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Autore: Maria Sole Cullen    04/08/2010    2 recensioni
Cosa c'è dopo la frase- e continuammo a occuparci beati di quella piccola parte, ma perfetta, della nostra eternità-? Possibile che la storia finisca li?. Tutte le cose lasciate in sospeso qui avranno risposta.
(Ogni bacio della mia nuova vita mi faceva tornare in mente quelli leggeri e accorti della mia precedente esistenza. Una delle cose che ricordavo con più chiarezza era l’atroce sofferenza che provava Edward ogni volta che mi sfiorava. Immaginai il veleno sgorgargli dalla bocca a pochi centimetri dalle mie labbra calde e morbide, il desiderio devastante di sentire il liquido denso e caldo bagnarli le labbra lasciando un aroma che solo il mio sangue poteva dargli. La confusione che provava doveva essere tremenda quando la sua mente imponeva alle labbra di allontanarsi dalle mie per non mettermi in pericolo. Il pensiero mi fece quasi venire sete e mi avvinghiai ancora di più a lui pensando che adesso non doveva più soffrire. Edward sorrise compiaciuto.
questo è solo una assaggio, andate a curiosare.
(è la mia prima ff quindi siate clementi)- Lasciate recensioni-
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Siamo i tuoi fratelli

 

 

(dal punto di vista di Jacob)

 

 


Stavo per morire, era un dato di fatto, e non capivo perché avevo quel sorriso idiota stampato sulla faccia.

Cercavo disperatamente un solo motivo per cui avrei dovuto essere felice in quel momento. Me ne veniva in mente solo uno: Lei era viva, almeno per ora.

Sapevo che sarebbe morta entro pochi giorni, come tutti noi d’altronde , ma era come se sentissi il battito del suo cuore vicino al mio. Saremmo morti insieme, almeno, era un finale tragico, certo, ma molto romantico. Non avrei voluto vivere nemmeno un secondo senza averla accanto.

Sarei comunque andato a ringraziare Sam per avermi convinto a non mollare nei giorni precedenti, quando credevo che Nessie ,ormai, avesse fatto il suo ultimo respiro. La mia scomparsa non avrebbe avuto senso, non l’avrei aiutata in alcun modo. Adesso invece avevo la possibilità di combattere per lei. Avevo promesso a me stesso che avrei ucciso i volturi.

Mentre pensavo agli avvenimenti futuri mi piegai sulle ginocchia e scesi con un salto dal grande albero poco distante da casa Cullen.

Raccolsi una tavola di legno e qualche chiodo che avevo lasciato sull’erba. Risalì sopra la quercia, testai con le mani un ramo che all’apparenza sembrava robusto e mi sedetti sopra a cavalcioni. Afferrai al volo il vecchio martello che avevo posato su di un altro ramo e posizionai la tavola in modo da  farla combaciare con le altre fissate in precedenza.

Il progetto iniziale era quello di una piccola casa sull’albero, ma in questa fase della lavorazione sembrava più che altro un mucchio di legna da ardere.

L’avrei utilizzata come rifugio.

Mi sarebbe servito di sicuro dal momento che il posto dove trascorrevo più tempo stava per essere infestato da un mucchio di succhiasangue puzzolenti.

Carlisle aveva deciso di chiamare un po di rinforsi per la battaglia. “Un po’” si fa per dire. 

Per avere qualche speranza di distruggere quel branco di assassini italiani, dovevamo radunare più di 400 vampiri. Una cifra impossibile, ne erano tutti al corrente, ma nessuno perdeva la speranza.

Edward e Bella si trovavano in Europa, ad est della Francia. Alice e Jasper in Texsas; Emmet e Rosalie in india; Liam e Siobhan in Irlanda, a chiamare un po’ di vecchi amici; mentre Carlisle ed Esme rimanevano nei dintorni e chiamavano tutte le persone che avevano conosciuto nella loro vita.

Il mio unico compito, era quello di avvertire il branco.

Nonostante fosse il compito più semplice di tutta la famiglia, per me era quello più doloroso, e non l’avevo ancora fatto. Come potevo dire ai miei fratelli che entro pochi giorni sarebbero morti?

Sapevo anche che non avrei mai avuto il coraggio di  porre la domanda come un ordine, non volevo costringere il mio branco a morire per me, che razza di alfa sarei stato,  Sam non l’avrebbe mai fatto.

 Perciò potevo affidarmi solo all’efficacia del mio discorso.

Mentre picchettavo con il martello sul chiodo arrugginito, pensai, probabilmente per la centesima volta, alle parole da utilizzare.  Sicuramente avrei dovuto nascondere il mio sollievo  di morire, una casa difficile quando i tuo pensieri sono un’ evidente fonte di felicità, se pur insensata. Avrei dovuto essere addolorato, e considerare la morte come un sacrificio da fare per il mio branco, mi sentivo in colpa per la mia irrazionale ilarità.

Un dolore lancinante al pollice interruppe il flusso dei miei pensieri. Non avevo dosato la forza mentre avevo colpito il chiodo con il martello e il dito ci era finito sotto.

 L’unghia adesso era coperta da una spessa macchia violacea che dopo qualche secondo ridiventò rosa.

Se il dolore al mondo fosse stato solo quello, tutto sarebbe stato più semplice.

 Il dolore di Bella ad esempio, lei era triste, anche più di prima. Ma il suo male veniva da dentro, e lei non aveva la possibilità di guarire le ferite in fretta come me, almeno quelle fisiche.

La casa aveva cominciato a prendere forma, il tetto era quasi terminato  ma il vento sembrava poterla spazzare via da un momento all’altro.  Fissai i fiori ai piedi della quercia. Tulipani rossi, i suoi preferiti.

Ricordavo chiaramente quel posto. Da Piccola Renesmee, durante una battuta di caccia, si era fermata li a raccogliere quei fiori per Bella, avrà avuto poco più di un anno e mezzo.

La immaginai scorrazzare felice tra quelle querce secolari e raccogliere i tulipani, con il vestitino svolazzante e le guancie rosse per il freddo, proprio come allora.

Quella volta però non resistette molto a lungo. Dopo qualche ora si stese su di me, godendosi il caldo della mia pelliccia e crollò dal sonno, dopo la lunga giornata. 

L’immagine del suo felice passato si dissolse in un attimo.

Ed eccola, la vampata di dolore che aspettavo, non era vero che ero felice. Si, ero sollevato rispetto a prima, ma non avrei potuto fare niente perché lei potesse rimanere in vita.

Quella casetta in realtà, l’avevo costruita pensando a lei.  Magari sarebbe potuto diventare il suo posto preferito, il nostro posto, magari li mi avrebbe risposto alla domanda che avevo fatto.

 Per la maggio parte delle volte cercavo di non concedermi il lusso delle illusioni, sapevo che niente di tutto quello che pensavo si sarebbe mai potuto realizzare, saremmo morti, non c’erano vie di scampo, ma l’immagine felice di come sarebbe stata la nostra vita insieme se avessimo vinto era troppo invitante. Illudermi portava dolore e adesso era proprio quello che serviva, dovevo sembrare addolorato. Dovevo parlare con il banco ed essere solidale.

Rassegnato saltai dall’albero, raccolsi un tulipano, lo annusai e lo misi in tasca.

Era incredibile come quell’odore mi ricordasse le giornate assolate in cui scorrazzava felice su quel prato.

Il momento era arrivato, non potevo rimandare ancora.

Cominciai a correre tra gli alberi e mi tolsi i pantaloncini. Li legai alla cordicella sulla caviglia e lanciai un urlo che dopo pochi secondi si tramutò in un ululato, il richiamo dell’alpha.

Naturalmente il primo a rispondere fu Sam.

Hei, Jacob. Per quale motivo questa riunione straordinaria? Pensò lui mentre correva verso di me.

Vi sto per chiedere la cosa più orribile del mondo, ma so che tu capirai. Vi sto chiedendo di morire.

Ripercorsi mentalmente gli ultimi giorni: La telefonata di Senna, la faccia di Edward mentre leggeva i pensieri di Maggie, la sua morte nel bosco e la decisione terribile che avevamo preso.

Lui rimase immobile, un milione di emozioni diverse gli passarono nella mente: pena, comprensione, dolore, tristezza, orrore.

Mi sentivo troppo in colpa per richiamare la sua attenzione, dopotutto gli avevo chiesto di morire per me.

Uffa Jacob. Protestò Quill. Stavo dormendo, che cavolo vuoi a quest’ora.

Cercai di trattenere i pensieri il più possibile.

Già. Si accodò Cody.

Si può sapere che fine hai fatto, Tua sorella è preoccupatissima, sono appena tornato da casa tua e lei è completamente fuori di testa. Fece Paul mentre ripassava in mente tutti i momenti passati con lei, involontariamente.

Sto per vomitare. Disse Embry con una smorfia. Tieni per te i particolari  della tua vita con Rachel, è disgustoso.

Nessuno fino a quel momento si era accorto dello stato in cui era l’altro capo branco.

Hei. Disse Leah preoccupata. Cosa è successo a Sam?.

Intanto i suoi pensieri continuavano a scorrere, fornendo una chiara spiegazione a tutto il branco.

Ormai mi avevano raggiunti quasi tutti nella radura dei tulipani. Io abbassai il muso, arso dalla vergogna.

Scusate, non sapete quanto mi costa riferirvi una cosa del genere. Pensai cercando di far comprendere quanto ero dispiaciuto.

Mi accasciai a terra, il muso fra le zampe, in attesa degli insulti dei miei fratelli.

Aspettai vari minuti, nei quali il branco aveva in testa solo orrore. Nessuno parlava. Il vento scrosciante che muoveva le foglie era l’unico rumore presente.

Wow, vampiri da uccidere. Fece entusiasta Jared rompendo il silenzio.

Ero quasi infastidito dal suo comportamento.

Ti ho chiesto di morire, possibile che reagisci così.

Sarà. rispose lui indifferente. Ma non è sicuro che ci uccideranno

Gia, come se fosse possibile rimanere vivi contro un esercito di quella portata.

Perché sei così pessimista. Pensò Embry. Siamo forti, potenti e soprattutto tanti.

L’unico che capiva la situazione era Sam. Ancora non aveva smesso di riflettere.

Non siete obbligati. Ribbaì io. Non vi ordinerò di combattere per me, non avrei il coraggio. Quindi se volete rifiutare potete farlo liberamente.

Non avevo ancora alzato lo sguardo, avevo troppa paura di vedere le espressioni dei miei fratelli.

Improvvisamente mi trovai davanti un altro muso.

Gli occhi erano tristi, contagiati dal mio dolore, ma anche pieni di comprensione.

Leah mi sollevò la testa con il muso,  costringendomi a guardarla dritta negli occhi, nonostante fosse più bassa di qualche spanna.

Jake. Disse dolcemente. Noi ti aiuteremo sempre e comunque. Siamo il tuo branco, siamo i tuoi fratelli, non hai bisogno di darci l’ordine di combattere al tuo fianco.

La sua gentilezza mi spiazzò per qualche secondo, è vero che i nostri rapporti erano migliorati ma di certo non ero abituato a tutto quell’altruismo.

Leah fece un latrato simulando un sorriso.

Si certo, non ti ci abituare però.

Strofinai il muso sulla sua guancia in segno di affetto.

Grazie, veramente, non potete capire quanto sia sollevato sapendo che mi appoggiate tutti, ma credo che la decisione non spetti a me.

Mi voltai verso Sam, che era ancor occupato a confabulare con se stesso sulle conseguenze della mia decisione.

Tutti fissarono il lupo nero davanti a me.

Tutto dipendeva dalla sua risposta.

Alzò lo sguardo verso di me.

Non hai bisogno del mio parere Jacob, noi siamo nati per questo genere di cose, e nostro dovere uccidere i vampiri. Non sei tu che stai portando il branco a morire, Jacob, è la nostra stesa natura. Ti ricordo però, che siamo anche fratelli, e indipendentemente da ciò che siamo portati a fare per compiere il nostro dovere, personalmente non ti lascerei mai affrontare da solo tutto questo, quindi non sei tu che ci stai chiedendo di aiutarti, ma siamo noi che ti imploriamo di lasciarti aiutare. Sappiamo che tu faresti così, per ognuno di noi. Ti vogliamo bene Jake, non dimenticarlo.

Non c’era un briciolo di menzogna in ogni singola parola, la sincerità traboccava dagli occhi di Sam e da quelli di tutto il branco che approvava.

Leah ha ragione. Pensò Quill. Io e Embry ti avevamo fatto una promessa. Ti avremmo aiutato a cercarla, fino alla morte.

Gli ululati di conferma arrivarono uno dopo l’altro.

Cercavo di trattenere le lacrime.

Non ero solo, avevo i miei fratelli con me.

Senza dire una parola, mi allontanai da loro, ringraziandoli di cuore ma senza parlare.

Corsi verso casa Cullen. Adesso dovevo affrontare l’amara realtà.

Il pensiero felice del mio branco però mi aveva risvegliato, mi sentivo vivo come non lo ero da tantissimo tempo. Non mangiavo da più di due settimane, e adesso, miracolosamente, avevo fame. Se ero fortunato, “mamma vampira” mi avrebbe preparato qualcosa, come ogni giorno, per paura che mi sentissi male. Era incredibile come Esme si preoccupasse per me. Non avevo mai capito se lo faceva perché ero fidanzato con sua nipote, oppure perché gli ero simpatico. L’ultima opzione era davvero strana visto che in teoria, ma molto in teoria, noi dovevamo essere nemici.  Però credevo che il suo amore incondizionato derivasse anche dal fatto che gli piacevo, e a dire la verità, anche lei piaceva a me.

Adesso finalmente avrei mangiato qualcosa, facendo felice quella vampira inspiegabilmente dolce con me.

 Arrivato tra gli alberi mi trasformai in corsa e mi rinfilai i pantaloncini di Jeans tutti sbrindellati.

A pochi chilometri da casa Cullen, una puzza sconosciuta mi arrivò in piena faccia. Non era una sola, ma centinaia di odori diversi. Possibile che fossero già arrivati così tanti vampiri?

Mi tappai il naso e sputai a terra cercando di togliermi di dosso quel sapore terribile.

Mi avvicinai con cautela al vialetto che precedeva la casa. Una ventina di macchine erano parcheggiate davanti allìingresso.

Resistetti all’impulso di graffiarne qualcuna.

Aprì lentamente la porta, cercando di non farmi sentire.

Speravo che nessuno nella stanza si accorgesse di me, ma appena entrai, un sfilza di occhi rossi come il fuoco si girarono a guardarmi inorriditi. Tra gli sguardi cremisi riconobbi quelli neri- a causa dell’astinenza dalla caccia- di Emmet, Rosalie, Edward e Bella.

Il resto delle facce, pallide e fredde mi fissavano arricciando il naso.

“Che puzza” disse disgustata una vampira con le trecce, che sembrava avere 12 anni.

“Ci sono tante cose che puzzano qui dentro, ma ti assicuro che io non sono tre quelle” risposi sfacciato. Ero troppo affamato per offendermi.

Bella mi sorrise timidamente da lontano, in segno di scuse. Io feci spallucce e salii le scale diretto alla cucina.

“Questa è l’arma vincente di cui vi parlavo prima e come vi ho già detto è il padrone di casa, quindi trattatelo bene.” Disse Edward di sottofondo al piano di sotto. 

Grazie. Pensai rivolgendomi a lui mentre mi precipitai al frigorifero.

Esme non c’era, probabilmente era insieme agli altri Cullen  a cercare  altra gente da portare a casa. Sbuffai. Come avrebbero fatto quando la casa sarebbe diventata troppo piccola per ospitare quattrocento persone?

Il frigo era stracolmo di roba da mangiare. Naturalmente solo per me e per qualche visita occasionale di Seth. Cercai di non pensare a chi altro avrebbe potuto usare quel cibo se solo fosse stato li.

Afferrai una bibita gasata e una scatoletta di tonno. Non mi andava di mangiare cose complicate, avevo solo fame.

Sbattei il frigorifero con più forza del necessario e mi sedetti sul tavolo di legno in mezzo alla stanza.

Iniziai a mangiare con foga, senza pensare a nulla.

Alla sesta scatoletta di tonno cominciai a sentirmi pieno. Diedi un ultimo sorso alla bibita e sentii la porta di casa sbattere bruscamente.  Rassegnto presi una boccata d’aria- per quanto potesse essere già in cucina puzzolente- e scesi velocemente le scale. In pochi minuti la scena era cambiata completamente.

Nella stanza adesso si trovavano il doppio dei vampiri che c’erano in precenza. Ad occhio, sembravano più di cento. Erano tutti strettissimi nello striminzito spazio del salone.

Anche i nuovi arrivati si girarono a guardarmi infastiditi.

Cercai di rimanere calmo nonostante le mani mi stessero tremando.

Tra tutti i presenti riconobbi qualche volto che avevo visto tre anni prima.

Mi avvicinai a Edward spingendo tra i corpi ammassati nella stanza. Stavo per vomitare dalla puzza, cercai di respirare il meno possibile.

Perché sono aumentati in così poco tempo? Chiesi mentalmente a Edward.

Lui quasi strillò per farsi sentire, soffocato dalle voci di centinaia di vampiri all’interno della stanza.

“Non conosciamo tutta la gente che è venuta. Le voci girano in fretta, quando si è saputo che un coraggioso clan stava per sfidare il Volturi, tutti sono venuti a sostenerci e a darci una mano. È stato molto più semplice del previsto, tutti odiano i volturi, e la maggior parte ha subito un rapimento da parte loro, in questo periodo, proprio come è successo a Zafrina e Maggie. Molti altri devono ancora arrivare. Comincio a pensare che potremmo avere addirittura qualche possibilità di vittoria.”

 

 

 

 

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Ditemi che ne pensate..........   







  
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