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Autore: KatNbdwife    07/08/2010    1 recensioni
In "Dopo di te" Lea e Bill si sono conosciuti, amati, lasciati. Ora come vivranno il resto della loro vita lontani?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bill, distrutto da una notte insonne, si era recato in aeroporto poco prima delle otto di mattina, nella speranza di trovare un volo il prima possibile, così da poter tornare a Berlino da lei.
Gli scappava quasi da ridere pensando a tutta la storia, a lui che era corso in Italia mentre lei lo stava raggiungendo in Germania.
Aveva temuto di perderla veramente, questa volta, ma il suo gesto gli aveva ridato speranza: se non le fosse importato più nulla di lui, non si sarebbe di certo presa la briga di andare fino a Berlino, senza nemmeno essere certa di trovarlo.

Ebbe fortuna. Un volo sarebbe partito di lì a mezz’ora e il ragazzo si affrettò a comprare il biglietto. Prima di partire, bevve un caffè al bar dell’aeroporto, sempre egregiamente camuffato dietro ad un grosso paio di occhiali neri, con il viso quasi del tutto coperto da una pesante sciarpa grigio scuro e un cappellino con visiera della stessa tinta, calato sulla fronte.

Una volta sull’aereo, inspirò profondamente e si assopì, felice all’idea di poter rivedere l’unica persona che era stata in grado di far vacillare ogni sua convinzione.

**

“Credo che tu abbia bisogno di un calmante”

Tom sorseggiava del caffè bollente da una tazza, seduto al tavolo della cucina, due spesse occhiaie a cerchiargli gli occhi color nocciola, i rasta avvolti alla rinfusa e tenuti insieme da un grosso elastico nero, la voce ancora impastata dal sonno. Lea, invece, era già sveglia da ore, vestita di tutto punto e nervosa come una scolaretta il primo giorno di scuola.
Aveva preparato la colazione per Tom, svegliatosi in seguito ai rumori prodotti involontariamente da Lea in cucina e adesso, con una sigaretta stretta fra l’indice e il medio, osservava i profili dei tetti berlinesi.

“Niente calmanti” mugugnò.
“Sembra che tu non abbia mai conosciuto Bill. Ti comporti come le ragazze che incontriamo ai meet&greet. Anche loro sono nervose, si torturano le dita con i denti, alcune piangono. Ma posso capirle: stanno per incontrare i loro idoli. Tu invece… tu non hai motivo di essere così agitata!”
“Non lo vedo da tanto e l’ultima volta che ci siamo sentiti, non è stata una conversazione propriamente felice! Inoltre, il solo pensiero che resti bloccato di nuovo a Roma, mi fa agitare”
“Nel caso dovesse succedere, troveremo un’alternativa” poi sbadigliò vistosamente e appoggiò la testa sul tavolo.
“Mi spiace averti svegliato” mormorò Lea.
“Nessun problema, dormirò più tardi”
“Sì ti prego, resta sveglio adesso” Lea si avvicinò al rasta e lo obbligò ad alzare la testa dal tavolo “Ho bisogno di parlare, di distrarmi”

Tom sghignazzò e si apprestò a far compagnia alla ragazza per le seguenti due ore.

**

Aria di casa.
Era sempre bello tornarci, anche quando restava distante solo poco tempo.
Il taxi che lo stava accompagnando a casa, sfrecciava veloce per le vie della città. Mancavano pochi minuti alle undici e la città era nel pieno della sua attività.
Giunti davanti al cancello di casa Kaulitz, Bill pagò velocemente la corsa e varcò la soglia. Attraversò il cortile con il cuore in gola, aprì la porta del piano terra con mani tremanti e salì le scale facendo due gradini per volta.
Una volta giunto davanti alla porta che l’avrebbe condotto da Lea, tentennò. Era certo, in cuor suo, che Lea non fosse lì per lasciarlo, ma ora temeva che i suoi pensieri fossero sbagliati, che Lea fosse andata davvero a Berlino solo per chiudere la loro storia una volta per tutte.
Abbassò la maniglia lentamente, aprì la porta ed entrò in casa. Dalla cucina, gli giunsero le voci di Tom e di Lea e una morsa gli strinse lo stomaco, fin quasi a farlo gemere.
Quando richiuse l’uscio, le voci zittirono e dopo pochi secondi vide la figura del gemello comparire dalla cucina, seguito da quella di Lea che, impacciata e imbambolata, lo fissò a lungo senza dire nulla.

Un dejavù: Bill aveva già vissuto questa scena, anche se le parti erano invertite.
Sorrise al pensiero del giorno in cui Lea si era precipitata da lui e lo aveva trovato a petto nudo, con lo spazzolino da denti in bocca e il dentifricio che gli colava sul mento. Scosse la testa, posò la valigia a terra e si levò gli occhiali da sole. Tom lo salutò con un sorriso e un gesto della mano e sparì in camera sua.
Bill fece qualche passo verso di lei, mormorando un “Ciao”. Lea, sul subito, pensò di adottare la tattica del “non-credere-di-farmi-capitolare-subito” ma quando scorse i suoi occhi lucidi e le guance arrossate dal freddo, cedette.
Prima di buttarsi fra le sue braccia, mormorò un debole “Mi sembra di aspettarti da una vita”.
Dopo, non ci furono molte parole.

**

Non avevano fatto l’amore, non c’era tempo, non c’era bisogno.
Dovevano dirsi tante cose, dovevano guardarsi negli occhi e capire se era davvero possibile continuare quella storia d’amore che, per certi versi, pareva una bellissima fiaba ma, per altri, sembrava un incubo.
Stretti sul letto del cantante, coperti con un plaid trovato in un armadio, avevano parlato per ore. Prima di tutto, Bill le aveva spiegato di Franziska, con tutta la sincerità possibile, le aveva raccontato del loro amore giovanile, del tentativo di baciarlo, della proposta che Franziska gli aveva fatto, senza tralasciare nulla. Lea si era finta offesa e gelosa, più di quanto in realtà non fosse. E non lo era, nonostante le apparenze, per un semplice motivo: Lea sapeva che Bill la amava. Ne era certa, come si è certi del proprio nome.
Sentiva che qualcosa di speciale era accaduto, quel giorno di tanti mesi prima, quando si erano incontrati a Roma.
Non era magia, era solo amore. Quello vero, quello delle favole appunto.

“Ho pensato davvero di lasciarti” gli disse, guardandolo dritto negli occhi “Anche se so che mi ami davvero”
“Anche io ho creduto che mi lasciassi”
“Non era tanto la mancanza di fiducia, quanto la paura. Io ho paura”
“Di cosa?”
“Di te”
Bill strabuzzò gli occhi e si alzò, poggiandosi su un gomito: “Di me?”
“Di quello che rappresenti. E non parlo dei Tokio Hotel, parlo di quelli che rappresenti per me” sospirò e proseguì “Tutti parlano di amore. Amore di qui, amore di là, ma solo se lo stai vivendo sai cosa significa sul serio. Tu sei, per me, la personificazione dell’amore e se un giorno dovessi andartene, sarebbe la fine. Non potrei amare mai più, almeno non come ho amato te”
“E perché hai paura?”
“Perché rappresenti un sentimento troppo grande e io temo di non saperlo gestire. Mi scoppia il cuore in petto quando ti vedo, mi tremano le mani, a volte vorrei piangere di gioia quando mi sei accanto. E’ una cosa così folle che, sinceramente, non credevo nemmeno potesse capitare”
Bill si chinò verso di lei e la baciò gentilmente, facendo aderire perfettamente le loro labbra. Poi disse: “Vieni a vivere con me”
“Lo sai che non è possibile, non parliamo ancora di questa cosa”
“Tra poco inizieremo il nuovo tour, vieni con me”
“Non voglio interferire con la vita della vostra band. E’ giusto che io ne resti fuori. Ma ti verrò a vedere tutte le volte che mi sarà possibile”
“Come faremo, Lea?” Bill tornò a sdraiarsi al suo fianco e posò la fronte contro quella della ragazza.
“Vorrei dirti che basta l’amore, ma sappiamo entrambi che non è così. Io non posso pensare di lasciarti, ma è tutto così difficile. Avrei voluto conoscerti quando non eri ancora Bill dei Tokio Hotel, così ti avrei avuto solo per me”
“Sarà ancora più difficile partire, adesso” mormorò Bill.
“Quanto potrà durare? Per quanto tempo sopporteremo la lontananza?”
“Non c’è limite, credo”
“Se tutto questo diventerà troppo pesante da sopportare, dovremo trovare il coraggio di essere onesti e dircelo. Dirci che non possiamo più affrontare la distanza, la solitudine, la mancanza, anche se questo dovesse portare alla fine del rapporto”
“Se fossimo due attori, a questo punto dovrei chiederti di sposarmi” le disse, a fior di labbra.
“Ma non siamo attori e questo non è un film romantico. Siamo persone che vivono la loro vita e che sanno che un matrimonio non risolverebbe nulla. Non potrei comunque seguirti in giro per il mondo”
“In fondo, tanti miei colleghi” e nel dire la parola colleghi ridacchiò “hanno una compagna che li aspetta. E molte storie sopravvivono anche così”
“Noi non sopravvivremo. Noi vivremo, in un modo o nell’altro”

Il lungo bacio che ne seguì, venne interrotto da Tom, che bussò insistentemente alla porta: “Bill, dobbiamo andare in studio. Ti aspetto in macchina, hai mezz’ora“

Lea rise e, prima di alzarsi, lo baciò di nuovo e disse: “Vai…”

**

Poco prima di uscire di casa, Bill propose a Lea di seguirlo allo studio di registrazione.
“Perché non vieni anche tu? Finalmente, ho l’occasione di mostrarti dove lavoro”
“Non vorrei disturbare, magari gli altri non sono d’accordo” rispose, titubante, la ragazza.
“Scherzi? Non dai nessun fastidio, ti puoi accomodare nella postazione di David, tanto oggi non ci sarà”

Così, in meno di cinque minuti, Lea si preparò per visitare, per la prima volta, il luogo in cui Bill e soci sfornavano i loro successi.

Durante il tragitto che li avrebbe condotti a destinazione, Lea osservava Bill dai sedili posteriori mentre chiacchierava con Tom, allegramente. Il rasta, impegnato alla guida, rispondeva al gemello con foga e, spesso, i due si osservavano senza dire nulla, come se bastasse uno sguardo per capire le parole dell’altro.
Lea provava una stretta al cuore ogni volta che gli occhi di Bill incrociavano quelli di Tom, sentendosi quasi un’intrusa.
Ma come aveva potuto anche solo PENSARE di lasciare Bill? Come aveva potuto credere di riuscire a condurre una vita felice senza lui al suo fianco?
Immersa nei suoi pensieri, non si accorse nemmeno che la macchina si era fermata e che Bill le stava parlando.

“Lea?”
“Sì?” mormorò, scuotendo la testa come per ridestarsi da quella sorta di trance in cui era piombata.
“Siamo arrivati. Non hai aperto bocca per tutto il tragitto, va tutto bene?” aggiunse Bill, scendendo dall’auto.
“Sì, sì. Stavo solo pensando”
“Tu pensi troppo” rispose, sorridendo e circondandole la vita con un braccio. Lea si irrigidì e cercò di scostarsi da lui: era giorno e loro erano all’aperto, sotto gli occhi di tutti. Lo studio era posizionato in una zona relativamente isolata, ma non così tanto da poterle garantire di non essere visti. Ma poi, sentendo che Bill non accennava a mollare la presa, si arrese. In fondo, se anche li avessero visti, che male c’era?

Tom fu il primo ad entrare, seguito da Lea e da Bill. Il rasta si diresse verso la zona cucina e preparò un caffè, mentre Bill faceva visitare il resto dello studio alla ragazza, spiegandole nei dettagli come nasceva una canzone e quanto tempo avessero trascorso in quella casa.

Non era grandissimo, come studio. Era composto da una sala dalle pareti insonorizzate, dentro alla quale registravano e provavano le melodie. Da lì, una porta conduceva alla zona in cui David e i restanti produttori osservavano i ragazzi mentre si esercitavano, attraverso un grosso vetro, proprio come quelli che Lea aveva visto in televisione.
Oltre alle due stanze utilizzate per il “processo creativo”, vi erano una piccola cucina, un bagno e un salottino, con due grossi divani, un tavolino al centro della stanza e una televisione a schermo piatto.
Le stanze, tranne quella in cui registravano, erano illuminate da ampie finestre, abbellite da dei tendoni scuri che toccavano terra.

Per un secondo, Lea immaginò Bill da solo, in quella stanza, con le tende tirate e una ragazza diversa da lei a fargli compagnia. La rabbia che provò le fece venire un indomabile voglia di avvicinarsi a lui e prendergli la mano. Il ragazzo non solo la lasciò fare, ma la strinse a sé e la baciò sulle labbra, facendola sedere sul divano più vicino.
Se non avessero udito il rumore di una macchina lungo il vialetto di ghiaia che conduceva allo studio, probabilmente avrebbero fatto l’amore su quel divano, incuranti di Tom nella stanza accanto. Si rialzarono di scatto, ridendo come due bambini, si sistemarono i vestiti e i capelli come meglio potevano e raggiunsero l’ingresso, dove Lea rivide dopo tanto tempo, anche Georg e Gustav.

Ora che la band era al completo, non restava che incominciare. Lea venne fatta accomodare nella stanza adiacente allo studio vero e proprio e lì vi rimase per quasi quattro ore, intervallate solo da brevi soste durante le quali Bill la raggiungeva, premuroso come sempre.
Cenarono insieme e ripresero a provare subito dopo, finendo a notte fonda. Quando lasciarono lo studio, diretti verso casa, Lea si assopì in macchina, con il sorriso sulle labbra.

**

Si risvegliò solo in tarda mattinata, avvolta nelle coperte che profumavano di lacca, di bagnoschiuma e di lui. Girandosi sul lato destro, si accorse che anche Bill stava ancora dormendo così si accoccolò contro la sua schiena e gli passò un braccio sopra il fianco, fino a carezzargli il ventre.
Il ragazzo si voltò verso di lei, mugugnando lievemente e le sorrise.

“Dormito bene?” sussurrò, gli occhi e la voce ancora impastati dal sonno.
“Benissimo. Non ricordo nemmeno di essere andata a letto”
Bill ridacchiò: “Eri mezza addormentata, io e Tom ti abbiamo portata a letto in spalla, praticamente”

Solo in quel momento, Lea si rese conto, infatti, di essere ancora vestita.

“Oddio, scusami! Ero così stanca… ma soprattutto, ha giocato molto il fatto che mi sia scesa la tensione dei giorni precedenti. E’ come se fossi collassata!”
“Mi spiace solo che tu abbia dovuto dormire con addosso i jeans! Sono riuscito solo a levarti il maglione”
“Che farei senza di te…” mormorò Lea, ridacchiando.
“Me lo chiedo anche io, cosa farei senza te…”
“Suppongo che faresti quello che hai sempre fatto prima di conoscermi”
“Prima era prima. Adesso è tutto nuovo”

Lea gli si avvicinò e lo baciò di sfuggita sulla bocca, poi si ritrasse e gli sorrise: “Possibile che tu sia sempre perfetto? Sai sempre dire la cosa giusta al momento giusto”
“A dire il vero” rispose Bill “c’è qualcosa che ti dovrei dire, ma non so se sia il momento giusto”

Lea si alzò, appoggiandosi ad un gomito e lo squadrò, preoccupata: “Ovvero?”
“Ci ho pensato a lungo e… beh… vorrei farti conoscere mia madre”

**

Grazie di cuore a tutte, per i commenti e per la lettura!
Kate
   
 
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