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Autore: Marselyn    03/08/2010    2 recensioni
"Erano dunque arrivati a quel punto.
Non si spiegava perché, ma il pensiero di dover rompere i rapporti con Elyn lo rattristava. C’erano poi molte altre cose che non si spiegava: il come era stato possibile creare quella sintonia, averla cercata e non aver capito che era, forse, importante per tutti loro. Non si spiegava come nessuno di loro, fino ad allora, si fosse mai chiesto quanto quei pomeriggi passati insieme, tra persone che dovevano spontaneamente odiarsi, fossero strani e illogici nel loro scorrere veloci e così vivi. Non riusciva a spiegarsi come fossero arrivati al punto di cercarsi, di trovarsi e consumare ore intere insieme, come fossero arrivati anche solo al punto di parlarsi senza urlare, senza mai rendersi conto di quanto solo tutto questo fosse già pazzesco e contro ogni loro coerenza. Tutto indicava quanto irragionevole fosse stata quella vicinanza e Sirius proprio non si spiegava come fossero arrivati a quel punto senza mai domandarsi come mai tutto stesse andando in modo così strano, così trasparente, così autonomo, vivo e senza controllo." [cap. 17]
Dall'autrice: Con ogni probabilità, potreste avere l'impressione che i primi e gli ultimi capitoli siano stati scritti da persone totalmente diverse.
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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2. Esami e pleniluni

Il mattino seguente la Sala Comune di Grifondoro era piuttosto agitata a causa dell’imminente prova scritta di Trasfigurazione.
Sirius e James giocavano a scacchi magici sghignazzando, estranei all’agitazione che percuoteva il resto dei compagni. Remus camminava avanti e indietro, borbottando ipotetiche domande e dandone le rispettive risposte; infine, Peter, agitandosi su una poltrona, un po’ sfogliava febbrilmente un libro (per poco non strappò qualche pagina), un poco elogiava James allorquando azzeccava una mossa, e un po’ seguiva Remus con lo sguardo, cercando disperatamente di memorizzare ogni parola gli uscisse dalla bocca.
«Potete almeno divertirvi un po’ più in silenzio, per favore?» sbottò Remus esasperato, quando Sirius cacciò un urlo esultante.
«Lunastorta, sta tranquillo, andrai benone» replicò Sirius distrattamente, concentrato più sulla scacchiera. «Oh, James, questo è BARERE!» urlò indignato, subito dopo.
Qualcuno si lamentò, chiedendogli in malo modo di fare silenzio, Remus buttò irritato il libro su un tavolo lì vicino, e uscì sbattendosi il ritratto alle spalle.
Sirius e James udirono le imprecazioni della Signora Grassa e si guardarono colpevoli.
«Credi che se la sia presa?» domandò Sirius in un sussurro preoccupato.
«Qualcosa mi dice di sì, amico...» rispose James, riprendendo a fissare il retro del ritratto pensieroso.
«Ah...» fece Sirius cupo. «Hei, Ramoso, voglio la rivincita!» esclamò dopo qualche secondo, un po’ troppo forte, dimenticando ogni preoccupazione.
«SILENZIO!» ruggì qualcuno in Sala.

Sirius, James e Peter furono gli ultimi a raggiungere la Sala d’Ingresso, e due minuti dopo gli studenti furono chiamati a prendere posto, come il giorno prima, nella Sala Grande. I tavoli delle quattro Case erano stati sostituiti da quattro lunghe file di banchetti singoli, rivolti alla professoressa McGranitt, che sedeva nel tavolo degli insegnanti. Questa volta fu chiesto loro di occupare i posti in ordine alfabetico. Si gettarono a capo fitto sui fogli, con la testa china e le mani che si muovevano e scrivevano risposte in una febbrile fretta.
«Accio!» ordinò la professoressa McGranitt un’ora dopo, e una massa di pergamene volanti si fiondò sul tavolo degli insegnanti.

«Oh, sono sicuro d’avere sbagliato la numero ventisei... un’ora! E’ inconcepibile svolgere un esame del genere in solo un’ora!» si lamentò Remus, una volta ch’ebbero raggiunto il faggio vicino al lago: restavano ancora un paio d’ore prima del pranzo.
Sirius e James non ebbero alcun dubbio sul fatto di non avere sbagliato neanche una risposta, Peter preferì non esprimersi del tutto.
«Niente traccia di Mocciosus oggi» dichiarò James qualche minuto dopo, passando a rassegna ogni studente che albergava sul prato. Peter annuì.
«Hai ragione» convenne Sirius, constatando, però, l’assenza del volto della ragazza del giorno prima, più che quella di Severus.

Pranzarono con gli altri studenti nella Sala Grande, nei soliti quattro grandi tavoli, dopodiché ritornarono nella piccola stanza accanto la Sala Grande, in attesa di essere richiamati per affrontare l’esame pratico di Trasfigurazione.
Tutto filò liscio, e i quattro, una volta riuniti, dissero che non c’erano stati problemi, a parte l’incidente di Peter, il quale aveva fatto evanescere gli occhialini di Vitious al posto della sua tartaruga.
I giorni dopo non furono da meno: Sirius, James e Peter affrontarono discretamente l’esame di Erbologia. Remus ricevette i complimenti della professoressa che lo valutò, la quale gli garantì con allegria che era decisamente portato per l’Erbologia e che avrebbe dovuto seriamente pensare alla possibilità di impegnarsi professionalmente su quella via in un futuro non tanto lontano; Remus aveva categoricamente abolito l’idea una volta raggiunto gli altri, lontano dalle orecchie dell’insegnante, affermando che le erbe non erano la sua massima aspirazione.
«Preferisci la carne, Lunastorta? Umana ancora meglio, eh?» aveva commentato Sirius, poi ridendo come una matto, dopo che Remus aveva borbottato qualcosa riguardo la sua rude sensibilità e le sue battute frivole, e si era fiondato nel castello, lasciandosi gli altri tre indietro. Nel pomeriggio Sirius gli aveva chiesto scusa e gli aveva promesso che da quel momento in poi avrebbe provato a trattenersi dai riferimenti alla sua natura, più di quanto già non facesse: era, più o meno, la sua venticinquesima promessa.

L’esame di Incantesimi, il giorno seguente, fu superato brillantemente da tutti, solo poco meno da Peter. Il venerdì solo Remus affrontò l’esame di Rune Antiche e, nonostante non avesse avuto alcun problema, il giovedì sera, intimò ugualmente a Sirius e James di non fare rumore, e i due amici decisero per solidarietà di non giocare a scacchi quella sera.
Giunse il fine settimana, e ogni studente della scuola, compresi gli esaminandi, dimenticò ogni preoccupazione, almeno per il sabato.
Ma non i Malandrini: il sabato notte sarebbe stata una delle “notti” di Remus.
Quest'ultimo passò l’intero giorno a ripassare Pozioni, visto che la domenica non avrebbe decisamente trascorso una bella giornata a causa dei postumi della trasformazione.
Sirius, James e Peter gli diedero una mano, se non materialmente almeno spiritualmente.
Più volte cercarono di tirargli su il morale con battute e situazioni buffe durante i minuti in cui si riposava dallo studio. Ogni volta Remus rispondeva loro con qualche sorriso e qualche risata irrimediabilmente forzata. Era evidente come, in quel modo, cercasse di ringraziarli del fatto che fossero lì, a fargli compagnia, piuttosto che a divertirsi nella fresca aria estiva e prendersi anche loro un giorno di riposo, ma era altrettanto evidente che gli era impossibile non sprofondare sistematicamente nella depressione ogniqualvolta ripensasse alla notte che l’aspettava, e all’esame del lunedì che probabilmente sarebbe andato male.

«Andrò in biblioteca per puntualizzare le ultime cose...» esordì ad un tratto, verso le cinque del pomeriggio, tirandosi su dalla poltrona nella quale, fino a qualche istante prima, era rimasto immerso, il naso incollato al libro.
«Voi andate a divertirvi un po’ fuori... resta ancora qualche ora prima del crepuscolo» disse, cercando di mostrare un sorriso sicuro e incoraggiante.
«Solo se ti diamo fastidio...» rispose James.
Remus alzò un sopracciglio.
«Quindi dovrei dirvi che mi date fastidio per far sì che usciate fuori a distrarvi un po’?» domandò, perplesso.
«Bè... più o meno, hai centrato il punto, Lunastorta» rispose Sirius, sfoggiando una gran sorriso.
«Non ho intenzione di farvi sacrificare l’intero finesettimana a causa della mia... della mia...» si fermò a pensare, «anomalia» concluse.
Sirius sorrise dentro di sé. Remus aveva quell’anomalia probabilmente da quando avesse ricordi, e ancora rifletteva, pensando ad un termine appropriato ogni volta che ne parlava. La settimana prima era stato ‘difetto’, quella prima ancora ‘cosa’. «Anomalia» ribadì Remus, convinto: forse aveva trovato la definizione definitiva.
«Non è un problema» replicò Sirius. «Non hai idea di che gran divertimento sia per noi starcene chiusi qui, durante il nostro penultimo finesettimana a Hogwarts, in mezzo ai libri, quando il sole brilla alto fuori e ogni altro studente è lì a goderselo; consapevoli del fatto che stiamo coscientemente lasciando che l’unica opportunità di relax, in mezzo a due settimane d’inferno, ci sfumi da sotto il naso. Amico, tu non hai davvero idea di quanto sia divertente» concluse.
Remus rimase di stucco.
Sirius pensò di aver esagerato un po’, probabilmente Remus non avrebbe capito che stava solo scherzando. Cercò lo sguardo di James e Peter, e dalla loro espressione intuì che pensavano la stessa cosa.
«Stavo solo scherzando» si affrettò ad aggiungere, ridendo. Remus sembrò sollevato.
«Ma, naturalmente, Sirius vuole dire» intervenne James, che gli scoccò un’occhiata sapiente «che ce ne andremo soltanto quando ci dirai che ti diamo fastidio» puntualizzò James, secco. Peter asserì.
«E va bene... l’avete voluto voi» dichiarò Remus in tono di sfida. Ostentò talmente tanta convinzione, che per un momento Sirius credette di pensare che avrebbe davvero detto loro che gli davano fastidio. Ma poi Remus sembrò essere immerso fino alla testa in un terribile conflitto interiore. «... oh, andiamo, sapete che non è vero» protestò, infatti, accigliato, con una nota di esasperazione in voce.
«E adesso sappiamo anche che, se mai avrai il fegato di dirci una cosa simile dopo tutto quello che abbiamo fatto per te,» puntualizzò James, scoccando un’occhiata divertita a Sirius, che rideva silenziosamente. «...dicevo» proseguì. «Se mai avrai il coraggio di dirci che ti diamo fastidio, allora, sapremo che non sarà vero. Per tua stessa ammissione.» concluse sapiente.
«E va bene, va bene. Ma non dovete muovervi, chiacchierare, fiatare più del dovuto, chiaro
«Neanche se c’è Mocciosus?» domandò James, ammiccando.
Per tutta risposta Remus gli scoccò un’occhiata selvaggia.


Un’ora dopo, in biblioteca, Sirius e James giocavano a chi faceva levitare più in alto un oggetto senza farsi beccare da Madama Pince, e Peter squittiva eccitato alle loro prodezze. Remus cercava di concentrarsi sopra un libro, le mani fra i capelli: qualche secondo e sarebbe scoppiato.
«Ehi Ramoso, tieni lontana quella cosa! La stai lanciando addosso alla mia!» esclamò allarmato Sirius.
«Io? Sei tu che mi stai venendo addosso!» protestò James, offeso.
«Chiunque sia» intervenne Peter. «Allontanate quelle dannate cose, non voglio che Madama Pince ci metta in punizione» concluse, nervoso.
«Pista!» esclamò Sirius muovendo la bacchetta, e la sua cosa schizzò in alto di qualche metro.
«Ragazzi!» sbottò Remus, voltandosi verso di loro e ritrovandosi a contemplare un orrendo spettacolo: due grosse librerie volteggiavano in aria, una di fronte all’altra, e poco più avanti, a pochi metri da lui, Sirius e James le controllavano, le bacchette puntate.
James fece un sussulto, e la sua libreria fece un balzo in aria insieme a lui, facendo riversare per terra gran parte dei libri.
«Lunastorta! sei impazzito?» sibilò indignato, dopo aver ripreso il controllo della libreria.
«Cosa?!» protestò sbalordito Remus in un sussurro. «Fino a prova contraria siete voi che state facendo levitare due librerie!»
«Stiamo solo giocando!» si lagnò Sirius.
«Giocando? Parlavo da solo quando vi ho chiesto di...?» ma le parole gli morirono in gola. Avevano appena sentito Madama Pince strillare un “Per la barba di Merlino!” molto, molto arrabbiato. Tutti e quattro si pietrificarono, impalliditi.
«Oh, Lunastorta siamo tutti e quattro spacciati per colpa tua!» ringhiò James.
«Tutti e quattro?» schiattò Remus.
«Rimettiamole apposto, rimettiamole apposto!» sussurrò febbrilmente Sirius.
«Sbrigatevi, è qui! Sbrigatevi!» bisbigliò atterrito Peter.
I passi di Madama Pince erano sempre più vicini. «Scommetto... ci metto la mano sul fuoco...» la sentirono mormorare impazzita.
«Non lì James»
«Lo so, non preoccuparti...»
«No, più avanti, no! Troppo! Indietro James, indietro
Un secondo dopo le librerie si scontrarono e si schiantarono per terra, urtando quelle davanti e creando una sorta di effetto domino sulle quattro della stessa fila. Centinaia di libri erano sparsi per terra, e, a pochi passi da loro, Madama Pince li fissava pallida, i pugni serrati, le labbra strette e gli occhi follemente sbarrati.
James e Sirius non ebbero il coraggio di muoversi, le bacchette ancora a mezz’aria.
«Lo sapevo...» stridette, piano. Troppo piano. L’aria sembrava stesse preparandosi ad un immenso boato. «lo sapevo...» continuò con lo stesso tono. Gli occhi folli alternavano impazziti quelli di Sirius e James. «BLACK E POTTER!» tuonò finalmente, fuori di sé.

Furono fra i quindici minuti più lunghi delle loro vite. Incredibile quanto la voce possa durare e reggere allo sforzo delle urla quando si è arrabbiati, ragionò Sirius. Terribilmente arrabbiati.
Erano sempre riusciti a farla franca con Madama Pince, e adesso era arrivato il momento di conoscere anche la sua furia. La furia che inizia tranquilla e sbotta all’improvviso facendoti sentire più piccolo di un gorgosprizzo. Ecco come si sentiva Sirius mentre Madama Prince gli urlava contro. Più piccolo di un gorgosprizzo.

Un’ora dopo, tre di loro erano chini doloranti, a raccogliere libri e riporli sulle librerie in ordine di argomento, e, per ogni argomento, in ordine alfabetico, da più di mezz’ora. Madama Pince aveva risparmiato Remus, ma non Peter.
«Cominciano a farmi male le ginocchia...» si lamentò Sirius.
«e la schiena...» borbottò James.
«e le zampe...» mormorò Peter.
James e Sirius si voltarono a guardarlo con sguardo interrogativo.
«voglio dire le braccia» gracchiò Peter stizzito.
«Silenzio!» ordinò Remus poco lontano. («Tieni d’occhio quelli animali da circo» gli aveva detto Madama Pince. «E se ti danno fastidio, suona e avranno altre dieci librerie da sistemare.» aveva concluso, posandogli sul tavolo, accanto al libro, una piccola campanellina, uguale a quella che usava per richiamare gli studenti, solo molto più nuova.) «Non riesco a concentrarmi su un concetto con voi che parlottate» proseguì, insofferente.
«Il concetto di quello che ti faremo dopo...» borbottò tra sé James.
Dopodiché ritornarono muti a lavorare.
Mancavano due librerie da mettere in piedi e cinque da riempire, e Madama Pince aveva sequestrato loro le bacchette. Ci avrebbero messo come minimo altre tre ore.
La cosa più terribile era quando (quelle rare volte in cui qualcuno entrava in biblioteca) sentivano gli sguardi degli studenti fissi su di loro, e, in particolar modo, le risatine di scherno da parte dei Serpeverde. Tuttavia, ringraziarono il fatto che mancava solo qualche giorno alla fine dell’anno scolastico, e che, per questo, solo poche anime si aggiravano per la biblioteca quel pomeriggio.

«Ehi!» fremette James, dopo una buona ora. «Guardate chi c’è» disse piano, indicando con un cenno della testa uno studente che era appena entrato in biblioteca.
«Mocciosus» sussurrò Peter, con un sorriso malefico.
«Già...» disse James, fissando con un ghigno Severus che, senza vederli, si incamminava tra gli scaffali impolverati. «Scommetto che sta cercando qualche schifosissimo libro di Magia Oscura nella sezione proibita» proseguì, facendo una smorfia di disgusto.
Sirius seguì Severus con lo sguardo: effettivamente sembrava davvero diretto in quel reparto, ma ad un certo punto si fermò a prendere un libro da uno scaffale e si sedette su un tavolo lì vicino.
Sirius sussultò quando il suo sguardo si posò su una figura seduta poco più indietro di lui.
La ragazza del prato, del giorno prima, alzò lo sguardo verso Severus guardandolo qualche secondo in modo strano, poi rituffò il volto sul libro. Se ne stava lì seduta, una domenica di giugno, a pochi giorni dalla fine della scuola: doveva avere quindici anni come loro, concluse Sirius. Eppure agli esami non l’aveva proprio vista.

«Andiamo a fargli visita» suggerì James, e, senza neanche aspettare di ricevere il consenso degli altri, fece per alzarsi. A Sirius per poco non venne un collasso. Non potevano, non con quella lì! Sarebbe successo ancora quello che era capitato nel parco. No, non poteva permettersi un’altra carenza di fegato simile.
Si accorse di stare ancora fissando la ragazza, quando si voltò verso James di scatto. Per fortuna Peter lo aveva afferrato per un braccio e l’aveva rituffato giù, insieme a loro.
«Non possiamo James» disse Peter, irrequieto. «E’ troppo rischioso, Madama Pince lo saprà»
«Ma se è andata via...» protestò James, impaziente. «Lo ha detto lei poco fa: “Lupin, caro, vado via qualche minuto, credi di poter tenere d’occhio anche gli altri studenti, per favore?”» cantilenò, facendo il verso a Madama Pince. Effettivamente, Madama Pince poco prima l’aveva detto.
«Appunto. E Lunastorta?» replicò Peter.
«Oh, andiamo. Credi davvero che potrebbe dirglielo?»
Tutti e tre si voltarono verso Remus: era immerso nello studio, il naso appiccicato alle pagine del libro. Pensandoci, forse, avrebbe davvero potuto cantare. Sì, avrebbe potuto benissimo farlo.
Peter ritornò ancora con gli occhi a James, lo sguardo cupo.
«Oh, andiamo... Felpato tu stai con me, vero?» disse James, guardando l’amico fiducioso.
Sirius rimase ammutolito. Per un folle momento pensò di dirgli della ragazza, così avrebbe capito.
«Felpato?» fece James. «Stai bene?» domandò, preoccupato.
Ma in quel momento Sirius ebbe un lampo di genio. Cercò con lo sguardo in giro qualcosa che confermasse la sua teoria. Ogni volta che Madama Pince lasciava la biblioteca, prima faceva qualcosa...
Non poteva completamente fidarsi di Remus... sarebbe stato da folli... doveva pur aver ricorso a lei... lei...Eccola!
Trattenne a stento un gemito di sollievo e si affrettò a dire: «Voltati Ramoso».
James si guardò dietro: Mr Purr li fissava sottecchi*, e, se era possibile che lo sguardo felino potesse essere decifrato, il suo era decisamente uno sguardo disgustato.
«Mi sa che per stavolta dovremo rinunciare» proseguì Sirius, fingendo un tono amareggiato.
James sbuffò, rinunciando alla sua idea. Dopodiché afferrò un libro e si alzò per metterlo al suo posto. Sirius fece in tempo ad accorgersi che prima lo guardò un istante: gli parse di cogliere negli occhi dell’amico un’ombra di sospetto.
Ma poi si convinse di avere le allucinazioni, chinò lo sguardo su un volume che teneva e se lo rigirò tra le mani: sì, stava decisamente impazzendo.

Remus ritornò nel dormitorio due ore più tardi; Sirius, James e Peter, alle nove di sera, avevano ancora due librerie da riempire, e in biblioteca non era rimasto più nessuno. Il lavoro si era dimostrato molto più difficile di quanto avessero previsto. Certi libri in serie, volumi di enormi collane enciclopediche, una volta sopra gli scaffali, finivano di nuovo per buttarsi a terra accanto agli altri volumi della stessa serie. Si ricordarono che, se uno studente voleva prendere uno di quei libri, necessitava dell’aiuto di Madama Pince, che, borbottando qualche incantesimo, riusciva a dividere i volumi. Il guaio era che: loro non sapevano quale suddetto incantesimo fosse, Madama Pince era andata a letto, e due intere librerie specificatamente dedicate a quel tipo di libri dovevano ancora essere riempite.
«Per la Barba di Merlino... questo non mi sembra affatto corretto» commentò Sirius, dopo che ebbero capito perchè il libri continuavano a gettarsi per terra, pesanti come massi di pietra.
Tentarono con tutti gli incantesimi che conoscevano: Schiantesimi e Reductor, Locomotor e Impedimentia, provarono anche ad appellare i volumi di fronte agli scaffali per poi spostarsi all’ultimo istante. Niente. I libri continuavano a ripiombare a terra testardi, e restavano inermi, scuri, la ricopertura in pelle che sembrava esprimere una sfacciataggine inaudita.
«Immobilus» mormorò sfinito Peter, senza convinzione quando Sirius fu quasi sul punto di incendiare i libri restanti.
All’improvviso i volumi assunsero un colore leggermente più chiaro (o almeno così a loro sembrò).
«Grandioso» mormorò ammirato Sirius.
«Perchè non ci abbiamo pensato prima? Bel colpo, Codaliscia» disse James, sprizzante. «E adesso rimettiamoli a posto» proseguì, pratico.
Fu più facile riempire l’ultima libreria visto che i libri, lì, non erano divisi per argomento, ma semplicemente per collane.
Una volta che tutti i libri furono sistemati, uno accanto all’altro, Codaliscia ruppe l’incantesimo.
Era mezzanotte e, nel silenzio assoluto, uscirono dalla biblioteca, recandosi nella Sala comune.
Come previsto, Remus era già fuori dal castello. Decisero che per quella notte, sfiniti e spossati come erano, sarebbero rimasti a dormire: il giorno dopo avrebbero dovuto affrontare un’altra giornata d’inferno fra i libri di pozioni, a tentare il ripasso dell’ultimo minuto. Inoltre, convennero sul fatto che quel giorno per Remus avevano già fatto abbastanza.



*Situazione surreale? Bè xD

***

Dunque, un pò lunghetto questo capitolo, ma la situazione era tragicomica, non riuscivo più a fermarmi :DD
La storia continua sulla scia degli esami, ho immaginato che quello di Difesa contro le Arti Oscure - ossia quello del ricordo - fosse uno dei primi.
Un enorme grazie a titimaci per la prima recensione... sarà, ma è alquanto importante per me :)
   
 
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