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Autore: KatNbdwife    06/08/2010    1 recensioni
In "Dopo di te" Lea e Bill si sono conosciuti, amati, lasciati. Ora come vivranno il resto della loro vita lontani?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Mi raccomando, appena arrivi chiama!”

Sue e Mandy avevano scaricato Lea all’aeroporto di Fiumicino e ora la osservavano allontanarsi verso il check-in, con le spalle leggermente ricurve, mentre si tirava dietro un pesante trolley nero. Dopo la chiacchierata del pomeriggio precedente, insieme alle amiche, si era convinta. Non aveva ancora perdonato Bill, ma ammetteva di non avergli lasciato nessuna possibilità, non l’aveva fatto parlare e non si era nemmeno preoccupata di rispondere alle sue chiamate.
Per tutta la durata del viaggio aereo, continuava a pensare a lui, a tutto quello che avevano passato, all’amore che provavano l’uno per l’altra (lei era arrabbiata, tremendamente arrabbiata con lui, ma era impossibile negare di amarlo), alle sere che si era addormentata immaginando di averlo accanto e a quelle in cui lui c’era stato davvero.
Quando la hostess avvisò i passeggeri dell’imminente arrivo, Lea pensò che non aveva avvisato nemmeno Tom del suo arrivo e un moto di preoccupazione si impossessò di lei: e se i gemelli non fossero stati a Berlino?
“Stupida idiota!” pensò, sentendo una fitta nello stomaco. Ma ormai, si era acceso il segnale che indicava ai passeggeri di allacciarsi le cinture.

**

“Oh, appena arrivi chiamami!”

Tom aveva accompagnato Bill all’aeroporto di Berlino, dopo una serata passata a riflettere circa la possibilità di seguirlo a Roma. Il volo sarebbe partito di lì a poco e Bill era spaventosamente in ritardo.

“No Tomi, non voglio obbligarti a seguirmi. Goditi questi giorni di ferie. E chiedi ancora scusa a David e ai ragazzi. Ti prometto che tra due giorni sarò di ritorno” gli aveva detto, la sera prima per poi, sconsolato, aggiungere “Se non subito…”
“Si sistemerà tutto, vedrai. Quando scoprirà che hai mollato anche la band per andare da lei, si addolcirà” lo aveva rassicurato il gemello “Qualsiasi ragazza apprezzerebbe un gesto simile”

Con mille dubbi e un po’ di paura, ma con tanta speranza, Bill si era incamminato verso il check-in, voltandosi solo una volta verso il gemello per salutarlo con la mano.

**

Mentre Tom usciva dall’aeroporto e si dirigeva al parcheggio, dove aveva lasciato la sua imponente Cadillac, scorse una figura famigliare fra la folla. Era ferma di fronte al parcheggio dei taxi, indossava un giubbotto nero che le arrivava alla vita, un paio di jeans scoloriti e ai piedi delle Converse viola. Non aveva né cappello né cappuccio in testa e i fiocchi di neve che avevano cominciato a scendere già dalla sera prima, le si impigliavano fra i capelli neri.
Il primo impulso di Tom, fu quello di voltarsi e correre verso l’ingresso dell’aeroporto, per richiamare il fratello a gran voce, ma temendo di sbagliarsi e di rischiare di far perdere il volo a Bill, si avvicinò alla ragazza che, in quel momento, armeggiava con il telefono.
Quando fu a pochi passi da lei, la sentì parlare in una lingua a lui poco nota, ma che riconobbe immediatamente: era italiano. E l’unica ragazza italiana che conosceva abbastanza bene da ricordarsela era Lea.
In un attimo, le fu alle spalle e le posò una mano sul braccio. Lea si girò subito, spaventata, e rimase a bocca aperta riconoscendolo.

“Che… che cazzo fai qui?!” urlò Tom, incurante dei passanti.
“Scusa?” domandò Lea, piccata, credendo che Tom non la volesse fra i piedi.
“Tu non dovresti essere qui!” continuò il rasta.
“Cos’è, per caso il mio arrivo rischia di interrompere qualcosa?”
“Non dire cazzate!” la prese per mano e la trascinò verso l’ingresso.
“Che cosa fai?” gridò Lea, divincolandosi dalla stretta di Tom e attirando l’attenzione delle persone intorno a loro.
“Dobbiamo entrare! Bill sta partendo!”
“Sta partendo per dove?” domandò la ragazza, allarmata.
“Sta venendo da te! Cioè, sta andando a Roma!”
“Sta… cosa?!”

Ma Tom, afferrandole la mano ancora più saldamente, la trascinò all’interno dell’aeroporto, per arrivare a pochi metri dal check-in e sentire lo speaker annunciare:

“Il volo YT 679 diretto a Roma è in partenza sulla pista numero 9”

I due ragazzi corsero disperatamente verso la pista numero 9, incuranti delle persone contro le quali si scontravano, fino a quando scorsero l’aereo decollare con un boato assordante.
Sempre tenendosi per mano, lo guardarono alzarsi in volo, ognuno con un pensiero diverso in testa. Solo quando l’apparecchio scomparve dietro alle nuvole, Tom lasciò la presa. Non si erano nemmeno resi conto di essersi tenuti la mano per tutto quel tempo, talmente erano impegnati a raggiungere Bill il prima possibile.

“E’ partito cazzo” imprecò Tom, tirando un calcio contro un immaginario oggetto.
“Avrei dovuto chiamarlo. Non pensavo proprio che raggiungesse Roma”
“Beh certo” sbottò Tom “Pensi mai a qualcosa che non riguardi te stessa?” e voltandole le spalle, si recò verso l’uscita.
Lea gli corse dietro, trascinando il trolley mezzo ammaccato dopo la corsa “Scusa? Cosa vorresti dire?”
“Che pensi solo a te stessa, te ne sbatti sempre le palle degli altri o meglio, di mio fratello”
“Sei impazzito?” Lea aveva il fiatone, ma cercava di stare dietro a Tom meglio che poteva.
“Hai sempre fatto così, da che lo conosci. Ti incazzi, gli urli dietro, ma mai una volta che gli permetti di spiegarsi. Va bene, questa volta ha sbagliato lui, ma nel momento in cui ha cercato di spiegarsi tu gli hai sbattuto il telefono in faccia e l’hai mandato a quel paese”
“Cosa avrei dovuto fare? Mi ha mentito! E mi ha tradito!”

Tom era ormai giunto alla sua Cadillac, parcheggiata non lontano dall’aeroporto. Lea gli stava dietro, ansimando. Il ragazzo si voltò immediatamente, udendo quelle parole: “Non ti ha tradito, Lea” poi aprì la portiera e salì in macchina “Non ti avrebbe mai tradita”

Lea rimase impalata come uno stoccafisso, a guardare il ragazza che inseriva la chiave nel cruscotto e che, dopo qualche secondo, si rivolse a lei per dirle: “Beh, che fai lì impalata? Sali no!”

“E quindi…” Lea, appena salita sull’imponente macchina di Tom, cercava di intavolare una discussione con il burbero rasta che, osservandola di sbieco, guidava con sicurezza per le strade di Berlino “… anche questa volta ho esasperato la situazione”
“Abbastanza” grugnì Tom, inserendo la quinta e sorpassando un veicolo.
“So di non esserti simpatica Tom, quindi ti pregherei di lasciarmi in un qualsiasi albergo del centro. Penserò io a chiamare tuo fratello per dirgli di aspettarmi a Roma”
“Bill non la smetterebbe di rimproverarmi se ti lasciassi in albergo. Vieni a casa nostra per stasera. E non tornare a Roma, aspettalo qui”
“Aspettarlo qui!?”
“Non ti mangio, stai tranquilla. Qui avrete la casa tutta per voi, è grossa abbastanza per ospitare tutti e tre senza intralci”
“Non voglio essere di disturbo” mormorò Lea, imbarazzata.
“Senti Lea” Tom si voltò un istante per guardarla in faccia “Noi due non siamo mai andati molto d’accordo, ma io sono certo che tu sei la persona giusta per mio fratello. Quindi cerchiamo di trovare un punto d’accordo”
“Proviamoci” disse, sorridendo debolmente al ragazzo.

Qualche minuto dopo, il rasta parcheggiò la macchina all’interno del cortile ben curato che Lea aveva già visto.
Fece strada alla ragazza fino al secondo piano, quello dove i ragazzi passavano la maggior parte del tempo e portò il suo bagaglio nella stanza di Bill.

“Tra un’ora circa, Bill sarà a Roma. Con un po’ di fortuna, potrà essere di ritorno a Berlino già stasera”
“Speriamo…” sospirò la ragazza.
“Hai fame? E’ quasi mezzogiorno, ti va di mangiare qualcosa? La pizza va bene?”

**

Dopo il pranzo, consumato in silenzio al tavolo della cucina, Lea chiamò Bill con il telefono di Tom. Secondo i calcoli, il ragazzo sarebbe dovuto essere a Roma in quel momento.
Il telefono squillò per pochi secondi, dopodiché una voce ansante rispose: “Tom?”
“Ciao Bill”
Qualche secondo di silenzio e poi “Lea?”
“Sì, sono io”
“Che… cosa? Lea dove sei?”
“Sono a Berlino”rispose, mordicchiandosi il labbro.
“Berlino?!” la voce squillante del ragazzo le perforò un timpano “A Berlino? Io sono a Roma!”
“Lo so, lo so. Tom mi ha spiegato tutto. Bill torna indietro” lo supplicò.
“Prendo il primo volo, aspettami!” poi interruppe la comunicazione velocemente, senza darle il tempo di aggiungere altro.

“Torna?” chiese Tom, quando Lea gli ripassò il cellulare.
“Sì, ha detto che prende il primo volo”
“Questa sì che è bella” sghignazzò il rasta, abbandonandosi contro lo schienale della sedia “Tu qui, lui in Italia. Non ho mai visto una coppia più assurda della vostra!”

Lea si rabbuiò, estrasse il pacchetto di sigarette dalla tasca del maglione e fece per alzarsi.
“Puoi fumare anche qui” le disse Tom. La ragazza si risistemò sulla sedia, accese la sigaretta e con una mano, prese a giocherellare con una ciocca di capelli.
“Ho sempre dato per scontato che a me non sarebbe successo”
“Cosa?” chiese Tom.
“Di innamorarmi. Pensavo davvero di potercela fare. Sai, un sacco di impegni, mio nipote da curare, il lavoro, l’università… ero così presa da tutto questo che credevo seriamente di non avere la possibilità di innamorarmi”
“Non si possono programmare queste cose. Non sono lezioni da studiare sui libri, la vita di coppia si sperimenta solo vivendola”
Lea fece una smorfia “Non ti facevo così filosofo”
“Da un Kaulitz puoi aspettarti di tutto” ridacchiò.
“Me ne sono accorta! Tu dimmi se a quel pazzo doveva venire in mente di raggiungermi a Roma!” con la mano batté un leggero pugno sul tavolo.
“Vedi dove sbagli?” Tom si scrocchiò le dita delle mani e riprese “Questo è l’amore. Bill ti ama, perché ti risulta così tanto difficile da capire? Le persone innamorate fanno queste cose…”
“Sei mai stato innamorato?” gli chiese Lea, all’improvviso.
“No, non proprio. Non come mio fratello in questo momento”
“Dovrei trasferirmi a Berlino, secondo te?”

Tom ci pensò un attimo: sapeva che, in qualche modo, la sia risposta sarebbe stata importante per Lea. Optò così per un ragionamento logico: “Non spetta a me dirtelo, è una decisione troppo importante. Certo, sarebbe tutto più facile, perché ogni volta che abbiamo del tempo libero torniamo qui. Però, capisco la tua ritrosia. A Roma c’è tutta la tua vita”
“Da quando ho conosciuto Bill, la mia vita è divisa a metà. Un pezzo a Roma e un pezzo in giro per il mondo” mormorò la ragazza, alzandosi per gettare la sigaretta nel portacenere, posato su di una mensola accanto al lavello “Se penso al nostro futuro, mi viene l’ansia. Le unioni a distanza non funzionano mai e noi siamo così diversi”
“Non così tanto” commentò Tom.

In quel momento, il cellulare li interruppe. Lea rispose velocemente.

“Bill?”
“Tutti i voli sono sospesi!”
“Che cosa?” strillò Lea.
“Sì, c’è una tempesta di neve qui a Roma e i voli non partiranno fino a che la situazione non si sarà stabilizzata!”
“Prendo il treno, Bill! Aspettami a Roma!”
“Non se ne parla! Tu rimani lì con Tom! Con il treno ci vorrebbe comunque troppo tempo e sei più sicura a Berlino, specie con questo tempo” il tono pacato e dolce della sua voce, le accelerò i battiti del cuore.
“Mi dispiace Bill. E’ tutta colpa mia, come sempre ho reagito da isterica. Tom mi ha raccontato tutto”
“Non ti avrei mai tradita, Lea. Io ti amo”
“Anche io…”
“Aspettami, domani sarò a Berlino. Adesso cerco un albergo, ti chiamo quando sono in stanza. Qui c’è un casino pazzesco”
“Chiamo Marie, ti ospiterà lei per stanotte” propose Lea.
“No, no. Lascia perdere, davvero. Non voglio disturbare”
“Sicuro? La chiamo subito se vuoi”
“Non preoccuparti per me. Io sto bene. Passami un attimo Tom”

Lea porse il cellulare al rasta.

“Cosa succede?”
“Sono bloccato in aeroporto, cazzo! Mi cerco una stanza”
“Resta lì! Magari fra un paio d’ore la situazione si sistemerà!”
“Ho freddo e sonno, vorrei dormire un paio di ore almeno. Mi raccomando, occupati di lei, non farle mancare nulla e trattala bene, intesi?”
“Sì grande capo!” poi si salutarono e Tom interruppe la comunicazione.

Dopo aver parlato con Bill, Tom squadrò Lea e le disse: “Avrai mica intenzione di stare chiusa qui anche stasera, vero?”
“In verità” mormorò Lea “era esattamente quello che intendevo fare”
“Stasera esco con amici. Non posso lasciarti qui, perché se Bill lo venisse a sapere comincerebbe a strillare, per poi tenermi il muso per giorni. Inoltre, so che vorrebbe che fra noi due le cose si chiarissero”
“Si sono già chiarite, Tom”
“Se potessimo instaurare un rapporto di amicizia, Bill sarebbe davvero felice” abbassò lo sguardo e proseguì “So che non sembra, ma farei qualsiasi cosa per quel rompiballe” poi ridacchiò sommessamente e si fregò la punta del naso con un dito.
“Gli vuoi molto bene, vero? Voglio dire, è proprio come dicono: i gemelli hanno un legame speciale”
“Esattamente. E’ qualcosa che non si può spiegare a parole, si capisce solo se lo si vive. Ci credi che non farei certe cose nemmeno per la donna della mia vita?” Lea accese un’altra sigaretta e aspettò che Tom continuasse “Nel senso che potrei morire per mio fratello”
“Sai che, se non fossi innamorata di Bill, potrei caderti ai piedi per un’affermazione simile?” rise Lea.
“Alle donne piacciono queste cose”
“Non è che alle donne piacciono, è che è obiettivamente fantastico sapere che ci sono fratelli che darebbero la vita l’uno per l’altro”
“Allora” Tom cambiò velocemente discorso, per non esporsi ulteriormente “stasera vieni con me?”
“Sono obbligata, a quanto ho capito”
“Esattamente. Alle nove passa a prenderci Andreas, ci saranno anche Georg e Gustav con alcuni amici. C’è un locale carino poco fuori Berlino, dove si esibisce una band tedesca che merita. Verranno anche delle ragazze, non ti sentirai in imbarazzo”

**

Il locale, proprio come aveva detto Tom, era decisamente carino. All’ingresso, un lungo bancone in radica dominava quasi tutta la stanza, che si allungava fino a condurre i clienti verso una zona più grande, dove erano soliti esibirsi differenti gruppi ogni sera. Alle pareti, di mattoni a vista, erano appese le locandine dei gruppi storici che, almeno una volta, erano stati lì e avevano deliziato il pubblico con le loro performance. Dal soffitto pendevano lampadari che emanavano una piacevole luce soffusa e contribuivano a rendere l’ambiente ancora più accogliente. I tavoli, rotondi e coperti da tovaglie viola scuro, erano sparsi qua e là per il salone e ognuno di essi aveva un candelabro vintage al centro.
Il palco era basso ed essenziale e la band stava già intonando le prime strofe di una canzone che Lea non aveva mai sentito.
Si accomodò tra Tom e Georg, ad un tavolino appartato, lontani dal centro della sala. Le due ragazze che erano con loro la misero a suo agio, dispensando sorrisi cordiali e sinceri.
Andreas le fece un sacco di domande e si disse felice di avere, finalmente incontrato la famosa ragazza del suo amico.
“Finalmente ti conosco” esordì il biondino “Pensavo quasi che fossi un’invenzione di Bill!” rise.
“No, no, esisto! Solo che non capito spesso in Germania” rispose “Ad ogni modo, il piacere è mio! Fino ad ora, ti avevo visto solo sui giornali”

Lea era certa che, se ci fosse stato Bill, quell’atmosfera l’avrebbe reso felice, perché per l’intera serata si sentì parte del mondo del suo ragazzo, un mondo che tutto sommato, non era poi così diverso dal suo: se si fosse abituata all’idea di non vederlo per mesi, il resto sarebbe stato una passeggiata.
A fine serata, Andreas riaccompagnò a casa Tom e Lea, che decisero di concedersi una tazza di tè caldo prima di andare a letto.

Seduti sul divano, Tom le chiese se si fosse divertita.
“Oh sì, molto! Sono felice di non essere rimasta qui. I vostri amici sono così gentili e alla mano”
“Chi pensavi che avessimo come amici? Heidi Klum e Puff Daddy? Io e Bill siamo molto attaccati alle nostre origini. Se solo possiamo, ci piace stare con le persone che ci conoscono da sempre. Non abbiamo molti amici celebri, anzi, non abbiamo amici famosi, solo conoscenti. Le nostre vere amicizie, sono quelle che hai visto”
“Me ne sono resa conto, sai? Per un paio di ore ho dimenticato chi voi siate in realtà. Mi siete sembrati solo dei ragazzi come gli altri”
“Che è quello che siamo, alla fine” Tom sorseggiò del tè e le sorrise “Persone normali. Ok, io sono decisamente più bello di tutti i ragazzi che potrai mai conoscere, ma sono comunque normale”
Lea scoppiò a ridere, rischiando di strozzarsi “Sei anche molto modesto, in effetti”
“Il mio secondo nome è modesto”

I due ragazzi finirono il tè, si diedero la buonanotte e Lea si chiuse nella camera di Bill, addormentandosi con il suo profumo a farle compagnia.

**

Ringrazio anche Funny Lady e Bambi, che si sono aggiunte alle commentatrici! :)
Inoltre, vorrei aggiungere che mancano solo tre capitoli alla fine ^^
Grazie, come sempre, a tutte! *_*
Kate
   
 
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