Il
rosso era felice di ospitare i suoi due migliori amici alla Tana e il terzo
membro del trio aveva colto al volo l’occasione per non andare con i genitori a
sciare. Quando entri a far parte del mondo magico, quella che hai sempre
considerato la normalità si trasforma nell’assurdo. Per Hermione era ovvio che
si potesse volare con delle scope sopra un giardino innevato, ma diventava
buffo scivolare lungo i pendii delle montagne con due stecche sotto ai piedi.
Harry
considerava quella catapecchia la sua seconda casa. Prima c’era
Hogwarts
ovviamente. Dalla prima volta, al suo secondo anno, che aveva messo
piede nell'abitazione di Ron vi respirava quell’aria di
familiarità che gli era stata negata. Se
non fosse stato per la protezione di sua madre avrebbe seguito le orme
di
Sirius, abbandonando gli zii e trasferendosi dai Weasley. Sirius... era
impossibile non pensare al suo padrino. Non finiva mai di rimproverarsi
del suo
carattere di merda, della sua impulsività, del suo poco sangue
freddo. Avrebbe
potuto salvare l’unica persona che lo collegava con i suoi
genitori, l’unico
che lo capiva. Se solo avesse riflettuto, se solo avesse dato retta ad
Hermione. No, non voleva più pensarci. Attribuirsi la colpa non
serviva a
niente. Non avrebbe riportato in vita Sirius. Anche lui se ne era
andato, come
i suoi genitori, nel tentativo di salvarlo.
Appena
arrivati, dopo una viaggio molto movimentato dovuto alle misure di sicurezza in
crescente aumento, la signora Weasley corse ad abbracciarlo.
-
Mamma, lascialo respirare – era Ron, in evidente imbarazzo. Non sapeva quanto
fosse fortunato. Molly era una mamma meravigliosa. Ma ad Harry sarebbe apparsa
tale anche con tutti i difetti di questo mondo. Lui avrebbe voluto abbracciare
Lily, avrebbe almeno voluto ricordare come ci si sente tra le braccia della
propria madre. Era sicuro che le emozioni non sarebbero state le stesse. Però
non poteva non essere grato alla signora Weasley.
Draco si lasciava alle spalle il
castello accompagnato dalla madre e da un sentimento di odio profondo verso
quella sconosciuta. Il vento pungente gli accarezzava il viso. L’inverno era
come lui. L’inverno era lui. Prima di andarsene si voltò a guardare quel posto.
Improvvisamente si trovò ad invidiare Harry Potter. Lui era qualcuno. Prima
aveva come scusa il fatto che quella popolarità non se la fosse guadagnata, ma,
dopo gli avvenimenti dell’anno precedente all’interno del Ministero, non poteva
più nascondersi dietro quei muri che si era innalzato per non sentirsi un
fallito. Muri di orgoglio. Perché chi era Draco Malfoy? Un Purosangue certo, ma
con il padre in prigione, una madre disperata e le tenebre nel cuore. Ma lui
iniziava a capire qualcosa. Lord Voldemort non l’aveva scelto e non aveva modo
di riscattarsi, di essere per un attimo come Harry. Che pensiero odioso,
indegno! Come aveva potuto anche solo paragonarsi a quello squattrinato. Draco
improvvisamente tornava a sentirsi superiore. Tornava a volere Jude.
Harry
era uscito fuori a prendere una boccata d’aria. Nell’atmosfera Natalizia carica
di entusiasmo e di emozione per essere lì, tutti insieme, non aveva potuto fare
a meno di pensare a lei. Quella maledetta ragazza gli aveva incasinato la vita.
Non gli importava più niente del Principe Mezzosangue, della strategia di
Voldemort volta a seminare panico e terrore. Non gli importava dell’inevitabile
scontro, della profezia. “Nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive”.
Non gli importava nemmeno di questo. Si ritrovò a scrutare l’orizzonte. A
fissare delle banali colline e un lenzuolo di stelle che non sarebbe mai
riuscito a coprirle. Una simile meraviglia, carica di luci in grado di regalare
emozioni intense, non si sarebbe mai abbassata al livello di quei rilievi,
ancora più banali nell’oscurità. Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto da
un dolore lancinante, come non ne riprovava da tempo. Impiegò davvero poco a
capire che la colpa era della sua cicatrice. Era vicino. Con uno sforzo immenso
estrasse la sua bacchetta. La puntò in avanti. “Expelliarmus”. Un guizzo
nell’oscurità. Il dolore che si placa. Jude.
-
Tu? Tu cosa ci fai qui? Tu... chi sei Jude?
-
L’hai detto, Jude
-
Non scherzare. Cosa vuoi veramente? – con un passo felpato la ragazza uscì
dalle siepi e si diresse verso di lui. I capelli biondi ondeggiavano al vento.
Gli occhi ancora più ghiaccio in sintonia con l’ambiente.
-
Te – lo voleva e lo prese. Mise una mano tra i suoi capelli corvini, l’altra
utile ad accarezzare le guance di quel ragazzo che, dopo un momento di
esitazione, si lasciò trasportare. Portò le sue dita sulla schiena di lei, la
strinse forte contro il suo corpo. Voleva sentirla quell’anima gelida, ma
passionale. Poi la lingua di Jude si fece strada nella sua bocca. Harry si
trovò coinvolto in un gioco che non avrebbe voluto iniziare e di cui si pentiva
mentre ancora lo stava compiendo. Poi un tonfo lo fece ritornare alla realtà.
Si staccò da lei e vide l’altra. I capelli rosso fuoco di Ginny erano sollevati
dal vento che si era alzato improvvisamente. I suoi occhi era diventati più
scuri. La rabbia, le delusione, l’odio le trapelavano da ogni poro. Era
immobile fuori dalla porta della Tana, a terra la causa di quel tonfo: un
vassoio con quelle che dovevano essere due tazze di cioccolata calda. Harry
rimase solo. Jude fuggita chissà dove e Ginny scappata probabilmente in camera
sua.
Era
sdraiata sul letto, gli occhi fissi sul soffitto, uno spiffero gelido entrava
dalle fessure della finestra. Pensava a quel maledetto bastardo. Si era
innamorata di lui dal primo giorno in cui l’aveva visto, quando, al binario 9 e
3/4, si era unito alla sua famiglia con quell’aria da imbranato, da pesce fuor
d’acqua. Non l’aveva mai dimenticato in quegli anni. Seguendo il consiglio di
Hermione si era buttata tra le braccia di altri ragazzi. Nessuno l’aveva fatta
innamorare perché nessuno era Harry Potter. Aveva finto di non sentire quando
lui parlava di Cho, aveva chiuso gli occhi per non vederlo durante le lezioni
dell’esercito di Silente mentre ci provava con lei. E ora? Ora se lo ritrovava
davanti avvinghiato come un polipo a una bionda. A una sconosciuta. A una
ragazza che non era lei. Ginny voleva morire, moriva dentro. Ma l’unica
debolezza che si concesse fu scappare in camera e riflettere. Ginevra Molly
Weasley non piangeva. La più piccola di sette fratelli non versava una lacrima.
Poteva morire dentro, ma gli altri non l’avrebbero capito. Mai.
Harry
si sentiva un verme. Sapeva cosa provava Ginny nei suoi confronti, ma aveva chiaramente
proibito al suo cuore di innamorarsi di lei, di quel visino dolce, ma
determinato, coraggioso, attraente. Perché lei era la sorella del suo migliore
amico. Non pensò a dove potesse essere andata Jude, correndo raggiunse la
camera della piccola Weasley.
Lui
era davanti a me. Con una mano alzata, pronto a bussare. Non era entrato nella
mia stanza, ma un odore dolciastro che non gli apparteneva aveva preceduto il
suo ingresso. Mi stampo in faccia il migliore dei miei sorrisi più falsi.
-
Harry, non mi devi nessuna spiegazione.
-
Invece sì. Io sento di doverti parlare di lei, di Jude.
-
Ti prego, non farlo. Sono brava a fingere, ma odio piangere. Non farmi ancora
più male
La
neve aveva ripreso a cadere. Jude ne fu felice. Le sue tracce si sarebbero
cancellate sa sole.
Harry
era in un bel casino. Dipendeva da lei ed era stato colto in flagrante dalla
piccoletta lentigginosa. Strano come i sentimenti che il maghetto non sapeva
nemmeno di provare fossero evidenti, ovvi a quella sconosciuta.
Spazio dell'autrice.
Grazie a Tony Porky. La prima ed unica ad aver recensito e che mi ha aggiunto tra le seguite. Nel capitolo 4 è avvenuta la rivelazione a Ginny che avevi predetto. Questa volta mi sono dilungata un pò e ho cercato di aggiungere alcune descrizioni. Ben poche in realtà. Grazie per i complimenti e... che dire? Io adoro questo Malfoy e mi fa piacere che ti abbia attratto la figura di Jude. Ne vedremo delle belle.
Ora sono in vacanza. Appena torno a casa posto il capitolo V. Ci sarà una strana alleanza xD
Bacioni
GiorgiaG 95