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Autore: Sten__Merry    06/08/2010    1 recensioni
Una lite tra Bones e Booth, un nuovo caso che li avvicinerà di nuovo o li dividerà definitivamente.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Seeley Booth, Temperance Brennan, Zack Addy
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Ecco il sesto capitolo!
E' un po' macabro, ma che ci volete fare?
Se non sono estrema non sono contenta xD

Fatemi sapere, Sten

(vorrei precisare che non è una ff a più mani, ho sbagliato a clickare quando ho creato la pagina e non so più come rimediare xD)


CAPITOLO 6

Il sole filtrava prepotente attraverso l’opaca finestra della clinica, lasciando che la sua luce si proiettasse dritta nei bellissimi occhi castani della ragazza che sedeva, quasi raggomitolandosi, su una angusta sedia blu.
Angela non ci badò.
Io badai ai suoi occhi.
Il castano brillante era stato sostituito da una patina di tristezza che assassinava ciò che di bello c’era nella mia amica.
“Angela, non devi farlo, se non te la senti” una frase completamente vera, anche dal punto di vista antropologico. In fondo, l’interruzione di una gravidanza era la cosa meno contemplata dalla natura e da molte civiltà se non da quella moderna.
La mia opinione? Beh, diciamo solo che credo nel’evoluzione intellettuale dell’uomo.
“Brennan, devo” annuii, in fondo la capivo.
“sicura di non volergliene parlare, prima?” la incalzai
“No, non posso perderlo”. La determinazione di Angela nel tener all’oscuro l’entomologo di tutta la faccenda della gravidanza mi aveva lasciato, da un lato, sbigottita, dall’altro squisitamente ammirata: mi ero trovata di fronte una Angela meno Booth e più Brennan, più razionale che emotiva.
Sorrisi per due secondi al pensiero che ero stata io a consigliarle di parlare con Hodigins e non potei far altro che imputare la mia frase all’influenza di Booth.
“Angela Montenegro” chiamò l’infermiera uscendo da una porta di metallo verniciata in turchese, Angela mi strinse la mano e si alzò. Una lacrima scendeva sul suo viso.
*
“Mangia qualcosa” dissi portando una ciotola con dello Jogurt alla pesca, Angela era stesa tra le coperte di seta nera del mio letto
“Grazie” disse allungano le braccia, con un sorriso timido sulle labbra “Non sarei riuscita a star sola” ricambiai il sorriso
“beh, ora devi pensare a come dirlo” alzai un sopracciglio “non potrai tenerlo nascosto per molto.” Angela si toccò la pancia, un tocco leggero e veloce
“non ora, Bren. Non ora” borbottò prima di scivolare in una tiepida sonnolenza.
Il cellulare interruppe il momento, costringendomi ad alzarmi, risposi
“Brennan”
“Bones, abbiamo gli arti” sgranai gli occhi
“Arrivo” lasciai le chiavi sul tavolino e un biglietto in cui invitavo Angela a fermarsi per quanto volesse, poi scesi e accesi la mia auto.
Raggiunsi il Jeffersonian venti minuti più tardi, Booth mi aspettava.
“dove sono?” con foga, mentre salivo sul SUV
“nel bosco dietro alla casa, disposte secondo uno schema particolare, pare un rituale” concentrato sulla strada come poche volte l’avevo visto
“ti ricordi quando hai lavorato con Sully?” tutto d’un fiato, come se avesse usato tutte le energie per pronunciare quelle poche parole
mi voltai sorpresa dalla domanda, annuii
“dove vuoi arrivare?” indagai
“avevi preso una giornata di ferie” puntalizzò lui, pareva stizzito
“tecnicamente non lavoravo più con lui” infastidita
“Beh, insomma. Non lo fai mai”
“A volte ne ho bisogno anche io” mi spazientii
“se non fosse partito, se io non fossi rientrato al lavoro e lui fosse rimasto il tuo partner, sarebbe successo qualcosa tra voi?” lo fissai
“scusa?” arrossì leggermente
“Cercavo di fare conversazione, non volevo intromettermi” disse
“Si, sarebbe successo” affermai, quasi a dargli un contentino “Antropologicamente non siamo fatti per resistere troppo ai nostri istinti, siamo animali, in fondo” annuì velocemente.
Fermò il SUV e, senza una parola, scese e si addentrò nel bosco
“Booth, fermati” gli ordinai, si girò sempre con le labbra serrate “Dove volevi andare a parare?” mi avvicinai
“Te l’ho detto cercavo di parlare un po’, era tanto che non lo facevamo” fece per girarsi, lo fermai prendendogli un braccio. Il mio viso a meno di dieci centimetri dal suo
“Booth!” lo rimproverai, in cerca della verità
“Bones” sbuffò lui alzando gli occhi al cielo “e pensare che sei la persona con il quoziente intellettivo più alto che io conosca” sorridendo, i centimetri erano ormai cinque.
Continuai a non capire.
“Portami dalle ossa” esclamai sorridendo.
Lui annuì tornando a farmi strada nella boscaglia. Un passo stranamente pesante.
Da lontano iniziai a scorgere qualche poliziotto che girovagava armato di una tazza di polistirolo contenente caffè
“ci siamo quasi” mi disse arrampicandosi su una piccola collinetta
Le ossa di gambe e braccia erano disposte in una forma pseudo circolare.
Seppi esattamente a che tipo di rituale ci trovavamo davanti.
“Booth” quasi allarmata “ siamo davanti a un gruppo di fanatici convinti di riportare in vita i morti” alzò gli occhi al cielo
“beh, questa ci mancava” rispose lui stizzito.
Mi chinai ed iniziai ad analizzare le ossa.

   
 
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