Quarto
Capitolo: Un passo indietro.
Severus
Piton, un uomo adulto con il naso aquilino,
aveva l’aria di passeggiare tranquillamente per
un’affollata contrada di
Hogsmeade. Da poco tempo aveva notato che era molto più
sicuro confondersi con
la gente piuttosto che strisciare per vicoli scuri, in cui qualcuno,
stando
bene in guardia, avrebbe potuto riconoscerlo. E poi, non era nemmeno da
molti giorni che alcuni volti di uomini e donne, noti come Mangiamorte,
erano
apparsi in stampe appiccicate su molte vetrine delle strade.
Dopotutto quella domenica estiva era abbastanza
tranquilla, tanto che la gente se ne andava a spasso e a far compere.
Insolito.
Però, quell’uomo, qualcosa di strano lo aveva. Era
completamente avvolto nel suo mantello nero, una cosa da pazzi sotto
quel sole bruciante.
Ma si sa, la gente guarda ma non vede.
Infatti in pochi minuti raggiunse la sua meta, una
piccola e sudicia casetta in fondo alla via. Severus entrò e
chiuse la porta a
chiave. Sfinito dal caldo, si tolse il mantello e lo gettò
sull’appendiabiti,
poi si sedette su una sedia vecchia e malmessa. Si mise le mani sulla
fronte e
sospirò. Quel giorno aveva visto per la prima volta dopo
nove mesi, la conferma
delle voci che si erano sparse nel mondo magico. Era andato a
Godric’s Hollow,
finalmente era riuscito ad
avvicinarsi a quel paesino senza farsi scoprire dai suoi
“colleghi”. Il Signore
Oscuro lo voleva lontano da lì. Sapeva bene quali erano i
sentimenti che lui
provava per la giovane Evans, Potter
per meglio dire, e non voleva che interferisse nei suoi piani. Non dopo
aver
riferito la profezia a lui e non dopo aver ascoltato le sue ipotesi sul
bambino
dei Potter che doveva nascere a breve. Severus Piton non doveva
avvicinarsi a
Godric’s Hollow e in qualche modo aiutarli a fuggire. Il
Signore Oscuro si
fidava di Piton, ma questa sua debolezza lo aveva reso più
cauto e attento.
Esilio da casa Potter per Severus.
Quel giorno però Bellatrix e la sua cerchia di amichetti
avevano combinato qualche disastro con dei babbani e le guardie
assegnate al
paese si erano distratte e allontanate per poco.
In quei secondi, Severus si era infiltrato. Era stato
quasi sorpreso nello scoprire che non c’erano incantesimi
contro di lui, per
impedirgli di entrare. Era quasi certo che il Signore Oscuro lo stesse
marcando
stretto. E invece ora si era trovato davanti a quella manchevolezza.
Poco male
comunque, le trappole si sarebbero sempre potute rivelare in seguito.
Percorse cautamente la piazza, lasciandosi alle spalle il
cimitero. Nel centro di questa si trovava una colonna dedicata ai
caduti in
guerra. Null’altro. Stando allerta aveva vagato per il paese
cercando e
cercando. Non aveva potuto scorgere la casa, né gli abitanti
al suo interno,
protetti da un potente Incanto Fidelius. Verso sera, ormai sconfortato,
si era
avviato verso il fondo del paese, per tornare a casa. Fu quando la
vecchia
Bathilda Bath ruppe una finestra al piano di sopra, urlando al suo
gatto che
Severus la vide. Probabilmente Lily doveva aver oltrepassato la sottile
linea
dell’incantesimo, perché gli apparve in tutto il
suo splendore di donna nella
via ciottolata. Era cambiata, in meglio certo. Si era alzata, aveva i
capelli
più lunghi che gli incorniciavano il viso con
un’onda morbida, le guancie erano
paffute, gli occhi brillanti. Ma ciò che lui vide,
ciò che gli procurò una
sensazione di vuoto fu la sua pancia, enorme. Era vero allora. Lily
Potter
aspettava un bambino. Dall’uomo che aveva odiato da giovane.
Lei gli aveva
permesso di amarla e di entrare dentro di lei, creando qualcosa di
duraturo, qualcosa
che era stato permesso a James Potter perché era una persona
buona, e qualcosa
che non era stato permesso a lui anni prima perché era una
persona cattiva,
malvagia. Perché l’aveva distinta dagli altri per
ciò che era.
Il sole tramonta
comunque.
Lei non lo aveva visto. Era uscita dal cerchio magico a
causa di una caduto. Pochi secondi dopo James Potter
“uscì” e in fretta la
riportò dentro.
Con le nocche bianche strette al cancello di casa Bath,
Severus, un uomo già morto, non poteva morire di nuovo.
Rimase lì, fermo,
immobile, a fissare per quelle che sembrarono ore, la linea che
separava il
giardino della vecchia Bathilda dalla casa rossa lì a
fianco, dove un vecchio
signore era intento a tagliare l’erba con una strana
macchina. Fu solo dopo
molto tempo che sentì qualcuno materializzarsi infondo alla
strada. Allora, in
fretta, percorse il vialetto fino a girare l’angolo e si
smaterializzò.
[A volte il dolore ci coglie di
sorpresa...a volte pensiamo di poter riparare al danno...
e
a volte il danno è qualcosa che non
riusciamo neanche a vedere.]
Seduto sulla sua piccola sedia, Severus fece una cosa che
non faceva da molti anni, dal giorno in cui aveva trovato
l’invito al
matrimonio della sua amata con un altro uomo.
Pianse.
Lacrime amare.
Pianse.
Anche se ormai non serviva più a nulla.
Ma quel giorno era cambiato qualcosa dentro di lui. Quel
giorno aveva preso una decisione che avrebbe messo in pericolo la sua
stessa
vita. Ma era necessario. Era doloroso da una parte ma serviva. Serviva
assolutamente.
Senza preoccuparsi di asciugare le lacrime si diresse
nella sua camera, prese della pergamena, una piuma e tornò
alla sedia e al
tavolino. Scrisse una lettera, breve e coincisa, riponendoci tutte le
sue più
grandi speranze. Poi trasfigurò un cuscino in una specie di
uomo-sacco, gli
mise il mantello addosso e lo pose sulla seggiola. Accese una candela,
la mise
sul tavolo e accese la radio. Sapeva di essere seguito.
Piano piano, senza rumore, uscì dalla porta sul retro,
applicandosi un incantesimo di Disillusione che gli diede i brividi. Si
allontanò di qualche isolato e raggiunse una radura isolata,
dove richiamò un
gufo a cui legò la lettera.
“Devi portarla al Professor Silente”,
sussurrò.
Il gufo lo guardò con una sguardo saggio e partì.
Sev lo
seguì con gli occhi, poi tornò a casa.