Angel Manhor
Anne sedeva alla sua scrivania, intenta a cercare di
scoprire qualcosa di più su quelle morti misteriose avvenute.
Sentì un lieve alito di vento passarle lieve tra i
capelli.
- che ci fai qui? Lo sai, che non è un bene, per te,
essere qui…
- Anne, ascolta…il mio Clan non centra nulla…
- Lo so, Dimitrij…lo so…ci vediamo più tardi, al solito
posto.
Quando l’altro svanì nell’aria densa attorno a sé, alzò lo
sguardo e incrociò quello di Leyla, che la guardava dalla porta aperta del suo
ufficio:
- Anne...
- Leyla, io mi fido di lui. – lo sguardo fiammeggiante, a
dare maggior peso alle sue parole.
- Cerca di capire la mia posizione...- Leyla la guardò
dolcemente.
Anne si morse le labbra:
- Non ho mai sopportato che mi si mettesse con le spalle
al muro, Mayfair.
- Io non ti sto mettendo con le spalle al muro, Anne! Solo
ti chiedo, per favore, di non farlo venire qui...Il Consiglio mi tiene gli
occhi puntati addosso: che succederebbe, se scoprisse che la mia assistente ha
una relazione con un vampiro di un Clan che è sospettato delle morti violente,
su cui sto indagando? E che io ho sempre saputo, ma che ho sempre taciuto?
- Lo fai per difendere la tua posizione, ho capito. – Anne
sapeva di essere ingiusta, ma era della sua vita che si stava parlando ed era
disposta a difendere il suo legame con Dimitrij con le unghie e con i denti,
anche se questo avesse significato la fine o il cambiamento dei suoi rapporti
con Leyla.
Leyla sospirò:
- Mi conosci davvero così poco? Credi davvero che lo farei
solo per il mio interesse, dopo tutto quello che hai fatto per me?
- non chiedermi di scegliere, Leyla…non chiedermelo, la
mia scelta potrebbe non piacerti.
- Io non ti chiedo di scegliere. Ti chiedo di darmi
fiducia..
- Se non l’avessi, me ne sarei già andata…
Leyla annuì, questa poteva considerarla una conquista. Non
si era aspettata molto di più. Sapeva che, per Anne, il legame con Dimitrij
veniva prima di tutto e tutti. Si era chiesta spesso, in realtà, come avesse
fatto a vivere tutti quegli anni lontano da lui. Chi li aveva separati aveva
commesso l’errore di sottovalutare quel legame:
- Puoi venire con me, un momento?
Le mostro ciò che Rukawa aveva inviato tramite e-mail.
- Che pensi di fare?
- Avrei pensato di chiamare collaboratori esterni.
- Qualche idea?
- Chi conosciamo, esperto in vampiri slavi? – le sorrise
Leyla.
- Kimi chan! – esclamò Anne – Vado subito a contattarlo...
- Bene, io intanto vedo di contattare Kaede...sono
preoccupata...
Leyla si sedette sospirando alla sua scrivania, lanciando
un sorriso mesto alla foto di Derek sul suo scrittoio.
La voce di Kaede giungeva leggermente metallica,
attraverso il viva voce:
- L’unica cosa strana è questo simbolo, che è stato
trovato su un muro della casa…non siamo riusciti ad identificarlo, ma poteva
essere lì da tempo.
- Faremo una ricerca accurata nei database... Anne è già
al lavoro -sollevò gli occhi a guardare Anne che le sorrise di rimando.
- Leyla, l’atmosfera è strana...non è come in tutte le
morti violente...c’è qualcosa nell’aria, un odio profondo e radicato nel tempo.
-
- Fate attenzione, mi raccomando.
- Ehi, Ciccio...Hana che fa? – Anne si intromise nella
conversazione.
- Hn, quel Do’hao...
- Che ha combinato, questa volta? – chiese Leyla, cercando
di soffocare la risata provocata dal tono di Kaede.
- Ci manca solo che vada in giro con collane d’aglio e
croci appese al collo.
Leyla non poté trattenere la risatina sommessa. Alzò lo
sguardo a incrociare quello di Anne e vide riflessa nei suoi occhi la sua
stessa ilarità.
- Kaede, se vuoi ti mandiamo un aiuto..
- A chi pensavi?
- Anne proponeva Kiminobu Kogure. E’ a Praga, vi
raggiungerebbe in poche ore. E’ esperto di Vampiri slavi.
- Hn…
- che c’è? Non vuoi?
- ho scelta? Il fatto è…- esitò.
- dimmi…
- no, è meglio che vi mandi il materiale via mail, e
fatelo venire lì, noi torneremo dopodomani. Lavoreremo meglio a Angel’s Manhor…
- Kaede, sei sicuro che vada tutto bene?
- Mm, più o meno...- esitò; raccontare tutto quello che
era successo, avrebbe significato parlare molto, sentì Leyla sbuffare,
lievemente spazientita, sapeva che trovava irritante l’abitudine di farsi
tirare fuori le cose con le pinze. Prese un respiro e continuò - Da quando
siamo arrivati, ho come l’impressione che qualcuno tenti di intrufolarsi nella
mia mente…E Hana dice di sentirsi osservato al castello.
- Hai percepito qualcosa? O qualcuno?
- no, è questo il punto, probabilmente è tutta una…
- D’accordo, se hai
problemi chiamami immediatamente, ok?
- Hn...
- c’è dell’altro? – Leyla lo conosceva fin troppo bene.
- Ecco…c’è una vecchia qui…è cieca, però…- e raccontò
brevemente ciò che era successo il primo giorno e quando aveva trovato Hana,
addormentato sotto l’albero e la visione della affiliazione di Hanamichi, che
aveva avuto nella sala dove c’era il pianoforte.
- Beh, Kaede, prima tornate, meglio è, a questo punto…-
Leyla sentì un campanello d’allarme suonarle nella testa - …vi mando l’aereo
per domani…
Anne alzò lo sguardo su di lei, quando riappese:
- Beh, che hai?
- Leyla...secondo te, che è successo quella notte?. Te lo
ha detto?
- Ad Auteuil? Non lo so...Se, -e quando- sarà pronto, me
ne parlerà lui...
- Ma tu credi che sia...
- ...una faccenda conclusa? Chi lo sa...ho richiesto dalla
casa di Parigi che ci mandino le scatole imballate degli oggetti trovati tra le
macerie...ma dubito che Raoul Montecleve sarà collaborativo...
- ancora quella storia...
Leyla fece un cenno con la mano, facendole capire che non
voleva parlare di quella storia.
- Cerca di trovarmi a chi appartiene questo simbolo.
- posso dirti subito che non è del Clan di Mitja...-
iniziò, ma Leyla la interruppe con un gesto della mano.
- Questo lo sapevo anche io.. ma, per escludere ogni
sospetto, dobbiamo scoprire a chi effettivamente appartiene...
- Il simbolo appartiene a un antico clan di Vampiri, che
abitavano le Steppe russe dai tempi di Pietro il Grande...un Clan che si è
macchiato dei più efferati delitti, nel corso dei secoli...per il predominio
sugli altri Clan…Ora sono dei reietti…ce ne sono pochi di loro, in giro, e sono
molto pericolosi…Ravnjos - rispose Anne.
- come fai a conoscerli così bene?-
- e’ il clan rivale di quello di Dimitrij.
- quello...- Leyla esitò, ma l’altra continuò per lei.
- ...che ha sterminato il mio villaggio e che mi ha rapita
quando ero bambina.
§ § §
Anne guardava quel simbolo, la croce con tre punte
chiuse...Era il risvegliarsi del suo incubo peggiore...Eugenij Ravnjos...forse
la resa dei conti era finalmente giunta, ma c’era una persona che avrebbe
potuto aiutarla e che lei avrebbe voluto vicino in quel momento, ma prima
doveva ottenere il consenso di Leyla…Anche se credeva che Leyla non si sarebbe
opposta...Il padre di Leyla era molto amico del “padre” di Mitja...
Bussò alla porta dello studio.
- Avanti!
Leyla non era alla sua sedia dietro la scrivania, ma
sedeva sulla poltrona di pelle davanti al caminetto spento, era pensierosa e
triste, Anne si sentì stringere il cuore intuendo quelli che dovevano essere i
pensieri di Leyla in quel momento.
- Ti disturbo, Leyla...?
- No, vieni, siedi qui accanto a me...Ricordavo...
Anne si sedette.
- Ricordi la prima volta che ci siamo incontrate?
Anne annuì, riandando con il pensiero a quel lontano
giorno di quasi 10 anni prima, quando lei e Leyla si erano viste.
- io avevo 14 anni e tu quasi 16...eri arrivata da poco
tempo, ma si parlava molto di te; la figlia di Marcus Mayfair...quella che
doveva un giorno succedere alla conduzione della casa...
Leyla represse una smorfia.
- Per anni, ho odiato mio padre e questo posto. – si
guardò intorno -...e poi, come per magia, quando ci ho messo piede per la prima
volta, ho capito di essere a casa.
- quel giorno ero entrata in biblioteca, per cercare un
testo sui Clan di Vampiri e tu eri lì, seduta nel tavolo in fondo, che stavi
leggendo quel libro...non ero mai stata brava con le altre persone, ma con
te...è stato tutto subito facile. Mi hai sorriso e io ho sentito di potermi
fidare...sei una delle poche persona con cui riesca a ridere.
- Anne, ascolta, io vorrei che capissi che quello che sto
facendo, lo faccio per dimostrare che non è stato il clan di Dimitrij...
- Lo so...
- Ho mandato Hanamichi e Kaede apposta, così da essere
certa che tu non avresti tentato di interferire.
- Stai tranquilla, Leyla…non hai bisogno di spiegarmi
nulla.
Leyla sospirò, sentendosi come se uno dei pesi che le
gravavano sull’animo le fosse stato tolto:
- cosa volevi dirmi?
- So chi può aiutarci. – disse piano, senza aggiungere
altro.
- Chiamalo, mi fido ciecamente di te. – Leyla annuì piano.
- Dai, andiamo a dormire, domani abbiamo degli arrivi...-
le disse l’altra, alzandosi in piedi.
- Vai,io aspetto ancora un po’.
Anne non ribatté, sapeva che era inutile con Leyla, ci
aveva provato molte volte a distoglierla da quei ragionamenti...Non era stata
colpa sua, se Derek era morto...eppure, dopo tre anni, continuava a
tormentarsi. Sapeva che la cosa era ben più complessa di così. Nessuno sapeva
molto di quello che era successo in quella grotta e l’indagine del Consiglio
era ancora in corso. Forse, se Leyla non avesse amato Derek di quell’amore così
totale e profondo, il dolore per la sua morte sarebbe stato meno doloroso.
Ricordava, con un brivido di orrore, i mesi seguenti alla morte di Derek. Leyla
era come impazzita, aveva davvero sfiorato il punto di rottura con la realtà e
Anne -più di una volta- aveva temuto che perdesse la ragione...si era attaccata
con pervicacia alla vita, solo per il pensiero di potersi vendicare -un giorno-
del Demone che gli aveva portato via il suo uomo. Una mattina, si era stupita
di vederla uscire, lei, che non si allontanava da mesi, da Angel’s
Manhor...quando era stata di ritorno, le aveva detto di aver trovato un giovane
dalle straordinarie capacità empatiche e che aveva intenzione di chiedergli di
entrare nella Fondazione, insegnandogli come usare il suo straordinario potere.
Sembrava che, con l’arrivo di Kaede e poi di Hanamichi, avesse trovato un nuovo
slancio e dimenticato i suoi propositi di vendetta...però non era così sicura
che avesse accantonato definitivamente quell’intento...Si era chiesta spesso
cosa sarebbe successo, se avesse raggiunto il suo scopo, temeva che quando
questa ragione fosse venuta meno, avrebbe smesso di avere un motivo per andare
avanti. Sospirò, sedendosi sulla poltrona ai piedi del suo letto. Aveva paura,
un vago senso di inquietudine che la attanagliava, come una morsa.
La notte scendeva a velare il mondo. Il cielo di velluto
punteggiato di miriadi di stelle...Era una notte tranquilla e pacifica, in quei
momenti Anne faticava veramente a credere che al mondo ci fosse anche l’altra
faccia...quel lato oscuro, che loro cercavano di combattere ogni giorno con i
loro poteri (doni o maledizioni? dipendeva dai punti di vista...). E con quella
percezione che le era propria dall’infanzia, lei sapeva che una nuova battaglia
si profilava all’orizzonte...e sarebbe stata dolorosa, per molti e non priva di
conseguenze. Sperava che avrebbero saputo superare ciò che si preparava loro...
§ § §
Anne andò incontro ai nuovi arrivati, che stavano posando
le valigie nell’atrio.
-Kimi kun!
-Nina chan…)
Si volse verso l’altro giovane di fianco a lui:
- Hisa chan!
- ciao, Nina...
- Fatto buon viaggio?
- non c’è male, grazie…
- Se volete seguirmi, Leyla ci aspetta nel suo ufficio. Ai
vostri bagagli, penserà James…
Un maggiordomo apparve -come per magia- dietro di loro,
inchinandosi in silenzio..
Arrivarono nell’ufficio di Leyla che era al telefono con
Kaede:
- Sì…ok…guarda: Kogure è appena arrivato, vi aspettiamo,
allora – e dopo aver riappeso, si alzò andando loro incontro:
- Koguresan..-
- Mayfair! – sorrise il giovane con gli occhiali – e’
parecchio tempo che non ci vediamo.
- Già…sono cambiate molte cose, dall’ultima volta… - il
lampo di dolore che le attraversò lo sguardo venne velato dal sorriso e fu così
fugace che Kogure credette di averlo solo immaginato – Sedetevi, faccio portare
un tea. Kaede e Hanamichi stanno arrivando dall’aeroporto, pochi minuti, il
tempo per l’elicottero di arrivare…
- Kaede Rukawa…- Mitsui si sedette di fianco a Kiminobu,
sul divano. – Negli ambienti di The Order, si sente molto parlare di lui, pare
sia straordinario, per le sue capacità.
- …sì, ma in fatto di rapporti umani…- Anne fece una
smorfia, strabuzzando gli occhi.
- Anne!, andiamo, sei ingiusta…- disse Leyla.
- ingiusta? mister cubetto?
Leyla stava per rispondere, quando il lieve bussare alla
porta li interruppe.
Il maggiordomo di poco prima entrò con il vassoio per il
tea:
- Signori,. l’ elicottero è in vista di Angel Manhor –
- Perfetto…allora, tra poco, avremo tutti gli elementi e
potremo farci un’ idea precisa della situazione. –
Qualche minuto dopo, le urla di Hanamichi risuonavano per
tutto il vestibolo.
- Che diavolo sta succedendo…??- disse Leyla, sollevando
il sopraciglio, uscendo dall’ufficio seguita dagli altri.
Si affacciò alla rampa delle scale, trovandosi davanti lo
spettacolo di Hanamichi e Kaede che stavano litigando, o meglio: di Hanamichi
che inveiva contro Kaede e questi che lo osservava a braccia conserte, con
l’aria di chi sta perdendo la pazienza.
Scese le scale a due a due, seguita da Anne e dai i due
nuovi arrivati, giunta in fondo alla rampa chiese:
- Ragazzi, si può sapere che vi prende?
- Dillo al Do’hao…- rispose Kaede, con un cenno della
testa in direzione di Hanamichi.
- Ti ho detto di non chiamarmi Do’hao!
- Hanamichi! Insomma…- il tono di Leyla era calmo e
pacato, ma qualcosa tradiva una nota di autorità che non sfuggì a Kaede, era in
quella fase che precedeva lo scoppio d’ira, ma nonostante questo non poté
trattenersi dal rispondere con superiorità, stuzzicando Hanamichi
- Ti ho sempre chiamato Do’hao…- sbottò, Hanamichi si
voltò di scatto e, dirigendosi verso le scale, si scontrò con la spalla di
Mitsui mentre passava, ignorandolo completamente.
- Ehi...- protestò quello, ma Sakuragi proseguì la sua
strada, senza voltarsi indietro.
Leyla si avvicinò:
- Non è stato un viaggio piacevole, a quanto vedo...
- al solito...- disse Kaede, guardando la schiena di
Hanamichi, era strano da quando lo aveva trovato sotto quell’albero.
- Sei stanco? – gli chiese Leyla.
- Pensavo volessi dare un occhiata al materiale assieme a
me…- propose Kogure.
- Hn, il tempo di una doccia e vi raggiungo. –salì le
scale in silenzio.
§ § §
Hanamichi entrò nella stanza di controllo e vide Kaede,
seduto al tavolo, che parlava con il tipo con gli occhiali e, poco lontano, un
giovane con una cicatrice sul mento che lavorava al portatile della kitsune…
“Non ti hanno aspettato…non ti
ritengono indispensabile.”
Leyla, accorgendosi del suo arrivo, gli si fece incontro
con un sorriso, pareva voler ignorare ciò che era successo poco prima:
- Vieni, Hana…tu ancora non conosci…Kiminobu Kogure e
Hisashi Mitsui.
“Hanno trovato con chi
sostituirti.”
- Ci aiuteranno nelle indagini. Kimi kun è esperto di
vampiri slavi, sai? E Hisashi è il suo collaboratore, sono in forza alla casa
di Praga...- gli spiegò Anne. – Kimi kun era mio compagno di università…
“Visto?! Si vogliono liberare di
te.”
- Hana, stai bene?- la voce di Leyla gli giungeva distorta
e lontana.
“Lui neppure si preoccupa.”
Kaede, che fino a quel momento aveva tenuto la testa china
sul volume davanti a lui, sollevò la testa piantandogli in volto quei suoi
occhi:
“Freddi, distanti, gelidi e….”
- Vuoi concentrarti, Do’hao?! Stiamo perdendo tempo…-
sbuffò, palesemente seccato, senza neppure sapere perché era stato così
tagliente, ma le parole gli erano uscita labbra senza che lui potesse fare a
meno di fermarle. Non voleva ferirlo, ma solo scuoterlo, però...quando vide
Hanamichi arrossire e i suoi occhi nocciola incrinarsi, si rese conto di averlo
ferito, avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma l’altro non gliene dette il
tempo. Scattò in piedi, come se lo avessero sferzato, gridando:
- E’ sempre colpa mia? Io sono un incapace buono a nulla,
vero? Come la storia delle armature nella galleria...o del vaso precolombiano
disintegrato…
E NON CHIAMARMI
DO’HAO!!!! – la sua voce, nel pronunciare l’ultima frase era salita ancora, si
volse verso Leyla. - Non voglio più
lavorare con lui!
- Hana, calmati…per favore, vieni nel mio studio. – tentò
Leyla, lanciando uno sguardo ad Anne, dicendole che poi avrebbe aspettato
spiegazioni, sulla faccenda del vaso...l’altra non poté trattenere un sospiro,
non prometteva nulla di buono quello sguardo…
- no!!…non mi piace come mi trattate…Pensate tutti che io
sia un idiota!! – stava dicendo Hanamichi, guardandoli uno ad uno.
- tu sei un idiota. – puntualizzò Kaede.
- Rukawa, ti prego...- cominciò Leyla.
- mhn.
A quel punto, Hanamichi non ci vide più e si slanciò
contro l’altro, colpendolo alla mascella. Kaede non si aspettava il colpo né la
forza con cui venne scagliato, per cui cadde all’indietro, battendo
pesantemente la spalla sullo spigolo dello scalino dietro di lui.
- Hana! – esclamò Leyla.
Prima ancora che Kaede potesse rialzarsi, l’altro si
lanciò contro di lui immobilizzandolo a terra, e continuando a colpire alla
cieca. Erano più i pugni che andavano a vuoto, che non quelli che centravano il
volto di Kaede che, d’altro canto, evitava di rispondere, o meglio cercava più
che altro di schivare quei colpi disperati, che arrivavano da tutte le parti…
Hisashi e Kogure cercarono di separare i due e, trascinando Hanamichi per le
spalle, riuscirono a toglierlo da sopra Kaede, che si tirò in piedi
massaggiandosi la spalla.
- Rukawa, stai bene?- gli chiese Leyla, avvicinandosi e
osservando il taglio sul sopraciglio.
L’altro non rispose, guardava Hana allontanarsi seguito da
Anne, che cercava di parlargli...quando lo aveva toccato, cercando di
allontanarlo da sé, aveva percepito qualcosa di indefinito e potente, ma non
era solo la rabbia di Hanamichi...
“Lui brucerà
nel fuoco.”
Le parole di quella vecchia gli si stamparono nella mente,
come se stessero vorticando davanti ai suoi occhi.
Anne aveva seguito Hana fin sulla porta della sua camera,
cercando di parlargli:
- Ehi! Hana.. che hai?
- Niente. –
bofonchiò quello, camminando spedito lungo il corridoio– Io quello lo odio…
- Come, lo odi?
che ti ha fatto?
- mi considera un idiota e un incapace.
- d’accordo.. Ciccio non è il massimo della cortesia o
gentilezza…
- Tu non lo vedi come mi tratta, come mi guarda, quando mi
parla… -la interruppe, mentre si fermava di fronte alla porta di legno scuro.
- non ti sembra di esagerare?
Ma invece di rispondere, Hanamichi entrò nella sua stanza
e si richiuse la porta alle spalle. Vi si appoggiò, ansimando...aveva la fronte
imperlata di sudore e si sentiva andare a fuoco...forse, una buona dormita gli
avrebbe fatto bene. Si lasciò cadere pesantemente sul letto.
- Sei solo un idiota…
E lui sprofondava nella neve.
Vedeva Julien
e Philippe…
- Loro si amavano, non noi...come
potevi anche solo pensare…
La casa gli stava crollando
addosso…
- tu l’ hai fatta crollare, sei un
incapace…
Quella voce.. quella voce lo
tormentava, era una voce insinuante nella sua mente.
Si riscosse bruscamente…
Vorresti bruciare nel fuoco? Vieni
a me.”
Si lasciò cadere sul letto ansimante…un braccio a coprirsi
lo sguardo. La luce che entrava dalla finestra gli dava fastidio agli occhi,
non riusciva a tenerli aperti. La pelle della fronte scottava e forse aveva la
febbre, si sentiva al gola riarsa dalla sete. Forse non era stata una buona
idea addormentarsi fuori la notte precedente, ma poi.. perché si era
addormentato fuori?
C’era come un vuoto nella sua testa, ripercorse a ritroso
quelle ore…Kaede aveva avuto un incubo…e aveva respinto la sua profferta di
aiuto, e lui era uscito fuori dalla stanza come una furia. Dopo c’era solo un
vuoto, riempito solo da quella voce. Cosa voleva e chi era?
“Ti considerano un peso.”
No, non era vero. Loro erano ciò che più si avvicinava a
una famiglia…Anne, Leyla e Kaede.
“Loro ti reputano un incapace.”
Scosse la testa, cercando di zittire la voce, ma non ci riusciva
e anche se si copriva le orecchie con il cuscino, quella voce continuava a
risuonare nella sua mente come un un’eco in una stanza vuota.
Un viso e due occhi rossi che lo fissavano. Quegli stessi
occhi che lo avevano seguito per tutto il tempo della sua permanenza in
Rutenia. Occhi, da cui si sprigionava un fuoco che lo faceva bruciare. Lo
sentiva, il fuoco sulla sua pelle, un calore insopportabile come una miriade di
spilli incandescenti piantati per tutto il corpo.
“Vuoi bruciare nel fuoco?”
C’erano altri due occhi però, freddi e distanti, me ma che
erano il centro dei suoi pensieri, come qualcosa che lo riportava in sé, che
gli impediva di scivolare via dalla sua mente e di abbandonarsi all’oblio.
C’era una lotta, nella sua testa.
Di nuovo quella voce viscida, insinuante, nella sua mente.
La voce non voleva andarsene...e continuava:
“Lui non ha bisogno
di te.”
Avrebbe voluto gridarle di smetterla, di tacere, di non
insinuarsi più nella sua testa, di spegnere quel fuoco che lo stava tormentando...
Si lasciò scivolare per terra mentre il cuore gli
martellava nel petto, battendo dolorosamente, sempre più forte, ma non
abbastanza da coprire il suono di quella voce e il senso delle sue parole:
“A lui non interessa
nulla.
Tu non hai bisogno
di lui.
Il tuo potere è
grande! guarda...”
Una stanza...si guardò in giro: era la cucina di casa sua,
riconosceva la tovaglia di plastica con quei disegni strani che facevano parte
dei ricordi più belli della sua infanzia, quando suo padre era ancora vivo, la
credenza si legno chiaro e le tendine di pizzo alle finestre. Quello non era un
giorno qualsiasi, era il giorno che era tornato a casa da scuola e aveva
trovato sua madre a terra in un lago di sangue, con la faccia martoriata dalle
botte del suo patrigno. Per terra, su sul pavimento, c’erano ancora le macchie
di sangue, dove prima c’era il corpo di sua madre, sentiva ancora l’eco delle
sirene dell’ambulanza perdersi in lontananza, nella sua corsa disperata e
inutile verso l’ospedale.
...Non voleva ricordare, non quel giorno...Aveva paura di
ricordare...non voleva ricordare perché...
“Ammira il potere
del fuoco.”
Vide sé stesso alzarsi in piedi, fronteggiare il suo
patrigno protendendo la mano, nello stesso momento in cui l’altro alzava il
pugno per colpirlo. Vide il suo volto distorcersi in un ghigno terrificante di
odio e furore mentre, nella sua mente, si ripeteva come una nenia ‘ti odio,
ti odio, ti odio, ti odio’. Vide
nella sua testa formarsi l’immagine dell’arteria pulsante, vide il sangue
scorrervi, e la parete lacerarsi al suo comando, come un semplice schiocco
delle dita, mentre quel potere e quel calore -che già altre volte aveva
sentito- si propagava da lui. E mentre il suo patrigno si accasciava a terra
rantolando e il sangue si riversava come un fiume nella cavità del suo
cervello, sentì la sua voce uscire secca dura e soddisfatta:
- Perfetto.
E nella sua mente riecheggiare
ancora quella voce:
“Questo è il tuo potere.”
Si alzò dal letto uscendo dalla stanza, voleva correre
via, lasciare quel posto, quella voce, quel ricordo...Era stato lui? Era stato
davvero lui, ad uccidere il suo patrigno? Quel potere era davvero suo? ...lui..
poteva uccidere?
Urlò, mentre si slanciava contro gli specchi, colpendo
alla cieca, cercando di cancellare quel dolore e quel vuoto della sua
mente...chi era, lui? Chi era –davvero- lui?
§ § §
Kaede aveva la netta sensazione che ci fosse qualcuno
nella stanza, ma non riusciva ad identificare la presenza…aveva gli occhi
chiusi, ma non riusciva ad aprirli…sentì una presenza cercare di insinuarsi
nella sua mente…sollevò istintivamente la barriera e la sentì ritrarsi…Provò ad
alzarsi dal letto, voleva svegliarsi…Sentì un profumo…i capelli di Hana avevano
questo profumo…allora c’era lui, nella stanza? Carezze lievi, leggere, sulla
sua pelle, sotto la camicia….mentre piano le dita scendevano a slacciare i
bottoni.
Si alzò di scatto dal letto, guardandosi attorno…non c’era
nessuno…eppure, sul cuscino accanto al suo, c’era ancora la forma di una
testa…si chinò, sfregando inconsciamente la guancia contro il cotone ruvido…il
profumo di Hanamichi…i primi tre bottoni della camicia erano slacciati.
Andò alla porta e la spalancò, ma il corridoio era
deserto, lo percorse in tutta la sua lunghezza, ma niente, non c’era traccia di
nessuno. Hanamichi dormiva in fondo al corridoio, dopo la curva che questo
faceva. C’erano qualcosa come 500 o 600 passi tra loro. Scosse la testa
sbuffando, questa era come la storia dei gradini nella casa di Auteuil, dopo
che Hanamichi era rotolato giù dalla scala. Perché doveva sempre calcolare la
distanza che lo separava da quell’idiota dai capelli rossi? Era sempre e
comunque nella sua area di azione, non era mai molto lontano da dove si trovava
lui e questo –stranamente- non era poi così fastidioso come poteva pensare...
Si diresse verso lo studio di Leyla…Bussò due volte,
aspettando una risposta che non venne, aprì uno spiraglio e gettò dentro la
testa.
Leyla sedeva sulla poltrona davanti al caminetto, il capo
posato su una mano e lo sguardo assorto nelle fiamme del focolare. Una musica
soffusa aleggiava nella stanza e un bicchiere panciuto, con del liquido
ambrato, era posato sul tavolino, accanato alla poltrona.
- Leyla…- la chiamò incerto, notando la sua aria quasi
assente.
- Oh, Kaede, entra…- lei sussultò, facendogli segno di
entrare. - Problemi?
- no…cioè, sì si…- sbuffò.
Lei gli sorrise, facendogli segno
di sedersi accanto a lei, sull’altra poltrona:
- vuoi qualcosa da bere? – chiese, allungando la mano
inguantata verso il campanello d’argento.
- Dimitrij...chi è? – chiese lui, scuotendo la testa e
venendo subito al punto.
- Stai diventando bravo, Rukawa. – il sorriso di Leyla si
allargò, mentre si scostava una ciocca di capelli dal viso.
- Non volevo…- cercò di giustificarsi. Lui sapeva che non
era stato corretto, quello che aveva fatto, leggere nella mente di Leyla mentre
lei aveva le difese abbassate.
- Lascia stare… - fece un gesto con la mano - Dimitrij è,
come dire…
- Anne ha un amante vampiro??!! – esclamò, mentre la
realtà della cosa gli si rivelava davanti e i tasselli andavano a posto da
soli, ad incastro perfetto.
- Accidenti, Rukawa, se non ti fai sentire fino a
Divisadero Street, magari…- Leyla sussultò del tono di voce di Kaede. Pareva
sorpreso, non scandalizzato. Meglio così, non ci sarebbero stati problemi o,
almeno, lo sperava. In quel momento, avevano bisogno di tutto l’aiuto
possibile, la situazione era critica e a lei occorreva tutto l’appoggio dei
suoi collaboratori. Restava da vedere cosa ne avrebbero pensato Kogure e
Mitsui...
- Da quanto va avanti…?
- Beh, non è una storia semplice, e non spetta a me…tu,
piuttosto, dimmi: che ci fai qui?
- mi sono svegliato…
- mm…da quando soffri d’insonnia?
- Hana…
- che c’è??…
- ...-
Leyla lo guardò, sollevando il sopraciglio senza dire
nulla, non stava a lei porre domande, ora.
- Non guardarmi così…
- così, come?
- Hn, lo sai…
- Come ti guarderebbe Anne?
- Hn. – sbuffò, roteando gli occhi.
- Dimmi: cosa c’è? – lo incoraggiò lei, cercando di
trattenere un sorriso. Sapeva che per Kaede era difficile parlare, e
soprattutto quando l’argomento riguardava sé stesso, in relazione con
Hanamichi.
- Gli incubi…sono ricominciati, e poi il Do’hao
- Lo so, si comporta in modo strano…Sembra quasi che sia
convinto che tu -o noi tutti- lo riteniamo un incapace…anzi, soprattutto tu…
- Già…
- e’ successo qualcosa, in Rutenia?
- No…
- Avete litigato…?
- no.
- …e’ successo qualcosa di insolito, allora...Oltre alla
vecchia cieca?
- L’ho solo allontanato, quando ho avuto un incubo..
- Ah, già! gli incubi…ancora non ricordi nulla, al
risveglio?
Scosse la testa portandosi una mano alla fronte, senza
rispondere.
- e Hana cosa ha fatto, quando lo hai allontanato?…
- E’ rimasto fuori tutta la notte, ma non è solo quello...
- che vuoi dire? – il campanello nella mente di Leyla
riprese a trillare...c’era qualcosa, lo aveva sempre saputo, ma era come un
pensiero sfuggente che le scivolava via, prima che potesse fermarlo.
- Oggi, quando mi ha preso a pugni...ero senza guanti e ho
percepito il suo potere...
- come, percepito? Lo stava usando? – Leyla gli piantò i
suoi occhi verdi in viso.
- no, ma è come se qualcosa lo stesse risvegliando.
- dannazione...
- Leyla...cosa è Hanamichi?
- non lo so, Kaede, non lo so.
Leyla rimase a guardare la porta da cui era uscito Kaede,
quando Anne fece capolino da dietro l’altra porta.
- Allora, che ne dici?
- Anne! –esclamò scandalizzata – Stavi origliando?
- Moi? Quando mai…passavo per proporti una tazza di tea e
non ho voluto disturbare…
Leyla le lanciò uno sguardo scettico senza replicare e
l’altra proseguì:
- Ascolta, Leyla…se Kaede dovesse farti altre domande
riguardo a me…beh, ecco…diglielo.
- Sei sicura?
Si strinse nelle spalle:
- io non glielo direi mai, ma tu sei la persona adatta,
sempre meglio che non lo scopra in altro modo.
- Lo hai contattato?
- Sarà qui domani...
- Bene. – annuì Leyla, fissando le fiamme nel caminetto
con aria assorta.
- non vai a dormire?
- Tra un po’...- disse, con un gesto vago.
Anne si avvicinò, chinandosi accanto a lei e posandole una
mano sul braccio:
- Le...devi smetterla di tormentarti...– azzardò e,
vedendo che l’altra non rispondeva, continuò: – devi dimenticare il passato.
Leyla si voltò verso di lei:
- Tu ci riesci?
Le due donne si guardarono negli occhi, senza aggiungere
altro. Restarono così, in silenzio, una accanto all’altra a osservare i resti
del fuoco morire e la penombra avvolgere la stanza…
Kaede camminava per il corridoio, perso nei pensieri che
la sensazione di Hanamichi, sdraiato accanto a lui, aveva risvegliato…ma era
poi Hanamichi o un’illusione della sua mente? Scosse la testa, mentre frammenti
di un altro sogno gli tornavano alla mente…Sogno? A volte dubitava che fosse
stato un sogno…la sensazione della pelle di Hanamichi era così reale, quella
volta, possibile che fosse stata solo una visione? A volte, quando Hana era
accanto a lui, era preso dal desiderio di allungare una mano e sfiorare la
pelle del collo, solo per convincersi che non poteva essere successo davvero...
Cosa era stato –inizialmente- ad averlo attirato in lui?
Sicuramente, il fatto di essergli così complementare, completamente
all’opposto, tanto da sembrare la perfetta metà. In questo, Leyla aveva
ragione. Tuttavia, non riusciva a comprendere fino in fondo il suo modo di
fare, quella sua inutile allegria. Come poteva sprigionare tutto quel fuoco,
quella sicurezza, l'impetuosità che riusciva a coinvolgere perfino lui,
scalfendo quella barriera di imperturbabilità che era la sua difesa da tutto e
da tutti? Prima di incontrarlo, a volte, si era fatto paura da solo: nulla
riusciva a coinvolgerlo, a fargli provare delle emozioni, dei sentimenti. Solo
quando li percepiva, assorbendoli come una spugna, sentiva quanto intensi essi
potessero essere. Tentava invano di
interessarsi a qualcosa, ma era come andare contro sé stesso: tutto gli
scivolava addosso, senza che trovasse modo di trattenerlo, era in grado solo di
osservare la sua totale indifferenza, come se riguardasse un'altra persona,
come ogni volta che usava il suo potere, e talvolta aveva l’impressione che,
più lo usava più si annullava, cancellando ciò che c’era in lui di umano, fino
a diventare un guscio vuoto. Non gli importava di ciò che potevano pensare, del
suo atteggiamento, gli altri: no, non era affatto questo il problema...Si
struggeva solamente poiché si accorgeva che, quei sentimenti che avrebbe voluto
con tutto sé stesso comprendere e provare, gli si riflettevano addosso senza
potersi mai veramente impadronire di lui. Certo, da una parte tutto questo
implicava il fatto che lui non dipendesse da nessuno...Che non si legasse a
nessuno...Che non soffrisse per nessuno. Forse il suo animo era ancora troppo
ottenebrato dalle ferite che gli erano state inferte. Ferite nascoste dietro
quel muro bianco che sigillava la sua memoria, per esporsi di nuovo ad altre
possibili cicatrici...Ma finché non fosse riuscito a farsi coinvolgere da
qualcosa che lo riscuotesse, se ne rendeva conto, non ce l'avrebbe mai fatta a
liberarsi del passato. Era servita la vicinanza Hanamichi, per fargli
comprendere questo...
Certo, lo desiderava, ed era una cosa che aveva cominciato
a sentire ben prima di Auteuil, voleva che la sua impetuosità, quei sorrisi
-che prodigava con tanta facilità- fossero riservati solo a lui. Era geloso del
tempo che passava con il suo amico Yohei in città, lo aveva invitato -qualche
volta- ad andare con lui, ma aveva sempre rifiutato, d’altronde lo sapeva
benissimo come si sarebbe sentito, in quelle occasioni. Si rendeva conto che i
sorrisi e le spacconate di Hanamichi erano diventate le uniche cose in grado di
scuoterlo, di farlo sentire vivo. Era irrazionalmente geloso di quanto
concedeva a tutti, ma negava a lui. Lo sapeva benissimo che il rossino evitava
di coinvolgerlo, perché lui lo respingeva...ma era un circolo vizioso. Lo
impauriva, la costanza con cui quella voce, quella risata, quello sguardo caldo
e colmo di domanda inespresse comparivano nei suoi pensieri! Nei suoi sogni.
Dopo così tanto tempo, finalmente, gli incubi da cui si risvegliava ansante e
frustrato dalla mancanza di ricordi o elementi, per risalire a un qualcosa che
lo portasse ad avvicinarsi alla verità su se stesso, erano stati sostituiti da
quei sogni su Hanamichi. Un' ossessione, per liberarsi. E questa era proprio
senza uscita: talvolta lo scopriva intento fissarlo e percepiva la sua stessa
confusione, i suoi stessi dubbi...era un inconveniente della sua capacità…Lui
soffriva, perché era sicuro che lo odiasse, che lo reputasse un idiota, ma non
sapeva fare altro, non sapeva come cambiare le cose, né come comportarsi
diversamente con lui...
Un rumore di vetri infranti attrasse la sua attenzione e
si precipitò verso la galleria ovest. Ciò che vide, quando arrivò, lo lasciò
senza fiato. Hana era seduto in mezzo ai frammenti di vetro, le mani e i piedi
sanguinanti, gli occhi vacui e persi chissà dove, la loro luminosità pareva
spenta. Kaede si fermò a pochi passi da lui, guardandolo boccheggiando:
- Hanamichi…
- Stai lontano, Kitsune…- gli ingiunse con voce fredda,
alzandosi in piedi e avvicinandosi ad un altro specchio.
Alle sue spalle, sentì arrivare Leyla, la vide con la coda
dell’occhio portarsi una mano al volto, cercando di trattenere il gemito di
orrore, Anne era dietro di lei.
Leyla si avvicinò, parlandogli con dolcezza.
- Hana, che c’è?
- non se ne vuole andare dalla mia testa…-
- chi, Hana…??
- La voce…mi tormenta..
- che voce, caro…?
- non chiamarmi ‘caro’!!…- afferrò una scheggia di vetro,
stringendola, mentre il sangue colava tra le dita, la sua voce era dura.
- Che voce, Hana…??- ripeté Leyla, scambiando un’occhiata
con Anne.
- quella che è dentro la mia testa...dice che...io uccido.
Si avvicinò la mano alla tempia lasciandovi una traccia di
sangue, che si confuse con il colore dei suoi capelli.
Leyla sussultò, mentre scambiava un altro sguardo con
Anne.
- Hana…- Kaede cercò ancora di avvicinarsi, incurante
dell’occhiata che le due donne si erano appena lanciate, ciò che lo preoccupava
era Hanamichi, con in mano quella scheggia di vetro.
- Tu!Sta’ lontano….tu non mi sopporti, ha ragione la voce,
mi consideri un idiota…
Leyla gli fece segno di non avvicinarsi troppo, ma di
continuare a parlare.
“ è posseduto da
qualcosa, cerca di farlo tornare in sé.”
- Hana, io non ti considero un idiota…
- dobbiamo allontanarlo da lì, con tutti quei vetri… –
disse Leyla, in direzione di Anne.
Hanamichi grugnì e colpì con un pugno lo specchio che
aveva davanti, alcune schegge lo ferirono in viso. Nel momento in cui alzava le
braccia per ripararsi, il volto Kaede si slanciò in avanti, afferrandolo per la
vita, e facendolo rotolare lontano dai vetri. Si sedette a terra, tenendo il
rossino stretto a sé, osservando le sue condizioni: aveva tagli dappertutto:
sulle mani, sulle braccia, un taglio profondo spaccava il sopraciglio da cui
fuoriusciva abbondante del sangue. Vide con la coda dell’occhio arrivare in
pigiama Kogure e Hisashi. Hanamichi si dibatteva, ma lui lo strinse a sé,
cercando di comunicargli con quel gesto tutto il calore che non era in grado di
dimostrargli con le parole.
- Lasciami…- si divincolò, dapprima rabbiosamente, ma
qualcosa nell’abbraccio di Kaede lo faceva sentire sicuro e protetto, lì la
voce che lo tormentava pareva non arrivare e quegli occhi, che lo guardavano,
non erano più freddi e distanti, ma caldi e preoccupati. Conservando
gelosamente quella immagine, lasciò che le tenebre lo avvolgessero...
§ § §
Seduto sulla poltrona, guardava Hanamichi dormire…Il suo
sonno era agitato, popolato da incubi, lo vedeva agitarsi scompostamente e muovere
le labbra riarse, da cui però non uscivano parole, ma solo suoni inarticolati.
Leyla entrò, portando una coperta:
- Ho pensato che volessi restargli accanto.
- Hn.
Sorridendo, Leyla gli mise la coperta addosso e fece per
uscire, quando la voce di Kaede la fermò:
- vorrei delle risposte…
Lei tornò indietro e si accomodò sull’altra poltrona,
accavallando le gambe e guardandolo fisso:
- dimmi pure.
- Chi è Dimitrij?…
- Come avrai già intuito, Dimitrij è il compagno di Anne…
- Un vampiro?
- Anne è stata cresciuta dal suo Clan…L’anziano del Clan,
il padre di Mitja, l’affidò a mio padre, quando si rese conto del legame che
stava nascendo tra loro.
- Anne è…
- No, lei era stata vittima di una razzia di un altro Clan
di vampiri e loro l’avevano liberata…
- Cosa c’entra Dimitrij, con tutto questo?!
- E’ da un paio di mesi che si ritrovano cadaveri, in case
sparse per il mondo, tutti come in Rutenia. Stesso cerimoniale. Stessi segni.
Stessa dinamica.Le indagini delle altre Case hanno portato alla conclusione che
il Clan di Dimitrij c’entri in qualche modo. Ho fatto domanda di poter
coordinare le indagini. Se non altro, per impedire che Anne si cacciasse nei
guai.
- Il Consiglio sa…
- Non ufficialmente, certo, ma credo che nessuno
dimentichi la provenienza di Anne. Ho gli occhi puntati addosso.
- Tanto per cambiare…
Si strinse nelle spalle:
- Ci sono abituata…e la cosa non mi pesa più tanto, ormai.
- Perché hai mandato noi?
- Davvero, devo spiegarti? Anne si fida di voi, se avessi
mandato qualcun altro, sicuramente si sarebbe intromessa nelle indagini,
rischiando molto.
- ma perché adesso? Perché in quella casa…
- Perché le indagini stavano portando al Clan di Dimitrij
e io temevo un gesto avventato di Anne.
Rukawa rimase qualche minuto in silenzio, riflettendo su
quanto Leyla le gli aveva appena detto, la cosa era sconcertante.
- dov’è, ora, Anne?
- e’ andata a prendere Dimitrij…
- collaborerai con lui?
- mi fido di lui, come mio padre si fidava dell’anziano.
- Ma il Consiglio?
- Per loro, l’importante sono i risultati, poco importa i
mezzi con cui ci si arriva. – Leyla si strinse nelle spalle. - E poi, una
regola infranta in più -o in meno- che vuoi che importi…?? me le segneranno
tutte sul conto.
Guardò Hanamichi che si agitava nel sonno, parole senza senso
gli uscivano dalle labbra riarse, ciocche di capelli erano sparse sulla sua
fronte, istintivamente si allungò verso di lui per scostarle…Quando tornò a
sedersi, incrociò lo sguardo di Leyla, ma l’altra non mutò espressione:
- Hai sentito che ha detto, no? – disse, per sciogliere
quel silenzio.
Leyla annuì:
- Ha ricordato ciò che successe con il suo patrigno.
- E ora?
- speriamo sia forte per affrontarlo.
Kaede si volse a guardarlo ancora una volta, pareva
sereno, o almeno così sembrava, ma c’era quella ruga nel mezzo della
fronte...Stava sognando e non era tanto sicuro che fosse un sogno tranquillo.
Se solo avesse potuto aiutarlo, ma non aveva idea di come fare…
- Parlami della visione…
E lui, senza staccare gli occhi dal volto di Hanamichi,
raccontò ciò che aveva visto in quella casa, descrivendo minuziosamente il
vampiro che aveva morso Hana.
Leyla lo guardava, ascoltando in silenzio...sapeva
benissimo chi era quel vampiro. Lo aveva visto nelle mente di Anne tante volte,
quando ricordava il mostro che l’ aveva rapita da bambina:
- Eugenij Ravnjos...allora c’è lui, dietro queste stragi.
- chi è?
- una vecchia conoscenza di Anne e Dimitrij.
- NOOOOOOOOOO!!!
L’urlo di Hanamichi li fece sussultare: sedeva sul letto,
le braccia protese, il petto ansante, lo sguardo assente. Rukawa si sedette al
suo fianco chiamandolo piano, l’altro non si svegliò, ma la voce di Rukawa
parve avere un effetto rassicurante, si aggrappò alle sue spalle, lasciandosi
cullare.
- Secondo te, cosa è successo?
- non lo so…da quello che ha detto, sembra posseduto, ma
da cosa? – guardò l’orologio da polso – se solo Anne arrivasse con Dimitrij…Tu
resta con lui, a quanto pare, la tua vicinanza lo rassicura.
- Salvo poi essere la vittima del suo odio…
- già, ma quando è incosciente, no…evidentemente, sei un
appiglio e forse l’unico, in grado di portarlo fuori da quell’incubo, qualunque
esso sia...
Aprì gli occhi e
soffocò un gemito, Kaede sopra di lui, la camicia leggermente aperta a lasciare
la pelle candida ed eterea esposta alle carezze dei raggi del sole, che
entravano dalla finestra. Osservò la linea del collo che scendeva fino alle
scapole. Allungò la mano a sfiorare quella pelle, come avrebbe voluto fare
quella volta che lo aveva guardato dormire ad Auteuil.
Era tiepida e
liscia, un tepore piacevole che si irradiava a tutta la sua mano e si propagava
piano piano a tutto il braccio.
Senza che se ne
rendesse conto, chiuse gli occhi.
Guardami!
Guarda me..
La voce di Kaede
pressante, urgente…un tono di desiderio, misto ad ansia e paura.
Aprì di nuovo gli
occhi, non erano nella sua camera, no, erano nella camera di Auteuil, stesi
davanti al caminetto, incrociò lo sguardo di Kaede che lo incatenò.
Non fermarti.
La scena si dissolse
piano, come era arrivata e anche Kaede sparì…
Cercava di non
ascoltare quei ricordi, quelle immagini, quelle sensazioni, il piacere che lo
invadeva ad ondate, mentre la coscienza di ciò che era successo ad Auteuil,
quell’ultima notte, gli si rivelava davanti, come un velo che si squarcia...
“A lui non importa
nulla di te.
Lo ha fatto, perché eravate
posseduti.”
Sentenziò quella voce gelida.
“Dimmi, vuoi bruciare nel fuoco?”
“Sì.”
Kaede doveva essersi addormentato, perché si scosse
bruscamente quando percepì un brusco cambiamento nell’aria della stanza. Nel
momento stesso in cui apriva gli occhi, sentì il rumore del vetro della
finestra andare in frantumi...e una figura -avvolta in un pesante mantello
scuro- entrò, atterrando senza un rumore sul pesante tappeto che ricopriva il pavimento.
L’oscurità era palpabile attorno a lui e una leggera
nebbiolina avvolgeva tutto, penetrandogli, gelida, nelle ossa.
Cercò di reagire, ma quello lo bloccò sulla poltrona,
rivolgendogli un sorriso leggero:
- non puoi fare nulla, per fermarmi...- la sua voce era
roca e pastosa, indicò Hanamichi – lui mi ha chiamato...Lui vuole bruciare nel
fuoco...
Kaede vide con orrore Hanamichi svegliarsi e alzarsi dal
letto, mentre il vampiro lo aspettava, fermo, nello stesso punto dove era
entrato:
- Vieni...ti mostrerò il potere del fuoco...
Il corpo di Hanamichi si abbandonò languidamente tra le
braccia di quell’uomo, che si chinò sul suo collo…Liberò le proprie emozioni,
indirizzandole verso Leyla, sperando in cuor suo che fosse in ascolto. Non
riusciva a muoversi, né a parlare. Il vampiro si volse a guardarlo, mentre
scavalcava la finestra portando con sé il corpo di Hana:
- Credo ci rivedremo presto...
Appena il vampiro saltò giù dalla finestra, lui si sentì
libero dalla costrizione che fino a poco prima lo aveva incatenato alla
sedia...
Si slanciò fuori dalla camera, precipitandosi a rotta di
collo verso le scale, chiamando disperatamente Leyla...perché i sensori non
avevano funzionato? Perché Eugenij Ravnjos era riuscito ad entrare?
“Lui mi ha
chiamato...”
- Dannazione!! – imprecò tra i denti.
Il giardino era avvolto da una leggere nebbiolina
gelida,non era lontano, percepiva ancora la presenza di Hana, erano lì, da
qualche parte...Una folata di vento scostò la nebbia davanti ai suoi occhi e lo
vide...
Era addossato al piedistallo della statua dell’Angelo,
mentre il vampiro era chino su di lui e si stava nutrendo...
Era -per la prima volta- incerto sul da farsi. Slanciarsi
verso il vampiro o aspettare che gli altri lo raggiungessero??…si rendeva conto
di essere indifeso, di non avere le armi, né le capacità necessarie per
affrontare un essere del genere.
L’uomo in quel momento sollevò la testa, anche da quella
distanza, vide le labbra di Hanamichi muoversi in un ansito di disappunto...
Fu quello, che lo fece slanciare in avanti, mentre il suo
cuore urlava disperato…non vedeva nulla, udì solo la risata del vampiro che
bloccò la sua corsa con un annoiato gesto della mano.
- Lo rivorresti, vero? – gli porgeva il corpo di
Hanamichi, pallido, esangue, tenendolo senza sforzo per il colletto della
camicia.
Percepì la presenza di Leyla alle sue spalle.
“Ru, mantieni la calma.”“
Ignorò l’ingiunzione mentale di Leyla, nella sua mente
c’era solo la visione di Hanamichi tra le braccia di quel vampiro e la
possibilità che…Lo sentiva, sentiva il suo cuore battere sempre più
lieve…un’eco lontana…
Cercò di muoversi ancora..il vampiro sollevò il capo,
percependo la presenza degli altri.
- ….lascialo e dicci cosa vuoi…
Un sinistro sorriso piegò le labbra del vampiro, su cui
restava un’ombra del sangue di Sakuragi.
- Avrei potuto farlo…ma ora…- si chinò sul collo si Hana,
leccando le piccole ferite sulla vena pulsante, Rukawa strinse convulsamente le
mani vedendolo gemere - Lui è molto vulnerabile, la mia preda ideale, così
innocente, insicuro, pieno di voglia di considerazione…- il vampiro li guardò
tutti e i suoi occhi, freddi come l’acciaio, si fermarono su Rukawa – ma
soprattutto da te…un tuo sguardo, una parola, sarebbero tutto per lui, come un
assettato nel deserto che anela alla fresca acqua, in grado di lenire l’arsura
della sua gola. L’ho chiamato a me proprio per questo, era il più debole tra
voi due…Tu mi hai facilitato le cose, ferendolo con la tua
freddezza…Allontanandolo da te quella notte, lo hai gettato tra le mie braccia.
- Lascialo…
- Sai, sei monotona Mayfair, proprio come tuo padre…
Rukawa, disperato, approfittando di quell’attimo di
distrazione si lanciò verso i due, ma l’altro lo respinse con un gesto della
mano, mandandolo ad atterrare pesantemente vicino a Leyla.
- Kaede…
- Hn. – scosse le spalle, rialzandosi…
Leyla si accorse che stringeva i pugni convulsamente, e
questo, oltre a una impercettibile contrattura della mascella, tradiva tutto il
nervosismo di Rukawa.
Anne arrivò in quel momento e si mise accanto a Leyla,
cercando di celare la sua presenza a Ravnjos.
“questo, irriterà il Consiglio.”
“già! Un’Intrusione e una Contaminazione…dobbiamo
risolvere la situazione in fretta e senza danni ulteriori ad Hana.”
“La situazione è così critica, dunque?”
“Non sappiamo quanto sia stato condizionato dal
vampiro.”
“Leyla, tu..”
“Dobbiamo prepararci al peggio.”
Il mostro li osservava uno ad uno:
- Adesso mi dovete scusare, ma devo abbandonare questa
piacevole compagnia. Dite a Mitja che lo saluto, sono sicuro che ci rivedremo
presto. – il suo sguardo si fermò di nuovo su Rukawa…il giovane percepì
chiaramente il tentativo di un’intrusione nella sua mente. – Non ti
preoccupare, avrò buona cura di lui!!
Si sollevo piano, stringendo a sé Hanamichi sempre
incosciente, cominciando a ridere.
Rukawa, vedendolo scomparire, fece per slanciarsi, ma
qualcuno lo bloccò per le spalle. Cercò di divincolarsi, ma quelle mani -che lo
artigliavano- parevano avere una morsa d’acciaio…
- Kaede! – la voce di Leyla era ferma e decisa, come la
sua presa. – cosa vorresti fare?
Scrollò le spalle rimanendo lì, fermo, a fissare il punto
dove quel vampiro era sparito, portando Hana con sé, mentre un vuoto lacerante
si apriva piano nel suo cuore…
Si girò, passando accanto a Leyla e agli altri senza
minimamente mostrare alcuna reazione, rientrò in casa, nell’atrio -ai piedi
delle scale- trovò Dimitrij, lo superò senza degnarlo di uno sguardo.
§ § §
Kiminobu entrò nello studio di Leyla, senza aspettare
l’invito ad entrare. La situazione era talmente critica, da permettere di
sorvolare su certi formalismi:
- Leyla, ho scoperto….– le parole gli morirono in gola,
trovandosi davanti un uomo alto, longilineo, con i capelli chiari che parevano
assorbire la luce del sole dietro le sue spalle.
- Lui... – balbettò, lasciando cadere i fogli che aveva in
mano.
Anne entrò in quel momento dietro di lui, seguito da
Hisashi e soffocò uno sbuffo tra lo scocciato e il divertito, scambiando un’
occhiata con Leyla.
- succede sempre così…
Mitsui si avvicinò:
- Ehi!! Kimichan, che succede?
- Lui è….il Master….
- Chi?
Anne si fece avanti:
- Dimitrij, Master del Clan Tzimiscje, discendente diretto
di Vlad Tepes.
- un vampiro?
-esclamò Hisashi, reagendo d’istinto e preparandosi ad attaccarlo.
- ehm, Hisachan…lui è il mio compagno, per cui vedi di
andarci piano, OK? – sbottò Anne, mettendosi davanti a Mitsui e guardandolo con
gli occhi stretti.
Leyla si fece avanti. Era venuto il momento di mettere le
carte in tavola:
- Capisco che, per voi, possa essere un po’
sconcertante…Ora, io non vi obbligo a restare…Mio padre si era sempre
considerato amico del padre di Mitja…e io ritengo di potermi fidare…non solo
per il legame con Anne…Resta il fatto che, voi, non siete obbligati a
condividere la mia posizione e siete liberi di andarvene quando volete.
Sappiamo chi è l’ essere che ha rapito Hana...Eugenij Ravnjos.
Kogure sussultò:
- ma in quel Clan sono reietti...non…
- Vero. Però è stato lui, ieri sera, a rapire Hanamichi...
- su questo, non ci sono dubbi...- osservò Anne.
Leyla le posò una mano sul braccio:
- Ascoltate: io non ho ancora avvisato il Consiglio di
quanto successo. Vorrei provare a risolvere la cosa, prima...- guardò
l’orologio sulla sua scrivania – ci vedremo qui tra un un’ora...voi avrete il
tempo di pensare alla faccenda e prendere la vostra decisione...
Si avvicinò alla porta e, fermandosi un istante, disse:
- Anne, io vado da Kaede...se c’è qualche problema
chiamami, ok?
Galleggiava in un
buio ovattato, cercando di emergere dalle tenebre che lo avvolgevano stretto.
Volti voci rumori
vorticavano attorno a lui…
Dov’era? Aveva
freddo, era come se una morsa di ghiaccio lo imprigionasse.
Aprì gli occhi
piano, una luce azzurrognola filtrava dalla finestra…Non ricordava dove
fosse…si guardò in giro, quella non era la sua camera, anche se non rammentava
dove fosse. Si alzò dalla brandina di legno che fungeva da letto…era in una
stanza circolare…
Si affacciò alla
piccola finestrella con le grate.
Sotto di lui, una
distesa di neve sconfinata…che si perdeva all’orizzonte…Il suo luminoso candore
gli feriva gli occhi…Non ricordava nulla di quello che era successo…né aveva
idea di dove si trovasse.
Urlò, quando sentì i
denti di Eugenij affondare nella sua carne.
Sentiva il battito
del cuore rimbombargli nelle orecchie.
La neve -sotto di
lui- era gelata.
La vista gli si
annebbiò lentamente, mentre le immagini nella sua mente cominciarono a
svanire…Vide le nuvole correre attraverso il cielo, coprire il sole, la luna e
le stelle.
Vide due occhi blu,
che lo fissavano da un punto lontano...sapeva
che doveva
aggrapparsi ad essi,
doveva farlo a tutti
i costi, ma si sentiva trascinato via,
come il suo sangue
che usciva dalle sue vene, per riversarsi nella bocca avida del vampiro.
gGli occhi, piano,
si affievolirono, andando via via scomparendo, mentre anche la sua volontà si
faceva sempre più debole.
Non sapeva dire
quanto tempo fosse passato.
- mio demonio dai
capelli rossi…- una voce roca, accanto al suo orecchio…- vieni! – gli porse la
mano fredda come il suo fiato.
Gli occhi blu erano
ormai un ricordo lontano, ora c’erano gli occhi del suo signore:
Azzurri e cerchiati
di rosso.
Leyla uscì dalla stanza di Kaede, richiudendosi la porta
alle spalle. Lasciandovisi andare contro con la schiena, con un sospiro
profondo. Vedere il dolore muto di Kaede le faceva male al cuore. Aveva passato
l’ora precedente seduta nella sua stanza, mentre lui stava fermo davanti alla
finestra, appoggiato alla cornice di pietra, un ginocchio piegato e le braccia
incrociate al petto. Muto, immobile e silenzioso.
- Lo ritroveremo.
- Hn.
Questo era stato l’unico scambio di parole tra loro,
null’altro. Nel resto del tempo, aveva aspettato che lui parlasse, dicesse qualcosa,
ma nulla tradiva ciò che si agitava dietro quella maschera che aveva indossato.
Pareva tornato il Kaede di tre anni prima…Lo rivedeva ancora: i primi tempi,
aggirarsi per i corridoi di quella casa, quando era arrivato Hanamichi, Kaede
aveva cominciato a reagire,. Se non altro, l’altro -per quanto si lamentasse
del fatto che Rukawa lo ignorava sistematicamente- era l’unico che riusciva a
scuoterlo…Ora, invece…E questo riapriva ferite mai rimarginate, anche nel suo
cuore…
Avrebbe dovuto raggiungere Anne, ma invece si incamminò
nell’ala ovest della casa…. Si sentiva stanca, aveva bisogno di recuperare un
momento, prima di raggiungere Anne e Dimitrij, che la stavano aspettando nel
suo ufficio.
Si fermo davanti a una porta di legno massiccio…Sospirò,
prima di girare la maniglia e entrare..
La camera era avvolta nella penombra e un vago sentore di
tabacco vi aleggiava ancora. Nulla era cambiato, da allora. Lei aveva voluto
che restasse così…sembrava solo in attesa che il suo occupante dovesse tornate
da un momento all’altro.
Quando Derek era morto, aveva pianto, disperandosi fino a
consumarsi...Aveva pregato il consiglio di utilizzare le tecniche di magia per
riportarlo in vita, di permetterle di rievocare i vecchi incantesimi sui libri
polverosi che giacevano nei sotterranei della Casa Madre di Londra...aveva
imprecato, pianto, urlato, contro Colui che aveva ucciso l’uomo della sua
vita...La persona che più di tutti aveva saputo comprenderla e amarla, e senza
la quale la sua vita non aveva più senso.
Derek era morto e lei era morta con lui. La sua vita, da
allora in poi, era stata come il cammino di un’ombra sulla terra. Aspettava il
momento della vendetta...solo quello importava, null’altro contava...Le sue
notti erano popolate da incubi spaventosi: vedeva Derek preda del demone che lo
aveva ucciso risucchiandogli l’anima, vittima di tormenti indicibili e
dolorosi...e questi incubi le stavano divorando il cuore...
Sfiorò la poltrona di velluto, dove Derek amava sedersi a
sorseggiare il suo bourbon prima di andare a dormire. Chiuse gli occhi
aspirando il profumo muschiato della sua colonia, sapeva che era un’illusione
dei suoi sensi, però così sembrava che lui fosse ancora lì, con lei:
“Mia Leyla, tormento
del mio cuore..
spina piantata nel
mio animo,
così in profondità
che toglierla
equivarrebbe a
morirne...
Le parole echeggiavano nel suo animo, come se le stesse
ascoltando dalla voce di chi, per molto tempo, le aveva pronunciate al suo
orecchio...mentre la stringeva a sé, baciandole i capelli:
- Derek...
Anne si affacciò:
- Sapevo di trovarti qui.
- In questi momenti, mi manca…
- Kaede come sta?
- E’ chiuso in un mutismo impenetrabile, non dà il minimo
segno di emozione…
- Lo ritroveremo…Andiamo, Mitja ci aspetta con gli altri.
Leyla si volse un istante a guardare la stanza di Derek:
- Come lo spiegherò al Consiglio, che mi sono fatta
aiutare da un vampiro?
- Ci penseremo a tempo debito…
Dimitrij era fermo in piedi, davanti alla scrivania di
Leyla, le braccia posate sulla superficie di legno.
- Secondo me…
La porta si aprì, lasciando entrare Rukawa.
- Kaede..- Leyla si alzò dalla poltrona su cui era seduta,
non si sarebbe aspettata di vederlo scendere e partecipare alla riunione.
- Hn…- si sedette accavallando le gambe e puntando i suoi
occhi su Dimitrij, in un muto invito a continuare.
- Dicevo.. che secondo me, lo ha portato in Rutenia. Il
clan ha una serie di castelli sparsi da quelle parti.
- Io non riesco a localizzarlo, è come se fosse schermato.
– disse Anne.
- E’ per via del suo legame con Eugenij - Kaede sussultò, a quelle parole – ma se noi
andiamo in Rutenia …
- …si farà trovare – concluse -per lui- Anne.
- Perché Hana?
Sussultarono, nessuno si aspettava quella domanda da parte
di Rukawa.
Dimitrij restò un attimo in silenzio, scambiando un paio
di occhiate con Anne.
- Lui era il più esposto. – intervenne Kiminobu.
Kaede strinse gli occhi, poi sbuffò:
- intendevo: cosa vuole da noi?…
- La nostra è una faida, una faida di sangue, le cui
origini sono ormai dimenticate, mentre la violenza resta, aumenta...
- vuoi dire che ha preso Hana, per vendicarsi di te?
- In un certo senso…Eugenij Ravnjos è pazzo…lui odia voi e
la vostra gente, oltre che noi….Secondo un accordo che il mio Clan ha stipulato
con Marcus Mayfair, il suo clan è stato condannato all’ostracismo, per cui gli
sono state confiscate le terre, le dimore, le ricchezze. Mio padre è morto,
così come il padre di Leyla, ma non è propriamente la vendetta, che cerca. E’
come una partita, al la nostra...questa è la sua mossa...ora tocca a noi, agire
di conseguenza.
- Cosa ne farà di lui? – chiese Mitsui.
- Il problema è che bisogna vedere quanto sia diventato
stretto il loro rapporto simbiotico..
- simbiotico? – ripeté Kogure, sistemandosi gli occhiali.
- Quando un vampiro morde ripetutamente un essere umano,
lo rende dipendente da sé…ma ne diventa a sua volta schiavo…Schiavo del suo
bisogno di sangue…di quel sangue.
- E l’umano?
- l’umano piano piano si assuefa al morso del vampiro,
fino a che non c’è più nulla da fare.
- Vuoi dire che si trasformerà…- Hisashi esitò un istante,
era assurdo anche solo pensarlo - in vampiro?
- Non credo…- cominciò Dimitrij, ma Kogure lo interruppe.
- non può, anche se forse vorrebbe..
- lo ha morso e, da quello che ne sappiamo, anche
ripetutamente…- obiettò Hisashi.
- si sì, ma se ne nutre…Un reietto non può creare altri
vampiri, né ricostituire un altro clan.
- cosa ti fa pensare che rispettino queste imposizioni…?
- Abbiamo un alto rispetto per il nostro ordine sociale.
Rukawa sbuffò, guardando Dimitrij:
- Parlare di rispetto, mi sembra assurdo. E’ un vampiro.
- Ohi, Ciccio…-
intervenne Anne.
Lui si alzò, ignorando il tono leggermente irritato di
lei.
- E Hanamichi? Come faremo per liberarlo?
- Dipende dal grado di assuefazione, Hana comunque mi pare
molto forte, e il suo comportamento strano di questi giorni mi dà da pensare
che non fosse disposto a cedere…C’è qualcosa di forte, che lo lega a voi? Una
ragione per cui dovrebbe opporsi al morso del vampiro? Trovato quello stimolo,
sarà facile fare leva su di esso…Ma dobbiamo sbrigarci, più resta sotto il suo
controllo…- disse Kogure.
- più sarà difficile annullarlo…- concluse Dimitrij,
annuendo.
Kaede era fermo sulla terrazza che dava sull’oceano,
cercava di assimilare tutto quello che era stato detto...Guardava -senza
vederlo- lo spettacolo del Golden Gate che attraversava l’oceano, le immagini
di quella ultima visione non lo abbandonavano…E poi le parole del vampiro e
della vecchia:
“Lui mi ha
chiamato.”
“Lui brucerà nel
fuoco.”
Guardò verso la casa, alla fine della riunione Leyla aveva
detto di andare a dormire e di prepararsi alla partenza. Lui era uscito di
casa, percorrendo i sentieri che attraversavano il giardino e facendo la strada
più lunga, per evitare di passare sotto la statua dell’angelo, si era diretto
verso il mare.
Era inutile che cercasse di dormire, tutte le volte che lo
faceva, il volto di Hanamichi gli si parava davanti, anche se cercava di non
pensarci, di scacciarlo dalla sua mente. Eppure ogni volta era lì, in mille
piccole espressioni, lo sguardo spalancato, l’eco della sua voce che lo
chiamava Kitsune, lo sguardo che aveva quando in Rutenia gli aveva tirato la
manciata di neve in pieno volto…E poi, come la superficie dell’acqua che si
increspa, l’immagine cambiava. si deformava, trasformandosi nella scena del
parco di Angel’ s Manhor…Hana abbandonato tra le braccia del vampiro…La cosa lo
faceva soffocare, un dolore sordo gli stringeva il petto soffocandolo e la
consapevolezza che era colpa sua…
Le parole del vampiro:
“tu lo hai gettato tra le mie braccia.”
“voleva solo considerazione, da te.”
Rabbrividì al ricordo di quella lingua che sfiorava il
collo di Hanamichi e il gemito uscito dalle sue labbra…
“si assuefa fino a che…”
Era un pensiero insopportabile…
- non ti piaccio, vero? – chiese Dimitrij, arrivandogli
alle spalle in silenzio.
- Hn.
- Ti capisco, in fondo sono responsabile di tutto questo…
- non hai rapito tu, Hana.
- E allora, perché tu ti senti in colpa?
- Hn.
- Per quello che ha detto Eugenij?
- Hanamichi si sentiva rifiutato da me…Chi è?
- Eugenij Ravnjos. Il suo clan sterminò il villaggio di
Anne e la rapì, assieme ad altri bambini del villaggio…Leyla ti cercava, siamo
quasi pronti.
Senza dire nulla, Kaede lo seguì.
Leyla sedeva alla sua scrivania con gli occhi chiusi e la
fronte corrugata, sapeva che non dormiva. La fissò per qualche secondo, e
infatti lei aprì gli occhi sorridendogli:
- che c’è?
Scrollò le spalle, Leyla si alzò avvicinandosi a lui,
posandogli una mano inguantata sul braccio, lui non si ritrasse, non si
ritraeva mai, con lei. La sentiva vicina, un po’ perché era stata la prima
persona che l’aveva aiutato con quel suo Dono, che lui detestava più di ogni
altra cosa al mondo, e poi anche perché poteva capirlo…Sapeva anche lei, cosa
voleva dire percepire quelle ondate di sensazioni, fino a restarne svuotati e
travolti…e sapeva cosa voleva dire quel vuoto profondo, che sentiva nel cuore,
adesso che Hanamichi era chissà dove…
- Come fai a sopportarlo?- le aveva chiesto una volta.
- non è un peso, Kaede.
- Oh, sì! è un fardello insopportabile…- aveva detto lui.
- non farti travolgere da questo, ti distruggerà. – aveva
risposto lei, facendosi improvvisamente seria – Devi trovare qualcosa che ti
distragga…che ti permetta di staccare.
Era andata bene, c’era riuscito per un po’, fin quando
quel tornado -dalla testa di quel colore assurdo- non era entrato nella sua
vita... Nonostante la corazza che si era -con fatica- costruito attorno, in
quei tre anni e che credeva impenetrabile, Sakuragi era l'unico che poteva
alleviare la sua solitudine. Che pensiero assurdo, però. Aveva sempre creduto
fosse un elemento qualsiasi della sua vita. Un qualcosa di nuovo, che si era
venuto ad inserire e di cui poteva anche fare a meno… E invece ora, mentre
stava lì, a fissare il paesaggio fuori dalla finestra, chiedendosi dove
fosse….Cosa gli stava succedendo? Sentì il sapore amaro della paura salirgli
alla gola. Di nuovo quella fottutissima paura! Paura di perderlo. Paura di non
riuscire a convivere con il senso di colpa…Paura di non riuscire a vivere,
senza di lui…
- non è colpa tua.
- Hn – guardava ostinatamente fuori dalla finestra.
Lei gli fece abbassare il viso, a incontrare i suoi occhi:
- Vedrai, lo ritroveremo e sarà lo stesso Hana di sempre.