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Autore: Leyla Mayfair    27/09/2005    0 recensioni
Il grande maniero di Angel Manhor sorgeva sull’isolotto nel centro della Baia di San Francisco, circondato da un immenso giardino a terrazze che degradava verso l’Oceano. La statua dell’angelo stava sul suo piedistallo imponente e silenziosa, a guardia di quella casa e dei suoi segreti. Tutto era avvolto nell’oscurità e nel silenzio, solo le luci provenienti dall’altra parte della Baia testimoniavano che c’era vita nel mondo. Un mondo ignaro, perennemente in bilico tra luce e oscurità.
Genere: Dark, Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Angel Manhor

Angel Manhor

 

Anne sedeva alla sua scrivania, intenta a cercare di scoprire qualcosa di più su quelle morti misteriose avvenute.

Sentì un lieve alito di vento passarle lieve tra i capelli.

- che ci fai qui? Lo sai, che non è un bene, per te, essere qui…

- Anne, ascolta…il mio Clan non centra nulla…

- Lo so, Dimitrij…lo so…ci vediamo più tardi, al solito posto.

Quando l’altro svanì nell’aria densa attorno a sé, alzò lo sguardo e incrociò quello di Leyla, che la guardava dalla porta aperta del suo ufficio:

- Anne...

- Leyla, io mi fido di lui. – lo sguardo fiammeggiante, a dare maggior peso alle sue parole.

- Cerca di capire la mia posizione...- Leyla la guardò dolcemente.

Anne si morse le labbra:

- Non ho mai sopportato che mi si mettesse con le spalle al muro, Mayfair.

- Io non ti sto mettendo con le spalle al muro, Anne! Solo ti chiedo, per favore, di non farlo venire qui...Il Consiglio mi tiene gli occhi puntati addosso: che succederebbe, se scoprisse che la mia assistente ha una relazione con un vampiro di un Clan che è sospettato delle morti violente, su cui sto indagando? E che io ho sempre saputo, ma che ho sempre taciuto?

- Lo fai per difendere la tua posizione, ho capito. – Anne sapeva di essere ingiusta, ma era della sua vita che si stava parlando ed era disposta a difendere il suo legame con Dimitrij con le unghie e con i denti, anche se questo avesse significato la fine o il cambiamento dei suoi rapporti con Leyla.

Leyla sospirò:

- Mi conosci davvero così poco? Credi davvero che lo farei solo per il mio interesse, dopo tutto quello che hai fatto per me?

- non chiedermi di scegliere, Leyla…non chiedermelo, la mia scelta potrebbe non piacerti.

- Io non ti chiedo di scegliere. Ti chiedo di darmi fiducia..

- Se non l’avessi, me ne sarei già andata…

Leyla annuì, questa poteva considerarla una conquista. Non si era aspettata molto di più. Sapeva che, per Anne, il legame con Dimitrij veniva prima di tutto e tutti. Si era chiesta spesso, in realtà, come avesse fatto a vivere tutti quegli anni lontano da lui. Chi li aveva separati aveva commesso l’errore di sottovalutare quel legame:

- Puoi venire con me, un momento?

Le mostro ciò che Rukawa aveva inviato tramite e-mail.

- Che pensi di fare?

- Avrei pensato di chiamare collaboratori esterni.

- Qualche idea?

- Chi conosciamo, esperto in vampiri slavi? – le sorrise Leyla.

- Kimi chan! – esclamò Anne – Vado subito a contattarlo...

- Bene, io intanto vedo di contattare Kaede...sono preoccupata...

Leyla si sedette sospirando alla sua scrivania, lanciando un sorriso mesto alla foto di Derek sul suo scrittoio.

 

La voce di Kaede giungeva leggermente metallica, attraverso il viva voce:

- L’unica cosa strana è questo simbolo, che è stato trovato su un muro della casa…non siamo riusciti ad identificarlo, ma poteva essere lì da tempo.

- Faremo una ricerca accurata nei database... Anne è già al lavoro -sollevò gli occhi a guardare Anne che le sorrise di rimando.

- Leyla, l’atmosfera è strana...non è come in tutte le morti violente...c’è qualcosa nell’aria, un odio profondo e radicato nel tempo. -

- Fate attenzione, mi raccomando.

- Ehi, Ciccio...Hana che fa? – Anne si intromise nella conversazione.

- Hn, quel Do’hao...

- Che ha combinato, questa volta? – chiese Leyla, cercando di soffocare la risata provocata dal tono di Kaede.

- Ci manca solo che vada in giro con collane d’aglio e croci appese al collo.

Leyla non poté trattenere la risatina sommessa. Alzò lo sguardo a incrociare quello di Anne e vide riflessa nei suoi occhi la sua stessa ilarità.

- Kaede, se vuoi ti mandiamo un aiuto..

- A chi pensavi?

- Anne proponeva Kiminobu Kogure. E’ a Praga, vi raggiungerebbe in poche ore. E’ esperto di Vampiri slavi.

- Hn…

- che c’è? Non vuoi?

- ho scelta? Il fatto è…- esitò.

- dimmi…

- no, è meglio che vi mandi il materiale via mail, e fatelo venire lì, noi torneremo dopodomani. Lavoreremo meglio a Angel’s Manhor…

- Kaede, sei sicuro che vada tutto bene?

- Mm, più o meno...- esitò; raccontare tutto quello che era successo, avrebbe significato parlare molto, sentì Leyla sbuffare, lievemente spazientita, sapeva che trovava irritante l’abitudine di farsi tirare fuori le cose con le pinze. Prese un respiro e continuò - Da quando siamo arrivati, ho come l’impressione che qualcuno tenti di intrufolarsi nella mia mente…E Hana dice di sentirsi osservato al castello.

- Hai percepito qualcosa? O qualcuno?

- no, è questo il punto, probabilmente è tutta una…

-  D’accordo, se hai problemi chiamami immediatamente, ok?

- Hn...

- c’è dell’altro? – Leyla lo conosceva fin troppo bene.

- Ecco…c’è una vecchia qui…è cieca, però…- e raccontò brevemente ciò che era successo il primo giorno e quando aveva trovato Hana, addormentato sotto l’albero e la visione della affiliazione di Hanamichi, che aveva avuto nella sala dove c’era il pianoforte.

- Beh, Kaede, prima tornate, meglio è, a questo punto…- Leyla sentì un campanello d’allarme suonarle nella testa - …vi mando l’aereo per domani…

Anne alzò lo sguardo su di lei, quando riappese:

- Beh, che hai?

- Leyla...secondo te, che è successo quella notte?. Te lo ha detto?

- Ad Auteuil? Non lo so...Se, -e quando- sarà pronto, me ne parlerà lui...

- Ma tu credi che sia...

- ...una faccenda conclusa? Chi lo sa...ho richiesto dalla casa di Parigi che ci mandino le scatole imballate degli oggetti trovati tra le macerie...ma dubito che Raoul Montecleve sarà collaborativo...

- ancora quella storia...

Leyla fece un cenno con la mano, facendole capire che non voleva parlare di quella storia.

- Cerca di trovarmi a chi appartiene questo simbolo.

- posso dirti subito che non è del Clan di Mitja...- iniziò, ma Leyla la interruppe con un gesto della mano.

- Questo lo sapevo anche io.. ma, per escludere ogni sospetto, dobbiamo scoprire a chi effettivamente appartiene...

- Il simbolo appartiene a un antico clan di Vampiri, che abitavano le Steppe russe dai tempi di Pietro il Grande...un Clan che si è macchiato dei più efferati delitti, nel corso dei secoli...per il predominio sugli altri Clan…Ora sono dei reietti…ce ne sono pochi di loro, in giro, e sono molto pericolosi…Ravnjos - rispose Anne.

- come fai a conoscerli così bene?-

- e’ il clan rivale di quello di Dimitrij.

- quello...- Leyla esitò, ma l’altra continuò per lei.

- ...che ha sterminato il mio villaggio e che mi ha rapita quando ero bambina.

 

 

§ § §

 

Anne guardava quel simbolo, la croce con tre punte chiuse...Era il risvegliarsi del suo incubo peggiore...Eugenij Ravnjos...forse la resa dei conti era finalmente giunta, ma c’era una persona che avrebbe potuto aiutarla e che lei avrebbe voluto vicino in quel momento, ma prima doveva ottenere il consenso di Leyla…Anche se credeva che Leyla non si sarebbe opposta...Il padre di Leyla era molto amico del “padre” di Mitja...

Bussò alla porta dello studio.

- Avanti!

Leyla non era alla sua sedia dietro la scrivania, ma sedeva sulla poltrona di pelle davanti al caminetto spento, era pensierosa e triste, Anne si sentì stringere il cuore intuendo quelli che dovevano essere i pensieri di Leyla in quel momento.

- Ti disturbo, Leyla...?

- No, vieni, siedi qui accanto a me...Ricordavo...

Anne si sedette.

- Ricordi la prima volta che ci siamo incontrate?

Anne annuì, riandando con il pensiero a quel lontano giorno di quasi 10 anni prima, quando lei e Leyla si erano viste.

- io avevo 14 anni e tu quasi 16...eri arrivata da poco tempo, ma si parlava molto di te; la figlia di Marcus Mayfair...quella che doveva un giorno succedere alla conduzione della casa...

Leyla represse una smorfia.

- Per anni, ho odiato mio padre e questo posto. – si guardò intorno -...e poi, come per magia, quando ci ho messo piede per la prima volta, ho capito di essere a casa.

- quel giorno ero entrata in biblioteca, per cercare un testo sui Clan di Vampiri e tu eri lì, seduta nel tavolo in fondo, che stavi leggendo quel libro...non ero mai stata brava con le altre persone, ma con te...è stato tutto subito facile. Mi hai sorriso e io ho sentito di potermi fidare...sei una delle poche persona con cui riesca a ridere.

- Anne, ascolta, io vorrei che capissi che quello che sto facendo, lo faccio per dimostrare che non è stato il clan di Dimitrij...

- Lo so...

- Ho mandato Hanamichi e Kaede apposta, così da essere certa che tu non avresti tentato di interferire.

- Stai tranquilla, Leyla…non hai bisogno di spiegarmi nulla.

Leyla sospirò, sentendosi come se uno dei pesi che le gravavano sull’animo le fosse stato tolto:

- cosa volevi dirmi?

- So chi può aiutarci. – disse piano, senza aggiungere altro.

- Chiamalo, mi fido ciecamente di te. – Leyla annuì piano.

- Dai, andiamo a dormire, domani abbiamo degli arrivi...- le disse l’altra, alzandosi in piedi.

- Vai,io aspetto ancora un po’.

Anne non ribatté, sapeva che era inutile con Leyla, ci aveva provato molte volte a distoglierla da quei ragionamenti...Non era stata colpa sua, se Derek era morto...eppure, dopo tre anni, continuava a tormentarsi. Sapeva che la cosa era ben più complessa di così. Nessuno sapeva molto di quello che era successo in quella grotta e l’indagine del Consiglio era ancora in corso. Forse, se Leyla non avesse amato Derek di quell’amore così totale e profondo, il dolore per la sua morte sarebbe stato meno doloroso. Ricordava, con un brivido di orrore, i mesi seguenti alla morte di Derek. Leyla era come impazzita, aveva davvero sfiorato il punto di rottura con la realtà e Anne -più di una volta- aveva temuto che perdesse la ragione...si era attaccata con pervicacia alla vita, solo per il pensiero di potersi vendicare -un giorno- del Demone che gli aveva portato via il suo uomo. Una mattina, si era stupita di vederla uscire, lei, che non si allontanava da mesi, da Angel’s Manhor...quando era stata di ritorno, le aveva detto di aver trovato un giovane dalle straordinarie capacità empatiche e che aveva intenzione di chiedergli di entrare nella Fondazione, insegnandogli come usare il suo straordinario potere. Sembrava che, con l’arrivo di Kaede e poi di Hanamichi, avesse trovato un nuovo slancio e dimenticato i suoi propositi di vendetta...però non era così sicura che avesse accantonato definitivamente quell’intento...Si era chiesta spesso cosa sarebbe successo, se avesse raggiunto il suo scopo, temeva che quando questa ragione fosse venuta meno, avrebbe smesso di avere un motivo per andare avanti. Sospirò, sedendosi sulla poltrona ai piedi del suo letto. Aveva paura, un vago senso di inquietudine che la attanagliava, come una morsa.

La notte scendeva a velare il mondo. Il cielo di velluto punteggiato di miriadi di stelle...Era una notte tranquilla e pacifica, in quei momenti Anne faticava veramente a credere che al mondo ci fosse anche l’altra faccia...quel lato oscuro, che loro cercavano di combattere ogni giorno con i loro poteri (doni o maledizioni? dipendeva dai punti di vista...). E con quella percezione che le era propria dall’infanzia, lei sapeva che una nuova battaglia si profilava all’orizzonte...e sarebbe stata dolorosa, per molti e non priva di conseguenze. Sperava che avrebbero saputo superare ciò che si preparava loro...

§ § §

 

Anne andò incontro ai nuovi arrivati, che stavano posando le valigie nell’atrio.

-Kimi kun!

-Nina chan…)

Si volse verso l’altro giovane di fianco a lui:

- Hisa chan!

- ciao, Nina...

- Fatto buon viaggio?

- non c’è male, grazie…

- Se volete seguirmi, Leyla ci aspetta nel suo ufficio. Ai vostri bagagli, penserà James…

Un maggiordomo apparve -come per magia- dietro di loro, inchinandosi in silenzio..

Arrivarono nell’ufficio di Leyla che era al telefono con Kaede:

- Sì…ok…guarda: Kogure è appena arrivato, vi aspettiamo, allora – e dopo aver riappeso, si alzò andando loro incontro:

- Koguresan..-

- Mayfair! – sorrise il giovane con gli occhiali – e’ parecchio tempo che non ci vediamo.

- Già…sono cambiate molte cose, dall’ultima volta… - il lampo di dolore che le attraversò lo sguardo venne velato dal sorriso e fu così fugace che Kogure credette di averlo solo immaginato – Sedetevi, faccio portare un tea. Kaede e Hanamichi stanno arrivando dall’aeroporto, pochi minuti, il tempo per l’elicottero di arrivare…

- Kaede Rukawa…- Mitsui si sedette di fianco a Kiminobu, sul divano. – Negli ambienti di The Order, si sente molto parlare di lui, pare sia straordinario, per le sue capacità.

- …sì, ma in fatto di rapporti umani…- Anne fece una smorfia, strabuzzando gli occhi.

- Anne!, andiamo, sei ingiusta…- disse Leyla.

- ingiusta? mister cubetto?

Leyla stava per rispondere, quando il lieve bussare alla porta li interruppe.

Il maggiordomo di poco prima entrò con il vassoio per il tea:

- Signori,. l’ elicottero è in vista di Angel Manhor –

- Perfetto…allora, tra poco, avremo tutti gli elementi e potremo farci un’ idea precisa della situazione. –

Qualche minuto dopo, le urla di Hanamichi risuonavano per tutto il vestibolo.

- Che diavolo sta succedendo…??- disse Leyla, sollevando il sopraciglio, uscendo dall’ufficio seguita dagli altri.

Si affacciò alla rampa delle scale, trovandosi davanti lo spettacolo di Hanamichi e Kaede che stavano litigando, o meglio: di Hanamichi che inveiva contro Kaede e questi che lo osservava a braccia conserte, con l’aria di chi sta perdendo la pazienza.

Scese le scale a due a due, seguita da Anne e dai i due nuovi arrivati, giunta in fondo alla rampa chiese:

- Ragazzi, si può sapere che vi prende?

- Dillo al Do’hao…- rispose Kaede, con un cenno della testa in direzione di Hanamichi.

- Ti ho detto di non chiamarmi Do’hao!

- Hanamichi! Insomma…- il tono di Leyla era calmo e pacato, ma qualcosa tradiva una nota di autorità che non sfuggì a Kaede, era in quella fase che precedeva lo scoppio d’ira, ma nonostante questo non poté trattenersi dal rispondere con superiorità, stuzzicando Hanamichi

- Ti ho sempre chiamato Do’hao…- sbottò, Hanamichi si voltò di scatto e, dirigendosi verso le scale, si scontrò con la spalla di Mitsui mentre passava, ignorandolo completamente.

- Ehi...- protestò quello, ma Sakuragi proseguì la sua strada, senza voltarsi indietro.

Leyla si avvicinò:

- Non è stato un viaggio piacevole, a quanto vedo...

- al solito...- disse Kaede, guardando la schiena di Hanamichi, era strano da quando lo aveva trovato sotto quell’albero.

- Sei stanco? – gli chiese Leyla.

- Pensavo volessi dare un occhiata al materiale assieme a me…- propose Kogure.

- Hn, il tempo di una doccia e vi raggiungo. –salì le scale in silenzio.

 

 

§ § §

 

Hanamichi entrò nella stanza di controllo e vide Kaede, seduto al tavolo, che parlava con il tipo con gli occhiali e, poco lontano, un giovane con una cicatrice sul mento che lavorava al portatile della kitsune…

 

“Non ti hanno aspettato…non ti ritengono indispensabile.”

 

Leyla, accorgendosi del suo arrivo, gli si fece incontro con un sorriso, pareva voler ignorare ciò che era successo poco prima:

- Vieni, Hana…tu ancora non conosci…Kiminobu Kogure e Hisashi Mitsui.

 

“Hanno trovato con chi sostituirti.”

 

- Ci aiuteranno nelle indagini. Kimi kun è esperto di vampiri slavi, sai? E Hisashi è il suo collaboratore, sono in forza alla casa di Praga...- gli spiegò Anne. – Kimi kun era mio compagno di università…

 

“Visto?! Si vogliono liberare di te.”

 

- Hana, stai bene?- la voce di Leyla gli giungeva distorta e lontana.

 

“Lui neppure si preoccupa.”

 

Kaede, che fino a quel momento aveva tenuto la testa china sul volume davanti a lui, sollevò la testa piantandogli in volto quei suoi occhi:

 

“Freddi, distanti, gelidi e….”

 

- Vuoi concentrarti, Do’hao?! Stiamo perdendo tempo…- sbuffò, palesemente seccato, senza neppure sapere perché era stato così tagliente, ma le parole gli erano uscita labbra senza che lui potesse fare a meno di fermarle. Non voleva ferirlo, ma solo scuoterlo, però...quando vide Hanamichi arrossire e i suoi occhi nocciola incrinarsi, si rese conto di averlo ferito, avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma l’altro non gliene dette il tempo. Scattò in piedi, come se lo avessero sferzato, gridando:

- E’ sempre colpa mia? Io sono un incapace buono a nulla, vero? Come la storia delle armature nella galleria...o del vaso precolombiano disintegratoE NON CHIAMARMI DO’HAO!!!! – la sua voce, nel pronunciare l’ultima frase era salita ancora, si volse verso Leyla. -  Non voglio più lavorare con lui!

- Hana, calmati…per favore, vieni nel mio studio. – tentò Leyla, lanciando uno sguardo ad Anne, dicendole che poi avrebbe aspettato spiegazioni, sulla faccenda del vaso...l’altra non poté trattenere un sospiro, non prometteva nulla di buono quello sguardo…

- no!!…non mi piace come mi trattate…Pensate tutti che io sia un idiota!! – stava dicendo Hanamichi, guardandoli uno ad uno.

- tu sei un idiota. – puntualizzò Kaede.

- Rukawa, ti prego...- cominciò Leyla.

- mhn.

A quel punto, Hanamichi non ci vide più e si slanciò contro l’altro, colpendolo alla mascella. Kaede non si aspettava il colpo né la forza con cui venne scagliato, per cui cadde all’indietro, battendo pesantemente la spalla sullo spigolo dello scalino dietro di lui.

- Hana! – esclamò Leyla.

Prima ancora che Kaede potesse rialzarsi, l’altro si lanciò contro di lui immobilizzandolo a terra, e continuando a colpire alla cieca. Erano più i pugni che andavano a vuoto, che non quelli che centravano il volto di Kaede che, d’altro canto, evitava di rispondere, o meglio cercava più che altro di schivare quei colpi disperati, che arrivavano da tutte le parti… Hisashi e Kogure cercarono di separare i due e, trascinando Hanamichi per le spalle, riuscirono a toglierlo da sopra Kaede, che si tirò in piedi massaggiandosi la spalla.

- Rukawa, stai bene?- gli chiese Leyla, avvicinandosi e osservando il taglio sul sopraciglio.

L’altro non rispose, guardava Hana allontanarsi seguito da Anne, che cercava di parlargli...quando lo aveva toccato, cercando di allontanarlo da sé, aveva percepito qualcosa di indefinito e potente, ma non era solo la rabbia di Hanamichi...

Lui brucerà nel fuoco.”

Le parole di quella vecchia gli si stamparono nella mente, come se stessero vorticando davanti ai suoi occhi.

Anne aveva seguito Hana fin sulla porta della sua camera, cercando di parlargli:

- Ehi! Hana.. che hai?

- Niente. –  bofonchiò quello, camminando spedito lungo il corridoio– Io quello lo odio…

- Come, lo odi? che ti ha fatto?

- mi considera un idiota e un incapace.

- d’accordo.. Ciccio non è il massimo della cortesia o gentilezza…

- Tu non lo vedi come mi tratta, come mi guarda, quando mi parla… -la interruppe, mentre si fermava di fronte alla porta di legno scuro.

- non ti sembra di esagerare?

Ma invece di rispondere, Hanamichi entrò nella sua stanza e si richiuse la porta alle spalle. Vi si appoggiò, ansimando...aveva la fronte imperlata di sudore e si sentiva andare a fuoco...forse, una buona dormita gli avrebbe fatto bene. Si lasciò cadere pesantemente sul letto.

 

- Sei solo un idiota…

E lui sprofondava nella neve.

Vedeva Julien e Philippe…

- Loro si amavano, non noi...come potevi anche solo pensare…

La casa gli stava crollando addosso…

- tu l’ hai fatta crollare, sei un incapace…

Quella voce.. quella voce lo tormentava, era una voce insinuante nella sua mente.

 

 

Si riscosse bruscamente…

 

Vorresti bruciare nel fuoco? Vieni a me.”

 

Si lasciò cadere sul letto ansimante…un braccio a coprirsi lo sguardo. La luce che entrava dalla finestra gli dava fastidio agli occhi, non riusciva a tenerli aperti. La pelle della fronte scottava e forse aveva la febbre, si sentiva al gola riarsa dalla sete. Forse non era stata una buona idea addormentarsi fuori la notte precedente, ma poi.. perché si era addormentato fuori?

C’era come un vuoto nella sua testa, ripercorse a ritroso quelle ore…Kaede aveva avuto un incubo…e aveva respinto la sua profferta di aiuto, e lui era uscito fuori dalla stanza come una furia. Dopo c’era solo un vuoto, riempito solo da quella voce. Cosa voleva e chi era?

 

“Ti considerano un peso.”

 

No, non era vero. Loro erano ciò che più si avvicinava a una famiglia…Anne, Leyla e Kaede.

 

“Loro ti reputano un incapace.”

 

Scosse la testa, cercando di zittire la voce, ma non ci riusciva e anche se si copriva le orecchie con il cuscino, quella voce continuava a risuonare nella sua mente come un un’eco in una stanza vuota.

Un viso e due occhi rossi che lo fissavano. Quegli stessi occhi che lo avevano seguito per tutto il tempo della sua permanenza in Rutenia. Occhi, da cui si sprigionava un fuoco che lo faceva bruciare. Lo sentiva, il fuoco sulla sua pelle, un calore insopportabile come una miriade di spilli incandescenti piantati per tutto il corpo.

 

“Vuoi bruciare nel fuoco?”

 

C’erano altri due occhi però, freddi e distanti, me ma che erano il centro dei suoi pensieri, come qualcosa che lo riportava in sé, che gli impediva di scivolare via dalla sua mente e di abbandonarsi all’oblio. C’era una lotta, nella sua testa.

Di nuovo quella voce viscida, insinuante, nella sua mente. La voce non voleva andarsene...e continuava:

“Lui non ha bisogno di te.”

 

Avrebbe voluto gridarle di smetterla, di tacere, di non insinuarsi più nella sua testa, di spegnere quel fuoco che lo stava tormentando...

Si lasciò scivolare per terra mentre il cuore gli martellava nel petto, battendo dolorosamente, sempre più forte, ma non abbastanza da coprire il suono di quella voce e il senso delle sue parole:

“A lui non interessa nulla.

Tu non hai bisogno di lui.

Il tuo potere è grande! guarda...”

 

Una stanza...si guardò in giro: era la cucina di casa sua, riconosceva la tovaglia di plastica con quei disegni strani che facevano parte dei ricordi più belli della sua infanzia, quando suo padre era ancora vivo, la credenza si legno chiaro e le tendine di pizzo alle finestre. Quello non era un giorno qualsiasi, era il giorno che era tornato a casa da scuola e aveva trovato sua madre a terra in un lago di sangue, con la faccia martoriata dalle botte del suo patrigno. Per terra, su sul pavimento, c’erano ancora le macchie di sangue, dove prima c’era il corpo di sua madre, sentiva ancora l’eco delle sirene dell’ambulanza perdersi in lontananza, nella sua corsa disperata e inutile verso l’ospedale.

...Non voleva ricordare, non quel giorno...Aveva paura di ricordare...non voleva ricordare perché...

 

“Ammira il potere del fuoco.”

 

Vide sé stesso alzarsi in piedi, fronteggiare il suo patrigno protendendo la mano, nello stesso momento in cui l’altro alzava il pugno per colpirlo. Vide il suo volto distorcersi in un ghigno terrificante di odio e furore mentre, nella sua mente, si ripeteva come una nenia ‘ti odio, ti odio, ti odio, ti odio’. Vide nella sua testa formarsi l’immagine dell’arteria pulsante, vide il sangue scorrervi, e la parete lacerarsi al suo comando, come un semplice schiocco delle dita, mentre quel potere e quel calore -che già altre volte aveva sentito- si propagava da lui. E mentre il suo patrigno si accasciava a terra rantolando e il sangue si riversava come un fiume nella cavità del suo cervello, sentì la sua voce uscire secca dura e soddisfatta:

- Perfetto.

E nella sua mente riecheggiare ancora quella voce:

 

“Questo è il tuo potere.”

 

Si alzò dal letto uscendo dalla stanza, voleva correre via, lasciare quel posto, quella voce, quel ricordo...Era stato lui? Era stato davvero lui, ad uccidere il suo patrigno? Quel potere era davvero suo? ...lui.. poteva uccidere?

Urlò, mentre si slanciava contro gli specchi, colpendo alla cieca, cercando di cancellare quel dolore e quel vuoto della sua mente...chi era, lui? Chi era –davvero- lui?

 

§ § §

 

Kaede aveva la netta sensazione che ci fosse qualcuno nella stanza, ma non riusciva ad identificare la presenza…aveva gli occhi chiusi, ma non riusciva ad aprirli…sentì una presenza cercare di insinuarsi nella sua mente…sollevò istintivamente la barriera e la sentì ritrarsi…Provò ad alzarsi dal letto, voleva svegliarsi…Sentì un profumo…i capelli di Hana avevano questo profumo…allora c’era lui, nella stanza? Carezze lievi, leggere, sulla sua pelle, sotto la camicia….mentre piano le dita scendevano a slacciare i bottoni.

Si alzò di scatto dal letto, guardandosi attorno…non c’era nessuno…eppure, sul cuscino accanto al suo, c’era ancora la forma di una testa…si chinò, sfregando inconsciamente la guancia contro il cotone ruvido…il profumo di Hanamichi…i primi tre bottoni della camicia erano slacciati.

Andò alla porta e la spalancò, ma il corridoio era deserto, lo percorse in tutta la sua lunghezza, ma niente, non c’era traccia di nessuno. Hanamichi dormiva in fondo al corridoio, dopo la curva che questo faceva. C’erano qualcosa come 500 o 600 passi tra loro. Scosse la testa sbuffando, questa era come la storia dei gradini nella casa di Auteuil, dopo che Hanamichi era rotolato giù dalla scala. Perché doveva sempre calcolare la distanza che lo separava da quell’idiota dai capelli rossi? Era sempre e comunque nella sua area di azione, non era mai molto lontano da dove si trovava lui e questo –stranamente- non era poi così fastidioso come poteva pensare...

Si diresse verso lo studio di Leyla…Bussò due volte, aspettando una risposta che non venne, aprì uno spiraglio e gettò dentro la testa.

Leyla sedeva sulla poltrona davanti al caminetto, il capo posato su una mano e lo sguardo assorto nelle fiamme del focolare. Una musica soffusa aleggiava nella stanza e un bicchiere panciuto, con del liquido ambrato, era posato sul tavolino, accanato alla poltrona.

- Leyla…- la chiamò incerto, notando la sua aria quasi assente.

- Oh, Kaede, entra…- lei sussultò, facendogli segno di entrare. - Problemi?

- no…cioè, sì si…- sbuffò.

Lei gli sorrise, facendogli segno di sedersi accanto a lei, sull’altra poltrona:

- vuoi qualcosa da bere? – chiese, allungando la mano inguantata verso il campanello d’argento.

- Dimitrij...chi è? – chiese lui, scuotendo la testa e venendo subito al punto.

- Stai diventando bravo, Rukawa. – il sorriso di Leyla si allargò, mentre si scostava una ciocca di capelli dal viso.

- Non volevo…- cercò di giustificarsi. Lui sapeva che non era stato corretto, quello che aveva fatto, leggere nella mente di Leyla mentre lei aveva le difese abbassate.

- Lascia stare… - fece un gesto con la mano - Dimitrij è, come dire…

- Anne ha un amante vampiro??!! – esclamò, mentre la realtà della cosa gli si rivelava davanti e i tasselli andavano a posto da soli, ad incastro perfetto.

- Accidenti, Rukawa, se non ti fai sentire fino a Divisadero Street, magari…- Leyla sussultò del tono di voce di Kaede. Pareva sorpreso, non scandalizzato. Meglio così, non ci sarebbero stati problemi o, almeno, lo sperava. In quel momento, avevano bisogno di tutto l’aiuto possibile, la situazione era critica e a lei occorreva tutto l’appoggio dei suoi collaboratori. Restava da vedere cosa ne avrebbero pensato Kogure e Mitsui...

- Da quanto va avanti…?

- Beh, non è una storia semplice, e non spetta a me…tu, piuttosto, dimmi: che ci fai qui?

- mi sono svegliato…

- mm…da quando soffri d’insonnia?

- Hana…

- che c’è??…

- ...-

Leyla lo guardò, sollevando il sopraciglio senza dire nulla, non stava a lei porre domande, ora.

- Non guardarmi così…

- così, come?

- Hn, lo sai…

- Come ti guarderebbe Anne?

- Hn. – sbuffò, roteando gli occhi.

- Dimmi: cosa c’è? – lo incoraggiò lei, cercando di trattenere un sorriso. Sapeva che per Kaede era difficile parlare, e soprattutto quando l’argomento riguardava sé stesso, in relazione con Hanamichi.

- Gli incubi…sono ricominciati, e poi il Do’hao

- Lo so, si comporta in modo strano…Sembra quasi che sia convinto che tu -o noi tutti- lo riteniamo un incapace…anzi, soprattutto tu…

- Già…

- e’ successo qualcosa, in Rutenia?

- No…

- Avete litigato…?

- no.

- …e’ successo qualcosa di insolito, allora...Oltre alla vecchia cieca?

- L’ho solo allontanato, quando ho avuto un incubo..

- Ah, già! gli incubi…ancora non ricordi nulla, al risveglio?

Scosse la testa portandosi una mano alla fronte, senza rispondere.

- e Hana cosa ha fatto, quando lo hai allontanato?…

- E’ rimasto fuori tutta la notte, ma non è solo quello...

- che vuoi dire? – il campanello nella mente di Leyla riprese a trillare...c’era qualcosa, lo aveva sempre saputo, ma era come un pensiero sfuggente che le scivolava via, prima che potesse fermarlo.

- Oggi, quando mi ha preso a pugni...ero senza guanti e ho percepito il suo potere...

- come, percepito? Lo stava usando? – Leyla gli piantò i suoi occhi verdi in viso.

- no, ma è come se qualcosa lo stesse risvegliando.

- dannazione...

- Leyla...cosa è Hanamichi?

- non lo so, Kaede, non lo so.

Leyla rimase a guardare la porta da cui era uscito Kaede, quando Anne fece capolino da dietro l’altra porta.

- Allora, che ne dici?

- Anne! –esclamò scandalizzata – Stavi origliando?

- Moi? Quando mai…passavo per proporti una tazza di tea e non ho voluto disturbare…

Leyla le lanciò uno sguardo scettico senza replicare e l’altra proseguì:

- Ascolta, Leyla…se Kaede dovesse farti altre domande riguardo a me…beh, ecco…diglielo.

- Sei sicura?

Si strinse nelle spalle:

- io non glielo direi mai, ma tu sei la persona adatta, sempre meglio che non lo scopra in altro modo.

- Lo hai contattato?

- Sarà qui domani...

- Bene. – annuì Leyla, fissando le fiamme nel caminetto con aria assorta.

- non vai a dormire?

- Tra un po’...- disse, con un gesto vago.

Anne si avvicinò, chinandosi accanto a lei e posandole una mano sul braccio:

- Le...devi smetterla di tormentarti...– azzardò e, vedendo che l’altra non rispondeva, continuò: – devi dimenticare il passato.

Leyla si voltò verso di lei:

- Tu ci riesci?

Le due donne si guardarono negli occhi, senza aggiungere altro. Restarono così, in silenzio, una accanto all’altra a osservare i resti del fuoco morire e la penombra avvolgere la stanza…

 

Kaede camminava per il corridoio, perso nei pensieri che la sensazione di Hanamichi, sdraiato accanto a lui, aveva risvegliato…ma era poi Hanamichi o un’illusione della sua mente? Scosse la testa, mentre frammenti di un altro sogno gli tornavano alla mente…Sogno? A volte dubitava che fosse stato un sogno…la sensazione della pelle di Hanamichi era così reale, quella volta, possibile che fosse stata solo una visione? A volte, quando Hana era accanto a lui, era preso dal desiderio di allungare una mano e sfiorare la pelle del collo, solo per convincersi che non poteva essere successo davvero...

Cosa era stato –inizialmente- ad averlo attirato in lui? Sicuramente, il fatto di essergli così complementare, completamente all’opposto, tanto da sembrare la perfetta metà. In questo, Leyla aveva ragione. Tuttavia, non riusciva a comprendere fino in fondo il suo modo di fare, quella sua inutile allegria. Come poteva sprigionare tutto quel fuoco, quella sicurezza, l'impetuosità che riusciva a coinvolgere perfino lui, scalfendo quella barriera di imperturbabilità che era la sua difesa da tutto e da tutti? Prima di incontrarlo, a volte, si era fatto paura da solo: nulla riusciva a coinvolgerlo, a fargli provare delle emozioni, dei sentimenti. Solo quando li percepiva, assorbendoli come una spugna, sentiva quanto intensi essi potessero essere.  Tentava invano di interessarsi a qualcosa, ma era come andare contro sé stesso: tutto gli scivolava addosso, senza che trovasse modo di trattenerlo, era in grado solo di osservare la sua totale indifferenza, come se riguardasse un'altra persona, come ogni volta che usava il suo potere, e talvolta aveva l’impressione che, più lo usava più si annullava, cancellando ciò che c’era in lui di umano, fino a diventare un guscio vuoto. Non gli importava di ciò che potevano pensare, del suo atteggiamento, gli altri: no, non era affatto questo il problema...Si struggeva solamente poiché si accorgeva che, quei sentimenti che avrebbe voluto con tutto sé stesso comprendere e provare, gli si riflettevano addosso senza potersi mai veramente impadronire di lui. Certo, da una parte tutto questo implicava il fatto che lui non dipendesse da nessuno...Che non si legasse a nessuno...Che non soffrisse per nessuno. Forse il suo animo era ancora troppo ottenebrato dalle ferite che gli erano state inferte. Ferite nascoste dietro quel muro bianco che sigillava la sua memoria, per esporsi di nuovo ad altre possibili cicatrici...Ma finché non fosse riuscito a farsi coinvolgere da qualcosa che lo riscuotesse, se ne rendeva conto, non ce l'avrebbe mai fatta a liberarsi del passato. Era servita la vicinanza Hanamichi, per fargli comprendere questo...

Certo, lo desiderava, ed era una cosa che aveva cominciato a sentire ben prima di Auteuil, voleva che la sua impetuosità, quei sorrisi -che prodigava con tanta facilità- fossero riservati solo a lui. Era geloso del tempo che passava con il suo amico Yohei in città, lo aveva invitato -qualche volta- ad andare con lui, ma aveva sempre rifiutato, d’altronde lo sapeva benissimo come si sarebbe sentito, in quelle occasioni. Si rendeva conto che i sorrisi e le spacconate di Hanamichi erano diventate le uniche cose in grado di scuoterlo, di farlo sentire vivo. Era irrazionalmente geloso di quanto concedeva a tutti, ma negava a lui. Lo sapeva benissimo che il rossino evitava di coinvolgerlo, perché lui lo respingeva...ma era un circolo vizioso. Lo impauriva, la costanza con cui quella voce, quella risata, quello sguardo caldo e colmo di domanda inespresse comparivano nei suoi pensieri! Nei suoi sogni. Dopo così tanto tempo, finalmente, gli incubi da cui si risvegliava ansante e frustrato dalla mancanza di ricordi o elementi, per risalire a un qualcosa che lo portasse ad avvicinarsi alla verità su se stesso, erano stati sostituiti da quei sogni su Hanamichi. Un' ossessione, per liberarsi. E questa era proprio senza uscita: talvolta lo scopriva intento fissarlo e percepiva la sua stessa confusione, i suoi stessi dubbi...era un inconveniente della sua capacità…Lui soffriva, perché era sicuro che lo odiasse, che lo reputasse un idiota, ma non sapeva fare altro, non sapeva come cambiare le cose, né come comportarsi diversamente con lui...

Un rumore di vetri infranti attrasse la sua attenzione e si precipitò verso la galleria ovest. Ciò che vide, quando arrivò, lo lasciò senza fiato. Hana era seduto in mezzo ai frammenti di vetro, le mani e i piedi sanguinanti, gli occhi vacui e persi chissà dove, la loro luminosità pareva spenta. Kaede si fermò a pochi passi da lui, guardandolo boccheggiando:

- Hanamichi…

- Stai lontano, Kitsune…- gli ingiunse con voce fredda, alzandosi in piedi e avvicinandosi ad un altro specchio.

Alle sue spalle, sentì arrivare Leyla, la vide con la coda dell’occhio portarsi una mano al volto, cercando di trattenere il gemito di orrore, Anne era dietro di lei.

Leyla si avvicinò, parlandogli con dolcezza.

- Hana, che c’è?

- non se ne vuole andare dalla mia testa…-

- chi, Hana…??

- La voce…mi tormenta..

- che voce, caro…?

- non chiamarmi ‘caro’!!…- afferrò una scheggia di vetro, stringendola, mentre il sangue colava tra le dita, la sua voce era dura.

- Che voce, Hana…??- ripeté Leyla, scambiando un’occhiata con Anne.

- quella che è dentro la mia testa...dice che...io uccido.

Si avvicinò la mano alla tempia lasciandovi una traccia di sangue, che si confuse con il colore dei suoi capelli.

Leyla sussultò, mentre scambiava un altro sguardo con Anne.

- Hana…- Kaede cercò ancora di avvicinarsi, incurante dell’occhiata che le due donne si erano appena lanciate, ciò che lo preoccupava era Hanamichi, con in mano quella scheggia di vetro.

- Tu!Sta’ lontano….tu non mi sopporti, ha ragione la voce, mi consideri un idiota…

Leyla gli fece segno di non avvicinarsi troppo, ma di continuare a parlare.

“ è posseduto da qualcosa, cerca di farlo tornare in sé.”

- Hana, io non ti considero un idiota…

- dobbiamo allontanarlo da lì, con tutti quei vetri… – disse Leyla, in direzione di Anne.

Hanamichi grugnì e colpì con un pugno lo specchio che aveva davanti, alcune schegge lo ferirono in viso. Nel momento in cui alzava le braccia per ripararsi, il volto Kaede si slanciò in avanti, afferrandolo per la vita, e facendolo rotolare lontano dai vetri. Si sedette a terra, tenendo il rossino stretto a sé, osservando le sue condizioni: aveva tagli dappertutto: sulle mani, sulle braccia, un taglio profondo spaccava il sopraciglio da cui fuoriusciva abbondante del sangue. Vide con la coda dell’occhio arrivare in pigiama Kogure e Hisashi. Hanamichi si dibatteva, ma lui lo strinse a sé, cercando di comunicargli con quel gesto tutto il calore che non era in grado di dimostrargli con le parole.

- Lasciami…- si divincolò, dapprima rabbiosamente, ma qualcosa nell’abbraccio di Kaede lo faceva sentire sicuro e protetto, lì la voce che lo tormentava pareva non arrivare e quegli occhi, che lo guardavano, non erano più freddi e distanti, ma caldi e preoccupati. Conservando gelosamente quella immagine, lasciò che le tenebre lo avvolgessero...

 

§ § §

 

Seduto sulla poltrona, guardava Hanamichi dormire…Il suo sonno era agitato, popolato da incubi, lo vedeva agitarsi scompostamente e muovere le labbra riarse, da cui però non uscivano parole, ma solo suoni inarticolati.

Leyla entrò, portando una coperta:

- Ho pensato che volessi restargli accanto.

- Hn.

Sorridendo, Leyla gli mise la coperta addosso e fece per uscire, quando la voce di Kaede la fermò:

- vorrei delle risposte…

Lei tornò indietro e si accomodò sull’altra poltrona, accavallando le gambe e guardandolo fisso:

- dimmi pure.

- Chi è Dimitrij?…

- Come avrai già intuito, Dimitrij è il compagno di Anne…

- Un vampiro?

- Anne è stata cresciuta dal suo Clan…L’anziano del Clan, il padre di Mitja, l’affidò a mio padre, quando si rese conto del legame che stava nascendo tra loro.

- Anne è…

- No, lei era stata vittima di una razzia di un altro Clan di vampiri e loro l’avevano liberata…

- Cosa c’entra Dimitrij, con tutto questo?!

- E’ da un paio di mesi che si ritrovano cadaveri, in case sparse per il mondo, tutti come in Rutenia. Stesso cerimoniale. Stessi segni. Stessa dinamica.Le indagini delle altre Case hanno portato alla conclusione che il Clan di Dimitrij c’entri in qualche modo. Ho fatto domanda di poter coordinare le indagini. Se non altro, per impedire che Anne si cacciasse nei guai.

- Il Consiglio sa…

- Non ufficialmente, certo, ma credo che nessuno dimentichi la provenienza di Anne. Ho gli occhi puntati addosso.

- Tanto per cambiare…

Si strinse nelle spalle:

- Ci sono abituata…e la cosa non mi pesa più tanto, ormai.

- Perché hai mandato noi?

- Davvero, devo spiegarti? Anne si fida di voi, se avessi mandato qualcun altro, sicuramente si sarebbe intromessa nelle indagini, rischiando molto.

- ma perché adesso? Perché in quella casa…

- Perché le indagini stavano portando al Clan di Dimitrij e io temevo un gesto avventato di Anne.

Rukawa rimase qualche minuto in silenzio, riflettendo su quanto Leyla le gli aveva appena detto, la cosa era sconcertante.

- dov’è, ora, Anne?

- e’ andata a prendere Dimitrij…

- collaborerai con lui?

- mi fido di lui, come mio padre si fidava dell’anziano.

- Ma il Consiglio?

- Per loro, l’importante sono i risultati, poco importa i mezzi con cui ci si arriva. – Leyla si strinse nelle spalle. - E poi, una regola infranta in più -o in meno- che vuoi che importi…?? me le segneranno tutte sul conto.

Guardò Hanamichi che si agitava nel sonno, parole senza senso gli uscivano dalle labbra riarse, ciocche di capelli erano sparse sulla sua fronte, istintivamente si allungò verso di lui per scostarle…Quando tornò a sedersi, incrociò lo sguardo di Leyla, ma l’altra non mutò espressione:

- Hai sentito che ha detto, no? – disse, per sciogliere quel silenzio.

Leyla annuì:

- Ha ricordato ciò che successe con il suo patrigno.

- E ora?

- speriamo sia forte per affrontarlo.

Kaede si volse a guardarlo ancora una volta, pareva sereno, o almeno così sembrava, ma c’era quella ruga nel mezzo della fronte...Stava sognando e non era tanto sicuro che fosse un sogno tranquillo. Se solo avesse potuto aiutarlo, ma non aveva idea di come fare…

- Parlami della visione…

E lui, senza staccare gli occhi dal volto di Hanamichi, raccontò ciò che aveva visto in quella casa, descrivendo minuziosamente il vampiro che aveva morso Hana.

Leyla lo guardava, ascoltando in silenzio...sapeva benissimo chi era quel vampiro. Lo aveva visto nelle mente di Anne tante volte, quando ricordava il mostro che l’ aveva rapita da bambina:

- Eugenij Ravnjos...allora c’è lui, dietro queste stragi.

- chi è?

- una vecchia conoscenza di Anne e Dimitrij.

- NOOOOOOOOOO!!!

L’urlo di Hanamichi li fece sussultare: sedeva sul letto, le braccia protese, il petto ansante, lo sguardo assente. Rukawa si sedette al suo fianco chiamandolo piano, l’altro non si svegliò, ma la voce di Rukawa parve avere un effetto rassicurante, si aggrappò alle sue spalle, lasciandosi cullare.

- Secondo te, cosa è successo?

- non lo so…da quello che ha detto, sembra posseduto, ma da cosa? – guardò l’orologio da polso – se solo Anne arrivasse con Dimitrij…Tu resta con lui, a quanto pare, la tua vicinanza lo rassicura.

- Salvo poi essere la vittima del suo odio…

- già, ma quando è incosciente, no…evidentemente, sei un appiglio e forse l’unico, in grado di portarlo fuori da quell’incubo, qualunque esso sia...

 

Aprì gli occhi e soffocò un gemito, Kaede sopra di lui, la camicia leggermente aperta a lasciare la pelle candida ed eterea esposta alle carezze dei raggi del sole, che entravano dalla finestra. Osservò la linea del collo che scendeva fino alle scapole. Allungò la mano a sfiorare quella pelle, come avrebbe voluto fare quella volta che lo aveva guardato dormire ad Auteuil.

Era tiepida e liscia, un tepore piacevole che si irradiava a tutta la sua mano e si propagava piano piano a tutto il braccio.

Senza che se ne rendesse conto, chiuse gli occhi.

Guardami!

Guarda me..

La voce di Kaede pressante, urgente…un tono di desiderio, misto ad ansia e paura.

Aprì di nuovo gli occhi, non erano nella sua camera, no, erano nella camera di Auteuil, stesi davanti al caminetto, incrociò lo sguardo di Kaede che lo incatenò.

Non fermarti.

La scena si dissolse piano, come era arrivata e anche Kaede sparì…

Cercava di non ascoltare quei ricordi, quelle immagini, quelle sensazioni, il piacere che lo invadeva ad ondate, mentre la coscienza di ciò che era successo ad Auteuil, quell’ultima notte, gli si rivelava davanti, come un velo che si squarcia...

“A lui non importa nulla di te.

Lo ha fatto, perché eravate posseduti.”

Sentenziò quella voce gelida.

“Dimmi, vuoi bruciare nel fuoco?”

“Sì.”

 

Kaede doveva essersi addormentato, perché si scosse bruscamente quando percepì un brusco cambiamento nell’aria della stanza. Nel momento stesso in cui apriva gli occhi, sentì il rumore del vetro della finestra andare in frantumi...e una figura -avvolta in un pesante mantello scuro- entrò, atterrando senza un rumore sul pesante tappeto che ricopriva il pavimento.

L’oscurità era palpabile attorno a lui e una leggera nebbiolina avvolgeva tutto, penetrandogli, gelida, nelle ossa.

Cercò di reagire, ma quello lo bloccò sulla poltrona, rivolgendogli un sorriso leggero:

- non puoi fare nulla, per fermarmi...- la sua voce era roca e pastosa, indicò Hanamichi – lui mi ha chiamato...Lui vuole bruciare nel fuoco...

Kaede vide con orrore Hanamichi svegliarsi e alzarsi dal letto, mentre il vampiro lo aspettava, fermo, nello stesso punto dove era entrato:

- Vieni...ti mostrerò il potere del fuoco...

Il corpo di Hanamichi si abbandonò languidamente tra le braccia di quell’uomo, che si chinò sul suo collo…Liberò le proprie emozioni, indirizzandole verso Leyla, sperando in cuor suo che fosse in ascolto. Non riusciva a muoversi, né a parlare. Il vampiro si volse a guardarlo, mentre scavalcava la finestra portando con sé il corpo di Hana:

- Credo ci rivedremo presto...

Appena il vampiro saltò giù dalla finestra, lui si sentì libero dalla costrizione che fino a poco prima lo aveva incatenato alla sedia...

Si slanciò fuori dalla camera, precipitandosi a rotta di collo verso le scale, chiamando disperatamente Leyla...perché i sensori non avevano funzionato? Perché Eugenij Ravnjos era riuscito ad entrare?

Lui mi ha chiamato...”

- Dannazione!! – imprecò tra i denti.

Il giardino era avvolto da una leggere nebbiolina gelida,non era lontano, percepiva ancora la presenza di Hana, erano lì, da qualche parte...Una folata di vento scostò la nebbia davanti ai suoi occhi e lo vide...

Era addossato al piedistallo della statua dell’Angelo, mentre il vampiro era chino su di lui e si stava nutrendo...

Era -per la prima volta- incerto sul da farsi. Slanciarsi verso il vampiro o aspettare che gli altri lo raggiungessero??…si rendeva conto di essere indifeso, di non avere le armi, né le capacità necessarie per affrontare un essere del genere.

L’uomo in quel momento sollevò la testa, anche da quella distanza, vide le labbra di Hanamichi muoversi in un ansito di disappunto...

Fu quello, che lo fece slanciare in avanti, mentre il suo cuore urlava disperato…non vedeva nulla, udì solo la risata del vampiro che bloccò la sua corsa con un annoiato gesto della mano.

- Lo rivorresti, vero? – gli porgeva il corpo di Hanamichi, pallido, esangue, tenendolo senza sforzo per il colletto della camicia.

Percepì la presenza di Leyla alle sue spalle.

Ru, mantieni la calma.”“

Ignorò l’ingiunzione mentale di Leyla, nella sua mente c’era solo la visione di Hanamichi tra le braccia di quel vampiro e la possibilità che…Lo sentiva, sentiva il suo cuore battere sempre più lieve…un’eco lontana…

Cercò di muoversi ancora..il vampiro sollevò il capo, percependo la presenza degli altri.

- ….lascialo e dicci cosa vuoi…

Un sinistro sorriso piegò le labbra del vampiro, su cui restava un’ombra del sangue di Sakuragi.

- Avrei potuto farlo…ma ora…- si chinò sul collo si Hana, leccando le piccole ferite sulla vena pulsante, Rukawa strinse convulsamente le mani vedendolo gemere - Lui è molto vulnerabile, la mia preda ideale, così innocente, insicuro, pieno di voglia di considerazione…- il vampiro li guardò tutti e i suoi occhi, freddi come l’acciaio, si fermarono su Rukawa – ma soprattutto da te…un tuo sguardo, una parola, sarebbero tutto per lui, come un assettato nel deserto che anela alla fresca acqua, in grado di lenire l’arsura della sua gola. L’ho chiamato a me proprio per questo, era il più debole tra voi due…Tu mi hai facilitato le cose, ferendolo con la tua freddezza…Allontanandolo da te quella notte, lo hai gettato tra le mie braccia.

- Lascialo…

- Sai, sei monotona Mayfair, proprio come tuo padre…

Rukawa, disperato, approfittando di quell’attimo di distrazione si lanciò verso i due, ma l’altro lo respinse con un gesto della mano, mandandolo ad atterrare pesantemente vicino a Leyla.

- Kaede…

- Hn. – scosse le spalle, rialzandosi…

Leyla si accorse che stringeva i pugni convulsamente, e questo, oltre a una impercettibile contrattura della mascella, tradiva tutto il nervosismo di Rukawa.

Anne arrivò in quel momento e si mise accanto a Leyla, cercando di celare la sua presenza a Ravnjos.

questo, irriterà il Consiglio.

già! Un’Intrusione e una Contaminazione…dobbiamo risolvere la situazione in fretta e senza danni ulteriori ad Hana.

La situazione è così critica, dunque?

Non sappiamo quanto sia stato condizionato dal vampiro.

Leyla, tu..”

“Dobbiamo prepararci al peggio.

Il mostro li osservava uno ad uno:

- Adesso mi dovete scusare, ma devo abbandonare questa piacevole compagnia. Dite a Mitja che lo saluto, sono sicuro che ci rivedremo presto. – il suo sguardo si fermò di nuovo su Rukawa…il giovane percepì chiaramente il tentativo di un’intrusione nella sua mente. – Non ti preoccupare, avrò buona cura di lui!!

Si sollevo piano, stringendo a sé Hanamichi sempre incosciente, cominciando a ridere.

Rukawa, vedendolo scomparire, fece per slanciarsi, ma qualcuno lo bloccò per le spalle. Cercò di divincolarsi, ma quelle mani -che lo artigliavano- parevano avere una morsa d’acciaio…

- Kaede! – la voce di Leyla era ferma e decisa, come la sua presa. – cosa vorresti fare?

Scrollò le spalle rimanendo lì, fermo, a fissare il punto dove quel vampiro era sparito, portando Hana con sé, mentre un vuoto lacerante si apriva piano nel suo cuore…

Si girò, passando accanto a Leyla e agli altri senza minimamente mostrare alcuna reazione, rientrò in casa, nell’atrio -ai piedi delle scale- trovò Dimitrij, lo superò senza degnarlo di uno sguardo.

 

§ § §

 

Kiminobu entrò nello studio di Leyla, senza aspettare l’invito ad entrare. La situazione era talmente critica, da permettere di sorvolare su certi formalismi:

- Leyla, ho scoperto….– le parole gli morirono in gola, trovandosi davanti un uomo alto, longilineo, con i capelli chiari che parevano assorbire la luce del sole dietro le sue spalle.

- Lui... – balbettò, lasciando cadere i fogli che aveva in mano.

Anne entrò in quel momento dietro di lui, seguito da Hisashi e soffocò uno sbuffo tra lo scocciato e il divertito, scambiando un’ occhiata con Leyla.

- succede sempre così…

Mitsui si avvicinò:

- Ehi!! Kimichan, che succede?

- Lui è….il Master….

- Chi?

Anne si fece avanti:

- Dimitrij, Master del Clan Tzimiscje, discendente diretto di Vlad Tepes.

- un vampiro?  -esclamò Hisashi, reagendo d’istinto e preparandosi ad attaccarlo.

- ehm, Hisachan…lui è il mio compagno, per cui vedi di andarci piano, OK? – sbottò Anne, mettendosi davanti a Mitsui e guardandolo con gli occhi stretti.

Leyla si fece avanti. Era venuto il momento di mettere le carte in tavola:

- Capisco che, per voi, possa essere un po’ sconcertante…Ora, io non vi obbligo a restare…Mio padre si era sempre considerato amico del padre di Mitja…e io ritengo di potermi fidare…non solo per il legame con Anne…Resta il fatto che, voi, non siete obbligati a condividere la mia posizione e siete liberi di andarvene quando volete. Sappiamo chi è l’ essere che ha rapito Hana...Eugenij Ravnjos.

Kogure sussultò:

- ma in quel Clan sono reietti...non…

- Vero. Però è stato lui, ieri sera, a rapire Hanamichi...

- su questo, non ci sono dubbi...- osservò Anne.

Leyla le posò una mano sul braccio:

- Ascoltate: io non ho ancora avvisato il Consiglio di quanto successo. Vorrei provare a risolvere la cosa, prima...- guardò l’orologio sulla sua scrivania – ci vedremo qui tra un un’ora...voi avrete il tempo di pensare alla faccenda e prendere la vostra decisione...

Si avvicinò alla porta e, fermandosi un istante, disse:

- Anne, io vado da Kaede...se c’è qualche problema chiamami, ok?

 

 

Galleggiava in un buio ovattato, cercando di emergere dalle tenebre che lo avvolgevano stretto.

Volti voci rumori vorticavano attorno a lui…

Dov’era? Aveva freddo, era come se una morsa di ghiaccio lo imprigionasse.

Aprì gli occhi piano, una luce azzurrognola filtrava dalla finestra…Non ricordava dove fosse…si guardò in giro, quella non era la sua camera, anche se non rammentava dove fosse. Si alzò dalla brandina di legno che fungeva da letto…era in una stanza circolare…

Si affacciò alla piccola finestrella con le grate.

Sotto di lui, una distesa di neve sconfinata…che si perdeva all’orizzonte…Il suo luminoso candore gli feriva gli occhi…Non ricordava nulla di quello che era successo…né aveva idea di dove si trovasse.

Urlò, quando sentì i denti di Eugenij affondare nella sua carne.

Sentiva il battito del cuore rimbombargli nelle orecchie.

La neve -sotto di lui- era gelata.

La vista gli si annebbiò lentamente, mentre le immagini nella sua mente cominciarono a svanire…Vide le nuvole correre attraverso il cielo, coprire il sole, la luna e le stelle.

Vide due occhi blu, che lo fissavano da un punto lontano...sapeva

che doveva aggrapparsi ad essi,

doveva farlo a tutti i costi, ma si sentiva trascinato via,

come il suo sangue che usciva dalle sue vene, per riversarsi nella bocca avida del vampiro.

gGli occhi, piano, si affievolirono, andando via via scomparendo, mentre anche la sua volontà si faceva sempre più debole.

Non sapeva dire quanto tempo fosse passato.

- mio demonio dai capelli rossi…- una voce roca, accanto al suo orecchio…- vieni! – gli porse la mano fredda come il suo fiato.

Gli occhi blu erano ormai un ricordo lontano, ora c’erano gli occhi del suo signore:

Azzurri e cerchiati di rosso.

 

Leyla uscì dalla stanza di Kaede, richiudendosi la porta alle spalle. Lasciandovisi andare contro con la schiena, con un sospiro profondo. Vedere il dolore muto di Kaede le faceva male al cuore. Aveva passato l’ora precedente seduta nella sua stanza, mentre lui stava fermo davanti alla finestra, appoggiato alla cornice di pietra, un ginocchio piegato e le braccia incrociate al petto. Muto, immobile e silenzioso.

- Lo ritroveremo.

- Hn.

Questo era stato l’unico scambio di parole tra loro, null’altro. Nel resto del tempo, aveva aspettato che lui parlasse, dicesse qualcosa, ma nulla tradiva ciò che si agitava dietro quella maschera che aveva indossato. Pareva tornato il Kaede di tre anni prima…Lo rivedeva ancora: i primi tempi, aggirarsi per i corridoi di quella casa, quando era arrivato Hanamichi, Kaede aveva cominciato a reagire,. Se non altro, l’altro -per quanto si lamentasse del fatto che Rukawa lo ignorava sistematicamente- era l’unico che riusciva a scuoterlo…Ora, invece…E questo riapriva ferite mai rimarginate, anche nel suo cuore…

Avrebbe dovuto raggiungere Anne, ma invece si incamminò nell’ala ovest della casa…. Si sentiva stanca, aveva bisogno di recuperare un momento, prima di raggiungere Anne e Dimitrij, che la stavano aspettando nel suo ufficio.

Si fermo davanti a una porta di legno massiccio…Sospirò, prima di girare la maniglia e entrare..

La camera era avvolta nella penombra e un vago sentore di tabacco vi aleggiava ancora. Nulla era cambiato, da allora. Lei aveva voluto che restasse così…sembrava solo in attesa che il suo occupante dovesse tornate da un momento all’altro.

Quando Derek era morto, aveva pianto, disperandosi fino a consumarsi...Aveva pregato il consiglio di utilizzare le tecniche di magia per riportarlo in vita, di permetterle di rievocare i vecchi incantesimi sui libri polverosi che giacevano nei sotterranei della Casa Madre di Londra...aveva imprecato, pianto, urlato, contro Colui che aveva ucciso l’uomo della sua vita...La persona che più di tutti aveva saputo comprenderla e amarla, e senza la quale la sua vita non aveva più senso.

Derek era morto e lei era morta con lui. La sua vita, da allora in poi, era stata come il cammino di un’ombra sulla terra. Aspettava il momento della vendetta...solo quello importava, null’altro contava...Le sue notti erano popolate da incubi spaventosi: vedeva Derek preda del demone che lo aveva ucciso risucchiandogli l’anima, vittima di tormenti indicibili e dolorosi...e questi incubi le stavano divorando il cuore...

Sfiorò la poltrona di velluto, dove Derek amava sedersi a sorseggiare il suo bourbon prima di andare a dormire. Chiuse gli occhi aspirando il profumo muschiato della sua colonia, sapeva che era un’illusione dei suoi sensi, però così sembrava che lui fosse ancora lì, con lei:

 

“Mia Leyla, tormento del mio cuore..

spina piantata nel mio animo,

così in profondità che toglierla

equivarrebbe a morirne...

 

Le parole echeggiavano nel suo animo, come se le stesse ascoltando dalla voce di chi, per molto tempo, le aveva pronunciate al suo orecchio...mentre la stringeva a sé, baciandole i capelli:

- Derek...

Anne si affacciò:

- Sapevo di trovarti qui.

- In questi momenti, mi manca…

- Kaede come sta?

- E’ chiuso in un mutismo impenetrabile, non dà il minimo segno di emozione…

- Lo ritroveremo…Andiamo, Mitja ci aspetta con gli altri.

Leyla si volse un istante a guardare la stanza di Derek:

- Come lo spiegherò al Consiglio, che mi sono fatta aiutare da un vampiro?

- Ci penseremo a tempo debito…

 

Dimitrij era fermo in piedi, davanti alla scrivania di Leyla, le braccia posate sulla superficie di legno.

- Secondo me…

La porta si aprì, lasciando entrare Rukawa.

- Kaede..- Leyla si alzò dalla poltrona su cui era seduta, non si sarebbe aspettata di vederlo scendere e partecipare alla riunione.

- Hn…- si sedette accavallando le gambe e puntando i suoi occhi su Dimitrij, in un muto invito a continuare.

- Dicevo.. che secondo me, lo ha portato in Rutenia. Il clan ha una serie di castelli sparsi da quelle parti.

- Io non riesco a localizzarlo, è come se fosse schermato. – disse Anne.

- E’ per via del suo legame con Eugenij  - Kaede sussultò, a quelle parole – ma se noi andiamo in Rutenia …

- …si farà trovare – concluse -per lui- Anne.

- Perché Hana?

Sussultarono, nessuno si aspettava quella domanda da parte di Rukawa.

Dimitrij restò un attimo in silenzio, scambiando un paio di occhiate con Anne.

- Lui era il più esposto. – intervenne Kiminobu.

Kaede strinse gli occhi, poi sbuffò:

- intendevo: cosa vuole da noi?…

- La nostra è una faida, una faida di sangue, le cui origini sono ormai dimenticate, mentre la violenza resta, aumenta...

- vuoi dire che ha preso Hana, per vendicarsi di te?

- In un certo senso…Eugenij Ravnjos è pazzo…lui odia voi e la vostra gente, oltre che noi….Secondo un accordo che il mio Clan ha stipulato con Marcus Mayfair, il suo clan è stato condannato all’ostracismo, per cui gli sono state confiscate le terre, le dimore, le ricchezze. Mio padre è morto, così come il padre di Leyla, ma non è propriamente la vendetta, che cerca. E’ come una partita, al la nostra...questa è la sua mossa...ora tocca a noi, agire di conseguenza.

- Cosa ne farà di lui? – chiese Mitsui.

- Il problema è che bisogna vedere quanto sia diventato stretto il loro rapporto simbiotico..

- simbiotico? – ripeté Kogure, sistemandosi gli occhiali.

- Quando un vampiro morde ripetutamente un essere umano, lo rende dipendente da sé…ma ne diventa a sua volta schiavo…Schiavo del suo bisogno di sangue…di quel sangue.

- E l’umano?

- l’umano piano piano si assuefa al morso del vampiro, fino a che non c’è più nulla da fare.

- Vuoi dire che si trasformerà…- Hisashi esitò un istante, era assurdo anche solo pensarlo - in vampiro?

- Non credo…- cominciò Dimitrij, ma Kogure lo interruppe.

- non può, anche se forse vorrebbe..

- lo ha morso e, da quello che ne sappiamo, anche ripetutamente…- obiettò Hisashi.

- si sì, ma se ne nutre…Un reietto non può creare altri vampiri, né ricostituire un altro clan.

- cosa ti fa pensare che rispettino queste imposizioni…?

- Abbiamo un alto rispetto per il nostro ordine sociale.

Rukawa sbuffò, guardando Dimitrij:

- Parlare di rispetto, mi sembra assurdo. E’ un vampiro.

- Ohi,  Ciccio…- intervenne Anne.

Lui si alzò, ignorando il tono leggermente irritato di lei.

- E Hanamichi? Come faremo per liberarlo?

- Dipende dal grado di assuefazione, Hana comunque mi pare molto forte, e il suo comportamento strano di questi giorni mi dà da pensare che non fosse disposto a cedere…C’è qualcosa di forte, che lo lega a voi? Una ragione per cui dovrebbe opporsi al morso del vampiro? Trovato quello stimolo, sarà facile fare leva su di esso…Ma dobbiamo sbrigarci, più resta sotto il suo controllo…- disse Kogure.

- più sarà difficile annullarlo…- concluse Dimitrij, annuendo.

 

Kaede era fermo sulla terrazza che dava sull’oceano, cercava di assimilare tutto quello che era stato detto...Guardava -senza vederlo- lo spettacolo del Golden Gate che attraversava l’oceano, le immagini di quella ultima visione non lo abbandonavano…E poi le parole del vampiro e della vecchia:

Lui mi ha chiamato.”

“Lui brucerà nel fuoco.”

Guardò verso la casa, alla fine della riunione Leyla aveva detto di andare a dormire e di prepararsi alla partenza. Lui era uscito di casa, percorrendo i sentieri che attraversavano il giardino e facendo la strada più lunga, per evitare di passare sotto la statua dell’angelo, si era diretto verso il mare.

Era inutile che cercasse di dormire, tutte le volte che lo faceva, il volto di Hanamichi gli si parava davanti, anche se cercava di non pensarci, di scacciarlo dalla sua mente. Eppure ogni volta era lì, in mille piccole espressioni, lo sguardo spalancato, l’eco della sua voce che lo chiamava Kitsune, lo sguardo che aveva quando in Rutenia gli aveva tirato la manciata di neve in pieno volto…E poi, come la superficie dell’acqua che si increspa, l’immagine cambiava. si deformava, trasformandosi nella scena del parco di Angel’ s Manhor…Hana abbandonato tra le braccia del vampiro…La cosa lo faceva soffocare, un dolore sordo gli stringeva il petto soffocandolo e la consapevolezza che era colpa sua…

Le parole del vampiro:

tu lo hai gettato tra le mie braccia.”

“voleva solo considerazione, da te.”

Rabbrividì al ricordo di quella lingua che sfiorava il collo di Hanamichi e il gemito uscito dalle sue labbra…

si assuefa fino a che…”

Era un pensiero insopportabile…

- non ti piaccio, vero? – chiese Dimitrij, arrivandogli alle spalle in silenzio.

- Hn.

- Ti capisco, in fondo sono responsabile di tutto questo…

- non hai rapito tu, Hana.

- E allora, perché tu ti senti in colpa?

- Hn.

- Per quello che ha detto Eugenij?

- Hanamichi si sentiva rifiutato da me…Chi è?

- Eugenij Ravnjos. Il suo clan sterminò il villaggio di Anne e la rapì, assieme ad altri bambini del villaggio…Leyla ti cercava, siamo quasi pronti.

Senza dire nulla, Kaede lo seguì.

 

Leyla sedeva alla sua scrivania con gli occhi chiusi e la fronte corrugata, sapeva che non dormiva. La fissò per qualche secondo, e infatti lei aprì gli occhi sorridendogli:

- che c’è?

Scrollò le spalle, Leyla si alzò avvicinandosi a lui, posandogli una mano inguantata sul braccio, lui non si ritrasse, non si ritraeva mai, con lei. La sentiva vicina, un po’ perché era stata la prima persona che l’aveva aiutato con quel suo Dono, che lui detestava più di ogni altra cosa al mondo, e poi anche perché poteva capirlo…Sapeva anche lei, cosa voleva dire percepire quelle ondate di sensazioni, fino a restarne svuotati e travolti…e sapeva cosa voleva dire quel vuoto profondo, che sentiva nel cuore, adesso che Hanamichi era chissà dove…

- Come fai a sopportarlo?- le aveva chiesto una volta.

- non è un peso, Kaede.

- Oh, sì! è un fardello insopportabile…- aveva detto lui.

- non farti travolgere da questo, ti distruggerà. – aveva risposto lei, facendosi improvvisamente seria – Devi trovare qualcosa che ti distragga…che ti permetta di staccare.

Era andata bene, c’era riuscito per un po’, fin quando quel tornado -dalla testa di quel colore assurdo- non era entrato nella sua vita... Nonostante la corazza che si era -con fatica- costruito attorno, in quei tre anni e che credeva impenetrabile, Sakuragi era l'unico che poteva alleviare la sua solitudine. Che pensiero assurdo, però. Aveva sempre creduto fosse un elemento qualsiasi della sua vita. Un qualcosa di nuovo, che si era venuto ad inserire e di cui poteva anche fare a meno… E invece ora, mentre stava lì, a fissare il paesaggio fuori dalla finestra, chiedendosi dove fosse….Cosa gli stava succedendo? Sentì il sapore amaro della paura salirgli alla gola. Di nuovo quella fottutissima paura! Paura di perderlo. Paura di non riuscire a convivere con il senso di colpa…Paura di non riuscire a vivere, senza di lui…

- non è colpa tua.

- Hn – guardava ostinatamente fuori dalla finestra.

Lei gli fece abbassare il viso, a incontrare i suoi occhi:

- Vedrai, lo ritroveremo e sarà lo stesso Hana di sempre.

 

 

   
 
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