What
colour is the snow?
Capitolo 14: L’altra
faccia.
Annlisette
Nevue non sapeva se ridere o piangere. Inizialmente aveva riso molto
nervosamente, non riuscendo a credere che suo padre avesse davvero invitato a
pranzo Nathan Metherlance, lo straniero, lo “strambo”, lo scienziato pazzo.
Quando mai Lazarus si era dimostrato così gentile da addirittura invitare
qualcuno a restare per il pasto? Anzi, quando mai aveva condiviso il pranzo suo
- e soprattutto quello dei suoi figli – con un totale sconosciuto. Sua madre
l’aveva forse corrotto? Anche suo padre si era fissato con la storia che tra
loro c’era del tenero e aveva cominciato a considerarlo un genero? A confermare
quelle ipotesi c’era l’atteggiamento di Gabriel, che non mancava di dimostrarsi
antipatico e di lanciare a Nathan una serie sterminata di occhiate sospettose.
“La
situazione sta precipitando…” pensava tra sé e sé la
ragazza mentre erano tutti seduti a tavola. Non era andato tutto così
tragicamente come aveva immaginato, lo straniero era infatti
riuscito a instaurare un dialogo molto interessante sull’uso odierno del
latino.
-Quindi
tu mi dici che conoscere quella lingua apre molte strade- considerò
Lazarus scrutando con curiosità Nathan. Quella discussione lo stava prendendo
davvero.
-Sì,
soprattutto se si opera nel mio campo: l’archelogia- continuò il giovane
studioso –è una branchia della scienza che sta
riscuotendo molto successo in questi anni, soprattutto grazie alle nuove
scoperte in campo tecnologico. Grazie ai moderni treni, al sistema di illuminazione elettrica e…-
-Treni?
Sistema di illuminazione elettrica? Di che accidenti
stai parlando?- lo interruppe Ann alzando il viso dal piatto. Non aveva mai
sentito nomi simili prima.
Nathan
parve molto sorpreso, infatti passò lo sguardo celeste
su tutta la famiglia che lo osservava con lo sguardo di chi non capisce, infine
inclinò il capo –Davvero a Hidel non arriva nemmeno notizia di… non dico la
luce elettrica, ma almeno dei treni? Esistono da… trent’anni, all’incirca-
-Ragazzo,
in questa famiglia solo io esco da Hidel. Ogni volta
che arrivo in città questa sembra sempre più forte, avanzata, ma anche
divoratrice di menti. Noi villici evitiamo troppi contatti con questa società
affamata- gli spiegò il padre, e lo studioso annuì. Poteva ben capire dove voleva andare a parare: lì non avevano la minima
intenzione di progredire, e ciò, agli occhi di Nathan, era una cosa molto
negativa.
-Sì,
sì lo sappiamo! Ma ora dimmi cos’è un treni… o treno?-
lo richiamò Ann dandogli piccole pacche sulla mano.
Il
biondo le sorrise gentilmente, la trovava molto dolce quando tirava fuori
questo lato così curioso –Treno. Certo, scusa se ti ho fatta
aspettare. Un treno è un mezzo di trasporto pubblico, aperto a chiunque, lo
possono usare i nobili come i servi, basta comprare un biglietto, e ti porta ovunque-
-E
come ti ci porta? Può portarti anche dall’altro lato del mondo? E’ veloce?-
-Sì,
è molto veloce. E’ capace di portarti da una punta all’altra di Kharlan in una settimana-
-Incredibile!-
Ann scattò in piedi sbattendo le mani sul tavolo. Nathan fece un salto
all’indietro, sorpreso da quella reazione così esagerata. Anche il resto della
famiglia lo guardava come se stesse parlando di qualcosa di mostruoso.
Nathan
annuì, sorridendo ancora. Gli faceva uno strano piacere portare un barlume di
scienza in quella famiglia così chiusa in se stessa. Forse non era un pensiero
carino da fare, ma lo faceva sentire in qualche modo potente –Sono
alti come la sala maestra, grandi il doppio. Sono composti da tante carrozze che ospitano i passeggeri e viaggiano
sulle rotaie. Le rotaie sono… come sei sentieri, le linee su cui possono
viaggiare solamente i treni-
-Che
cosa li muove?- chiese Lazarus.
-Il
carbone- rispose subito il ragazzo.
-Quello
che noi mettiamo nel fuoco quando papà lo porta dalla città?- chiese Ann con
grandi occhi luccicanti.
-Esatto.
Lo si brucia e si ottiene forza motrice, ovvero capace
di muovere un enorme treno-
-Ma
ci stai dicendo la verità?- chiese Gabriel inarcando
un sopracciglio, scettico.
Quella
domanda pose inizio a un silenzio. Ovviamente c’era sempre qualcuno che non
credeva, ma Gabriel sapeva essere un avversario ostico, di questo
ne era sicuro. Avrebbe dovuto dargli prove
concrete –Sì, se volete posso mostrarvene uno-
-E
come? Non possiamo andare in città- sospirò Ann accasciandosi sul tavolo,
mettendo il broncio.
Lo
straniero fece cenno di no col capo, rivolgendole uno sguardo tranquillo –Ho
dette fotografie in casa mia-
-Fotografie?-
per la prima volta fu Elizabeth a parlare. La donna teneva una mano davanti
alla bocca, incantata da tutte quelle strabilianti rivelazioni.
Nathan
si chiese se non lo stessero prendendo in giro. Dove era stato Hidel negli
ultimi cinquant’anni? Abbassò lo sguardo un attimo, chiedendosi come avrebbe
potuto mostrare cos’era una fotografia senza spaventarli –Vi dirò la verità-
decise infine, tornando a guardarli tutti e quattro –la fotografia è una cosa prettamente scientifica. Ma
la superstizione, come sempre, mina il mio campo, additando noi scienziati non
come persone che tendono una mano verso il futuro, ma come fattucchieri di
strada. Una fotografia viene scattata da una macchina
fotografica, uno strumento capace di catturare e trasferire una scena su carta-
Nessuno
aprì bocca, Ann era tutta orecchi. Nathan però sapeva
già cosa volesse chiedergli la ragazza –All’interno ha un meccanismo. Ti metti
davanti alla macchina fotografica, un’altra persona si mette dietro l’oggetto, aziona il meccanismo, la macchina fa un piccolo botto… e la
tua immagine rimarrà per sempre sulla carta- le sorrise –ricordi quello
strumento alto con tre piedi in casa mia?-
La
ragazza annuì. Lo ricordava ammassato in mezzo ai libri, nell’angolino accanto
al letto. Sbatté le palpebre diverse volte –Quella è una macchina fotografica!-
esclamò con occhi spalancati.
-Esatto,
e questa…- lo studioso mise una mano nella tasca dei pantaloni, dalla quale
uscì un pezzo di carta che mostrò prima ai genitori, poi ai fratelli –è una
fotografia-
Ann
gliela prese di mano con un gesto veloce, accostandosi accanto a Gabriel, così
da osservarla per bene.
Ritraeva
Nathan seduto su un gradino dietro il quale si vedeva un fiume. Accanto allo
straniero c’erano due persone: una donna visibilmente più grande di lui, dai
lunghi capelli e gli occhi molto dolci, seduta composta mentre rideva del terzo
individuo, a cui il vento aveva sbattuto in faccia un
foglio evidentemente di passaggio. Sullo sfondo c’era
un ammasso di case e, in lontananza, una cattedrale. Il tutto era in bianco e nero. Ann rimase incantata, tanto che il suo
cuore cominciò a battere più velocemente. Era davvero reale quello di cui
parlava Nathan. Improvvisamente sentì la prepotente voglia di uscire da Hidel e
viaggiare, prendere un treno, fare fotografie e vedere
la luce elettrica. La casetta calda e accogliente di famiglia non le era mai
parsa più opprimente.
-Quello
è il mio migliore amico- le spiegò Nathan riferendosi al tizio il cui viso era
nascosto –la donna, invece, è il mio capo-
Solo
allora Ann focalizzò la propria attenzione sulla donna a fianco del suo amico.
Se quella fotografia non fosse stata fonte di nuove emozionanti scoperte,
sicuramente avrebbe subito fatto caso a quel particolare, ingelosendosi come al solito. Tuttavia, stavolta frenò il rossore sulle guance
–Come si chiama?-
-Jen-
rispose subito lui.
I
commenti ripresero. Lazarus si mostrava molto interessato alle novità della
città, tuttavia non si sbilanciava troppo. Nathan cominciò a vederlo sotto una
luce diversa. Aveva l’impressione che l’uomo fosse davvero incuriosito da tutto
quello che Hidel precludeva ai suoi abitanti, ma che al contempo avesse quasi
paura di allontanarsi da quel luogo che rappresentava un posto sicuro per tutti
loro. Una casa, per quanto vecchia e malandata, è pur sempre una casa.
-Dicevi
prima che la superstizione ha qualcosa a che fare con la fotografia- fece notare Elizabeth mentre sparecchiava.
-Giusto.
Ho dimenticato di completare il discorso!- esclamò Nathan in imbarazzo, facendo
ridere Ann e sua madre –Vi dicevo che c’è addirittura chi dice che le
fotografie… mangino l’anima, o qualcosa del genere-
Ancora
una volta tutti gli sguardi furono puntati su di lui, in silenziosa attesa di
risposte che potessero smentire quella diceria.
-Ovviamente
è una sciocchezza inventata da chi ha paura della tecnologia-
riprese il giovane porgendo il proprio piatto alla padrona di casa –io ho fatto
moltissime fotografie, e posso assicurare che l’anima ce l’ho ancora- rise.
Ann
si unì alla sua risata. Almeno sotto quel punto di vista andavano
sempre e comunque d’accordo. In realtà i punti di contatto tra loro due erano
davvero molti, peccato che venissero sempre soppressi
da argomenti più futili su cui si facevano guerra.
-Io
aspetto ancora che mantieni la promessa che mi hai fatto- la ragazza
voltò lo sguardo poggiando il capo su una mano, facendo un’espressione
scocciata.
Nathan
ridacchiò, quindi annuì –E’ proprio per questo che sono venuto qui-
-Davvero?-
Ann tornò a guardarlo speranzosa. Forse era finalmente il momento di onorare la
promessa fatta alla gara di cucina?
Osservò
Nathan voltarsi verso il vecchio Lazarus esordendo con un semplice –Purtroppo
le piante non crescono più rigogliose se parli loro in latino-
Elizabeth sorrise, mentre Gabriel parve pronto a saltare addosso allo
straniero per riempirlo di pugni: tutti avevano già capito dove voleva andare a
parare.
-Immagino
abbiate già capito che cosa ho promesso ad Ann, ma posso anche comprendere le
preoccupazioni di una famiglia. Neanche io affiderei mai una figlia a uno
sconosciuto. Beh… anche se mi conoscete da sei mesi in realtà…-
-Non
si tratta di questo- lo interruppe Lazarus. Lasciò che le spalle si posassero
sulla sedia con un sonoro cigolio. Le mani enormi, la stazza imponente, tutto
nella sua figura incuteva un certo timore. Era incredibile pensare che Ann
avesse avuto la grandissima fortuna di prendere la corporatura della madre.
Nathan interruppe il discorso per prestargli attenzione. –Potrei anche farle
prendere lezioni da te, ragazzo, ma considera che in questo villaggio tutte le
tue belle parole, le tue fotografie, i treni e il resto, non
servono a niente. Sarebbe solo toglierle del tempo che potrebbe usare
per lavorare e aiutare la nostra famiglia-
-Questo
lo so- rispose subito Nathan, consapevole di quanto fosse vero ciò che aveva
detto messere Nevue –ciò implicherebbe che la ragazza uscisse da Hidel. Ann è
sveglia, intuitiva, ha grandi potenzialità che potrebbero portarla in alto. La
città di certo è più pericolosa di questo villaggio,
c’è da confrontarsi sempre col prossimo, da guardarsi le spalle, ma è anche
vero che lei non sarebbe sola-
-Uh?-
Ann fece una faccia sorpresa. Le cose appena dette da Nathan l’avevano un po’ intimorita.
-Ovviamente
ci sarei io con te-
A
quelle parole, il cuore della ragazza si scaldò. Non solo per la loro
gentilezza, ma anche per il sorriso premuroso con cui Nathan le aveva
accompagnate. Gli sorrise di rimando, grata.
-Questo
è consolante- Elizabeth prese la parola –io la penso come Nathan- notando lo
sguardo torvo del marito ridacchiò allegramente –caro, lasciami spiegare-
entrambi i ragazzi furono di nuovo attenti –conosco i valori di Hidel, li hanno
insegnati anche a me. “Non uscire dal villaggio” è una delle nostre prime
regole- disse rivolta a Nathan. Lo studioso sembrò a dir poco sconcertato, e la
donna lo poteva ben capire –immagino tu abbia viaggiato e visto molte cose. Ti
riesce difficile credere che esista una regola simile?-
-Ci
credo, madame, anche troppo…- rispose Nathan senza che
quell’espressione stupita.
Ann
sbuffò –Stupidissima regola…-
-Le
due regole di Hidel furono istituite dai nostri progenitori, coloro che
crearono il villaggio. La prima è quella che ti dicevo prima, la seconda vieta
di recarsi a nord est, oltre il lago-
Se
non riusciva a capire il senso della prima, Nathan colse subito a cosa si
riferiva la seconda. Come un lampo, nella sua mente, e probabilmente anche in
quella di Ann, tornò vivida l’immagine del famoso e misterioso Joshua,
proveniente da un luogo al di là del lago. Ann lanciò
a Nathan
un’occhiata furtiva. “Sì” le rispose mentalmente lui. Qualsiasi cosa fosse a
nord est era legata sia a Joshua che alla seconda
regola di Hidel.
“Grazie
alla mamma ora abbiamo un nuovo indizio” pensò Ann.
Sicuramente Nathan non le avrebbe mai permesso di tornare lì, era troppo
lontano dal villaggio e si era già mostrato un luogo pericoloso.
Tuttavia
fu costretta a mettere da parte quei pensieri, almeno per il momento. Per
qualche giorno voleva stare lontana dalle avventure, dai lupi e quant’altro.
Magari passare un po’ di tempo con Nathan, a studiare…
-Tuttavia
vorrei che Annlisette uscisse da Hidel e conoscesse il mondo- quelle parole
stupirono Ann, che alzò lo sguardo sorridendo. Aveva trovato un solito appoggio
nella madre –il mondo è fuori da Hidel, e Dio non ci ha creati per vederci
chiusi ognuno in casa sua-
Nathan
annuì –Immagino che preferisca vederci utilizzare le meravigliose facoltà del
nostro cervello anche per progredire e migliorare la nostra condizione sociale-
Ann
accennò un sorriso. Nathan usava sempre parole e frasi un po’ singolari, strane
alle orecchie di una ragazza abituata alle frasi semplici e spesso
ignoranti tipiche dei contadini. Era piacevole ascoltarlo, avrebbe
passato volentieri molto tempo a sentirlo parlare, anche di cose che lei non
conosceva assolutamente. Quante cose sapeva quello straniero? E quante gliene
poteva insegnare?
-Farò
doppi turni- le uscì spontaneo. Tutti gli sguardi
furono puntati addosso a lei, ma lei aveva occhi solo per Nathan –non posso farmi scappare questa occasione. Tu sai troppe cose
che io voglio conoscere, anche a costo di lavorare di notte- i due si scambiarono un sorriso. Per la prima volta, la ragazza vide
nello studioso una nuova espressione, un nuovo modo di
sorridere. Non più quella risata sorniona spesso atta a far imbestialire la
gente, bensì
qualcosa di più gentile, comprensivo… quasi complice.
Tuttavia
Lazarus non pareva ancora soddisfatto, e Gabriel non era da meno. Il fratello
si mise in piedi con un veloce scatto, posando la mano sul tavolo con un gesto
di stizza.
-Gabriel!-
lo richiamò la madre, senza però ottenere risposta in cambio. Il giovane,
infatti, salì in camera sua con un gran chiasso.
Nathan
rimase qualche secondo a fissare il punto in cui era sparito, chiedendosi cosa
avesse fatto di così grave anche stavolta. Era sua impressione o quel ragazzo
era dannatamente geloso di sua sorella? Lo vedeva forse come una minaccia?
-Credo
di non stargli troppo simpatico- disse in direzione dei genitori del ragazzo.
-Non
farci caso, ragazzo- borbottò Lazarus esaminando con
più attenzione del dovuto un cucchiaio. Ci trovava qualcosa di
interessante o stava pensando a qualcosa?
Il
silenzio calò. Ann odiava quei silenzi costretti, dove nessuno sa più cosa
dire. Abbassò lo sguardo e poggiò le mani in grembo. “Stava andando tutti così
bene… dannato Gabriel!”
Guardò
in direzione di Nathan, sperando che almeno lui avesse una delle sue mitiche
trovate da tirar fuori, ma anche lo straniero taceva. Sembrava molto a disagio.
“Così
non va bene!”
La
ragazzina prese al volo la fotografia che poco prima aveva esaminato, porgendola
al proprietario –Che posto è questo?- domandò con tono impacciato.
L’aria,
che fino a quel momento era stata tanto pesante da
essere irrespirabile, le pareti improvvisamente troppo strette, i rumori
amplificati che Gabriel produceva al piano di sopra, il lento ticchettare che
spaccava i timpani, proveniente dall’orologio in un angolo, i pochi rumori che
si udivano dall’esterno della casa, tutto questo e altro ancora sembrò pesare
di meno quando Nathan riprese parola, sempre col suo tono cordiale –Questa,
Annlisette, è Lilium, la capitale delle terre azzurre. Cosa
sai di Lilium?-
Ann
posò una mano sul mento, alzando gli occhi mentre cercava di ricordare –E’ una
città sull’acqua? Ma non so come o perché-
-Inizialmente
era una città come molte altre, ma il lento avanzare del mare l’ha inondata. Il
livello del terreno era tre metri sotto l’acqua,
dunque furono costruite strade galleggianti, ponti e quant’altro. Oggi è
composta da una serie interminabile di piccoli fiumi
su cui sono costruite case e vie-
-Dev’essere
bellissima!- esclamò Ann immaginandola. Purtroppo però la sua mente aveva visto
troppe poche cose per riuscire a figurare qualcosa di così imponente e
complesso.
-E
ti dirò di più- le sorrise Nathan –è completamente costruita
con un materiale che splende alla luce del sole. Durante il giorno, quando il
cielo è limpido, Lilium si illumina come un diamante-
-Wow!
Accidenti! Meraviglioso!- la ragazzina ormai aveva le mani davanti alla bocca,
lo sguardo sognante, tanto che i genitori si guardarono a vicenda trattenendo
una risata.
Era
difficile vedere Ann interessata a qualcosa. L’entusiasmo non era mai stato il
suo forte, eppure quegli argomenti riuscivano a prenderla in un modo
incredibile.
-E’
un vostro punto in comune, la passione per “ciò che c’è fuori Hidel”- sorrise
Elizabeth.
-Abbiamo
tanti punti in comune, anche se litighiamo sempre-
rise Ann –e sempre per sciocchezze!-
-E’
vero- ridacchiò Nathan.
-Questo
perché Nathan vuole sempre avere ragione- disse di rimando lei. E quella fu
l’ennesima miccia.
-Non
è vero, ti ho dato ragione un sacco di volte-
-E
mi rimproveri sempre di essere una testa calda-
“Questo
è vero” fu il pensiero collettivo di Lazarus ed Elizabeth, che li guardavano
stupiti. Un attimo prima andavano d’amore e d’accordo,
ora cominciavano a litigare?
-Non
sono io quello che mette punti esclamativi a fine di ogni frase, milady Nevue-
Déjà vu.
Ann
rimase il silenzio, osservando Nathan. Lui la osservò di ricambio con fare
stranito. Tentò di fare mente locale. Dove aveva già sentito quella frase?
Anzi, quando gliel’aveva detta?
-Ann,
tutto bene?- si informò lui con sguardo preoccupato
–Scusami, non era mia intenzione offenderti-
-Cara,
sei pallida- la madre si alzò, raggiungendo la figlia, sulla cui fronte posò
una mano.
Vedendo
tutti così preoccupati, Ann si sentì in colpa. Sorrise scuotendo il capo –Sto
bene, non c’è da preoccuparsi, ho solo… uhm… c’è un modo per dire quando hai
l’impressione di aver già vissuto una situazione?- domandò a Nathan.
Lui
annuì –Déjà vu- e in quel momento si rabbuiò. Che anche lui avesse avuto
un’impressione simile? Ann non poteva dirlo con certezza. Forse era solo
preoccupato o si sentiva in colpa.
Passò
un altro quarto d’ora, durante il quale la ragazza venne
accudita dall’amorevole madre. Nel frattempo, al tavolo, la “competizione” tra
Lazarus e Nathan continuava. Il padre non sembrava del tutto convinto, ma lo
straniero aveva promesso ad Ann che avrebbe provato a convincere il vecchio
Nevue a lasciarle prendere alcune lezioni di cultura generale, dunque non
demordeva. Sperava solamente che Lazarus non si stancasse e lo buttasse fuori a
calci – e, in effetti, avrebbe avuto ragione a farlo -.
Quando
scoccarono le quattro, orario in cui si torna a
lavorare, Nathan si alzò dal tavolo –Chiedo scusa, mi sono trattenuto più del
dovuto- purtroppo non era vittorioso. Ci aveva provato,
la promessa l’aveva mantenuta. Notò che anche Ann era abbacchiata,
probabilmente aveva creduto che davvero ce l’avrebbero
fatta.
-Figurati,
ragazzo, è piacevole parlare con te. Di solito parlo solo di capre e pecore, di
fiere se si avvicina l’estate. E’ bello cambiare argomento ogni tanto- Lazarus
si mise in piedi, stringendo con vigore la mano del giovane, facendogli un po’
male.
-Ah,
dimenticavo una cosa importante!- esclamò Nathan. Ora arrivavano le note
dolenti –Tra tre settimane partirete per la città, se ricordo bene- Lazarus
annuì. Lo studioso concentrò la propria attenzione sull’uomo, al fine di non
vedere la reazione di Ann quando riprese il discorso –verrò con voi. Le mie ricerche
bastano, all’università mi hanno detto di rientrare-
-Oh,
te ne vai?-
-Esatto-
Ann
gli lanciò un’occhiata stupita, sentendo un tuffo al cuore. Ora ricordava dove aveva già sentito quella frase: Nathan
gliel’aveva detta nella foresta, poco prima di essere attaccato dal lupo. E non
solo. Ricordava anche che lui le aveva detto che presto se ne sarebbe andato.
Era stato a far degenerare la lite!
“Significa
che… mi ha mentito?”
Ora
ne era sicura: lui ricordava tutto, le aveva detto una bugia.
Forse, nella più remota delle possibilità, non lo ricordava, ma ora sapeva che
era successo. Ne aveva la prova. Altrimenti come poteva lei sapere che lui se
ne sarebbe andato? Non c’era altra spiegazione: tutto era accaduto davvero, e Nathan stava cercando di
nasconderlo. Non solo le aveva raccontato una frottola, ma le aveva pure dato
della visionaria. E probabilmente conosceva sia Sogno che
l’altro tipo che li aveva salvati dall’incendio. Stavano cercando forse di
proteggere un qualche segreto? E Joshua, che tanto si era dimostrato ostile nei
confronti di Nathan, poteva essere collegato a questo segreto?
-Tornerai
prima o poi?- la voce grossa del padre la riscosse,
facendole alzare lo sguardo.
-Non
ne sono sicuro…-
“Come
sarebbe a dire?! Certo che devi
tornare!” la tristezza sopraggiungeva solo ora. Ora che si rendeva conto
che lui se ne stava andando, che avrebbe portato via con sé non solo quel
segreto, quelle bugie, quegli sguardi ambigui, ma anche quella strana luce che
la aiutava a veder chiaro quando si trovava davanti a qualcosa di incomprensibile, e, soprattutto, si sarebbe portato via
quel profumo che solo lei sentiva.
Abbassò
lo sguardo evitando volutamente le occhiate dello straniero.
-Ho
perso molto tempo, purtroppo, per onorare la mia promessa. Speravo di poterlo
fare nel poco tempo che mi rimaneva- continuò lui, ma
la ragazza non aveva più la forza di ascoltarlo. Con passi veloci, si allontanò
salendo le scale, chiudendosi poi in camera sua.
-Stupido
Nathan…- si fermò sulla porta, tenendo le spalle contro la parete, i pugni
stretti e le guance ardenti, incapace di fermare quel
calore che la pervadeva e le lacrime che si ammassavano sulle palpebre.
Era
indecisa su cosa fare. Nella sua mente regnava il caos. Da un lato avrebbe
voluto prenderlo per i capelli e costringerlo a confessare per poi mandarlo via
malamente, dall’altro però sentiva di essersi ormai legata affettivamente
troppo a lui, nonostante i continui battibecchi e le bugie. Anche se ormai
aveva la certezza che lui era un bugiardo, che forse era tutta una messa in
scena, capiva di non aveva più modo di scendere dal palco. Quella recita aveva
funzionato benissimo, era riuscita a renderla quasi succube della presenza
dello straniero.
E
ora che lui sarebbe andato via… lei cosa avrebbe fatto?
Con
un profondo sospiro, Nathan chiuse la porta di casa.
“Peggio
di così non poteva andare…” chiuse gli occhi lasciandosi scivolare sul
pavimento, sentendo il freddo legno sotto il palmi.
Con fare stanco, di chi ne ha le tasche piene di ciò che giornalmente vede e sente,
posò il capo contro la porta dietro di lui, un po’ consolato dall’oscurità
onnipresente nella vecchia e logora casa affittata. Con lentezza aprì gli
occhi, facendo scorrere lo sguardo celeste sulle assi di legno del soffitto,
trovandole tutt’un tratto estremamente interessanti.
In città non aveva mai visto case costruite così, pure da bambino era stato
abituato a case in cemento. Non avevano nemmeno quello in quel villaggio
dimenticato da Dio? “Ma dove accidenti sono finito… e
tutto questo per quelle dannate trattative.”
Abbassò
lo sguardo sulla propria mano, osservandola. Era una cosa che non faceva da
molto tempo, un vizio che aveva sin da bambino. Dov’erano le forbici…?
“Non
ora. E poi ho finito i peluche…”
No,
non era proprio il momento di squartare peluche, anche se da sempre era una
delle poche cose che riuscivano a fargli completamente dimenticare lo stress.
Sorrise.
Aveva
commesso un errore tremendo, un errore che
probabilmente gli era costato la copertura. Si era giocato
la credibilità.
A
questo punto non c’era più niente da fare. Se Ann non avesse mantenuto il
segreto, in breve Hidel avrebbe saputo la verità, per lui non ci sarebbe più
stato modo di tornare. Non che tra gli Angeli andasse meglio. Marcus era a dir
poco furioso per la scomparsa del suo leccapiedi. Il fatto di essere tutto il
giorno buttato in quel paese gli dava maggiore sicurezza rispetto agli altri
Angeli, ma i sospetti su di lui c’erano sempre. Forse avrebbe dovuto pure
allontanarsi dagli Angeli.
“No, Nate, ora basta pensieri pessimistici. Pensa, pensa…” si spronò.
Se Ann avesse continuato a indagare sulla strada giusta, e non su quella su cui
lui l’aveva indirizzata, avrebbe presto scoperto la verità su di loro. E a quel
punto… la sentenza era semplice, non era la prima volta che gli Angeli si
macchiavano di sangue innocente per proteggere il loro segreto. La sola idea
che potessero fare del male ad Ann, che potessero
costringere lui stesso a fare del
male ad Ann, lo disgustava.
Tirò
un altro sospiro massaggiandosi le tempie. Che situazione.
“Proprio ora dovevo mostrare l’altra faccia? Che idiota.”
Da
quel momento passarono tre giorni. Ann passava molto del suo tempo in camera, a
lavorare ostinatamente, come se i fili di diversi colori e misure potessero
finalmente fornirle le risposte ai suoi perché. Usciva solamente per i pasti e
le visite di Krissy. In queste occasioni, infatti, la ragazza aveva modo di
sfogarsi. Conosceva l’amica, sapeva che ella non
avrebbe fatto parola ad anima viva delle cose che le confidava, per questo le
raccontò ogni cosa. Partì dalla notte passata all’agghiaccio fuori Hidel,
quella in cui avevano conosciuto Joshua, passando poi con dolore al periodo
della morte della signora Hurst, quando aveva scorto Doralice rubare un bacio a
Nathan, per poi passare al punto cruciale: la sera della battaglia contro il
lupo e le bugie dello straniero.
Krissy
ascoltava in silenzio, le braccia penzoloni sull’erba.
Erano sedute sotto un albero a est del villaggio, appena fuori dai recinti che
dividevano il territorio umano da quello animale. Il vento fresco le
scompigliava i capelli dandole qualche fastidio di tanto in tanto. Un raggio di
sole le illuminava debolmente, non riuscendo a sfondare la coltre di nubi di
pioggia o cenere provenienti dalle montagne circostanti,
in continua eruzione.
Il
suo vestitino verde era in netto contrasto con quello rosa di Ann, ma spesso si
univano in dolci onde di colore. La rossa sorrise
dolcemente all’amica –Cara Ann, capisco che queste rivelazioni ti abbiano
lasciato l’amaro in bocca e molti dubbi, ma non hai considerato un’opzione
importante-
-Che
cosa?- borbottò Ann concentrandosi ancor più sul suo uncinetto.
-E
se queste bugie fossero solo un modo non troppo gentile di proteggerti da
qualcosa?-
Quella
domanda bloccò Ann. Era vero, non aveva considerato quell’ipotesi. Alzò lo
sguardo all’amica, guardandola con attenzione, sperando in altre rivelazioni.
-So
quando le bugie possano fare male- sospirò Krissy –ma a volte sono necessarie,
me lo dicesti anche tu, quando eravamo piccole-
Ann
fece per rispondere, ma quel momento tranquillo venne
interrotto da un urletto femminile. Si guardarono entrambe intorno, non capendo
da dove proveniva, quando un “ahia!” da parte di Ann chiarì tutto. Le era
arrivato in testa un grosso gomitolo giallo. Alzò lo sguardo notando solo ora
–Dodo! Che ci fai sull’albero?- la guardò sconvolta: quando mai Doralice saliva
sugli alberi? Era qualcosa di troppo rozzo per lei. Poi un dubbio l’assalì: aveva ascoltato tutta la conversazione?
Fortunatamente si erano fermate lì da poco, dunque avrebbe al massimo potuto
sentire il discorso sulle bugie, ma era comunque preoccupante.
-Sto
lavorando, no?- rispose la bionda mostrando il suo ultimo pezzo: una piccola
tela con sopra l’immagine di Gesù bambino. Tornò a cucire –Tranquilla, non mi interessava il vostro discorso-
Ann
però non si sentì rincuorata. Guardò Krissy, che ricambiò il suo silenzioso
sguardo. Entrambe erano a disagio, e da sopra l’albero Doralice continuava a
cucire in perfetto silenzio. Cambiare discorso, lo sapevano, sarebbe stato
maleducato, ma rimanere in silenzio sarebbe stato ancora peggio.
-Che
noia, i ragazzi- fu la bionda a spezzare la quiete, dondolando una gamba giù
dal ramo su cui era seduta –non sai mai cosa gli passa per la testa-
-Per
una volta sono d’accordo con te- annuì Ann restando a testa in
su per osservarla.
-Noi
donne riflettiamo molto, loro invece sono impulsivi, hanno
una logica tutta loro che solo loro possono comprendere. E in più vogliono
avere ragione se poi li rimproveri-
Le
due amiche non risposero, chiedendosi cosa fosse accaduto di così grave a
Doralice da farle dire quelle cattiverie. Di solito rivolgeva quel tipo di
discorsi solo contro Ann.
-Hanno un modo strano di farti capire che
tengono a te- concluse, alzando il lavoro contro il pallido raggio di sole per
tirare le somme: un bel lavoro.
Ann,
intanto, rifletteva sulle sue parole. Che quello fosse un tentativo di Doralice
di aiutarla in qualche modo? Molto più probabilmente stava solo esprimendo la
propria opinione. Notò che Krissy sorrideva. Aveva forse capito qualcosa che a
lei sfuggiva?
-Dodo
ha ragione- annuì la rossa –è molto più saggia di quanto sembra-
Da
sopra l’albero la bionda le lanciò un’occhiataccia
seguita da un sonoro sbuffo –Non posso dimostrare un attimo di premura nei
confronti della mia rivale?-
Ann,
forse per la prima volta, quasi si trattenne dal dire che era carina a
preoccuparsi per lei. Annuì –Grazie, Dodo- accennò un sorriso.
-E
non chiamarmi Dodo!- la rimproverò l’altra. Da quando era morta sua zia,
Doralice sembrava essersi calmata. Di certo i battibecchi con Ann non erano
diminuiti, ma non si mostrava più superba e ostile come prima. Con un gesto
molto goffo, di chi non è abituato a quel genere di esercizio, scese
dall’albero atterrando come un macigno e facendo ridere sommessamente la
rivale.
Dodo
se ne andò lamentandosi per il dolore a un piede. Sembrava che avesse preso una
storta nel brutto atterraggio, evidentemente quella voglia di salire sugli
alberi le era venuta da poco.
Le
due amiche rimasero ancora qualche minuto sotto l’albero –Dodo è strana da quando la signora Hurst se n’è andata- notò Ann.
-E’ solo maturata- sorrise Krissy –come tutti-
-Tu
sei matura da un sacco di tempo. Tu sei nata matura!- la mora ripiegò in
quattro il proprio lavoro, pronunciando quelle parole con un pizzico di invidia: anche lei avrebbe voluto essere matura come
Krissy. Beh, a parte quando si parlava di superstizione.
-Ogni
fiore è destinato a sbocciare, cara Ann- annuì l’amica ripassando una seconda
volta un punto di merletto uscito grezzamente.
-A
meno che qualcosa non li blocchi- le fece notare Ann.
La
rossa restò un attimo in silenzio, pensando a come rispondere. Mise una mano
davanti alla bocca alzando gli occhi al cielo, poi, trovata l’illuminazione, tornò
a guardarla sorridendo –Appunto per questo serve il contadino, per eliminare
ogni cosa che potrebbe bloccarlo. Gli amici servono a questo, no?- le diede un
buffetto sulla guancia, una cosa che faceva sin da quando erano
piccole, ma che ogni volta faceva arrossire Ann, che si vedeva trattata come
una bambina, e reagiva di conseguenza.
-Non
sono una mocciosa!- esclamò agitando un pugno davanti al viso, rossa e
arrabbiata.
Krissy
rise allegramente –Allora, se sei una ragazza forte e decisa, vai da messere
Metherlance e dimostra chi sei-
Inizialmente
Annlisette si ammollì, poi però, prendendola come una sfida, si alzò con fare
determinato e puntò un dito contro l’amica –Vedrai se non lo faccio!- e,
camminando con le gambe improvvisamente pesanti come macigni, si incamminò verso la casa dello straniero, lasciando Krissy
che ridacchiava timidamente lanciando poi sguardi incerti verso la selva
attorno al villaggio.
Ann
giunse presso la casa di Nathan mantenendo un ritmo pesante e monotono nel
camminare. Sembrava che stesse andando in guerra, più che a far visita a una
persona. Tutta quell’emozione le dava un caldo asfissiante nonostante attorno il fresco si stesse trasformando in freddo. Ancora
una volta le nuvole si addensarono, facendo scomparire il sole per la terza
volta in quella mattinata. Durante la notte si erano uditi dei tuoni in
lontananza, che fosse ora di un altro acquazzone? Di certo il tempo non era
clemente, lì a Hidel.
“Ci
manca solo la pioggia…” pensò amaramente la ragazzina “per una volta che usciva
il sole!” si fermò a pochi passi dalla porta di casa, sui gradini. Il cuore le
palpitava. Non si era preparata nessun discorso, non
sapeva esattamente cosa dire né cosa fare. Era lì senza uno scopo preciso.
Sapeva bene che Nathan non le avrebbe detto niente, era come una valigia
sigillata, impossibile da aprire. Forse le avrebbe raccontato altre bugie,
forse l’avrebbe ferita ancora. Forse le avrebbe detto in faccia che non le
importava nulla di lei e che voleva solo tornarsene a casa “No, Ann, non devi
pensare queste cose…” prese un sospiro “voglio solo fargli capire come mi
sento.”
Fu
inutile fare un altro passo, infatti la porta si aprì,
rivelando un Nathan un po’ più pallido del solito, visibilmente addormentato.
Ann
non poté fare a meno di sorridere. Non si era neanche preoccupato di dare una
sistemata alla zazzera biondo scuro che gli dava un’aria stravolta –Non hai dormito?-
-Si
nota così tanto?- sorrise lo straniero chiudendosi la
porta alle spalle –Devo avere davvero un’aria terribile-
La
ragazza rise –Non più del solito-
-Tante
grazie!- esclamò lui prima di ridere assieme all’amica.
-Dove
stavi andando?-
-Faccio
un giro. Voglio assaporare gli ultimi giorni di aria di montagna-
Ann
allungò lo sguardo altrove, per mostrare quella punta di imbarazzo
che le colorava le guance –Ma sì, vengo con te. Non c’è bisogno che me lo
chiedi-
Così
cominciarono la loro ennesima passeggiata fino ad addentrarsi nella foresta. Il
cielo si era inscurito nel frattempo, facendo calare
una leggera cappa buia sull’intera zona. Di certo le temperature non urtavano
più di tanto, ma un leggero fastidio lo davano. Ann
camminava davanti, tenendo le mani dietro la schiena e il viso rivolto verso
l’alto, osservando i pochi tratti di cielo che si potevano vedere attraverso
l’intricata rete di rami contorti e nuovamente ricchi di foglie.
-E
così torni in città…- esordì la giovane tenendo dritto il passo.
-Sì,
penso che Hidel mi mancherà molto- annuì lui. La sua voce sembrava un po’
malinconica. Che stesse dicendo la verità? –La città è
fantastica sì, ma manca di quella semplicità che qui è comune-
-Te
ne vai senza scoprire la verità su Joshua, eh?- continuò lei, assumendo un tono
neutrale.
Nathan
non rispose. Decise di fare un altro tentativo –Ti porti via tante domande,
Nathan. Ad esempio chi erano i due tizi della foresta, la mia serata
dimenticata da tutti, la tua ferita miracolosamente guarita…-
-Smettila-
Ann
si voltò con un sopracciglio alzato. Da quando le dava ordini?
La guardava in modo strano, con durezza, come se si stessa trattenendo dal
trapassarla da parte a parte. Tuttavia decise di non mollare, pronta ad
affrontare l’ennesimo litigio –Hm? Co’è quella faccia, messere? Vi è morto il
gatto?- insinuò, spavalda.
-Non
sono stupido, Ann, e nemmeno tu lo sei- la riprese lui
con tono fermo –sei cresciuta per queste messinscene-
La
ragazza invece rise –Chi sta recitando una parte, tra noi due?-
Lui
non le rispose. Rimase a guardarla per qualche secondo, abbassando poi il capo
e sospirando. Cominciava a respirarsi un’aria pesante. “Perché non dici la verità nemmeno ora?” Ann gli lanciò uno sguardo
d’accusa –Non provi neanche a difenderti?-
-Che
cosa c’è da difendere?- Nathan scosse il capo con fare rassegnato. Si voltò,
dandole le spalle –Te l’ho già detto: non sei stupida. Qualsiasi cosa dicessi
troveresti un “ma”. Hai ragione, Ann, non avrei
dovuto. Ma non posso fare altrimenti-
Da
un lato la ragazza avvertì un peso che andava alleggerendosi: era riuscita a
fargli ammettere le proprie colpe. Aveva vinto almeno quella battaglia, anche
se era sicura che non le avrebbe rivelato niente.
Tuttavia c’era ancora qualcosa che non andava, che le diceva di correre verso
l’uomo. L’avrebbe fatto se i suoi piedi non fossero stati praticamente
incollati a terra e le spalle non avessero pesato più del dovuto, come se
improvvisamente un macigno le fosse caduto addosso. Conosceva bene quella
sensazione, era la consapevolezza di aver intristito
qualcuno. Una colpa insopportabile, soprattutto se quel qualcuno era Nathan.
Serrò
con forza i pugni tirando su col naso e stringendo i denti. A quel carico di
emozioni si erano aggiunte quelle provate quando aveva capito che lui le aveva
mentito. Era combattuta tra la voglia di tirargli un pugno e quella di
abbracciarlo. Alla fine, però, fu la parola ad avere la
meglio –Sei così cattivo… io credevo in te, e invece mi hai raccontato
un sacco di frottole…- sentì gli occhi pizzicanti.
Lui
si voltò di scatto, come se fosse stato offeso da quelle parole. Era agitato,
cosa molto rara –Se non fosse stato necessario non
l’avrei fatto! Credi che non mi sia affezionato a Hidel, a quella gente, alla
tua famiglia, a te, Ann? Come credi che mi senta?- quasi la aggredì. Alzò le
mani all’altezza delle proprie spalle come se stesse cercando di toccare
l’aria. La sua espressione era agguerrita, ma anche afflitta –Credi che mi
faccia piacere mentirvi? Stare attento ad ogni parola?
Quante volte sono stato sul punto di confessarti la verità? Quante di buttarmi
in ginocchio e chiederti perdono anche se tu non sapevi niente? E come credi
che mi sia sentito mentre ti dicevo che Sogno era un prodotto della tua
immaginazione? E’ la mia amica più cara, non solo ho mentito e ti ho dato della
stupida, ma ho pure rinnegato un’amica? Mi dispiace! Mi dispiace davvero!-
Ann
aveva le lacrime agli occhi, le mani giunte davanti al petto, pietrificata da
quell’improvviso sfogo. Quando mai aveva letto tutta quella sincerità in quell’uomo,
quello stesso uomo il cui viso era sempre adorno di un
sorriso canzonatorio, pronto a prendere in giro il prossimo? Rimase basita
soprattutto quando lo vide posare una mano sulla fronte, con espressione
arrabbiata. Forse era arrabbiato con se stesso per aver rivelato tutte quelle
cose?
-Io…-
la ragazza provò a dire qualcosa, ma ogni commento o risposta le sembrava fuori
luogo in quel momento. Calò gli occhi sul terreno, sentendo una stretta allo
stomaco che si faceva sempre più pressante. “Cosa posso
fare?” pensò disperatamente –Mi dispiace tanto… non volevo ferirti…- mormorò
chiudendo gli occhi. Avvertì una lacrima scapparle –E’ solo che… ci tengo tanto
a te… non voglio che te ne vai!- scoppiò finalmente.
Ma,
in quell’attimo, qualcosa la bloccò. Non le ci volle molto per capire che era
stata abbracciata. Aprì gli occhi confermando quell’impressione, quindi si aggrappò
quasi con rabbia alla giacca dell’uomo, affondando le piccole dita nel tessuto
un po’ troppo pesante per quella stagione, almeno agli occhi di un abitante di
Hidel. Sentì un braccio di lui stringerla alla vita,
una stretta molto forte, quasi possessiva, mentre l’altra mano le cingeva il
capo, carezzandole amorevolmente il capo. Commossa e agitata, diede sfogo a
tutte le lacrime che aveva affondando il viso tra le sue braccia.
-Sono
io a dovermi scusare…- lo sentì infine sussurrare al suo orecchio con voce
stranamente calda, qualcosa che stimolò un tremito a percorrerle il corpo –ti
chiedo scusa.-
Dopo
qualche secondo di lotta con se stessa, la giovane trovò il coraggio di alzare
lo sguardo, senza però accennare a mollare la presa sui suoi abiti. Annuì debolmente tre volte consecutive, improvvisamente
sollevata.
Lui
le sorrise, un sorriso appena percettibile, e nello stesso momento portò la
mano con cui le aveva carezzato il capo le sfiorò una palpebra, portando via le lacrime –Sei davvero carina- ridacchiò –e pensare che
all’inizio mi avevi dato l’impressione di una scalmanata attaccabrighe-
Ann
gonfiò le guance –Prima di tutto non dirmi che sono carina! E poi non sono una
scarattata… scammiciata… scalognata…- davanti a Nathan che rideva così serenamente,
non poté fare a meno di sorridere a sua volta, sinceramente più rilassata. La
sua mano, intanto, si era leggermente mossa, raggiungendo l’altezza del viso
dell’uomo, che ancora però non osava sfiorare per qualche motivo –usi parole
troppo difficili…- sussurrò inclinando il capo. Il cuore le batteva ancora
forte, e sembrava che la temperatura fosse salita con velocità impressionante.
Si sarebbe presa il raffreddore?
Egli
avvicinò il viso al suo, guardandola dritta negli occhi –Scalmanata non è una
parola difficile. Ma il tuo vocabolario è più
divertente del mio- disse piano –divertente e dolce-
-Da
quando mi fai tutti questi complimenti?- ridacchiò piano lei, arrossendo.
-Da
quando fai espressioni tenere, ridi teneramente e arrossisci storpiando le mie parole-
le carezzò l’altra guancia per levarle le lacrime, tenendola ancora stretta per
la vita –sei così sincera, Annlisette. Ed è una cosa rara al
giorno d’oggi. Qualunque cosa accada, qualunque cosa venga
detta, Ann resta sempre Ann- notò che ella aveva un’espressione confusa,
sembrava non capire bene –è qualcosa che ti rende speciale, più unica che rara-
notava solo ora che erano molto vicini, in tutti i sensi –anche se a volte sei
burbera, anche se litighiamo spesso per cose sciocche, ti ammiro-
-Addirittura?-
sorrise lei –Mi sento onorata. Ma non mi dispiacerebbe
avere le tue capacità di adattamento-
Lui
scosse il capo con fare nuovamente rassegnato –No, spero
che tu non diventerai mai così. E’ bene sapersi adattare alle situazioni, ma…-
fece una smorfia –ma cosa sto dicendo! Non è questo il momento!-
Ann
rise, rise a pieni polmoni di una risata cristallina.
Ora che era così vicina a lui, sentiva di nuovo il suo profumo, quello che le
piaceva tantissimo –Lo sai che adoro il profumo che usi?-
-Hm?
Profumo?- Nathan le rivolse uno sguardo curioso, un po’ confuso forse.
-Sì-
annuì lei –mi piace, è molto dolce, ma… non so come spiegarlo. Mi piace. Mi fa
sentire protetta- concluse in tutta sincerità. Credeva
che da un momento all’altro si sarebbe addormentata, tanto era bella quella
situazione. Non immaginava che essere stretta e coccolata da Nathan fosse così
piacevole.
-Allora…
uhm…- borbottò lo straniero con fare imbarazzato –posso… posso proteggerti?
Anche se questo significasse non rivelarti molte cose?-
Nemmeno
Ann seppe per quale motivo annuì. Le bastava averlo lì, accanto a lei. Del
resto se era protetta, che bisogno c’era di conoscere i minimi particolari di
ogni cosa? Sarebbe andato bene anche così, ne era sicura.
-Mi
permettete di essere il vostro principe azzurro, milady?- le fu sussurrato, ma
nella sua mente Ann vedeva solo il sorriso dolce che le fu rivolto.
-Solo
se mi permettete di essere la vostra principessa senza brevetto, messere-
rispose candidamente.
E,
infine, il mondo svanì. Hidel, le sue regole e misteri, l’oscuro Joshua e il
lago, gli Angeli e i Demoni, tutto questo si sciolse come neve al sole,
cancellato dal calore di un primo, dolce e passionale bacio che forse,
finalmente, suggellò un nuovo inizio.
L’inizio di qualcosa molto di più grande di Ann e
Nathan.
Note dell’Autrice:
Non
voglio commentare xD in effetti
era decisamente ora che si dessero una mossa! Guardate le coincidenze: nella
mia prima, vera storia, “The nothing power”, i protagonisti si scambiavano il primo bacio nel
capitolo 14, io e il mio ex ci siamo messi insieme il
14, e proprio nel capitolo 14 Ann e Nate… U.U
Io
vivo di coincidenze! xD ma
ora lascio la parola a…
La posta di Ann & Nathan:
Ann:
Uau! Questo capitolo è stato difficilissimo da
girare! Ho dovuto rifare tre volte la scena finale =3
Nathan:
Sì, perché ogni volta che mi avvicinavo finivo con un
piede di Ann in faccia.
Ann:
Chissà perché! >.<
Nathan:
Già. Chissà.
Milou: La nuova vittima! *-* Benvenuta nel circolo delle
vittime di Meth’Story, come la chiama la nostra Nadeshiko. Tutti siamo
felici per Damon e Krissy, e speriamo che lo sarai anche per me e coso!
Nathan:
Coso a chi? o.o
BrandNewSibyl: Chissà perché sono sempre io a rispondere a Sibyl o.o
milady ^_^ ma quanto avete ragione, ho come l’impressione che il mio matrimonio
non sarà un matrimonio. Sarà una festa a sorpresa. «Ciao,
Nate! Oggi ti sposi, lo sai?» E comunque no, è Gabriel che esagera u.ù
Viola: Chi non è felice per Krissy e Damon? Sono così
carini! <3 beh, spero che questo capitolo possa esaudire la tua richiesta di
qualcosa di più impegnato >.<
Nadeshiko: Milady ^_^ sì, parto con la pubblicità. Nadeshiko,
signore e signori, ha pubblicato “What
colour is the dark moon?”, una versione della nostra storia vista da Damon e
Sogno. Noi facciamo pubblicità occulta gli uni agli altri ^_^ perché ci
vogliamo bene! *tortura Damon appeso a un palo*
Midao: Carissima! Ancora qui ci chiediamo come fai ad
avere tutte queste emozioni dalla nostra storia, ma ciò non può che renderci
felici! Speriamo che anche questo capitolo ti abbia emozionata
e che ti sia di incentivo per continuare a leggerci!
Scusate
le brevi risposte, ma vado di fretta e furia xD ah,
prima di chiudere due cose: ho messo nel mio profilo la “copertina”, diciamo,
della storia, ispirata su idea di Kikyo. Mi date un
parere? *O*
In
secondo luogo, ho visto che alcune mie amiche hanno aperto piccoli blog su LiveJournal delle loro storie. Ebbene pensavo di aprirne
uno anch’io con curiosità, sciocchezze varie o piccoli spoiler, ma solo appena
raggiungo le 40 recensioni uwu
voi che ne dite?
Chu,
Sely
<3