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Autore: Sten__Merry    04/08/2010    2 recensioni
Una lite tra Bones e Booth, un nuovo caso che li avvicinerà di nuovo o li dividerà definitivamente.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Seeley Booth, Temperance Brennan, Zack Addy
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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ecco qui il prossimo!
Se qualcuno legge mi faccia sapere xD
Sten


CAPITOLO 5

“E questo è quanto, ora, se mi volete scusare, ho l’ultima vittima da esaminare.” borbottai respirando l’aria madida di tensione che impregnava il mio studio al Jeffersonian.
Avevo appena terminato di spiegare alla mia equipe cosa fosse esattamente successo a quei corpi.
La prima, una donna attorno alla trentina di nome Rose Fillings, era stata brutalmente malmenata per giorni prima che incontrasse la morte. Aveva riportato fratture ante mortem che avevano già iniziato ad autoripararsi. Gli arti mancanti le erano stati asportati nei giorni seguenti.
Lo stessto conclusi delle altre vittime.
Jack Fluth. Andrew Morkol. Victoria Steinfiel. Katherine Hook. Jason Black. Alfred Colbridge, la prima vittima ritrovata.
Sette persone brutalmente uccise in un istituto di cura per patologie vertebrali senza che nessuno s’accorgesse di nulla.
Appena strisciai il badge magnetico all’inizio della pedana sentii una leggera pressione alla bocca dello stomaco per qualcosa che avevo solo sfuggevolmente visto ma che il mio cervello avevo registrato.
La vittima era stata trovata completamente decomposta stesa sul pavimento della soffitta, proprio al centro di una vastissima pozzanghera di sangue essicato.
Rabbrividii contemplando l’ipotesi che già sapevo essere vera. Mi avvicinai al cadavere osservando attentamente ciò che del femore era rimasto.
L’estremità aveva assorbito il sangue fino ad assumere un colorito porpureo. Brivido. Ed era lievemente levigato al’estremità. Respiro profondo e accesi il registratore.
Descrissi la scena per qualche istante poi “ La vittima SM3267 era ancora in vita quando le è stata amputata parte dell’arto inferiore sinistro –compresa parte del femore –, conseguentemente la parte è stata cauterizzata con ferri roventi. La vittima è deceduta due settimane dopo l’operazione in seguito ad una tardiva infezione della parte. SM3267 rimane privo di identità”. Appoggiai il registratore.
SM3267 aveva sofferto? Decisamente sì.
Mi toccai irrazionalmente la gamba sinistra e non potei far a meno di chiedermi se la vittima aveva sofferto del fenomeno dell’arto fantasma o se il dolore per l’infezione e la cauterizzazione era così forte da sovrastare qualsiasi altra reazione.
Mi obbligai a rinsavire da quella digressione mentale lontana dall’olezzo di morte; con precisione chirurgica appoggiai i marcatori al teschio e chiesi ad Angela di tentare un’ identificazione. Io avevo un compito ben più ingrato da assolvere.
*
“Abitano qui?” chiesi fissando una maestosa casa dalle tinte pastello con un immenso giardino in cui in quel momento correvano due Golden Retriever. Annuì e, come sempre in quelle circostanze, mi raccomandò sensibilità e possibilmente silenzio.
Con tocco incerto della mano suonò il campanello una volta quasi timoroso di ricevere risposta.
“Sì?” chiese una voce vagamente metallica
“Agente Booth e Dott.sa Brennan, FBI” si annunciò. Lanciai due colpi di tosse in disappunto ma non lo contraddisi.
Non ci fu chiesto di mostrare il distintivo. Il cancello si aprì e una donna scheletrica avvolta in un tailleur rosso ci accolse sul vialetto principale, dopo che ricevette la notizia della morte del fratello Victor si accasciò nel divano quasi sparendone tra le pieghe.
Nulla di utile da riferire. In quegli utlimi mesi non era andata a trovarlo in clinica perché aveva avuto molto da fare con le recite delle sue due figlie di sette e dieci anni.
Ci congedò incapace di muoversi dal suo tiepido nascondiglio.
“che ne pensi?” mi chiese non appena salimmo in macchina
“Trovo irrazionale la sua rezione” mi limitai a rispondere fissando i cani che rincorrevano una palle multicolor “tu?” sovrappensiero. Non mi interessava realmente.
“credo che menta. Troppa disperazione per un fratello abbandonato in uno spizio per handicappati” borbottò rude lui
“Diversamente abili” lo corressi con l’ultimo eufemismo in vigore dopo che l’ultimo aveva perso la sua sfumatura attenuativa.
Fuori disabile, dentro il politicamente corretto.
Antropologicamente non faceva una piega.
“e comunque è una struttura ideale per persone con problemi motori simili, possono essere seguiti e compiere i loro esercizi giornalieri senza sentirsi un peso per la famiglia. Per chi è affetto dalla spondilite anchilosante, l’esercizio fisico è indispensabile per conservare anche solo in parte la loro capacità motoria” conclusì banale, fece schioccare la lingua contro il palato. Perplesso.
“sì, ed erano al sicuro, vedo”. Ironia.
Alzai un sopracciglio, involontariamente l’angolo sinistro delle labbra si alzò in un nostalgio sorriso.
Mi era mancato.
Rude e gentile. Saggio e incredibilmente pieno di pregiudizi. Influenzante e influenzato.
Eccolo, era tornato. Era lui, il mio ossimorico collega, il tempo non l’aveva cambiato.
Sorrise allo specchietto retrovisore mentre osservava il suo riflesso.
Sì, eravamo decisamente una bella squadra. Una squadra che era stata in grado, solo battendosi la mano, di dimenticare mesi di silenzio e rancore.
Decisamente una bella squadra.


   
 
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