
"Ti ho chiesto quando vuoi, troia" ribadì a denti stretti.
"Cinquanta" ripetè Charlotte senza fare una piega. Dovette incassare nuovamente uno schiaffo, prima di venire scaraventata nuovamente con le spalle al muro e la mano del bisonte alla gola.
"Quanto vuoi?!"
Questa volta Charlotte non rispose. Senza pensarci diede una ginocchiata sui testicoli del ragazzo che allentò la presa. Sgusciò facendosi largo fra il gruppo, dopodichè prese a correre a perdifiato, lasciandosi alle spalle le imprecazioni del gruppo.
"Ti ammazzerò, puttana, è una promessa!"
  
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