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Autore: _Pan_    07/08/2010    6 recensioni
Mikan è al suo primo anno di superiori, ma niente si prospetta come lei lo aveva immaginato: tra l'amore, inganni, e addii, la sua permanenza nella Alice Academy si preannuncia molto movimentata.
La storia tiene conto del manga (a tratti da capitolo 51 in su), quindi ci sono spoiler disseminati un po' ovunque. Inoltre, sarà raccontata alternativamente sia dal punto di vista di Mikan che che da quello di Natsume, ma non ci saranno capitoli doppi, nel senso che uno stesso capitolo non sarà raccontato da entrambi.
Coppie principali: Mikan/Natsume, Hotaru/Ruka (accennata)
Genere: Comico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hotaru Imai, Mikan Sakura, Natsume Hyuuga, Ruka Nogi
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 15 – Una settimana movimentata
(Mikan)

La mattina dopo mi svegliai molto presto, o almeno pensavo che fosse così dal momento che in casa c'era un silenzio quasi innaturale. Era il terzo giorno che mi trovavo lì, ma c'erano sempre state chiacchiere dovunque. Shinji-san e il nonno avevano un sacco di amici e la mattina si davano da fare per la preparazione della festa, mentre ogni pomeriggio si ritrovavano per giocare a dei giochi strani con le carte. Avevo cercato di capire come funzionassero e, forse, per qualcuno ci ero anche riuscita, o almeno in parte. Ma il poker rimaneva un assoluto mistero. Però mi piacevano molto le monete colorate che usavano, anche se non avevo capito bene a che servissero. Il nonno mi aveva spiegato che servivano per delle “puntate”, ma non mi aveva spiegato cosa fossero.
Scivolai fuori dal letto, sbadigliando. Magari avrei trovato Mitsuki in cucina intenta a preparare la colazione; lei non aveva mai approvato i loro giochi, ma non volle mai spiegarmi il motivo per cui era tanto contraria. Pensavo che fosse una cosa positiva che passassero del tempo insieme. Insomma, io adoravo passare del tempo con i miei amici, che poteva esserci di male? Inoltre, sembrava un po' stressata in questi giorni, e mi chiedevo se fosse per quello o se per il suo lavoro.. Entrai in cucina, cercando di non fare rumore, e la trovai che si stiracchiava, davanti ai fornelli.
«Buongiorno.» sbadigliai. Lei si girò verso di me, sorridendo.
«Non mi aspettavo di vederti in piedi così presto.» confessò, asciugandosi le mani. «Pensavo che per voi studenti le vacanze servissero per dormire.» ridacchiò.
«Non riesco più a prendere sonno.» replicai, in tutta sincerità. Una volta che mi svegliavo era difficile che mi riaddormentassi, a meno che non avessi veramente molto sonno. «E non sono abituata a dormire fuori casa... quindi...» solo dopo mi resi conto della stranezza delle mie parole: in teoria, era quella in cui mi trovavo una casa, invece l'Accademia era la mia scuola.
«Ti capisco. Anch'io la pensavo così, una volta. Poi, credo di essermici abituata. Sai, con dei nonni svitati come loro, è impossibile non farlo.» mise un piatto di frittelle davanti a me e altri due nel forno, in modo che rimanessero al caldo. Mi brillarono gli occhi, non appena feci sparire il primo boccone: non avevo mai assaggiato delle frittelle così buone!
Guardai l'orologio: erano quasi le sette di mattina, e probabilmente i nostri nonni avrebbero dormito ancora per un paio d'ore. Shinji-san si svegliava molto dopo di me, di solito. Mitsuki diceva che era un gran dormiglione, e che, soprattutto, andava a letto troppo tardi, come i ragazzini, e che per questo non poteva pretendere di essere in forma la mattina. «Vado a prepararmi. Devo andare a prendere la bimba.»
Mi sentii un po' in imbarazzo a fare quella domanda, ma volevo davvero fare una cosa prima di tornare in Accademia. «Ehm...» cominciai, mordendomi un labbro. Lei mi fissò, senza capire. «Non è che... non è che... sì, ecco... potrei venire con te?» la vidi spiazzata per un secondo e cercai di ritirarmi subito. «Cioè... se non vuoi, è lo stesso. Però...» avevo sempre voluto vedere il mondo “esterno”, come lo chiamavamo spesso noi studenti. Non ne avevo mai avuto l'occasione. O meglio, avevo visto qualcosa, dalla macchina con cui ero arrivata. Ma anche da piccola, quando abitavo col nonno non ero mai andata molto in giro, e volevo vedere tante cose.
«Beh,» rispose lei, poi, con leggerezza. «non credo che sarà un problema. Però sappi che quella bambina ha una situazione familiare un po' strana. Perciò... beh, dovremmo essere piuttosto... attente.» annuii. Era fantastico che mi avesse permesso di andare con lei! «Su, allora, è il caso che ti prepari anche tu.»
«Subito!» quasi corsi verso la mia stanza prendendo le prime cose che mi capitavano, e dopo aver fatto una velocissima doccia, mi catapultai letteralmente in sala. Mitsuki ancora non c'era, così mi sedetti sul divano ad aspettarla.
Ancora non mi ero abituata a non svegliarmi nel mio letto all'Accademia e non correre a fare colazione insieme agli altri, sempre in ritardo. Era strano, ma era qualcosa che avevo sempre fatto e il cambiamento mi aveva un po' scombussolata. Mi sembrava già un'eternità che mi trovavo in quella villa, insieme al nonno, Mitsuki e tutti gli altri e, invece, erano solo passati tre giorni.
L'occhio mi cadde su un mobile vicino alla porta della cucina che non avevo mai notato prima. C'erano un sacco di premi e strane fotografie. Ma, dove doveva esseri una foto, c'era una specie di rettangolo di metallo. Erano delle cose stranissime. Mi avvicinai per guardare meglio e lessi: era un diploma. Avevo capito che Mitsuki fosse più grande di me, ma non pensavo che si fosse già diplomata. Mi domandai se fossi troppo curiosa a voler sapere tutte quelle cose. Non avevo idea delle scuole che ci fossero al di fuori della Alice, quindi andai lo stesso a guardare. Quello che vidi fu sorprendente: Mitsuki si era diplomata alla Alice Academy due anni prima. Per cui, doveva avere all'incirca ventidue anni. Rimasi sorpresa: non avevo idea che anche lei possedesse un Alice. «Allora, sei pronta?» scese le scale, saltando gli ultimi gradini, con una mano sul corrimano, del tutto allegra e rilassata. Rimasi un momento senza parole, non volevo sembrare un'impicciona. «Beh, che hai?»
«No... no, niente.» replicai, allontanandomi dal mobile. Lei mi guardò come si guarda un bambino che ha fatto una marachella. Mi sentii un po' stupida.
«Sicura, tutto bene?» annuii, e lei sorrise, facendomi cenno di uscire dalla porta, con le chiavi della macchina in mano. «Ti ha sconvolta il primo premio alla gara di rutti di mio nonno, di' la verità.» spalancai gli occhi, incredula: non l'avevo neanche notato!
«Oh, ecco...» iniziai, mentre salivo in macchina, al posto di fianco al suo. «non sapevo che avessi frequentato la Alice.» in effetti, non ricordavo di averla mai vista, durante gli anni.
«Davvero? Beh, ero nelle Abilità Tecniche. Ho un Alice abbastanza inutile, a dirla tutta.» accese la macchina e partimmo. «La tua classe era abbastanza famosa per via delle lamentele di Jinno... sia quella di abilità che l'altra. Alle riunioni del comitato studentesco era Tonouchi Akira che ci intratteneva, prima che si diplomasse.»
«Si è diplomato molto tempo fa.» mi ricordai. Era stato due anni dopo che ero entrata in Accademia. Era un mio caro amico ed era stato davvero triste vederlo andare via. Dopo che se n'era andato lui e, dato che Tsubasa-senpai era nella classe di Abilità Pericolose, Misaki-senpai era diventata la nuova rappresentante. La cosa ancora più triste era che anche loro sarebbero andati via, quando sarei tornata io.
«Già.» concordò lei, ridacchiando. «Non ridere, assolutamente, ma avevo una cotta per lui, tempo fa.» era sorprendente: Tono-senpai non ci aveva mai parlato di avere una ragazza! «Non fare quella faccia, parlo seriamente. Ma, ovviamente, non avevo alcuna speranza. Aveva sempre un sacco di ragazze, intorno.»
«Mi sembra incredibile che faceste entrambi parte del comitato studentesco...» dissi, pensierosa. Lei ridacchiò di nuovo, probabilmente in imbarazzo. «io l'ho sempre visto come un fratello più grande. E a Natsume non è mai piaciuto che stessi troppo vicino a qualche ragazzo.»
«E chi è Natsume?» mi chiese, curiosa. Io arrossii.
«Beh, è il mio ragazzo.» risposi, quasi senza pensarci. «Da un anno, circa. Solo che si è sempre comportato così, quasi da quando ci siamo conosciuti. Pensa che neanche agli insegnanti mi faceva stare vicino. Anzi, non lo fa tuttora.» soprattutto se si pensava ai comportamenti che assumeva quando mi avvicinavo di un passo di troppo a Narumi-sensei. Diciamo che lui vedeva il pericolo dovunque. O almeno immaginavo che fosse per questo.
«Accidenti, che tipo geloso.» commentò lei, come se la sola prospettiva la mandasse sui nervi. In effetti era vero, a volte era davvero geloso, ma come poteva essere geloso di ogni ragazzo nella scuola? Avevo sempre pensato al fatto che volesse proteggermi. «Io gli avrei già tirato un pugno.»
Scossi la testa: a parte il fatto che non ci sarei mai riuscita, non ci avevo neanche mai pensato e poi... «Va bene così.» conclusi ad alta voce i miei pensieri.
Lei rise, e immaginai di aver detto la cosa più stupida della storia. «È così che funziona.»

Arrivammo in un villaggio a poco più di due ore di distanza. Parcheggiammo poco lontano da un chiosco di panini. Era una piazza splendida: le mattonelle erano bianchissime, e c'era una vista sul mare letteralmente mozzafiato. Non avevo mai visto niente del genere. Mi guardai di nuovo intorno e al profumo dei panini mi venne di nuovo fame. Lei si tolse gli occhiali da sole e si guardò intorno. Prese il foglietto su cui l'avevo vista scrivere il giorno prima e lo consultò, con espressione seria.
Mugugnò qualcosa che non riuscii a capire. «Che barba.» protestò, ripiegando il bigliettino e rimettendosi gli occhiali. «Ci sarà da camminare per un po'. A quanto pare hanno la casa sulla collina più alta dei dintorni. Che fortuna, eh?»
«Avanti,» cercai di guardare il lato positivo, in fondo non ce n'erano molte. «tanto questo posto è bellissimo!»
Comprammo una cartina a una specie di bancarella e il venditore ci guardò con gratitudine. Mi domandai come mai, in fondo da quelle parti, con dei posti così belli, avessero quel comportamento. Chissà quanta gente arrivava, magari faceva parte delle attrattive turistiche.
«Non credo che ci siano molti turisti, qui.» ridacchiò Mitsuki, come a voler smentire i miei pensieri; la guardai in cerca di spiegazioni, ma la sua attenzione era stata completamente richiamata dalla mappa, mentre io tornavo a dedicarmi all'osservazione del paesaggio: era così tranquillizzante, tutto quel verde! E quegli alberi altissimi al limite della strada davano un gran senso di protezione. «Allora...» aprì la cartina davanti a sé. Cercai di darle una mano, ma tutte quelle strane linee e quegli strani simboli si confusero davanti ai miei occhi. L'unica cosa che riuscivo a capire davvero erano i nomi delle vie. Insomma, quelle per orientarsi nel campus della Alice Academy erano molto più grandi e c'era sempre un grosso punto rosso con scritto “Voi siete qui”, che in quella era totalmente assente. Mi chiesi se Mitsuki stesse riuscendo a orientarsi. Che avrei dovuto fare se mi avesse chiesto una mano? Stavo quasi per andare nel panico, forse non era stata una buona idea seguirla ed esserle, così, di peso. «Dovremmo andare...» assunse un'espressione concentrata. E poi indicò alla nostra sinistra. «Di là.» evidentemente c'era una strana tattica per leggere quelle strane mappe, come c'era per giocare a poker!
«Che bello qui!» esclamai, completamente persa nel panorama, mentre prendevamo il sentiero, una stradina sterrata che andava in salita. Anche in Accademia c'era la foresta, quella dove abitava Mr. Bear, ma non sapevo descrivere in che modo fossero diverse. Forse la mia meraviglia era dovuta al fatto che tutto quello fosse lontano dall'Accademia. Guardai avanti e vidi che la stradina di sassi che stavamo percorrendo si snodava per tutto il boschetto fino ad arrivare in cima ad un'altissima collina.
«Accidenti...» Mitsuki scosse la testa, probabilmente notando la stessa cosa.
Durante il tragitto mi raccontò del suo primo anno all'Accademia: il secondo mese da quando si trovava lì, JinJin le aveva dato la sua prima punizione ed era diventata una senza-stelle come me.
«Sai,» mi confessò, poi. «mi ha tenuta in quella stanza per i due anni successivi. Solo dopo ha deciso di darmi una stella per la dedizione con cui avevo pulito i cortili della sezione elementare. È davvero un tiranno.»
Non riuscivo a crederci. Io ero stata per pochi mesi una senza-stelle ed era stato orribile. Con quei cinque rabbit potevo comprare solo delle mele parlanti. Una al mese, per di più. «Beh, io sono stata un po' più fortunata, da questo punto di vista. La mia stella non ci ha messo molto ad arrivare.» anche se la “missione” in cui l'avevo conquistata mi aveva spaventata a morte. «Però... anche se non so come ho fatto... ho incendiato la sua classe, qualche mese fa.» Mitsuki scoppiò a ridere, e non riusciva più a fermarsi, suscitando anche le mie risate. Era davvero esilarante raccontare certi episodi, anche se, mentre erano in corso, mi avevano fatto tremare le ginocchia paurosamente. «È stato un incidente!» assicurai, tra le risate. «E lui ha chiesto che fosse impedito a chiunque di esercitarsi con il proprio Alice nei pressi della scuola. Quindi, in pratica, in nessun posto.»
«Credo che gli studenti ne siano stati felici. Lezioni di meno.» beh, non ero mai riuscita a vederla in questo modo. Anzi, credevo che agli altri questo avesse dato molto fastidio. Sumire, ad esempio, non mi aveva parlato per settimane, anche se Hotaru mi aveva ripetuto più volte che non era quello il motivo, ma si era sempre rifiutata di spiegarmelo, liquidandomi con un «Se te lo spiegassi, non ci sarebbe alcun divertimento. Aspetterò che tu capisca quello che c'è da capire.», ma io aspettavo ancora che succedesse.
«Accidenti!» commentò lei. «La tua vita accademica è stata senz'altro più movimentata della mia.» non ebbi il tempo di rispondere, però.
«CE NE HAI MESSO DI TEMPO, DISGRAZIATA!» l'urlo improvviso mi fece tremare le gambe per lo spavento. Non riuscivo a capire da che direzione provenisse la voce, che sembrava anche piuttosto irritata. Vidi Mitsuki alzare gli occhi al cielo e mi guardò, ma non capii che volesse dirmi. Percorremmo ancora qualche metro prima di vedere l'entrata della casa sulla collina. Era sperduta tra gli alberi, ma era davvero molto carina. Una ragazza più o meno dell'età di Mitsuki – o almeno così sembrava – si trovava sulla soglia con le mani sui fianchi e un'espressione alquanto alterata. Mi spaventava da impazzire, tanto che mi aggrappai al braccio di Mitsuki per avere un po' di conforto. Sembrava Natsume quando si arrabbiava.
«Comprami delle gambe nuove, e vedrai che saprò fare più in fretta una salita del genere!» si lamentò Mitsuki in risposta. Ci pensai: avevamo fatto una gran bella salita, e, grazie alle chiacchiere, non mi ero accorta di niente. Scoppiarono entrambe a ridere, e io mi ritrovai ad essere confusa: fino a due secondi prima ero certa che stessero per litigare.
«Mitsuki, accidenti quanto tempo. Ti sei presa le vacanze, eh? Vecchia volpe! È un sacco che non ti si vede giù a...» Mitsuki le tappò la bocca, e il resto furono solo degli strani, incomprensibili suoni. La guardò male, prima che accennasse a me con la testa. La sua amica alzò le sopracciglia. «oh, hai portato un'amica. Chi è?»
«Lei è Mikan Sakura.» mi fece cenno di avvicinarmi. L'amica di Mitsuki mi incuteva ancora un po' di terrore, se avessi dovuto dire la verità.
«Piacere.» bisbigliai. Lei mi afferrò una mano, con una forza sconcertante. Sentii il mio braccio andare per conto suo. Quella ragazza era davvero formidabile!
«Il piacere è mio, tesoro.» rispose, scoppiando di nuovo a ridere. «Io sono Igarashi Yui.»
Mi trattavano tutti quanti come se fossi una di famiglia, ed era molto confortante e quella sensazione spiacevole di poco prima era completamente sparita. Mi squadrò con interesse, come per cogliere qualche strano particolare, e mi sentii improvvisamente sotto esame, almeno finché Mitsuki non si schiarì la voce, attirando l'attenzione su di sé.
«Quindi, dov'è?» domandò, guardandosi intorno, come se la cosa che aspettava fosse dovuta sbucare da un momento all'altro.
«Dentro. Ho avuto il cambio poco fa, lo sai com'è il capo.» alzò le spalle e ci condusse all'interno della casa, togliendosi gli occhiali dai capelli scuri. Mi ricordava qualcuno, e anche il suo nome mi era familiare, ma sul momento non riuscivo a collegarla a nessuno che conoscevo. Forse anche lei era stata alla Alice Academy. Avrei voluto chiederglielo, ma mi metteva in soggezione. Avrei dovuto aspettare di tornare in Accademia e chiedere a Natsume se si ricordava qualcuno con questo nome, ma lui era decisamente una frana in questo campo, forse l'unico. A fatica ricordava quelli dei nostri compagni.
«C'è qualcosa di particolare che devo sapere?» domandò Mitsuki, mentre percorrevamo il corridoio d'ingresso.
«Niente che tu non possa scoprire stando con lei.» ridacchiò Igarashi-san. «E non vorrei mai rovinarti la sorpresa.» Mitsuki la guardò storto per un momento.
«Spero che non sia niente di ingestibile.» dichiarò lei, sospirando. «O giuro che se non mi hai avvertito ti farò portare il caffè al direttore per settimane.»
Assunse per un attimo un'espressione sconsolata. «Non lo faresti.»
«Non lo farei?» chiese Mitsuki, con un sorriso furbo. «Io vivo con dei vecchietti molto dispettosi. Ricordatelo. Mi insegnano un sacco di trucchetti meschini.»
Igarashi-san sbuffò. «Non sei una che ha senso dell'umorismo!» protestò. Sembrava davvero che forse una bruttissima minaccia. «Ha compiuto da poco quattro anni. Fa scherzetti un po'... divertenti. Più o meno. Avanti, ti prego, non farmi raccontare tutto. Toglie tutta la suspense!»
«Ti sembra il momento per la suspense?» Mitsuki non sembrava arrabbiata. Io alternavo lo sguardo dall'una all'altra. E come capitava ormai da giorni, non capivo assolutamente niente di quello di cui stavano parlando. Mi sentivo davvero molto stupida.
«Che guastafeste.» commentò Igarashi-san, scuotendo la testa.
«Parli come mio nonno.» fu la risposta di Mitsuki.
Arrivammo davanti a una porta e mi sentii davvero strana. Era come se avessimo dovuto aspettare qualcosa di brutto. Mi sentivo stranamente tesa, come se dall'altra parte della porta ci fosse un uomo armato che teneva degli ostaggi sotto tiro. Deglutii rumorosamente, e Mitsuki mi gettò un'occhiata interrogativa al che le risposi con uno sguardo terrorizzato. Avevo il timore che ci avessero attirate lì e che dietro la porta ci fosse un killer assetato di sangue. Quel film che mi aveva fatto vedere Hotaru il giorno del compleanno di Natsume mi aveva del tutto traumatizzata.
«Mikan, tranquilla.» cercò di rassicurarmi Mitsuki, strofinando la sua mano sul mio braccio. Annuii, febbrilmente. Mi sentivo la gola secca e credevo che il sangue avesse smesso di circolarmi nelle gambe.
«C'è abbastanza tensione?» domandò Igarashi-san, prendendo le chiavi. «Così almeno posso aprire.»
«Stai dicendo che siamo qui da dieci minuti e tu potevi aprire anche prima?» il tono di Mitsuki era stridulo. Il posto dove lavorava doveva essere davvero strano. Però se erano tutti come la sua amica, dovevano divertirsi un sacco! Anche io avrei voluto fare un lavoro divertente, anche se non sapevo precisamente quale.
«No!» protestò, di nuovo, come se quello che avesse detto Mitsuki fosse impensabile. «Lo dice sempre anche il capo che c'è un buon tempo per tutto!»
Vidi Mitsuki tentare di reprimere un sorriso. «Non so nemmeno perché ho consigliato al capo di assumerti!»
Igarashi-san ghignò. «Lo so che non lo pensi davvero.» Mitsuki sospirò, sconsolata.
«Avanti, deciditi ad aprire.» Igarashi-san girò la chiave nella toppa e quella si spalancò. Mandai giù altra saliva, mentre cercavo di scorgere qualcosa dentro la stanza. Era ben illuminata e le pareti erano tutte quante di un colore diverso. Sul letto, sotto la finestra, c'era una bambina che giocava con una bambola di pezza. Istantaneamente, mi tranquillizzai: era semplicemente adorabile. Molto concentrata sulla bambola, le stava raccontando una storia.
«Ehi, Chihiro-chan,» la chiamò Igarashi-san, entrando. La bimba alzò lo sguardo su di lei, e lo rivolse a me e Mitsuki. «ti presento due mie amiche, ti va?» all'iniziò sembrava un po' indecisa, ma dopo averci guardate a lungo, prese la mano che Igarashi-san le stava porgendo. Poi si nascose dietro di lei. Igarashi-san si abbassò all'altezza di Chihiro e le accarezzò i capelli. «Stai tranquilla, piccola. Va tutto bene. Questa è Mitsuki, e lei è Mikan.» ci indicò quando pronunciò i nostri nomi.
«Quando posso tornare da mamma e papà?» domandò lei, stringendosi al petto la bambola. Era così carina! Igarashi-san sospirò.
«Presto.» le assicurò. Sapevo solo che aveva una strana situazione familiare, però Mitsuki non mi aveva detto altro. Però era fantastico che potesse rivedere i suoi genitori senza problemi. «Promesso.» Chihiro-chan annuì, sorridendo appena. Dalla bambina ci distrasse il suono del cellulare di Igarashi-san, che prima di rispondere aggrottò la fronte, come a chiedersi chi fosse. «Pronto, capo? Che c'è?» sentii dei rumori confusi provenire dall'altra parte dell'apparecchio. Dalla faccia della nostra nuova amica non sembrava che fossero buone notizie. Sperai che non fosse successo qualche contrattempo che avrebbe dovuto tenere lontana Chihiro-chan dai suoi genitori più del previsto. «Che cos...?» ci fu un altro momento di pausa. «No! Io... sì, capo.» chiuse la conversazione in fretta.
«Che succede?» anche Mitsuki sembrava piuttosto preoccupata.
«Il capo ha detto che Chihiro ha la priorità. Abbiamo... beh, giocheremo a guardie e ladri. Il resto te lo racconto... in un altro momento.» aveva l'espressione preoccupata, e anche Mitsuki lo era diventata. Per un lungo momento, l'unico rumore che riuscii a sentire nella stanza era il mio respiro e mi sembrava fin troppo rumoroso. Ma poi Igarashi-san si rivolse a Mitsuki e prese la mano nella bambina nella sua, eppure continuavo ad avere una strana sensazione.
«Hai un piano?» domandò.
«In questo momento, no.» rispose l'altra. Mi sentivo paralizzata dalla paura, e non sarei riuscita a muovermi se Mitsuki non mi avesse trascinata per un braccio.
«Facciamo così. Io e Chihiro saremo le guardie, voi due i ladri.» cominciò Mitsuki. Io mi limitai a stare in silenzio. Non capivo assolutamente niente di quello che stava succedendo e sentivo un'inquietudine pazzesca addosso. Non sapevo come descriverla. «Prendi Mikan e andate via subito. Io prendo la bambina. La... la... base è casa mia, d'accordo? Se riuscite ad arrivare per prime, avete vinto.» Igarashi-san non rispose. «Yui-senpai!» la scosse e lei ritornò concentrata. «Ricordati cosa ci è stato insegnato: la missione prima di tutto.» era una cosa che avevo sentito dire a Natsume, un paio di volte, quando scimmiottava il Preside delle Elementari. Ora non avevo idea di come collegarla al gioco di guardie e ladri. Ora che ci pensavo, non avevo neanche idea di come si giocava.
Igarashi-san sospirò. «Certo.» si morse il labbro inferiore, annuendo lentamente. «La missione. Vieni, ragazzina.» mi prese per un braccio e mi ritrovai catapultata nella sua auto, senza riuscire neanche a vedere il tragitto.
«Che... che...» cominciai, balbettando. Le ginocchia avevano cominciato di nuovo a tremarmi. Non sapevo se avessi dovuto scappare o rimanere nell'auto. «che succede?»
Lei si girò verso di me. «È un gioco, sai, per... far divertire un po' Chihiro-chan. Ha bisogno di svagarsi un po'.» allora aveva ragione Natsume quando diceva che i bambini hanno uno strano senso dell'umorismo. Specialmente, se si divertono con queste cose. Mi sentivo terrorizzata! Sembrava che stessimo scappando dalla distruzione del mondo.
Partimmo a tutta velocità, ma non c'era nessuna traccia di Mitsuki. Solo allora mi ricordai che la nostra macchina era parcheggiata piuttosto lontano dal nostro punto di incontro. Se era solo un gioco non avrei avuto motivo di preoccuparmi, eppure quella strana sensazione che ci fosse qualcosa di tremendamente pericoloso alle nostre spalle non se ne voleva andare. E quindi non potevo neanche tranquillizzarmi.

Mi ritrovai seduta sulle scale della villa di Mitsuki circa mezz'ora dopo. All'andata ci avevamo messo molto di più, ma al ritorno Igarashi-san aveva premuto molto sull'acceleratore. Lei, in giradino, camminava avanti e indietro, gettando ogni tanto un'occhiata all'orizzonte per vedere arrivare, o almeno questa era l'unica cosa a cui riuscivo a pensare, la macchina rossa di Mitsuki.
Lei ogni tanto guardava il cellulare e poi sbuffava, rimettendolo con rabbia nella tasca. Dopodiché ricominciava a fare avanti e indietro. Sembrava molto agitata, e questa cosa faceva agitare me molto di più.
«Grazie al cielo.» la sentii bisbigliare e guardai nella sua stessa direzione. Mitsuki stava facendo sgommare l'auto a una velocità supersonica. Quando si fermò, ci volle un po' prima che la polvere se ne andasse e ci permettesse di vederla.
«Scusate se vi ho fatto aspettare.» disse, scendendo dall'auto, per poi aprire la portiera a Chihiro-chan. Le sorrise e le accarezzò la testa. «Vuoi dirmi che succede? Ho creduto per tutto il tragitto di essere stata una trapezista del circo di Amsterdam per tutta la vita. Mi ci è voluto parecchio per restare concentrata.» si rivolse a Igarashi-san che si concesse un sorriso stentato.
«È questo quello che fa.» ma se mi avessero chiesto a che si stava riferendo, non avrei saputo dirlo. «È andato tutto bene?»
«Ho dovuto seminare qualche scocciatore, ma sì. La mia bambina non mi abbandona, ancora.» e diede una affettuosa pacca sul cofano della macchina. Ma chi le andava dietro se erano loro le guardie? «Ma credo di avere il serbatoio quasi vuoto.»
«Avevi ragione, onee-chan.» disse la bambina, con un sorriso enorme, rivolgendosi a Mitsuki. «È stato proprio come essere su una macchina da corsa.» sorrisi anch'io. In fondo era una cosa buona che la bambina si fosse divertita. Probabilmente quelle due organizzavano questo tipo di giochi per i bambini. Beh, così si spiegava tutto. Spiegava anche il fatto che Mitsuki fosse stata inseguita, magari erano loro collaboratori.
«Tutto okay, Mikan?» mi domandò, poi Mitsuki. «Sei sopravvissuta a un giro in auto con Yui-senpai, sei proprio sorprendente!» scoppiò a ridere, e solo dopo capii che stava scherzando. Si voltò indietro, verso Igarashi-san, che non si era ancora mossa. «Che ti prende?»
Lei scosse la testa. «Ce l'hanno loro.» soffiò poi, e vidi che era sull'orlo delle lacrime. «Dovevo immaginarlo, maledizione! Sono stata un'ingenua, un'idiota!»
Mitsuki rimase a bocca aperta, per un paio di secondi. «Non è stata colpa tua, senpai.» cercò di rassicurarla. Avrei voluto dire qualcosa, per farla stare meglio, ma non riuscivo ad aprire bocca.
«Devo andare a riprenderla e–» si interruppe, per mordersi di nuovo il labbro.
«Non ci pensare nemmeno! Non fare l'idiota! Non le... non succederà niente.» replicò Mitsuki, seria. «Aspettiamo finché non siamo pronti. Lo sai che dobbiamo fare così, non fare scemenze!»
Igarashi-san scosse la testa. «La fai sembrare così facile! Devo parlare col capo.» prese le chiavi dalla tasca e si avvicinò alla sua macchina. «Ci rivediamo quando torni in ufficio, Mi-chan.»
«Sì.» rispose lei, prendendo un bel respiro. «Senpai, non fare niente di sconsiderato, mi raccomando!» dopodiché salì in macchina e partì a tutta velocità. Mitsuki si girò verso di me, stiracchiandosi. «Allora, c'è qualcun altro che ha fame qui?» Chihiro-chan fece un salto, a quella frase e Mitsuki sorrise. «Allora è il caso di andare a preparare il pranzo!»

Domenica mattina, Mitsuki buttò giù dal letto tutti gli occupanti della casa, letteralmente. Ricordo solo di essermi svegliata con la faccia sul cuscino, ma a terra, mentre Mitsuki aveva un sorriso poco rassicurante sulle labbra.
«Buongiorno, Bella Addormentata!» mi disse, appena aprii gli occhi. «Una bambina di quattro anni è saltata giù dal letto prima di te, lo sai?» mi stiracchiai, tirandomi su a sedere. «Sveglia?»
«Credo di sì...» biascicai, sbadigliando. Lei aveva addosso un grembiule da cucina e stava aspettando che mi alzassi. «Qualcosa non va?»
«Oh, no! Niente affatto!» mi rispose, gioviale. «È che avevi promesso di preparare un dolce con me e Chihiro.»
«Dolci?»mi ricordai della sera prima, quando Mitsuki mi aveva detto che per contribuire alla festa avremmo dovuto fare qualcosa e Chihiro aveva proposto di fare dei dolci, perché le piacciono molto.
«Non ti preoccupare. Ti aiuterò io, è tutta la vita che faccio la pasticcera, dopotutto.» mi stupii: non mi aveva mai detto niente del genere! Forse era specializzata nel fare dei dolci per bambini, questo spiegava il fatto che sapesse perfettamente come prenderli...
«Davvero?» domandai, incredula. Lei mi sorrise, per poi corrugare la fronte, come se fosse confusa.
«Veramente... no.» concluse, pensierosa. «Scusa, è che... sono un po' confusa in questi giorni.» scosse la testa, prima di indicare la porta con un cenno della testa. «Sbrigati, dai. Oppure quegli scalmanati mi distruggono la cucina! Pensa che gli ho anche lasciato la bambina... oddio! Dobbiamo assolutamente sbrigarci! Tu intanto preparati, io scendo, okay?» annuii, prima che lei uscisse dalla stanza.
Dieci minuti dopo ero in cucina, in compagnia di tutti gli altri abitanti della casa. C'era Shinji-san in lacrime.
«Perché non mi hai detto che ho perso una gamba in guerra?» sembrava davvero che dicesse sul serio. Caspita, che attore formidabile! Era veramente una bella cosa che si dessero tutti quanti così tanto da fare per farla divertire. Infatti, Chihiro-chan non ne poteva più dal ridere.
«Nonno, ti prego!» Mitsuki cercò di consolarlo. «Guardati le gambe, le hai entrambe.»
Shinji-san la guardò come se fosse impazzita. «Questo lo so benissimo, cara. Sei sicura di stare bene?»
Mitsuki parve davvero sconcertata. «Ovviamente.» rispose. «E io immagino di non essere una ragazza madre, vero?» gettò un'occhiata a Chihiro che si nascose dietro una gamba del tavolo con un sorriso birichino sulle labbra. Eppure io non avevo notato niente di strano.
«Tu non me ne hai mai parlato.» osservò Shinji-san, accomodandosi su una poltrona. «Ehi! Buongiorno, Mikan.» sobbalzai quando mi chiamò. Ero ancora concentrata sulla loro scenetta.
«Buongiorno a tutti...» Chihiro mi si avvicinò e mi guardò attentamente. Sembrava altamente concentrata. Aveva preso molta più confidenza con noi, dopo qualche giorno, e la telefonata della sera prima con i suoi genitori aveva contribuito moltissimo. Per quello che avevo potuto capire, entro la fine della settimana successiva, avrebbe potuto rivederli. Era fantastico! All'improvviso, sembrò contrariata per qualcosa. Pensai che volesse iniziare con la preparazione del dolce. «Qualcosa non va?»
Lei mi squadrò, con sospetto. «Perché con te non ci riesco?» ma non si stava rivolgendo a me in particolare. Mi domandai a che si riferisse.
«Ehi, qui qualcuno aveva commissionato un dolce, o mi sbaglio?» Mitsuki ci distolse da quella strana conversazione.
«Dolce?» si interessò subito il nonno di Mitsuki. «Ah, ho capito... ci vuoi fare qualcosa per merenda, brava Mitsuki, mentre noi guardiamo le telenovelas. Bussa prima di entrare, okay?»
Mitsuki non ebbe il tempo di ribattere. Sospirò, rassegnata. «Ho capito. Ragazze, abbiamo una torta in più rispetto a... beh, a quelle previste.»
Chihiro batté le mani, contenta. «Evviva! Posso prendere gli ingredienti?» Mitsuki sorrise, annuendo.
«E io... che faccio?» domandai. Io non avevo idea di come fare un dolce. Sapevo fare solo delle cose semplicissime... ed erano cose che avevo imparato quando abitavo col nonno, un sacco di tempo fa; non sapevo se sarei stata in grado di fare qualcosa di più complicato. Alle lezioni di economia domestica ero letteralmente una schiappa.
«Mi aiuti, ovviamente.» spiegò, come se avessi dovuto pensarci da sola. «Abbiamo delle commissioni straordinarie.»
«Che cosa devo prendere?» domandò Chihiro. Sembrava che non stesse più nella pelle. «Lo faccio sempre con la mamma.»
«Perfetto... allora... portami tre uova. Le trovi nel frigo.» le spiegò. «Noi, intanto prendiamo una teglia e la cospargiamo di burro.» annuii, andando a prendere ciò che mi era stato chiesto. Aprii lo sportello, ma rimasi lì a guardare cosa c'era dentro. Mitsuki mi raggiunse poco dopo. «Che succede?»
«Ci sono un sacco di teglie...» cercai di giustificarmi. Mitsuki rise e ne prese una grande quanto un cesto da basket.
Mescolammo gli ingredienti in una scodella. Mitsuki ci riusciva alla velocità della luce. La osservai attentamente, nel caso in cui fosse toccato anche a me fare una cosa del genere, per un qualsiasi motivo.
Aspettammo circa mezz'ora che la torta si cucinasse nel forno, e dopo un mio tentativo andato a vuoto, dal momento che ero riuscita a carbonizzarla, le altre due vennero, tutto sommato, bene. Penso, soprattutto perché Mitsuki fece il possibile per tenermi lontana dal timer e dalla manopola per la regolazione della temperatura del forno.
«Il primo pezzo tocca a Chihiro, dato che senza il suo aiuto la realizzazione di questi dolci non sarebbe stata possibile.» le tagliò una fetta enorme e gliela passò in un piattino. «Buon appetito.» lei ringraziò masticando.
«E ora andiamo dai vecchi sbroccati.»
Non fu una bella scena, quando entrammo nella stanza in cui avrebbero dovuto guardare delle telenovelas. Erano dentro il tavolo rivoltato, con i piedi rivolti verso il soffitto, mio nonno e Shinji-san, con le mani nascoste in guanti davvero gonfi che ricoprivano loro le mani. Il nonno li aveva rossi, Shinji-san blu. Non capivo che stessero facendo. Saltellavano sul posto l'uno davanti all'altro con i pugni all'altezza del viso.
«Combatti se hai il coraggio, vecchia ciabatta!» era stato il nonno a parlare, e io non potevo credere alle mie orecchie.
«Arrivo, vecchio babbui...» venne interrotto da Mitsuki che si stava schiarendo la voce. Non sapevo come, ma emetteva una specie di aura negativa. «Era ora che arrivasse quella torta, stavamo morendo di fame, Renji è quasi svenuto dopo l'incontro di boxe con me!»
Vidi Mitsuki arricciare le labbra. «Non eravamo rimasti che avreste guardato delle telenovelas?» sembrava che stesse per gridare.
«Ma l'abbiamo fatto!» assicurò suo nonno, come se fosse stato infamato ingiustamente. «Solo che era stramaledettamente noiosa. Non è successo niente e abbiamo girato sul canale dello sport. C'era l'incontro di boxe e abbiamo deciso di provare. Sembrava divertente picchiarsi a vicenda, lo avresti fatto anche tu!»
Mitsuki prese un respiro profondo, mentre Chihiro dietro di me scoppiò a ridere. Io mi preoccupai un po' perché parlavano di picchiarsi. «Io non so più cosa fare con te, vecchio maniaco!» sbuffò. «Non so neanche più come prenderla. Mi sembri un bambino dispettoso.»
«Capirai quando avrai anche tu la mia età.» tagliò corto lui, scrollando le spalle e ricominciando a saltellare sul posto. «Beh, quindi... volete unirvi a noi? Siamo giocatori gentiluomini, non vi faremo male.»
«Dov'è la nonna?» domandò Mitsuki, cercandola con lo sguardo. La trovai che distribuiva fogliettini e riceveva in cambio dei soldi. Una pratica alquanto strana. Era dietro di noi e mi fece cenno di rimanere in silenzio. Annuii, ma Mitsuki fu più veloce di me. «Non ci posso credere!» fu un bisbiglio, ma mi parve davvero arrabbiata. «Ora fate anche le scommesse! Io ho bisogno di uscire di qui, prima che mi venga la tentazione di usare una mazza da baseball sui vostri posteriori.» passò la torta a uno degli amici del nonno e scappò fuori dalla stanza. Decisi di seguirla, probabilmente aveva bisogno di fare due chiacchiere.
«Va tutto bene?» domandai, un po' preoccupata, appena la raggiunsi in salotto. Lei era seduta sul divano e sembrava davvero esausta.
«Più o meno.» replicò, non distogliendo l'attenzione dal tetto. «Credo... credo di essere sull'orlo di una crisi di nervi.» all'improvviso mi fissò, anche se sembrava piuttosto tranquilla, forse rassegnata. «Credi che io sia noiosa?» scossi la testa violentemente: io mi ero divertita un sacco con lei e, di sicuro, anche Chihiro-chan.

Mi stiracchiai, poco dopo aver finito di incartare i dolci insieme a Mitsuki per portarli giù in piazza. Dopo che eravamo scappate dal raduno dei nonni, lei mi aveva pregato di non andare neanche a dare un'occhiata. Non voleva saperne più niente, a meno che non fosse «una questione di vita o di morte». Dall'altra stanza, però, si sentivano solo risate e rumori di cose che vanno in pezzi. Avevo espresso la mia preoccupazione, ma lei si era limitata ad alzare le spalle e dirmi di non pensarci troppo. Fu allora che sentimmo la voce squillante di Chihiro-chan che scendeva le scale, canticchiando. Aveva addosso un delizioso vestitino rosso e bianco che Mitsuki le aveva comprato poche ore prima, quando era andata a fare un salto in ufficio e sembrava davvero una bambola di porcellana.
«Mitsuki-onee-chan!» le abbracciò le gambe, col mento appoggiato sulle ginocchia per poterla guardare. Mitsuki le sorrise e le accarezzò i capelli. «Andiamo alla festa?»
«Diamo solo un minuto a Mikan per cambiarsi, okay?» le propose, abbassandosi, poi, alla sua altezza. «Dopo andiamo a fare un sacco di baldoria alla festa, sei d'accordo? Mangeremo un sacco di dolci!»
«Però, poi, dobbiamo lavarci i denti tante volte...» non sembrava molto felice della prospettiva. «la mamma mi dice spesso che sennò mi vengono delle ca... cas... car...» si interruppe col labbro inferiore sporto in fuori, e con un'espressione pensierosa. «non mi ricordo come si chiamano.»
Mitsuki trattenne una risata e solo allora mi venne in mente che aspettavano me. Ma... «Perché mi devo cambiare?» arrossii: non credevo di essere così impresentabile.
«Sai, ho tentato di andare in giro per il campus dell'Accademia in pigiama, una volta. E solo perché non avevo avuto tempo di cambiarmi, dato che era tardi e io ero già in punizione. Sono rimasta a pulire secchi per altre due settimane.» aggrottai le sopracciglia: perché me lo stava raccontando? «Non vorrei che ti succedesse la stessa cosa, quando ti verranno a riprendere, e la festa non finirà prima di una certa ora. Forse dovresti metterti la divisa. Non credo che saranno disposti ad aspettarti senza che tu debba poi pulire i bagni per chissà quanto tempo, una volta tornata.»
Spalancai la bocca: non ci avevo pensato! Sarei dovuta tornare in Accademia! La cosa mi era completamente passata di mente! Come avevo potuto dimenticarmene? «Hai ragione, accidenti!» strillai, dandomi una botta in testa. «Devo sbrigarmi!»
Dieci minuti dopo, stavo quasi per fare un volo dalle scale, se non ci fosse stato un provvidenziale muro sul quale bloccare la caduta. Ci fu qualche minuto di silenzio totale, dopo il rumore delle mie mani che venivano a contatto con la parete. Bruciavano come se avessi deciso di cucinarle. Le strofinai l'una contro l'altra, nel vano tentativo di avere un po' di sollievo.
«Mikan...» non vidi Mitsuki avvicinarsi, anche perché non mi ero ancora allontanata dal muro. «...tutto okay?»
Sventolai le mani più forte che potevo, sperando che quel metodo funzionasse più del precedente. «Credo di sì.» risposi, mentre Chihiro ridacchiava.
«Bene, possiamo andare. I nonni sono già partiti.» lanciò un'occhiata dubbiosa alla porta. «Forse dovremmo sbrigarci, prima che combinino qualcosa di cui potrebbero pentirsi.» sperai che non volessero continuare a picchiarsi, come avevano detto prima. Sembrava un gioco pericoloso, potevano farsi male. Sicuramente Mitsuki era preoccupata per questo, così annuii, convinta.
Prima di muovere un altro passo, quasi inciampai nella valigia che avevo portato con me, memore delle parole di Mitsuki. «La metto vicino all'ingresso?» domandai, tirandola su. Mitsuki mi disse semplicemente di sistemarla dove volevo.
Era un po' strano pensare di partire... mi sembrava quasi di aver sempre vissuto in quella casa, con quelle persone, proprio come avevo pensato che potesse essere strano essere lontani dall'Accademia tre giorni prima. Ero un po' triste all'idea di andarmene, anche se, d'altra parte, non vedevo l'ora di tornare da tutti i miei amici, che sembravano così lontani. L'ultima volta che li avevo visti era molto lontana e mi risultava proprio strano pensare che fosse passata solo una settimana. Mi dispiaceva soprattutto lasciare il nonno: chissà quando avrei potuto rivederlo! Non avrei mai potuto vincere il premio per un'altra settimana, non c'ero riuscita neanche stavolta. Se non fosse stato per Natsume...
«Mikan, che hai?» la voce di Mitsuki mi distolse dai miei pensieri. «Ti sei imbambolata?» mi sentii per un attimo molto stupida. Mi ero fissata a guardare un punto della stanza, mentre loro due mi aspettavano, specialmente Chihiro-chan che sembrava molto elettrizzata all'idea di partecipare alla festa.
«Scusa!» replicai, posando la valigia proprio dietro la porta e correndo per raggiungerle fuori nel giardino.

Mitsuki si tamburellava nervosamente un dito su un braccio, da circa cinque minuti. Più o meno da quando il nonno e i suoi amici erano venuti a dirci che il prossimo turno di salire sul palco a cantare era il loro. Sembrava stranamente agitata.
«Che cos'hai?» ero un po' preoccupata per lei. Credevo che, dalla velocità acquisita, il dito si sarebbe staccato dalla mano.
«Oh, niente.» mi rispose nervosamente, inarcando entrambe le sopracciglia. «Loro sono dei tiratori scelti dell'esercito, non dei ballerini di lento. Non possono salire sulla pista da... ma che cavolo sto dicendo?» si massaggiò un attimo le tempie. Parve calmarsi un po'. Anche il dito smise di picchiettare il braccio. «Scusa, Mikan. È... una serata un po' strana. Però mi preoccupa seriamente quello che possono dire o fare, su quel palco.»
«Secondo me faranno ridere un sacco di gente!» esposi la mia idea. Loro facevano divertire un sacco anche Chihiro e a volte neanche se ne accorgevano. Sarebbe andato tutto per il meglio.
«Non lo metto in dubbio.» sospirò, mettendosi a sedere su una delle sedie, miracolosamente rimasta libera. La festa era cominciata da un'oretta e già i tavoli sparsi lungo tutta la piazza erano quasi del tutto privi di cibo. «È il come che mi preoccupa. Seriamente.»
Non ebbi occasione per replicare, dal momento che il fischio del microfono coprì ogni altro suono. «Allora,» era Shinji-san che parlava, con accanto mio nonno che aveva un'espressione quasi solenne. «stasera volevamo proporre al nostro gentile pubblico qualche canzoncina divertente.» arrivarono anche gli altri loro amici e si presero a braccetto. Presero tutti un bel respiro e cominciarono a cantare. All'inizio non riuscivo bene a decifrare le parole, perché le casse vicino a noi funzionavano poco e arrivavano solo poche parole. Capii che c'era qualcosa che non andava quando Mitsuki tappò le orecchie di Chihiro, per non farle ascoltare. La bambina aveva tutta l'impressione di non capire che stesse succedendo. Una chiara visione delle cose non ce l'avevo neanche io, ma il nonno faceva così con me quando la gente diceva brutte parole. Era impossibile che ora le stesse cantando davanti a tutti! Quindi, qual era il problema?
«Mikan!» gridò Mitsuki per attirare la mia attenzione e per farsi sentire sopra quel brusio. «Puoi sostituirmi un secondo?» annuii, facendo come mi aveva chiesto. La vidi sparire tra la folla, ed ebbi seriamente paura per suo nonno. Sembrava davvero arrabbiata. Qualche secondo più tardi, la canzone venne bruscamente interrotta, tra le lamentele di quelli che avevo davanti e altra gente.
Mitsuki sbucò poco dopo, con i capelli un po' spettinati. «Tutto a posto.» sentenziò, sedendosi di nuovo al proprio posto. Scosse la testa, lasciandosi andare a un sospiro. «Vado a bere un po' di sakè! Ne ho stranamente bisogno.» mi alzai e andai con lei, trascinando per una mano anche Chihiro-chan, che guardava tutto, estasiata. Ora che ci pensavo, era anche la mia prima festa di paese, e non sapevo davvero cosa fare. Lo stavo per chiedere a Mitsuki quando mi accorsi che non era più nel mio campo visivo. Spostai lo sguardo in tutte le direzioni: niente. La bambina non sembrava averlo notato e io avrei dovuto comportarmi normalmente per non farla agitare. Guardai di nuovo nella sua direzione, cercando di tranquillizzarla. Niente. Era sparita anche lei! Mi guardai febbrilmente intorno, cercando di scorgerla da qualche parte.
«Mikan?» mi girai, sperando che fosse qualcuno di conosciuto. Ma quando mi voltai e vidi chi mi aveva chiamata, non riuscii davvero a identificarlo. «Sei proprio tu?» io annuii, e un ragazzo un po' più alto di me, con i capelli e gli occhi scuri mi si parò davanti. Teneva una ragazza per mano ed ero sicura di non aver mai visto né lui né lei. Aggrottai le sopracciglia: come facevano a conoscere il mio nome? «Sono Shuichi, e lei è Haine. Non ti ricordi di noi? Eravamo nella stessa classe alle elementari!» ci pensai su: era passato davvero parecchio tempo...
Mi misi a pensare a dei bambini che potesse somigliare ai ragazzi che avevo davanti. No, non riuscivo proprio a ricordarmeli. «Come mai qui? Non eri stata ammessa alla Alice Academy, la scuola per geni?» mi domandò Haine-chan, interessata.
«Ho vinto una specie di premio, per una settimana in famiglia...» spiegai, brevemente. Loro sembravano davvero curiosi, e mi sentii un po' in imbarazzo.
«E com'è lì? È tutto come lo descrivono, studiate davvero tutto il giorno?» beh, non proprio tutto il giorno, c'era anche spazio per fare un sacco di cose...
«Oh beh, no. Andiamo anche a Central Town.» poi mi ricordai che nessuno che fosse esterno all'Accademia sapeva cosa fosse. «È una città dove ci sono tutti i tipi di negozi, dentro al campus. Non possiamo uscire, se non con dei permessi straordinari.»
Sembrava davvero che brillassero loro gli occhi. «Dev'essere davvero un posto straordinario!» sospirò lei, ammirata. In effetti, non era affatto male. Pensai che avrei dovuto dirlo a Hotaru che avevo rincontrato due nostri vecchi compagni di classe. E mi venne improvvisamente un'idea:
«Che ne pensate di fare una foto insieme?» loro acconsentirono, ma Haine-chan mi pregò di poter fare la foto, visto che sosteneva di non essere affatto fotogenica. E poi a lei piaceva scattarle, diceva che era un'arte e che solo in pochi avevano questo dono. Così ebbi la mia foto insieme a Shuichi-chan. «È veramente bellissima...» commentai, fissando il portafotografie che avevo appena tirato fuori dalla borsa, davvero stupita. Non aveva affatto torto, quando diceva che le foto bisognava saperle fare! Al confronto le mie erano sfocate e, spesso, riuscivo a mettere le dita davanti all'obiettivo. Tornai a guardarli per chiedere se avessero qualche notizia degli altri, ma loro erano fermi come se avessero avuto le pile scariche. Mi ricordai subito delle mie ipotesi sugli alieni, ed ero pronta a nascondermi nel primo cespuglio disponibile. «Shui-pon! Senti la canzone che hanno appena messo?» mi misi ad ascoltare anche io, ma non la conoscevo.
Lui le strinse le mani e si guardarono negli occhi per un lungo momento. «Dovremmo ballare, Hai-pin.» sembrava davvero una scena da film romantico. Potevo quasi vedere le stelle luccicare intorno a loro, che bella sensazione!
«Sai, Mikan, se si balla questa canzone a una festa in piazza, si dice che i due che danzano rimarranno insieme per sempre!» mi spiegò Haine-chan, con occhi sognanti. «Sbrigati, vai a prendere il tuo ragazzo e balla!» scomparvero in mezzo alla folla, e vidi solo Haine-chan che mi salutava con la mano.
Osservai ancora per un po' la foto, sedendomi sulle scale della casa alle mie spalle e cominciai a scorrerle, per vedere quelle che avevo fatto lungo tutta la vacanza. Arrivai presto alla foto di Natsume che avevo mostrato al nonno. Non capivo perché gli fosse sembrato un poco di buono. Non stava guardando verso di me perché non si era accorto che lo stavo fotografando, ma aveva uno sguardo molto assorto, chissà a che stava pensando. Avevo una strana sensazione: volevo tornare in Accademia, eppure non volevo lasciare il villaggio. Insomma, una cosa che non sarebbe stato possibile fare.
«Mikan!» Mitsuki mi diede una pacca sulla spalla. Per fortuna, teneva Chihiro per mano. «Cosa fai qui tutta sola? Scatenati in pista, la festa è appena cominciata! Io ho già portato su cinque vecchi ubriachi come non so cosa.» aggrottò le sopracciglia, fissandomi. «Che cos'è quella faccia?» si sedette vicino a me, sinceramente preoccupata. «È per quella foto?» accennò con la testa al portafotografie.
«Un po'.» confessai. Lei si sporse di più per guardare facendo sedere Chihiro-chan sulle sue ginocchia. Sembrava avere sonno, dal modo in cui si stropicciava gli occhi.
«È il tuo ragazzo?» io annuii e lei si fece un po' pensierosa. «Mi sembra di averlo già visto da qualche parte...» non capivo come fosse possibile. Natsume era in Accademia da quando aveva otto anni. «Bel ragazzo.» commentò, restituendomelo. Poi, la vidi guardare un punto dietro le mie spalle e fare un sorriso tirato. «Pare che siano venuti a prenderti, Mikan...»
«Di già?» mi sfuggì a voce un po' troppo alta. Mi girai e vidi la macchina dell'Accademia che parcheggiava, mentre il professore che mi aveva accompagnata si stava già avvicinando. Mitsuki si alzò, ma io non ebbi la prontezza di fare lo stesso.
Si fermò proprio di fronte a noi, con un sorrisetto ambiguo che gli increspava le labbra. «Ma guarda.» la sua voce mi mise i brividi per un attimo. «Harada Mitsuki, che coincidenza.» spostai lo sguardo sulla mia amica, che però guardava dritto negli occhi del professore. Esattamente come avevano fatto quei due miei vecchi compagni di scuola. Non sapevo da cosa l'atmosfera fosse resa leggermente diversa, ma il gesto era esattamente identico.
«Persona.» si limitò a dire lei, senza sciogliere il contatto visivo. Che fossero... spalancai la bocca incredula. Mi aveva detto di aver avuto una cotta per Tono-sempai non per Persona! E poi, lui non era il professore delle Abilità Pericolose? Mitsuki come lo conosceva?
Fu lui il primo a distogliere lo sguardo, senza perdere il sorriso. Non poteva essere così insensibile come lo dipingeva Natsume se si era innamorato di Mitsuki! Era una cosa fantastica! «Sakura, temo sia ora di andare.» mi trovai un attimo impreparata e ci misi qualche secondo per rispondere. «Vado a prendere... la valigia.» era il momento per lasciarli soli! Non sapevo perché ero così contenta per loro.
«Ti accompagno.» fu Mitsuki a proporsi. Stavo quasi per dirle che poteva restare, ma non avrei saputo come giustificare una simile uscita. Non potevo certo rifiutare l'aiuto della padrona di casa.

Restammo in silenzio per tutto il tempo, rotto solo qualche strana frase di Mitsuki che prima aveva detto di voler riprendere la sua chitarra, senza averne una e poi che avrebbe volentieri fatto bungee-jumping dalla finestra del bagno, anche se poi mi assicurò di non aver mai avuto una simile aspirazione e mi pregò di non farci caso. Varcammo la soglia e la casa era silenziosa come l'avevamo lasciata. «Tuo nonno è di sopra. Ha alzato un po' troppo il gomito. Ma era il più sobrio tra tutti, gli altri sono tutti K.O.»
Salii le scale. Era un po' strano pensare che non avrei più fatto quella strada, era una cosa quasi impossibile da credere: davvero una strana sensazione. Tutto quanto. Entrai nella stanza e il nonno russava della grossa. Se la sarebbe presa tantissimo, una volta sveglio, perché non aveva potuto salutarmi. Mi aveva sempre detto di non svegliare qualcuno che dorme: il sonno è sacro. Però non potevo andarmene senza salutarlo; questa volta, forse, avrebbe fatto uno strappo alla regola.
Lo scossi un po', ma lui si girò dall'altra parte, senza svegliarsi. Tentai un altro paio di volte, ma all'ultima quasi mi arrivò una gomitata sul naso e decisi di desistere. Mi dispiacque proprio non poterlo salutare da sveglio. Gli lasciai un bigliettino sul comodino, proprio vicino alla sveglia, in modo che non potesse evitare di vederlo.
Quando scesi le scale il mio morale era abbastanza basso. «Com'è andata?» volle sapere Mitsuki, che stava seduta sul divano, mentre Chihiro dormiva appoggiata a uno dei cuscini. Scrollai le spalle, conscia che se avessi detto una parola sarei scoppiata a piangere. Tirai su col naso. Lei si alzò e si avvicinò. «Non fare così, Mikan. Questi due anni voleranno, te lo giuro. Arriverai al diploma senza neanche ricordarti come. E trascinerò questa banda di delinquenti fuori da quel cancello, quando arriverà quel momento. E poi, puoi sempre tornare a farci visita un'altra settimana, giusto? Ti basterà procurarti di nuovo il premio per il miglior studente dell'anno. Non si sa mai, ce l'hai fatta una volta, puoi farcela ancora.» annuii. Forse, non aveva tutti i torti, anche se la possibilità che ci riuscissi era molto remota, però... sentivo lo stomaco chiuso e la gola secca, non riuscivo neanche a mandare giù la saliva. Mitsuki mi abbracciò. «Fai buon viaggio, e continua a scrivere. Tuo nonno va in brodo di giuggiole quando arriva una tua lettera.»
Mi misi a piangere davvero, quando la salutai dalle scale. Mi sentivo un po' sola immersa in tutto quel buio, benché fosse relativamente presto. Mi disse che non mi avrebbe accompagnata fino alla macchina perché detestava i saluti e perché avrebbe «aperto le fontane senza riuscire a smettere per un bel pezzo». Mi soffiai il naso prima di salire in macchina. L'autista stava caricando la mia valigia nel bagagliaio quando Persona si mise nel sedile di fronte. Mi rannicchiai sul mio, gettando un'ultima occhiata alla villa dei nonni di Mitsuki. Mi era dispiaciuto non salutare neanche loro.
«Faremo una piccola deviazione prima di tornare in Accademia.» mi informò il mio accompagnatore, con tono piatto, distraendomi dalla casa. «Perciò ci metteremo un po' di più dell'andata.» annuii, senza sapere cosa dire. Non riuscivo quasi più a respirare per via delle lacrime che stavo trattenendo. Avevo il naso completamente tappato. Mi domandai, per un attimo, se anche a lui non fosse dispiaciuto non passare un po' più di tempo con Mitsuki.

La fermata che facemmo fu a Tokyo, ma non riuscii a stabilire con certezza se fosse vicino o meno all'Accademia. Era un quartiere molto bello, con le case quasi tutte uguali, ma sembravano molto grandi, da fuori. Mi appoggiai al finestrino, dopo che Persona era sceso dall'auto. La porta della casa era aperta e due persone, che supposi essere i genitori della bambina che stava davanti a loro sembravano avere paura. Ma avevano quell'espressione già prima che arrivasse il professore. Mi chiesi come mai. Gli consegnarono la piccola e, stranamente, non aspettarono neanche di vederla salire in macchina. Chiusero la porta immediatamente, nonostante lei continuasse a guardarsi alle spalle.
«Sali.» lo sentii intimarle, una volta che aprì la portiera. La piccola si guardò intorno, forse un po' timorosa. Le sorrisi per incoraggiarla e lei venne a sedersi vicino a me.
«Ciao.» mi disse, dondolando le gambe. Era troppo piccola per toccare a terra. «Mi chiamo Otomiya Maika e ho cinque anni.»
«Ciao, Maika-chan!» le sorrisi di nuovo, porgendole la mano. «Io sono Sakura Mikan, ho diciassette anni.»
«Dove mi portano, Mikan-onee-chan?» le spiegai ogni cosa più dettagliatamente che potei e lei mi ascoltava con interesse. Le raccontai come funzionavano le lezioni, che la sua classe di abilità si sarebbe riunita due volte a settimana e lei parlai di Narumi-sensei, che sarebbe stato il suo insegnante fino a che non fosse passata alle scuole medie. Ricordandomi di tutte quelle situazioni divertenti che erano accadute ai festival, gliele dissi. Le descrissi Central Town e cercai di rendere una vaga idea della bontà dei Fluffa-puffa. «Qual è il tuo Alice, Onee-chan?»
«È un po' strano, a dire la verità.» risi nervosamente, in che modo avrei potuto spiegarglielo? «Si chiama Alice dell'Annullamento. È una specie di... ehm... beh, quando uso il mio Alice tutti gli altri smettono di funzionare.»
«Ho capito. È come se li rompesse tutti.» era una spiegazione che faceva sembrare il mio Alice brutale, ma rendeva l'idea, in effetti. «Io invece non lo so. Mamma e papà hanno chiamato l'Accademia perché dicono che sono strana. Sai, ascoltavano un cd di Mouri Reo, un cantante molto famoso, però se toccavo lo stereo e mi concentravo, la voce cambiava tono. Si sono spaventati tanto quando hanno scoperto che ero io.»
«Non ti preoccupare. Imparerai ad usare il tuo Alice, senza che qualcun altro debba avere paura di te. È a questo che servono le lezioni.» tentai di rassicurarla. Doveva essere difficile per una bambina accettare che i propri genitori la temevano.
«Siamo arrivati.» ci interruppe Persona e pochi secondi dopo la macchina si arrestò. Non cercai di aprire la portiera, per non fare un'altra figuraccia. Maika-chan si avvicinò ad essa e la aprì senza alcuno sforzo. Rimasi un attimo seduta, del tutto sconcertata, senza sapere come definire me stessa.
«Sakura, vuoi dormire lì dentro, per caso?» quella era la voce di JinJin, terribile come al solito. Si era appena affacciato, e mi aveva quasi spaventata a morte. Non mi mossi. «Fuori.» solo allora mi accorsi che dovevo scendere davvero. «E muoviti a tornare nel tuo dormitorio.» dopodiché si incamminò e scomparve dalla mia vista.
Mi stiracchiai, accorgendomene solo dopo di quanto ne avessi realmente bisogno. Doveva essere notte fonda, perché non riuscivo a vedere a un palmo dal mio naso, e i lampioni erano tutti quanti spenti.
«Hai presente da quanto tempo sto aspettando?» istintivamente sorrisi al suono di quella voce, anche se sembrava molto, molto infastidito. Mi girai, ma non lo vidi, però lo sentii sbuffare. «Pensavo che ci avresti messo più entusiasmo.»
Risi. «Non ti vedo, Natsume.» potei quasi giurare di averlo sentito sospirare, e lo immaginai mentre alzava gli occhi al cielo.
«Questo perché stai guardando dalla parte sbagliata.» sentii le sue braccia stringermi la vita, e mi ritrovai quasi lo stomaco in gola per la sorpresa. Voltai la testa verso di lui e mi appoggiai alla sua spalla. «Com'è andata?»
Non avevo molta voglia di parlarne, in quel momento. Specialmente perché ero ancora molto triste per il fatto di non aver potuto salutare tutti quanti come avrei voluto. «Abbastanza bene.»
«Accidenti, come sei loquace, stasera.» alzai lo sguardo verso di lui: non era esattamente il tipo che poteva dire una cosa del genere. Infatti lo guardai, con un espressione del tutto sbalordita. Lui roteò gli occhi. «Era un modo per dire: “Ehi, dimmi che ti prende”, allora?»
Cercai di sorridergli: dovevo avere proprio una brutta faccia per farlo preoccupare in quel modo. «Solo un po' di... nostalgia, credo. È un po'... triste allontanarsi dalle persone a cui tieni.» gli spiegai. Lui mi fece un mezzo sorriso e mi trascinò per un braccio e cominciammo a camminare verso i dormitori. Avevo proprio bisogno di riposare un po'. Mi ero divertita un sacco a casa di Mitsuki, ma era stata una settimana davvero piena di avvenimenti. Però Natsume mi sembrava un po' strano, era come se fosse diverso dal solito. Lo guardai di sottecchi: sembrava ancora immerso in chissà quali pensieri. «Qualcosa non va?»
Storse un attimo il muso. «No... niente.» replicò, abbassando la voce. Lo sguardo triste che mi lanciò mi lasciò la brutta sensazione che mi avessero privato dello stomaco per qualche secondo. Lo fermai, e lui non mi diede il tempo di fare nient'altro. Mi abbracciò, stretta, togliendomi il respiro con un bacio. Mi strinsi a lui, rilassandomi improvvisamente. «Va tutto bene.» assicurò, appena si staccò da me, ma non ero del tutto sicura che fosse come lui diceva.

*****

Buondì, ragazze/i! Siete appena arrivati in fondo al capitolo più lungo fino a questo momento! C'è un piccolo cambio di programma. Ho mentito ancora XD. Capitolo 16 avrà una piccola parte dedicata ancora a quest'anno scolastico. E un'altra cosa! Giusto il primo di questo mese, la fanfiction ha compiuto un anno da quando ho cominciato a scriverla. Lo sto scrivendo perché è un grande motivo di orgoglio, nessuna era mai durata tanto XD.
Comunque, dato che scrivo in modo disordinato, posso dirvi che metà dell'epilogo è su carta XD. Pazzesco, lo so. Manca tutto quello che c'è nel mezzo XD.

Risposte alle recensioni:

marrion: non avevo intenzione di lamentarmi perché eri sparita, ci mancherebbe altro XD. Intendevo solo dire che un giorno avevo 41 recensioni e il giorno dopo mi sono ritrovata con 39 perché una delle tue e una di prettyvitto erano scomparse nel nulla XD. Mi chiedevo solo se fossero state cancellate da voi o dall'amministrazione. Niente di cui preoccuparsi. Spero che tu stia bene, comunque. E per il diploma ti capisco, quest'anno mi tocca XD. *Terrore* XD.
marzy93: sono tornata la settimana scorsa e posso dire di adorare l'Irlanda XD, lo “stage” più piacevole in quattro anni di superiori. In tutti i negozi ci ono oggetti con le pecore stampate di sopra. Era il mio mondo XD. Per quanto riguarda la storia, scopriremo presto chi è Mitsuki e la situazione si districherà tra qualche capitolo. Non del tutto, ma verso capitolo venti avremo tutti le idee più chiare. Io soprattutto, spero. Cioè, la trama ce l'ho nella zucca, ma per ora è lì. XD
thedarkgirl90: pure io ho scoperto Gakuen Alice su youtube, in un video per l'esattezza. Natsume mi ha ispirata fin da subito e ho detto: questo va visto XD. Non ti preoccupare, durerà a lungo, siamo sui quaranta capitoli e con le mie storie funziona sempre così. Il brodo si allunga, e si allunga ancora XD. Ho il dubbio che non vedremo mai la fine XD. Scherzo (spero). :)

Inoltre, ringrazio tutte le persone che hanno inserito la mia storia tra i preferiti:

1. Erica97
2. mikamey
3. rizzila93
4. marzy93
5. sakurina_the_best
6. _evy89_
7. Luine
8. Yumi-chan
9. Veronica91
10. lauretta 96
11. EkoChan
12. stella93mer
13. giuly_chan95
14. _Dana_
15. simpatikona
16. CarlyCullen
17. asuka_hime
18. neko_yuki
19. XIUKY88
20. Manila
21. giadinacullen
22. twilighttina
23. SEXY__CHiC
24. Annie Marie Jackson
25. valuzza92
26. mechy
27. amorelove
28. animexx
29. forzaN
30. federicaa

E in particolare le new entry:

31. AkA GirL
32. thedarkgirl90

Chi ha inserito la mia storia tra le storie da ricordare:

1. marrion
2. aliasNLH
3. sakura2611

E in particolare la new entry:

4. thedarkgirl90

E anche chi ha inserito la mia storia tra le seguite:

1. Mb_811
2. punk92
3. naruhina 7
4. MatsuriGil
5. Miki89
6. _evy89_
7. tate89
8. Janika Criselle
9. EdelSky
10. simpatikona
11. marrion
12. XIUKY88
13. laurA_
14. dolce_luna
15. feilin
16. Bliss_93
17. shinigamina_love
18. _Hakura_
19. sailorm
20. sakura92
21. ChibiRoby
22. forzaN
23. Spuffy93

E in particolare le new entry:

24. Lady Koishan
25. thedarkgirl90

  
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